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24. Ritorno dal sonno

Seguito da Liam, Scott si dirigeva verso la casa mal ridotta di qualche sera prima.
Correvano entrambi velocemente, saltando tronchi che giacevano sul terreno del bosco.
Il sole calava lentamente, dando spazio al freddo della notte.
Impiegarono poco tempo a raggiungere la casa che Scott spalancò, con un calcio, le porte dell'abitazione entrandoci a denti stretti.
L'idea che Reina poteva essere in fin di vita gli metteva rabbia.
Si conoscevano sin da bambini, erano cresciuti insieme, era come una sorella per lui e non poteva permettersi di perderla nuovamente.

Liam entrò dopo di lui fermandosi alle sue spalle e digrignava i denti con i pugni stretti.
Il suo colore degli occhi, giallo chiaro, riflettevano nel buio della casa.
I respiri affannosi e nervosi facevano eco tra le pareti rotte e vuote.

Si incamminarono verso il soggiorno, le macerie sul pavimento continuavano a rompersi e a scricchiolare sotto le suole delle loro scarpe.
Entrarono nella stanza lentamente, si guardarono attorno mentre i canini premevano tra loro con forza.

«Non c'è nessuno!» esclamò Liam, voltandosi verso l'amico.
«Impossibile, sento dei battiti» affermò Scott, alzando lo sguardo sull'amico facendo notare, nel buio, i suoi occhi color rosso acceso.
D'improvviso, la porta alle loro spalle si chiuse di colpo catturando la loro attenzione.

Dopo il passare di secondi, Dave colpì alle spalle Scott, rompendogli una sedia di legno alla schiena.
Il ragazzo grignò dal dolore piegandosi in due, un ruggito lasciò le sue labbra mentre sfiorò il pavimento con le dita.
Liam si girò di colpo nell'udire il suo Alpha e ruggì di seguito, fiondandosi su Dave.

«Phasmatos Ossox» sussurrò Dave allungando una mano davanti a se.
Liam emise un ruggito di dolore lasciandosi cadere sulle ginocchia, sentendo ogni osso del suo corpo rompersi.
Scott alzò lo sguardo su Dave, vedere un membro del suo branco in quello stato lo fece innervosire, dandogli la giusta carica per controbattere.

Si scagliò, ad una velocità immensa, sul ragazzo cadendo con lui sul pavimento.
Scott gli era sopra, le sue iridi di colore rosso erano fisse in quelle blu di Dave.
«Dov'è Nate?» domandò Scott tra le urla, stringendo in due pugni il colletto del ragazzo sotto di lui.
Quest'ultimo rispose con una risata divertita e poggiando la nuca sul pavimento.

Prima che Scott potesse lasciargli un pugno sul viso, irritato dal suo comportamento indifferente, Nathaniel afferrò le sue spalle muscolose lanciandolo contro il muro.
Arrivò dal nulla, con la sua solita velocità da vampiro e il silenzio di un fuggitivo.

Scott strinse gli occhi dal dolore non appena toccò il pavimento, si tirò su lentamente voltando lo sguardo su Nathaniel che era fermo contro al muro.
Liam mostrava di nuovo la sua pelle lucida e i suoi bellissimi occhi color ghiaccio, aiutò l'amico a rialzarsi mentre, anche lui, si ricomponeva dalle sue sembianze da lupo mannaro.

«Allora... che cosa ci fate qui?» domandò Nate, accennando un sorriso.
I due lupi si scambiarono un veloce sguardo e di seguito, rivolgerlo nuovamente su gli altri due.
Nathaniel si presentava in modo fresco, un viso roseo e la pelle normale, nessun segno di qualche strana maledizione.

«Reina sta male!» esclamò secco Liam.
Dave si morse il labbro inferiore a quelle parole, incrociando le braccia al petto ed alternando lo sguardo tra il pavimento e Nate, quasi con fare nervoso.
«Dovrebbe importarmi?» domandò con voce austera Nathaniel.

«Oh diamine... certo che ti importa, siamo lupi non idioti... anche un cieco noterebbe il modo di come la guardi... e si da il caso che anche tu sei in pericolo» controbbattè Liam.
Quanta innocenza e paura nel suo tono, quasi sull'orlo di piangere ad una crisi di rabbia.
Le vene pulsavano incontrollate sul suo collo ed il respiro si indeboliva pian piano, cercando di mantenere il controllo.

