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First story/ Capter one.

Osservo la poltrona davanti a me vuota. John mi aveva concesso di sedersi al suo posto voleva che lo ricordassi. Così ogni giorno per due anni mi sono seduta lì; ho incrociato le mie gambe, indossato la sua vestaglia preferita e continuato a guardare in un punto fisso dove avrebbe dovuto esserci lui.

"John" gli dissi qualche settimana dopo ciò che era successo. Eravamo entrambi esausti. Lui si girò verso di me con i suoi occhi stanchi e sospirò lentamente. Era tutto troppo calmo già allora. Nessun violino, nessuno sparo, nessun rumore. Anche adesso quando John sale qui, nel suo vecchio appartamento, non riesce a sopportare le strazianti urla del silenzio.

"Dimmi" camminai verso di lui, un po' insicura su ciò che dovevo dirgli. "Non ne parliamo molto" scostai la sedia e mi ci sedetti con fare maldestro, ero davvero nervosa. "Non importa" sapeva già quale fosse l'argomento. "Mi manca" dissi senza pensarci ed era vero. Ogni giorno mi svegliavo bruscamente alle tre di mattina, mi guardavo attorno e tutto ciò che volevo era la consapevolezza che lui fosse nella stanza accanto ma non era così. Ogni notte un incubo: Io, Sherlock e l'oscurità che mi portava via da lui.

"Lo so. Anche a me" non sapevo come continuare, mi faceva male parlare esplicitamente di lui e di quanto fosse necessaria la sua presenza nelle nostre vite. "John, io vorrei comporre il suo numero e so che mi risponderà la segreteria però" mi sorrise. Sapevo che non era d'accordo, lo sapevo perché secondo lui mi avrebbe solo fatto male. "Lo sai che la voce metallica della sua segreteria non compenserà il fatto che sia morto?" la malinconia e la tristezza parlavano per lui facendo sembrare la sua voce quasi irritata. Annuì , sapevo benissimo che ciò che avrei ottenuto era il suono della sua voce registrata, ma non sapevo cosa altro fare. "Comunque per me è okey. Non ti giudicherò perché so quanto ti manchi e so anche che questo potrebbe essere un passo avanti per affrontare ciò che è successo." gli presi la mano "E se fosse un passo indietro?"

"Prima o poi dovremmo superarlo" strinse la mia mano ed io lo abbracciai d'istinto. "Grazie John" sussurrai al suo orecchio ma lui non mi rispose, non servivano parole poiché tutti e due avevano bisogno di annegare nell'agonizzante silenzio della casa.

Alcune volte quando ci penso sembra sia passata un eternità, altre volte sembra essere passato solo un giorno perché il pensiero di Sherlock nella mia testa è fisso e costante anche se sarebbe dovuto frantumarsi piano piano nel tempo.

Oggi seduta sulla poltrona opposta alla sua, con le gambe incrociate e le mani tra i capelli mi rendo conto di quanto io abbia il disperato bisogno di sentire la voce metallica della sua segreteria, di quanto voglia fingere di lasciarli un semplice messaggio che poi lui ascolterà più tardi. Ho bisogno di fingere che Sherlock sia ancora vivo. Così compongo il suo numero sul mio telefono portandolo all'orecchio e lasciandomi trasportare dai mille bip che precedono la segreteria.

"Sherlock Holmes consulente investigativo dopo il bip, non questo, lasciate un messaggio." sento il mio cuore fermarsi e la mia anima abbandonare il mio corpo. È come se fossi di ghiaccio e non riuscissi a sentire nulla. Tutto in pochi secondi. Come se sentissi solo i miei muscoli, le mie ossa e il mio sangue nelle vene come se non avessi più dei sentimenti o dei pensieri. È così strano ed intenso come se fossi morta ma ancora nel mondo dei vivi, non fa male.

