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Tu con me.

«Guarda zio se non scendi subito da quell'albero! Ma sei un patacca te, ecco che sei!»
«E io non scendooooooo»

Le sghignazzate sguaiate dei pochi presenti in sala si accavallano fra loro, confondendosi e uniformandosi.
L'unica eccezione a questi rumori cacofonici e fastidiosi è il suono limpido di una risata infantile, dolce nella sua leggera riproduzione.

Simone, divertito anche lui, con un occhio guarda il film e con l'altro osserva la piccola Annina che, tenendosi le mani sulla pancia e buttando più popcorn a terra che in bocca, assiste rapita agli scambi di battute fra i personaggi.

Si è innamorata del giovane Titta non appena l'ha visto sullo schermo.
Simone l'ha capito perché - per ogni cosa che il biondino fa - lei sgrana gli occhi e domanda "Simo..." tirandogli la manica del cappotto "come mai Titta fa questo?" oppure "come mai Titta dice quest'altro?"

E lui pazientemente glielo spiega.
Sorride come solo un adulto stupito dalla meraviglia semplice di un bambino può fare e, chinandosi un po' verso di lei, bisbiglia piano per soddisfarne la curiosità.

Annina lo osserva con i suoi occhioni pieni di interesse e il ragazzo pensa che nessuno gli ha mai dato così tanta retta come lei.
Potrebbe dire qualunque cosa e la bimba penderebbe dalle sue labbra.

E non ha dovuto fare nulla per ottenere questa fiducia cieca, se non volerle bene e basta.
Annina annuisce energicamente mentre lui parla, salvo poi azzittirlo dopo un po' e continuare a guardare il film... fino alla prossima domanda, ovvio.
Simone ridacchia e si rimette comodo a seguire la trama.

Una scena in particolare, dalle fattezze chiaramente oniriche, gli ruba l'attenzione al punto che si sente parte lui stesso di quel mondo così nitido, ma al contempo leggero, come fosse dipinto a matita e sfumato nei suoi contorni duri da polpastrelli delicati che lo ammorbidiscono rendendolo più tollerabile.

E' di nuovo un ragazzino che cerca la serenità.
E come allora, sa bene che nulla di male può succedergli qui.
Ci sono distese di grano enormi e tanti alberi infiniti sui quali arrampicarsi liberamente adesso.
Vede il cielo azzurro e spoglio di nuvole sopra di sé ed è felice.

Nessun dolore a ferirlo o peso a schiacciarlo, ma solo soffi di una bella arietta fresca a carezzargli il viso... sembrano quasi mani amorevoli di-
"Nunù!"
di Nunù... ha ragione Annina.
Le mani di Nunù che lo rassicurano e-

Simone spalanca le palpebre che non si era accorto di aver chiuso.

Lo sguardo saetta subito sulla piccola con la tipica apprensione di un genitore che si è distratto un secondo di troppo e ha messo a rischio l'incolumità dell'amata figlia.
Ci mette un attimo a rendersi conto che la bimba è voltata verso sinistra e che sta parlando davvero con "Manuel..."

La stupidissima e disperata parola esce flebile dalla bocca senza il minimo avvertimento.
E' stato fregato dalle sue stesse labbra Simone e, a riprova di questa delusione, spinge un palmo sopra di esse, quasi a punirle per averlo tradito così.

Manuel alza lo sguardo verso di lui continuando a parlare con Annina e indicandole lo schermo che la bimba torna ad osservare.
La testolina saetta dal ragazzo al film diverse volte, come se non bastasse un solo paio di occhi per vedere ogni cosa che vorrebbe.

Simone invece, suo malgrado, non ha bisogno di agitare la testa o di chissà quanto campo visivo.
Purtroppo - pensa con il cuore che scoppia nel petto - tutto quello che io voglio guardare è difronte a me.

E a quanto pare Manuel deve star provando la stessa cosa visto che non abbassa nemmeno per un momento gli occhi, ma anzi, sembra che sia sempre più focalizzato, come se non vedesse altro oltre al ragazzo che ha davanti.

