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27. Bentornato tra noi

Mancava poco più di qualche giorno alla vigilia di Natale e la città era ben allestita da decorazioni natalizie.
Ricoperta ancora di bianco, ella era silenziosa mentre la neve si appoggiava delicatamente sull'asfalto.
Bambini che correvano beati nei parchi, lasciando orme dei loro piccoli piedi mentre si colpivano con delle palle di neve.

I giovani, invece, passeggiavano tranquillamente: chi saltava la scuola per divertirsi e chi ci si recava.
Era l'ultimo giorno scolastico, prima dell'inizio delle vacanze natalizie e Reina si avvicinava, coperta da un cappotto nero ed un cappello, all'entrata della scuola.

Ogni giorno che passava, la sua pancia cresceva sempre di più e sembrava essere già al sesto mese di gravidanza.
Non mangiava da giorni, tutto ciò che ingoiava lo vomitava: il bambino rifiutava il cibo, se non il sangue del padre.
Nate gliene aveva fatto bere più del dovuto, visto che il suo corpo stava iniziando a perdere peso, quasi ad essiccarsi.

Reina stava andando avanti di sangue e infusi per mantenersi in vita... per quel che riusciva, perchè le sue forze la stavano abbandonando lentamente.
Mariè Anne aveva anche provato vari incantesimi per rallentare la crescita del piccolo, ma gli dava solo la forza di velocizzare la gravidanza.
La donna aveva anche consultato tutti i suoi grimori ed altri libri di incantesimi, in una ricerca disperata nel trovare qualcosa che spezzasse quella maledizione.
Aveva dato anche un'occhiata ad un libro di magia nera, ma sembrava non esserci davvero niente.
Il bambino era destinato a nascere.

«Che ci fai qui?» domandò Luna alla sorella, girandola verso di sè per un braccio.
Reina la guardò negli occhi, con uno sguardo perso e delle occhiaie da far paura: «Devo diplomarmi!»
«Sei impazzita? Nate non sarà qui e tu hai bisogno del suo sangue per arrivare a fine giornata...» replicò Luna.
«Tranquilla... gliene ho preso un pò...» disse lei, aprendo di poco la borsa.

Luna diede una sbirciata al suo interno e, sgranando gli occhi, chiuse velocemente la borsa: «Reina... questo è sangue di cui si nutre lui, non puoi bere sangue umano...»
«Che succede qui?» domandò Liam con tono acuto, avvicinandosi alle due.
«Niente...» sussurrò Reina, tirando a sè la borsa.
«Succede che le ha dato di volta il cervello...» sbottò Luna.

«Posso frequentare la scuola come una persona normale?» domandò Reina con tono alto.
«No, visto che tu non sei normale!» sbottò Luna, anche essa con tono alto.
Alcuni studenti che erano lì di passaggio, si girarono nel guardarli all'udire quelle parole ma, con indifferenza, continuarono nel loro percorso.
«Bene... ci vediamo a pranzo...» disse Reina indifferente ed entrare poi all'interno della struttura.

***

«La guerra civile spagnola scoppia a causa dell'insurrezione guidata dai militari di ideologia fascista!» continuò a spiegare la Prof, intenta a scrivere qualcosa sulla lavagna.
Reina sedeva al fianco di Lydia, la quale non smetteva di fissare l'amica che continuava ad avere strane contrazioni facciali.

«Ti senti bene?» disse a bassa voce Lydia.
Reina annuì con lo sguardo chino e sfogliando distrattamente il libro di storia.
Il colore della sua pelle era di un bianco latte, fredda e con il viso scavato da quanto era dimagrita.
Cercava di coprire il pancione con qualsiasi cosa per non sentirsi osservata, non voleva che le persone tornassero a riparlare di lei.

«Ora vi passerò dei fogli, farete un veloce quiz.
Mancano quindici minuti alla fine dell'ora ed invece di interrogarvi, capirò il vostro apprendimento tramite delle crocette!» disse con un sorriso la Prof e passando tra i banchi a consegnare il compito.
Reina tirò a sè il foglio, leggendo le varie domande e con una penna iniziò a rispondere alle prime tre.