Nathaniel raggiunse, a passo lento, i due amici ed incrociare le braccia al petto una volta di fronte a loro: «Ve lo ripeterò di nuovo... cosa ci fate qui?» domandò nuovamente scandendo ogni parola con tono acuto.

«Crediamo che Evelyn abbia lanciato una maledizione contro Reina, ha metà del corpo instabile con delle lettere runiche incise sulla pelle, precisamente l'iniziale del suo nome, del tuo e una ìpsilon che, a quanto pare, ha un significato ben diverso...» spiegò Scott. «Potrebbe aver colpito anche te!»

Per un secondo Nate rise, divertito dalle parole del ragazzo: «La mia pelle non ha niente che non và!» esclamò con convinzione ed alzando la maglietta bianca.
Scott e Liam abbassarono lo sguardo sul suo fianco e schiusero le labbra alla vista delle lettere runiche, ma il colore della pelle non sembrava essere grigio come quello di Reina.
I due amici alzarono in contemporanea gli occhi su Nate: non proferirono parola ma le espressioni parlavano da sole.

***

«Appendilo lì!» esclamò Lydia con un sorriso, porgendo una decorazione natalizia a Reina.
Avevano deciso di tenerla impegnata con ciò che amava fare da sempre: l'albero di natale.
Erano ormai le nove di sera, Reina sedeva sul pavimento del soggiorno aprendo alcuni rami dell'albero, circondata dai suoi amici.

La sua mente era ancora disconnessa dalla vita reale, il colore grigio continuava ad espandersi sulla sua pelle risaltando vene viola.
La magia incontrollata era cessata, Deaton le aveva consegnato un anello che assorbiva per un po' il suo potere, così da non far accadere nessuna catastrofe insolita.

«Ho trovato del frassino giù in cantina» annunciò Luna, sventolando in aria un mazzetto di quella pianta.
«Bene, è quello che ci serve!» affermò Alan, prendendo alcune foglie ed accendendole, con un accendino, successivamente.
L'odore del frassino si espase per tutta la casa, impossessandosi delle narici dei presenti.

«Ripeti a cosa serve?» domandò Allison, impegnata ad appendere delle palline di color blu sui rametti.
«Le fumigazioni del frassino garantiscono dagli attacchi occulti e dalle influenze malefiche... nel caso ad Evelyn sorgesse un'altra splendida idea!» spiegò Alan, accomodandosi sul divano e voltando lo sguardo su Reina.

«Di certo ha un buon odore!» esclamò Stiles, uscendo dalla cucina con un bicchiere in una mano.
Il ragazzo era arrivato poco dopo che Scott e Liam lasciassero la casa.
Reina rimase quasi sorpresa non appena lo vide varcare la soglia della porta un'ora prima. Fortunatamente, grazie all'anello che aveva al dito, non potè esprimere del tutto le sue emozioni.

«Bevi questo» continuò il ragazzo, porgendo a Reina la bevanda.
Un tè mischiato a una pianta che aveva sempre con sè Deaton: Cardo Santo!
«Le farà bene respirare il frassino e bere quest'infuso?» domandò Lydia con un pizzico di preoccupazione nel suo tono.
«Spero di sì!» rispose Alan.

Reina prese il bicchiere dalle mani di Stiles e bevendo, di seguito, il contenuto.
I suoi occhi erano ormai inniettati dal sangue, quasi non ne percepiva il dolore se non l'offuscamento della vista, in qualche momento.
Li puntò su Stiles, dopo aver finito di bere velocemente l'infuso, il rosso del sangue quasi ricopriva le sue iridi verdi per poi passare a colarle il naso.
Non aveva smesso, da quando aveva ripreso i sensi, a sanguinare.

Stiles schiuse le labbra non appena lo notò, così si avvicinò a lei e con un panno iniziò a pulirle sotto al naso.
Reina prese la sua mano, quella con cui la stava pulendo e ci poggiò sopra una guancia facendo in modo di avere contatto con il suo palmo.

