4. Mane
Ancora scombussolata, mi dirigo incerta alla porta. La apro e mi ritrovo davanti un ragazzo, che mi sorride e dice: <<Ciao! Sono Dy->>
Non ce la faccio. Gli sbatto la porta in faccia.
"Okay, bella prima impressione"
Riproviamoci. Riapro lentamente la porta e faccio in tempo a vederlo: è imbarazzato e forse in ansia, ma quando si accorge di me si ricompone. Faccio un bel respiro.
<<Ricominciamo... da capo, okay? >> dico con un filo di voce. Lui mi sorride, imbarazzato quanto me, e annuisce.
<<Ciao, sono Dylan Mane.>> ripete. <<Io sono Melissa>> mi presento.
<< Quindi sei tu quella a cui dovrò... >>
<<Sì, sono io>> sorrido, dopotutto è un ragazzo. Mi guardo in torno per capire se è arrivato con la sua macchina o con i mezzi pubblici e sento il suo sguardo fisso su di me. Gli faccio segno di entrare e mi accomodo sul divano. Lui indugia all'ingresso ed io subito mi alzo e vado a chiudere la porta.
"Sono proprio un pessimo ospite"
Non lo sto guardando, ma sono certa che Dylan se la stia ridendo sotto i baffi. Mi giro verso di lui, ma lo vedo inaspettatamente assorto nella contemplazione del salottino. Poi però si volta verso di me ed io distolgo immediatamente lo sguardo.
"Quel ragazzo mi agita"
<<Togliti pure lo zaino e la giacca, appendili sull'attaccapanni>> dico incerta su come comportarmi, indicando una fila di graziosi appendini a forma di foglia attaccati al muro celeste dell'entrata. Lui annuisce di nuovo ed intanto vado a sedermi per la seconda volta, cercando di capire se ho dimenticato di fare qualcosa. Non mi pare, così osservo Dylan mentre sistema le sue cose.
Ora posso vederlo bene. Ha un'arruffata chioma corvina e dei dolci occhi color nocciola, la pelle chiara, coperta qua e là da delle graziose lentiggini. Il viso è armonioso, con il naso ed il mento leggermente appuntiti, ma compensati da una fronte spaziosa. Mi sono accorta che quando sorride una deliziosa fossetta gli compare sulla guancia destra, e quel pensiero mi fa increspare le labbra in un sorriso. Mentre sono persa nei suoi movimenti lui si volta per un attimo, ma credo gli che basti per accorgersi del modo in cui lo guardo. I nostri occhi scuri si incrociano per un secondo che a me sembra una vita, poi le sue labbra si schiudono in un sorriso a trentadue perfetti denti. Vedo che inizia a parlare, ma non riesco a sentire niente.
"Troppo tardi Meli
Ti è andato in pappa il cervello"
Mi riscuoto e gli chiedo di ripetere la frase. Ho il viso in fiamme. <<Sei in prima?>>, mi domanda di nuovo, paziente. <<Sì, in prima, alla Red River, liceo, al primo anno.>> Sono un po' confusa, devo riordinare i pensieri. Lui si mette a ridere. Una risata genuina e contagiosa. Ridacchio anch'io.
"Sì, come una scema però"
<<Ok!>> conclude. Io mi lascio sfuggire un sospiro e chiudo gli occhi, quindi faccio un balzo quando, poco dopo, Dylan si siede di fianco a me. Faccio finta di niente e prendo il cellulare, ma reggo poco.
<<Quanti anni hai? >> lo prendo alla sprovvista.
<<Io? Ventiquattro. Tu... Quindici? >> azzarda.
<< Ad aprile. Per ora sono ancora una quattordicenne>> rispondo. Annuisce sovrappensiero.
<< Quindi vai al college? >> la mia domanda viene però smorzata dalla suoneria di un cellulare. È la tipica suoneria predefinita degli iPhone e il ragazzo tira fuori il suo dalla tasca, guarda il numero e sbianca. Mi rivolge un sorriso tirato e mi chiede di scusarlo. Poi si alza e con il cellulare all'orecchio si dirige fuori dalla stanza. Mi accorgo che sta andando verso le camere da letto, insomma, stanze abbastanza private. Quindi vado verso di lui e delicatamente gli cingo le braccia, indirizzandolo verso la sala da pranzo. Dylan si volta verso di me e mi fa l'occhiolino, poi però il suo viso si rabbuia e io lo guardo preoccupata.
"Eddai! E quasi uno sconosciuto
Cosa ti interessa?"
Inaspettatamente si libera di scatto dalla mia presa. Non mi ero accorta che gli stavo ancora tenendo il braccio.