Sussultò non appena notò cadere, sul bianco del compito, una goccia di sangue provenire dal naso.
Si portò una mano su esso, avvertendo il calore del liquido scendere velocemente sulla pelle.
Di scatto, afferrò la borsa alzandosi e correndo al di fuori della classe, ignorando i richiami della professoressa.
La testa le iniziò a girare, scrutava attentamente i corridoi vuoti della scuola e con il fiato corto raggiunse i bagni.
Non appena si ritrovò al loro interno, emise un forte urlo e piegandosi in due dal dolore, lasciò cadere in terra la borsa.

Le sacche di sangue si ruppero e lei imprecò sedendosi sul pavimento.
Poggiò le spalle alle pareti affannosamente, iniziò a sudare e a tremare incontrollata.
Portò le mani sulla pancia sentendola crescere ancora di più, ma abbassò lo sguardo sulla sua pelle vedendola ritirarsi, rivelando quasi le sue ossa.

La porta del bagno si spalancò ed Allison entrò, seguita da Lydia e Malia.
Sussultarono alla vista di Reina sul pavimento: «Che hai?» domandò Allison, in preda al panico.
«Il bambino...» sussurrò con voce spezzata l'amica, alzando lentamente la maglia.
Ma ciò che ne rivelò fù alquanto insolito e disgustoso allo stesso tempo: vene nere si creavano lentamente sul pancione e chiazze viola si espandevano sulla pelle.

«Che orrore...» disse Malia con un viso disgustato.
«Il bambino continua a crescere e la sta prosciugando, serve del sangue!» affermò Lydia, inginocchiandosi al fianco dell'amica.
Reina la guardò e, successivamente, spostò lo sguardo sulla borsa ormai sporca di rosso.
Lydia seguì i suoi occhi e sospirò alla vista di quel casino: «Proviamo con il mio... un sangue ne vale l'altro...»
Ella si alzò e diede un pugno in uno specchio, ne prese un pezzo e, lentamente, si tagliò il polso: «Bevi...»

Reina alzò con cautela la testa e poggiò le labbra sul taglio della ragazza, iniziando ad ingoiare con fermezza il sangue.
Una sensazione di schifo le pervase il corpo, il liquido caldo e denso dell'amica fece capogiri al suo interno e, si staccò dal suo polso, vomitando subito dopo.
«Cosa le succede!?» domandó Allison, con voce annodata.
«Perchè non è rimasta a casa? Così rende solo le cose difficili, più di quanto non lo siano già...» disse Malia in un lamento.

Reina alzò lo sguardo sù di lei e con un gesto di mano, la spinse violentemente contro il muro.
«REINA!» la riprese Lydia, abbassando il braccio dell'amica.
Ma lei non sentì.
Improvvisamente un fischio si impossessò della sua mente ed un silenzio angosciante calò nel bagno.

Reina voltò lentamente lo sguardo sù Lydia ed Allison che parlavano, ma tutto era inudibile.
Abbassò gli occhi sul petto della rossa, che batteva all'impazzata come quello di Allison: percorse il corpo di entrambe fino ad arrivare al collo, riuscendo a percepire la pulsazione delle vene mentre la fame cresceva in lei.
Non capiva cosa le stesse accadendo, questa brama di sangue che continuava ad espandersi in tutto il corpo e la costante stanchezza la stavano consumando.

***

Seduta al centro del suo letto matrimoniale, Reina sfogliava lentamente il grimorio cercando qualcosa che neanche lei conosceva.
Stringeva a sè una bottiglia di plastica, contenente il sangue di Nate: beveva a piccoli sorsi ogni dieci minuti.
Aveva deciso di non frequentare per un pò la scuola, avrebbe causato solo problemi e non sarebbe stato sano per lei o per il bambino. 

In quel momento si sentiva bene, il sangue di Nate l'aveva calmata e non aveva neanche piú l'istinto omicida che minacciava di rivelarsi. Richard le aveva detto che Nathaniel sarebbe arrivato a momenti, era uscito per delle commissioni, ma il padre lo aveva chiamato per raccontargli della mattinata della figlia, cosí lui decise di cambiare rotta e ritornare a casa.