Lui nel frattempo si sforza, ci prova a ricordare, ma teme di dover ammettere che mai è stato oggetto di un'attenzione così intensa, assoluta, in vita sua.
E' di più dell'affetto materno ricevuto da Anita stamattina.
E' diverso dell'interesse mostrato da Annina fino a pochi secondi fa.

Abbassa il capo improvvisamente colto da un profondo imbarazzo.

Non è possibile, si dice.
Non è possibile, eppure sembra proprio che Manuel lo guardi in un modo inedito.
Che per la prima volta anche lui lo guardi con-
"Amore"

Oh?

"Amore" è un bisbiglio sottile, ma basta per far esplodere il cervello di Simone "puoi guardarmi?"

E lui conficca le dita di una mano nella spalliera della sua seduta, avvampa fino alla punta dei capelli e però - alla fine - non cede.
Non è possibile, si ripete ancora e ancora.

Sono in un cinema con altre persone attorno e una bambina fra di loro e Manuel lo chiama amore.

Questa non è la realtà.
La realtà è scadente.

Questa è solo la sua mente che al solito gli gioca brutti scherzi, che lo tormenta fino allo sfinimento e lo illude.
Se fosse davvero così come immagina, adesso ne avrebbe una prova tangibile.
Qualcosa che concretamente gli dia dimostrazione che non sta sognando.
Qualcosa come-
"Simo"
come Manuel che lo prende per mano.

Le dita si incastrano con le sue staccandole dal tessuto infeltrito della poltroncina su cui erano strette.
Il pollice scorre piano sulla pelle e Simone - percorso da migliaia di brividi troppo veri per essere un sogno - prova a fidarsi.

Alza timidamente gli occhi.

Prima su Annina, incantata a seguire ancora il film e con le manine che battono a tempo con la musica di sottofondo e poi, finalmente, sul viso di Manuel che lo guarda proprio come cinque minuti fa.
"Simo" soffia ancora in un sussurro impercettibile e con la testa poggiata sulla sua stessa spalla.

Il braccio è allungato in maniera innaturale, steso oltre la seduta di Annina pur di arrivare a lui, quasi a volerli proteggere entrambi con un solo gesto.
Simone si chiede se qualcuno dalle file posteriori li ha notati e cosa pensa di loro due-
"Perché lo zio di Titta è salito sull'albero?"

Di loro tre.

Un paio di occhioni lo fissano perplessi.
La voce dolce di Annina quasi si disperde fra il cicaleccio acuto proveniente dallo schermo e le risate grasse di una coppia di anziani poco più avanti.
"Allora Simo, perché è sull'albero?"

E Simo dalla domanda viene preso un attimo in contropiede.
Lui lo sa che lo zio Teo è solo un povero matto che al calar della sera dovrà lasciare la campagna di Titta e tornare in manicomio con gli infermieri e che - finché può - insegue la sua libertà dal ramo più spesso di un ulivo in fiore.
Ma ad una bimba di 9 anni come può spiegare tutto questo senza impressionarla?

Nel frattempo che si strugge a riflettere però, dimentica che oltre ad essere molto sensibili, i bambini sono pure molto poco pazienti.
"Nunù!" brontola infatti la piccola intrecciando le braccia al petto e corrugando la fronte "Simo non lo sa... me lo puoi dire tu?" chiede con il broncio più teatrale che il ragazzo abbia mai visto in vita sua.

Manuel arriccia il naso e "Simo non lo sa, eh?" ripete dondolando un po' il capo come a prendere in giro l'altro.
Simone per tutta risposta sfila la mano dalla sua e - portando il braccio dietro le sedute - gli alza un dito medio contro.
"Lo vedi questo?" mima avvicinandoglielo alla faccia.

Il sorriso inebetito che nasce sul volto di Manuel gli fa accartocciare lo stomaco.

"C'avemo na bambina qua... non fa il cafone" ridacchia quello prima di lasciare una carezza sulla testa della piccola che aspetta trepidante una spiegazione.

"Te lo dico subito Annina..." comincia a parlare come se dovesse svelarle l'enigma della sfinge "lo zio sta là sopra perché cosi può guardare meglio il cielo che gli piace tanto. Hai visto come si divertiva a cinguettare con gli uccellini?"
La bimba annuisce e Simone si ritrova a fare lo stesso.