"Devi stare più attenta
Lo tenevi un pochino troppo stretto"
Si allontana ed io rimango lì, impietrita, incapace di muovermi.
Mi convinco sempre più che quella dei miei genitori è stata una pessima idea.
Torno nel salottino adiacente all'entrata e mi chiedo cosa fare mentre aspetto il mio nuovo amico.
Poi mi viene in mente: devo studiare violoncello. Lo studio da quando ho otto anni e adoro questo strumento. I miei mi hanno regalato il primo violoncello dopo la morte del mio cagnolino Newton. Sinceramente non so perché, ma pensavano che uno strumento musicale potesse sostituire l'amore di un cucciolo, e stranamente in qualche modo è servito.
Da quel giorno ogni volta che sono giù di morale suono il mio cello, come lo chiama sempre mio padre. Infatti a casa, con mia madre, parlo sempre in italiano, che ho imparato dalla nascita come lingua madre, insieme all'inglese. Papà ha imparato un po' della lingua di mia madre, ma non è molto bravo ed io e lei lo prendiamo in giro continuamente, così preferisce la sua lingua natale.
Lancio un'ultima occhiata a Dylan, ma lo vedo impegnato in un'accesa discussione, così distolgo lo sguardo. Vado in camera, prendo gli spartiti e li appoggio sul leggio. Tiro fuori con attenzione il violoncello dalla custodia color verde smeraldo. Afferro l'archetto e con l'altra mano tengo lo strumento dalla parte della tastiera, poi lo posiziono sul poggiapuntale e mi siedo sullo sgabello .
Faccio un bel respiro e dopo aver fatto una scala di fa maggiore attacco con Vivaldi, il mio compositore preferito.
Mi sto perdendo nelle note dell'Autunno quando mi ritorna alla mente il ragazzo che sta discutendo al telefono a due corridoi di distanza.
Da quel momento, non riesco a pensare ad altro che al mio babysitter. Riesco ad andare avanti a suonare per altri dieci minuti, poi mi rassegno e smetto. In quel momento, sento un tonfo provenire proprio da fuori dalla porta della mia stanza, seguito da un' imprecazione sommessa.
Apro immediatamente l'anta destra della soglia e mi ritrovo davanti Dylan, che ha appena raccolto il cellulare da terra e cerca di assumere una posizione disinvolta.
<<Perché hai smesso di suonare? Sei brava>> dice, guardandomi negli occhi e sorridendo. Interrompo immediatamente il contatto visivo e fisso il pavimento.
<<Non sono affari tuoi>> ribatto con fare distaccato. Abbassa gli occhi.
<<Comunque... grazie>> cerco di rimediare abbozzando un sorriso di scuse. Lui ritorna subito a sorridere come un bambino a cui hanno appena detto che potrà andare al luna park.
"Com'è semplice renderlo felice
E come appaga vederlo così!
Come non detto
Non devo dirlo
Zitta"
<<Da quanto suoni? >> chiede, mentre lo guido verso la cucina.
<< Da sei anni circa, ma non so suonare molte cose. Non è uno studio fisso il mio, utilizzo il violoncello solo quando ne ho bisogno. Intendo emotivamente. Oddio non riesco nemmeno a spiegarmi in modo decente>> rido e lui si unisce a me, ma non mi sembra molto contento.
<<Stai... Bene? >> chiedo impensierita. Mi guarda dolcemente ma quando mi risponde la sua voce è dura come il ghiaccio.
<<Sì. Bene. >>
<<Okay>> sussurro piano, come se la mia risposta ad alta voce potesse turbarlo ancora di più. Poi tra di noi scende un gelido silenzio.
Arrivati in cucina mi accorgo di aver lasciato il cellulare nella mia stanza.
<<Torno subito>> dico frettolosamente, contenta di avere un motivo per allontanarmi da Dylan, che sembra diventato molto pensieroso. Lui si riscuote e volge lo sguardo su di me, ma era troppo distratto per capire cosa avessi detto, quindi ne esce con un: <<Eh? >>
Ma io mi sto già allontanando verso la mia camera.
_Spazio autrice_
Ciaoo❤❤❤ Come va? Finalmente ho finito questo capitolo!!! Ho paura che faccia schifo, quindi fatemelo sapere senza problemi! Come trovate Dylan? Perché a Melissa fa un effetto così strano? Cos'è che turba il nuovo babysitter? Come finirà la serata? E non dimenticate... Il giorno dopo Meli ha appuntamento con Dean! Come andrà?
Ahahah sto facendo troppe domande
Se vi è piaciuto il capitolo sarei felice se metteste una stellina💫
Bacibaci_
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