Reina si alzó dal letto posando il grimorio sul mobile, non aveva trovato assolutamente niente; ma forse lo stava sfogliando solo per distrarsi dalla realtá, quella vita che era diventata cosí caotica e strana, tutta d'un colpo. 

Alzò lentamente lo sguardo, udendo la porta d'ingresso sbattere e con gli occhi scrutò lentamente la seta bianca delle tende, che oscillavano beate al piccolo venticello che entrava dalla finestra socchiusa. Il tempo si era calmato, la neve non scendeva più ma presto si sarebbe verificata un'altra bufera, l'aria ghiaccata rendeva il tutto molto più bello e le nuvole bianche ricoprivano ancora il cielo, quasi sfioravano i tetti delle case.

«Ti avevo detto che non dovevi uscire di casa...» la voce nervosa di Nate tuonó nella stanza.
Reina rabbrividì alle sue parole e voltó lentamente la testa di lato senza guardarlo: «Non potete tenermi rinchiusa qui dentro, esco fuori di testa»
«Tu fai uscire di testa noi se non fai come ti diciamo!» con uno scatto, il ragazzo si ritrovò davanti ad ella e le alzò la testa con forza, costringendola a guardarlo.

Reina oppose resistenza, fece un passo indietro e con lo sguardo basso disse: «Come se a te importasse!»
«Vorresti dire il contrario?» il tono di Nate risuonó nella sua gabbia toracica ed avvicinandosi di piú alla ragazza, «Ti ho dato il mio sangue giorno e notte, ti sono stato vicino quando hai avuto i tuoi attacchi di panico... questa battaglia è tua quanto mia!»
La ragazza alzò finalmente lo sguardo, impassibile al tono alto di Nate e sorrise, quasi beffarda.
Scrutò lentamente il suo viso, coperto di rosso dal nervoso e dai ciuffi di capelli che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte.

Una scia di colore nero si intravide, velocemente, negli occhi di Reina e Nathaniel cambiò espressione, rilassò i muscoli della faccia e del corpo alzando un sopracciglio quasi spaventato: «Ti senti bene?»
«Si...» rispose secca lei e lasciando, successivamente, la stanza.

La casa era così vuota e silenziosa, Deucalion era con Deaton, mentre Richard era in giro con Melissa per gli ultimi acquisti natalizi. Tutti gli altri, invece, erano ancora a scuola.
Reina scendeva lentamente gli scalini e con gli occhi si guardava nervosamente intorno, percepiva una strana sensazione, quasi negativa ed infatti, non appena arrivò al piano terra, una lettera sbucò da sotto la porta.

La ragazza non vide nessuno al di fuori dell'abitazione, neanche un'ombra e decise così di raccogliere quel pezzo di carta che giaceva sul pavimento.

Sul fronte c'erano tutti i nomi dei suoi amici e della sua famiglia, compreso il suo ma il mittente era ancora sconosciuto.

L'aprì con delicatezza, ignorando il respiro caldo di Nate sul suo collo, che ormai era dietro di lei e tirò da dentro un pezzo piccolo di carta doppia:

                                                       
   FESTEGGIAMO IL NATALE INSIEME

 Un brindisi di Natale con buoni amici, ottimo cibo e tanta allegria.

  Vi aspettiamo alle ore 19:00 del 24 dicembre.

                                                                                                                       SOLITO POSTO.                                        

                                           Evelyn, Dave e Theo.

Reina alzò lentamente lo sguardo, fermandolo sù un punto vuoto della casa e con le mani tremanti, non proferí una sola parola: una tempesta di emozioni le attraversarono il corpo e il respiro iniziò a rallentarle in petto.
Non sapeva come reagire, la donna che era scomparsa da un po' e che l'aveva colpita con una maledizione si era rifatta viva, invitando lei e i suoi cari ad una festa natalizia.

Nathaniel, ancora alle sua spalle, lesse l'invito per poi toglierlo dalle mani della ragazza. Rimase anche lui in silenzio e riponendo la lettera nella busta, alzò lo sguardo sù di lei che era ferma a guardare fuori alla finestra, il suo silenzio quasi lo intimoriva: «Reina!?» la richiamò facendo un passo verso di lei.