"Ecco... allora pensa che lui certe volte preferisce stare con loro e che il panorama che vede dall'albero è meglio di quello che vede da terra" continua facendole un'altra carezza questa volta sul viso "non c'è niente di male a fare così, lo sai? Lui va sull'albero anche per non pensare alle cose brutte che qualche volta ci sono giù... okay?"

Annina riflette attentamente su questa nuova informazione che la sua giovane mente ha acquisito.

Manuel e Simone - l'uno all'insaputa dell'altro - rimangono con il fiato sospeso ad attendere una qualsiasi reazione, possibilmente però positiva.
Dopo un tempo che pare infinito "ho capito" proferisce secca la piccola ritornando con l'attenzione sul film che ormai è giunto alle battute finali.

"Hai- hai capito?" domanda titubante Simone.
"Si" conferma lei "è come faccio io!"
Le sopracciglia di entrambi i ragazzi si aggrottano in simultanea "come fai tu?" indaga Manuel "tu vai su un albero?"
"No Nunù" e sembra quasi spazientita mentre lo degna di una spiegazione "io vado nei miei disegni!" esclama guardandolo di sfuggita "quando non mi piace quello che succede a casa, vado nei disegni con il cielo e gli uccellini... e lì sono sempre felice!" conclude serena.

Simone e Manuel non fanno nemmeno in tempo a rimanere sconvolti e pensare nello stesso momento di stringere la bimba in un abbraccio che lei è già saltata giù dalla poltrona e li fissa come fossero due alieni.
"Guardate che il film è finito!" tira prima uno e poi l'altro dalla manica dei rispettivi cappotti "che stiamo aspettando?"

Con le mani ben strette in quelle di entrambi si avvia così, trascinandoli quasi, verso l'uscita.
Annina in mezzo e loro due divisi solo dalla sua esile figura che saltella anziché camminare tanto è l'impazienza di uscire dalla sala.

Manco il tempo di mettere piede nello spiazzo esterno che Simone si sente subito preso da un panico asfissiante.
Il ricordo dell'aggressione di qualche mese prima è ancora troppo vivido.
D'altronde lui era proprio con un ragazzo quando è successo, solo che ora c'è pure una bimba con loro e non è nemmeno la sua e-
"E che bella famiglia!"

Una voce squillante lo riporta alla realtà.

La bigliettaia, parzialmente nascosta dietro il vetro del bagarino, si sbraccia per salutarli.
"Comm sit bell tutti e tre!" insiste facendo arrossire i due ragazzi e inorgoglire Annina che "grazie! Io sono la più bella però!" chiarisce facendo pure una mossetta con la testa.

Né Simone né Manuel hanno il coraggio di contraddire la signora, un po' per la felicità della stessa nell'osservare quella scena un po' per la loro.

Con il cuore colmo di sensazioni mai provate prima si infilano nella macchina rimasta nel parcheggio ad attenderli.
Simone naturalmente nei sedili posteriori con Annina che non vuole ascoltare ragioni.

E Manuel - mani strette al volante fino a soffocarlo - che temeva già di dover giustificare il perché si trovasse ad avere quella macchina, dovrà invece ricredersi perché le uniche parole severe che usciranno dalla bocca di Simone saranno "vai piano che c'è la bimba".

Da qui in poi, nel tragitto che li condurrà fino a casa della piccola, avranno solo una piacevole conversazione nella quale Annina ci terrà a ribadire almeno quattro volte quanto quella sia stata una delle giornate più felici della sua giovane vita.

E Manuel e Simone, con uno sguardo fugace scambiato dallo specchietto retrovisore, si comunicheranno - nonostante tutto - esattamente la stessa cosa.

Neanche a farlo apposta, il momento in cui L'Alfa Romeo viene parcheggiata sotto casa di Annina combacia perfettamente con l'arrivo di Chicca la quale si precipita subito a recuperare la sorellina dalle braccia di Simone.

"E dove ve ne siete andati di bello voi tre?" le chiede stringendola al petto.
"Abbiamo visto un film bellissimo!" replica lei entusiasta "e c'era questo ragazzo bellissimo che viveva in una campagna bellissima e aveva un albero-"
"Bellissimo?"
"No!" è secco il tono col quale si rivolge a Manuel che l'ha interrotta ridacchiando "l'albero era altissimo!"