Scuoto la testa dopo aver sentito il bip del mio cellulare, gli dico ora? Farà male ammettere ciò che avrebbe potuto salvarlo?
"Hey Sherlock è da un po' che non ci sentiamo sai com'è" inizio a parlare a vanvera "Come stai? Io sto malissimo ma è così ormai da due anni e credo che dovresti saperlo. Mi chiedo sempre cosa tu abbia detto a John prima di suicidarti" un singhiozzo
"Mi chiedo cosa tu abbia detto su di me o se tu non ci abbia pensato minimamente. Sai capisco che tu abbia chiamato John e mi venne quasi da ridere quando John cercò di scusarsi per questo ma io non ero delusa o arrabbiata, insomma io e la signora Hudson parlavamo di voi tutto il giorno e scommettevamo su chi si fosse dichiarato prima quindi non é questo il punto. Il punto Sherlock è che tu ti sei suicidato" urlo, non riesco più a sopportare la realtà dei fatti. "Non sei morto risolvendo un caso, tu si sei suicidato e ti prego non venire a dirmi che lo hai fatto per proteggerci perché potevi benissimo farlo qui da vivo" due singhiozzi "Non c'era bisogno di andare via così brutto egoista bastardo." tre singhiozzi "E sai cosa fa più male? Che io non l'abbia superata. Perché per quanto possa odiarti io ti amerò per sempre"

Non posso credere di averlo detto davvero, l'ho ammesso alla voce metallica del suo telefonino dopo due anni dalla sua morte ed è difficile da accettare perché Dio, avrebbe potuto salvarlo oppure non avrebbe contato nulla ma sarebbe morto con la consapevolezza che qualcuno lo abbia mai amato.

"Ti amo Sherlock e ti odio perché non riesco a smettere di farlo." poggio la schiena sulla poltrona e mi lascio trascinare in un pianto che credo non finirà mai, anche se pensavo avessi esaurito le mie lacrime in realtà so che ci affogherò fino a morire.

"Non ho mai saputo cosa passasse nella tua testa ma nel cosa tu ti stessi chiedendo come io abbia fatto ad innamorarmi di te beh sappi che me lo chiedo anche io" un sorriso malinconico si fa fa spazio sul mio viso. "Ogni volta che ti guardavo negli occhi mi ci prevedevo perché erano così belli, enigmatici. Ogni volta che mi guardavi invece ero costantemente nervosa perché avevo paura che tu potessi leggermi dentro e scoprire la verità che avevo cercato di tenere nascosta. Se ti avessi detto "Ti amo" quale sarebbe stata la tua reazione? Quel poco di confidenza che avevamo sarebbe svanita nel nulla? vero?" Gesù quanto sono patetica "Non importa Sherlock nulla ha più importanza adesso. Ti ho chiamato perché ho avuto di nuovo un incubo, sai gli stessi incubi di cui ti ho parlato tempo fa. Quando ho svoltato l'angolo e ti ho trovato morto, pieno di sangue e mentre John ulrava "È mio amico" io piangevo. Quando ho smesso mi ero persa o semplicemente mi sentivo persa nel vuoto e l'oscurità ad un tratto mi ha risucchiato." sussulto
"Devo andare Sher è arrivato John"

Chiudo la chiamata guardandomi attorno. Sono sola, John ormai non viene più qui ormai si è fatto una nuova vita con Mary. Non ho voluto continuare a farmi del male ho sofferto già abbastanza.


Le lacrime scendono senza una fine sul suo viso.
Le sembra di poter scoppiare da un momento a l'altro.
È sempre stato difficile sia per lei che per Sherlock esprimere le loro emozioni quindi nessuno dei due lo aveva mai fatto.
Dall'altra parte del telefono Sherlock ascoltava i messaggi che la ragazza gli aveva lasciato per due anni e per quanto si sforzasse di non farlo,
questa volta crollò anche lui pensando a lei che soffriva nel suo appartamento da sola.

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