Ella non rispose, unì le mani tra di loro e roteava lentamente gli occhi osservando ogni particolare che c'era al di fuori in quel momento, aveva ripreso a nevicare ma stavolta piú forte delle precedenti.

Prendeva respiri profondi cercando di rimanere calma, ma il panico la stava divorando e non sapeva cosa fare.
Mille pensieri le sfioravano la mente, ma li scacció tutti.
Avvertiva la fine arrivare, qualcosa di pericoloso si stava avvicinando e lei non si sarebbe tirata indietro, quindi decise di fare la cosa giusta in quel momento.

                                                                                            ***

Sparsi in soggiorno, Reina e i suoi amici si immersero nelle risate e nella spensieratezza di quell'attimo.
Il suono del legno che bruciava lentamente nel camino acceso, rendeva l'atmosfera molto rilassante e piacevole, con quel piccolo calore e l'intensa luce che emanava.
Nel buio della notte, seduti sul divano o sul pavimento, stringevano tra le mani una tazza di cioccolata calda con della panna spray in superfice.

Reina aveva parlato ai suoi amici dell'invito e della decisione che aveva preso, loro avevano accettato con qualche smorfia di disapprovazione ma dovevano affrontare Evelyn, in un modo o nell'altro.

«Sei pronto?» domandò Isaac, con le mani poggiate sulle spalle di Stiles.

«Non capisco ancora cosa vuoi fare...» rispose il ragazzo e con un viso confuso, alternava lo sguardo tra Reina ed Isaac.

«Stiles...» iniziò l'ibrido, puntando i suoi occhi in quelli del ragazzo di fronte, «Ricorda... ricorda tutto ciò che é successo in passato, ciò che ti ho fatto dimenticare e l'amore che provavi per Reina, torna in te...» 

Stiles schiuse le labbra non appena l'amico finì di parlare e con ancora la confusione in testa, si girò lentamente verso Reina, la quale gli stava sorridendo.

Il ragazzo percepí una strana sensazione, una scossa gli attraversó la mente, mentre tutti i vecchi ricordi riaffioravano velocemente.
I due si corsero incontro per abbracciarsi, anche se l'enorme pancia della ragazza era ingombrante ma questo non li fermò nello stringersi e baciarsi, come se non si vedessero da troppo tempo.

Reina strinse forte a sè Stiles, delle lacrime iniziarono a rigarle il viso e con le mani giocava nervosamente con i suoi capelli. Improvvisamente, il peso che si portava dietro da settimane, scomparve in due secondi lasciandola leggera come una foglia. 

Era ritornato Stiles, il suo ragazzo ed un pizzico di felicitá si stava facendo di nuovo strada nella sua straziante e scombussolata vita.
«Non permetterti mai più di prendere decisioni al posto mio...» sussurrò Stiles, anche lui affranto dalle lacrime e con il viso nascosto tra i capelli disordinati della sua ragazza.

Nathaniel, presente a quella scena, era poggiato allo stipite della porta e con le braccia conserte al petto, guardava la madre di suo figlio felice tra le braccia di un altro, qualcun'altro che non era lui.
Non provò niente in quel momento, nè felicita per lei e nè tristezza per sè stesso.

Lasciò la stanza con l'amaro in bocca e con la mente stabile sú un unico pensiero: aveva bisogno di nutrirsi.

Malia, anche lei presente in quel momento, sforzò qualche sorriso fingendo felicità per i suoi amici.
Aveva trascorso le ultime settimane con Stiles e si era avvicinata un pò troppo, forse anche piú del dovuto.
La sera che avevano passato insieme lungo la spiaggia, a parlare del niente ma a dirsi tutto con uno sguardo ed il bacio sotto il riflesso lucente della luna, quello profondo e lungo di cui non aveva detto niente a nessuno.
Rimase impalata, seduta sulla poltrona e con uno sguardo che manifestava tristezza, accompagnato da qualche incurvatura di labbra, giusto per non destare sospetti.

 «Ti amo Stiles...» la voce di Reina risuonò tra le mura del salone e accompagnato da qualche calatura di tono, per via del pianto.

«Ti amo anche io Reina!» rispose Stiles in un sussurro, mentre le accarezzava delicatamente la guancia umida e rosea.

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