E mentre la piccola torna a parlare concitata e assorta, Chicca ne approfitta per mimare un rapido "è andato tutto bene" a Simone che finalmente torna a respirare, seguito poi da un "grazie davvero" nella generica direzione di entrambi.

Augurare la buonanotte qualche minuto dopo si rivela affare complicato visto che Annina pensa bene di aggrapparsi ad un braccio di ognuno dei due per cercare di bloccarli.
"Possono dormire qui?" implora con un visino corrucciato per il quale Simone sarebbe pronto pure a passare la notte sul pianerottolo d'ingresso.

Fortunatamente per lui e la sua schiena, Chicca ha il pugno più fermo.
"No che non possono!"
"Ma perché? Sei cattiva, catt-"
"Piccolé" interviene Manuel abbassandosi come può alla sua altezza "e se veniamo a trovarti domani pomeriggio, va bene?"
Annina sembra poco convinta.

I negoziati potrebbero essere più difficili del previsto, pensa Simone chinandosi anche lui.
"Veniamo domani pomeriggio" propone allora ribadendo le parole di Manuel "e andiamo di nuovo al cine-" con un indice sollevato va a bloccare le incipienti proteste di Chicca "e andiamo al cinema, mh?"

I saltelli di gioia con tanto di gridolini che si propagano subito dopo gli danno una vaga impressione che le trattative siano andate a buon fine.

"Voi due comunque ce sapete fa coi bambini..." attesta Chicca prendendo di nuovo la sorellina in braccio.
Simone teme che il cuore possa uscirgli dal petto e ne ha quasi la conferma quando, a seguito di questa frase, Manuel - per la seconda volta in poche ore - allunga una mano e afferra la sua con convinzione.

"Buonanotte piccolé" mormora posando poi la testa sulla spalla dell'altro che ormai riesce solo a proferire un flebile "dormi bene".

E come l'immagine nera che appare improvvisa sullo schermo del cinema ad annunciare la fine della magia e il ritorno alla vita vera, così adesso - con la porta di casa di Chicca che si chiude sulle loro facce stanche - l'idillio quasi irreale fra i due ragazzi potrebbe giungere al termine.

Simone è il primo a staccarsi.
Lo fa a malincuore, nella fondata paura che se non agisce lui subito, sarà comunque Manuel a precederlo.
E non pensa di riuscire a sopportarlo.

Manuel dal canto suo si sente come se gli avessero appena strappato via un arto.
Non se ne vergogna, non più, mentre "Simo" letteralmente implora cercando la vicinanza del compagno.
Evidentemente però, non riescono proprio ad andare in simbiosi, dato che "Ferro" replica l'altro granitico.

Ed è come fare cento salti indietro tutti assieme.
Avrebbe preferito di gran lunga essere chiamato «coglione», che almeno così ci sarebbe un riferimento a lui in quanto persona e non solo in quanto-
"Cretino!"

Ah.

Ripensandoci, si dice sorridendo, cretino va pure bene.

"Sei un cretino di proporzioni bibliche!" ribadisce Simone dandogli le spalle e avviandosi alla macchina.
Manuel fa l'unica cosa che può in questa situazione: lo segue a ruota.
"Simo..."
"No, vaffanculo!" sbotta aprendo la portiera e infilandosi nel sedile del passeggero "lo so solo io come ci sono stato ieri e oggi per te!"

"Hai- hai ragione" mormora l'altro salendo a sua volta alla guida "ho sbagliato a dire quelle cose... lo sai che non le penso però e-"
"E ti sei comportato da stronzo! Quando è arrivata quella telefonata m'è crollato il mondo addosso al pensiero che- ti ho visto pure in tv ed eri- io..." le parole si accavallano fra loro "io ho avuto paura."

La voce ridotta ad un sussurro e lo sguardo basso a fissare le mani che si torturano a vicenda.