Le mancava la sensazione di calore che solo lui emanava, i brividi che provava non appena la sfiorava e il cuore che accellerava ad uno sfuggente sguardo.
Lui sorrise accarezzandole lentamente la guancia con il pollice: «Perchè non vai a riposare?» domandò sussurrando e spostando la mano.

Ella annuì leggermente con il capo sentendo un pugno colpirle la pancia, Stiles l'aveva liquidata con imbarazzo a quel gesto e non riuscire a leggergli la mente la innervosiva.
Si voltò incamminandosi al piano di sopra e una volta in stanza, si chiuse la porta alle spalle con gli occhi pieni di lacrime.
Non riuscire a sfogarsi con la magia la stava uccidendo all'interno, tutto continuava ad accumularsi e si sentiva come una bomba ad orologeria: che sarebbe scoppiata nel momento in cui avrebbe rimosso l'anello.

Si poggiò sul letto sfinita da ciò che provava, ma chiudere gli occhi non l'avrebbe di certo aiutata.

***

«Reina, ci rincontriamo!» esclamò la donna dai capelli rossi con un sorriso.
Sedeva a gambe accavallate su una poltrona di pelle.
Reina era circondata da pareti bianche, quasi accecava quel colore così pulito.
Confusa si guardò intorno, la stanza in cui si trovava era piccola e vuota, arredata solo da quella poltrona nera.

«Perchè continuiamo ad incontrarci mentre dormo?» domandò la ragazza avvicinandosi alla donna.
«Per ora solo qui possiamo vederci!» esclamò la donna alzandosi.
«Cosa intendi?»
La rossa non rispose, si limitò a voltarsi versò un mobile apparso dal nulla.
Reina seguì il suo sguardo, accigliandosi alla vista di quel cassettone: «Da dove...» ma non concluse la frase che, non appena si voltò nuovamente verso la donna, ella non c'era più.

Decise di avvicinarsi a quel mobile aprendone poi un cassetto: alzò un sopracciglio alla vista di un cofanetto ed una foto.

Prese quest'ultimo tra le mani: egli ritraeva la stessa donna, con cui parlava minuti prima, con in braccio un bambino sicuramente dall'età di cinque anni.
Passò al cofanetto, al tatto sembrò di un morbido velluto color bianco; lo aprì rivelandone un bellissimo anello con cinque pietre, due di un colore misto al viola e blu, due bianche e quella al centro viola con qualche sfumatura azzurra.

Non riuscì a capire del perchè quelle cose fossero li, ne tanto meno del perchè lei fosse li.
Ma un forte fischio le pervase la mente, disturbandole tutti i suoi pensieri e risvegliandola dal profondo sonno.

***

Reina si svegliò di colpo sentendo la pelle andare a fuoco, alzò il busto dal materasso e scrutava con nervosismo la stanza con affanno.
Si alzò raggiungendo a passo svelto il bagno ed una volta davanti lo specchio, sussultò per via del suo riflesso: metà del viso era di un grigio intenso con delle vene viola sparse, le stesse che si ritrovavano su metà del corpo.

«Diamine...» sussurrò tra sè e sè, la prima parola dopo una giornata di silenzio.
Ma ben altro catturò la sua attenzione, che la maledizione passò in secondo piano.
Si voltò lentamente, con uno sguardo misto tra la paura e la preoccupazione, dopo aver visto allo specchio lo stesso mobile del sogno, al centro della stanza.

Deglutì avvicinandosi a passo lento, lo sfiorò lentamente con le dita avvertendo del potere in quel oggetto.
Aprì il primo cassetto trovando solo vuoto e polvere, così passò al secondo e schiuse le labbra ritrovando le stesse cose che aveva trovato nel sogno.

La stessa foto, lo stesso anello con aggiunta di un bigliettino con su scritto: 'Per Reina.'

Stranamente si sentiva meglio, sempre debole e con la pelle che pulsava dal calore, ma quell'infuso le aveva fatto decisamente bene.
Decise di scendere al piano di sotto stringendo tra le mani quei piccoli oggetti, ma rallentò il passo alla fine della lunga scalinata non appena notò, sul pavimento bianco, una scia di goccioline di sangue che portavano al soggiorno.