"Hai avuto paura?" osa chiedere Manuel con le dita che picchiettano nervose sul volante "per cosa?"
"Per te." è la replica fulminea "Io ero a casa sul divano e tu- tu nel frattempo venivi malmenato da qualche fascista di merda."
"Mi hanno toccato a stento... ho la pelle dura io..."
"Tu hai il cervello bacato!!" e lo strillo così inatteso per poco gli perfora un timpano "Ti potevano ammazzare!"

E Manuel deve essere folle perché difronte all'evidente agitazione di Simone continua a sorridere come uno squilibrato.
"Perché se m'ammazzano te dispiace?" gli chiede pure con intento chiaramente provocatorio.
"Certo che me dispiace! E pure parecchio... pensa quanto sono scemo." borbotta incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio come un bimbo.

Manuel comunque alle manganellate di ieri forse doveva dare più peso perché avranno sicuramente toccato qualche nervo nel cervello visto che più osserva il ragazzo alla sua destra e più trova somiglianze con Annina, quasi come fosse figlia sua.
Loro.
Figlia loro.

Non esiste al mondo una possibilità per cui un bambino di Simone non sia anche il suo e viceversa.

"Si può sapere che cazzo hai da ridere?" lo ridesta l'oggetto dei suoi pensieri "ti diverte così tanto sapermi angosciato?"
Dissentire non è mai stato più facile.

"Che facevi a casa ieri Simò?" il sorriso si amplia man mano che parla "che combinavi mentre io me facevo corcà de mazzate da guardie bigotte?"

Il ragazzo lo fissa come se potesse trapassarlo.
La faccia è paonazza, ma l'espressione è convinta.
Non lascia spazio a dubbi quello che si appresta a dire.

"Ti aspettavo" sibila infatti "ti aspettavo a casa, come un co-"
"Compagno?" lo interrompe "questa è la parola che vuoi dire, no?"
Gli occhi di Simone sono enormi.

"Che- che dici?"
"Il mio compagno..." ripete Manuel scandendo bene la frase "mi aspettavi a casa così... come farebbe un compagno, un fidanzato, e io non l'avevo capito" aggiunge poi cercando di afferrargli le mani.
L'altro glielo lascia fare.

"Se me ne fossi reso conto prima Simò non mi sarei mai arrischiato in quel modo..." confessa pentito "avrei preso la piccola Annina e basta. Sapere che ci sei tu che mi aspetti cambia tutte le prospettive... perché tu- tu mi aspetti ancora vero?" sussurra incerto.

La presa sulle mani diventa una morsa.
"Io ti aspetto sempre Manu..."
Ed è tutta la conferma che a Manuel serviva per poter finalmente lanciarsi sulla bocca che tanto ha bramato fino a quel momento.

"Stavo a diventà matto" gli confida tra uno schiocco di labbra e l'altro "te guardavo fa il genitore modello con la ragazzina e volevo solo darte 'n bacio. Dire a chiunque che io sto con te... che tu stai con me Simo..."

Le mani salgono piano sulle sue guance imporporate e una lacrima gli sfugge dagli occhi socchiusi al pensiero che queste sono finalmente tutte le carezze che non ha mai ricevuto in ventiquattro anni di vita.

Simone sente il cuore farsi leggero come mai prima d'ora e "io con te Ferro?" balbetta un po' incredulo.
"Tu" soffia Manuel contro la sua bocca "tu con me, direttò."


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nota dell'autrice:

L'unica cosa che mi preme dire è che le storie di Annina, di Sandra e di Chicca sono tutte ispirate a fatti veri.
Spero per questo di averle trattate con la giusta sensibilità e tatto.

Le citazioni invece sono ancora una volta a "La mano di Dio" di Sorrentino e - nell'ultimo capitolo - la scena dell'albero è tratta da "Amarcord" (film meraviglioso che però così tanto per bambini non è).

Anche il cinema Nux esisteva davvero, ma in realtà si chiamava Lux ed era nel bellissimo quartiere Pietralata.

Detto ciò, il solito GIGANTESCO grazie alle amatissime Red, Nanni e Ginger, mie massime fonti di ispirazioni in ogni cosa che scrivo e non solo.

E grazie anche a chi spende del tempo per leggere questi deliri.
Non lo do mai, mai, mai per scontato.

P.s: dovrebbe arrivare anche un epilogo della storia, sessione permettendo.

Ciao!🧚‍♀️

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