Un forte urlo maschile la fece sussultare, udendo successivamente dei lamenti.
Si diresse verso quella direzione e schiuse le labbra alla vista di Nate dimenarsi dalla presa di Scott, i suoi lunghi canini sporgevano dalle labbra e le vene nere pulsavano sotto ai suoi occhi, quasi volessero scoppiare.

«Cosa gli prende?» domandò Reina, lasciando cadere sul pavimento la foto ed il cofanetto, avvicinandosi anche lei al divano circondato dai suoi amici.
Loro sussultarono alle parole della ragazza, non avendo notato la sua entrata.
«Ma allora parli ancora?» domandò Lydia con tono divertito, felice di rivedere la sua migliore amica con una luce diversa.

Nathaniel non diede il tempo di spiegare niente a nessuno che si ritrovò, velocemente, a colpire Liam e Scott, sbattendoli con forza contro il muro.
Anche Luna ed Isaac si ritrovarono vittime della sua rabbia incontrollata, che li morse facendo perdere loro i sensi.

Non appena però, si accorse della presenza di Reina, strinse i denti avvicinandosi lentamente a lei: «È tutta colpa tua se sono in questo stato!»
Tremava dal nervoso, il suo respiro accellerava mentre il viso era coperto da un rosso acceso, sembrava soffocare.

Reina si ritrovò ad indietreggiare, la paura prese il sopravvento non sapendo cosa fare: «Nate aspetta...» sussurrò con voce spezzata, sul punto di piangere.
Gli altri, impauriti quanto lei, restarono inermi ed in silenzio.

«Non voglio sentirti parlare, mi hai stufato Reina Wood» urlò Nate, così forte da far tremare le pareti della casa.
Prese da un mobile un vaso lanciandolo poi contro la ragazza, ella lo sfiorò ma si ruppe al suo fianco, contro la parete, ferendola così in viso con dei cocci.

Reina mugolò dal dolore, si ritrovò ormai con le spalle al muro con la guancia gocciolante da un rosso intenso.
Anche gli occhi di Nate, che fissavano il viso della ragazza, erano inniettati di sangue.

«Nate calmati per favore...» disse Deucalion, avvicinandosi di poco ai due.
«CALMARMI!?» con tono alto domandò lui, girandosi verso l'uomo. «È colpa sua se siamo in questa situazione, è colpa sua se ho spento l'umanità, tutto questo perchè ha voluto liberare Evelyn... è tutta colpa sua!» sbraitò.

Nessuno proferì parola, effettivamente lui aveva ragione... se solo Reina avesse dato ascolto a lui o a Deucalion, ora non si ritroverebbero in quella situazione!
Reina si ritrovò a piangere, con gli occhi fissi su Nate mentre giocava nervosamente con l'anello che portava al dito.

«Ti credi una strega così potente...» continuò il ragazzo con, ora, un tono pacato ma irritato, voltandosi verso di lei. «Ma in realtà sei solo una stupida ragazzina che al primo problema se la cava con un incantesimo, ma poi? Poi scappa con la coda fra le gambe... e non intendo morire per via di un'ingenua diciasettenne!» concluse avventandosi velocemente su di lei, mostrando i suoi affilati canini.

«NATE NO...» urlò Deucalion avvicinandosi velocemente a lui ma si fermò, non appena udì un rumore di ossa rompersi.
Reina, tra le lacrime, tirò a se il corpo del ragazzo, ormai privo di sensi, prima che cadesse a terra.
Gli aveva spezzato il collo con un gesto di dita, dopo essersi tolta l'anello che le aveva dato Deaton.

Si lasciò andare, scivolando sul pavimento con Nate tra le braccia.
Le lacrime scendevano incontrollate sul viso, mischiate da qualche goccia di sangue: «Ha ragione...» sussurrò con voce spezzata, mantenendo lo sguardo basso sul ragazzo. «È tutta colpa mia!»

Il silenzio si impossessò della casa, accompagnato soltanto dai singhiozzi della ragazza.
Ma fu Deaton a romperlo, dopo aver recuperato la foto che aveva fatto cadere Reina precedentemente: «Deucalion...»

Quest'ultimo si girò ed avvicinandosi poi all'uomo. Sgranò gli occhi non appena li puntò sulla foto, la prese sospirando: «È Marié-Anne con Nathaniel...» sussurrò voltando, successivamente, lo sguardo sulla figlia.

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