22. Una notte da dimenticare
Un forte urlo di dolore fece eco in quel grande salone, Reina sedeva su una sedia di legno con i polsi legati sugli appositi braccioli.
I suoi occhi erano gonfi e rossi mentre delle lacrime continuavano, incontrollate, a rigarle il viso.
Gli ultimi dieci minuti li aveva passati a dimenarsi da quelle corde così strette e dalle grinfie di Nate: ogni minuto che passava era un morso da parte sua, succhiandole metà del sangue che circolava nel corpo esile della ragazza.
Ella continuava a chiedersi del perchè di quelle azioni, di dove erano finiti i suoi amici e se stavano bene.
Gli scoppiettii del legno, che bruciava nel camino, accompagnavano le urla e i lamenti della ragazza, Nate si rifiutò di coprirle la bocca trovando eccitante ogni parola che usciva dalle sue labbra.
«Ti prego... smettila» sussurrò lei con la testa bassa, ormai sfinita.
«Tesoro...» esclamò Nate fingendo un briciolo di compassione. «Ma il divertimento deve ancora arrivare» annunciò con fierezza, ridendo subito dopo.
La porta si spalancò rivelandone un ragazzo alto con un sorriso stampato sul viso: Dave, divertito da quella scena, si posizionò davanti ad entrambi i ragazzi poggiando il sedere allo schienale del divano, incrociò le braccia al petto e sorrise.
«È conciata male!» esclamò lui alzando lo sguardo su Nate.
«Avevo fame» rispose lui schietto, posizionandosi alle spalle di Reina e spostandole lentamente, delle ciocche ormai annodate e in disordine, scoprendone il collo. «Dovresti servirtene anche tu!» concluse Nate con un sorriso.
Dave abbassò lentamente gli occhi sul collo della ragazza, del sangue rosso intenso colava lentamente da due piccoli buchi mentre, attentamente, ascoltava il suo battito.
Fece un passo in avanti e, una scia di luce della luna, rivelò gli occhi del ragazzo che fino ad ora erano nascosti dal buio di quella stanza: i suoi occhi erano neri come le vene risaltate ai contorni.
Con uno scatto, si avvinghiò al collo di Reina mordendola succhiando, successivamente, il sangue caldo che ormai scendeva lento nel corpo del ragazzo.
Un altro urlo uscì dalle labbra della ragazza, ma le forze iniziarono a mancarle come il respiro, che piano si indeboliva sentendo mille formicolii penetrarle le mani fino ad impossessarsi delle braccia.
«La volete smettere voi due?» disse Evelyn con tono acuto entrando nel salone, seguita da Theo che sgranò gli occhi alle condizioni della ragazza.
Dave si staccò dal collo di Reina deglutendo l'ultimo sorso del suo sangue per poi sorridere con le labbra sporche di rosso intenso.
«C'era bisogno?» domandò Theo irritato poggiando una mano sotto il mento di Reina ed alzarle lentamente la testa: teneva gli occhi chiusi e le labbra schiuse cercando di rimanere ancora stabile.
Nate roteò gli occhi scocciato per poi affiancare Dave ed incrociare le braccia al petto.
«Dove sono i miei amici?» domandò Reina con un filo di voce mentre riaprì gli occhi, quasi in due fessure, per guardare Evelyn.
La donna sorrise accarezzando lentamente una ciocca dei suoi capelli castani: «Ti avevo chiesto di spaventarla non di dissanguarla!» esclamò Evelyn con tono aspro e con gli occhi puntati su Nate.
«Beh, dovevo pur mangiare così ne ho approfittato...» disse Nate con voce cupa e con lo sguardo pieno di odio, guardando la donna.
«Perchè mi hai chiesto dove fosse Nathaniel se sapevi benissimamente dove si trovasse?» domandò con voce spezzata la ragazzina.
«Oh ma era vero... non sapevo dove fosse poi però ha trovato lui me, che voleva uccidermi» ridacchiò Evelyn ripensando alla discussione col ragazzo. «Ha perso la testa per te!»
«Cosa... cosa intendi?» domandò la ragazza tra qualche balbetto.
«Sa che non può uccidermi, venire qui è stata una mossa stupida e ne ha preso le conseguenze... non ti avrei uccisa a costo che lui si schierasse con me e... spegnesse la sua umanità, ovviamente» spiegò divertita la donna mentre voltò, per un secondo, lo sguardo su Nate.
Reina schiuse le labbra a quella confessione, sentì il fiato mancarle una volta che incrociò gli occhi con quelli del ragazzo ma lui, distolse immediatamente lo sguardo non riuscendo a resisterle un secondo di più, nonostante la sua umanità fosse spenta.
«Ha pensato più a te che a se stesso, spegnere l'umanità di un vampiro non porta a niente di buono... ma io non posso non ucciderti, và contro le mie regole» concluse Evelyn rispostando lo sguardo sulla figlia ormai con degli occhi nero scuro avvicinandosi, successivamente, ad ella.
Reina schiuse le labbra alle parole della madre, riprese a dimenarsi sulla sedia con la paura che cresceva in essa e piccoli lamenti riempivano il silenzio della stanza.
Alternava lo sguardo su Nate e Theo, sperando che uno dei due facesse qualcosa, ma sembravano essere sottomessi da quella donna che Nate osservò Evelyn con indifferenza mentre Theo, voltò lo sguardo per non vedere l'atto che avrebbe compiuto la madre da lì a pochi minuti.
Fin quando, però, un oggetto di piccola statura non ruppe la finestra del salone, catturando l'attenzione dei presenti.
Dave si girò accigliato facendo un passo verso quell'oggetto che giaceva, ormai, sul tappeto rosso con gli orli oro del salone per poi scoppiare e rilasciare un gas da un odore abbastanza forte.
Un ragazzo entrò, con un salto, dalla finestra facendo rompere del tutto il vetro, si chinò a terra per poi alzare lentamente la testa facendo notare i suoi occhi misti tra il nero scuro e un giallo chiaro, per poi emettere un rumoroso ruggito.
Reina schiuse le labbra notando che quel ragazzo fosse Isaac per poi rigirarsi verso Evelyn, che ormai giaceva a terra priva di sensi insieme agli altri.
Isaac si avvicinò alla ragazza e, una volta averle slegato i polsi, le fece poggiare un braccio attorno alle sue spalle, portandola fuori da quella stanza.
Il ragazzo, tenendo sempre a se Reina, si allontanò dal salone incamminandosi a passo svelto per la casa non sapendo, esattamente, dove stesse andando.
«Isaac... fermati, aspetta...» sussurrò la ragazza dolorante, priva di forze.
Il ragazzo si fermò voltando lo sguardo su ella, la fece sedere a terra per poi chinarsi davanti ad essa.
Si ritrovarono in un lungo corridoio, poco illuminato per via delle due piccole finestre, Reina era tornata nella parte lugubre della casa, residui di mura giacevano sul pavimento, qualche quadro rotto sparso qua e di là o ancora appesi alle pareti chissà come.
La polvere si impossessò delle narici della ragazza che iniziò a tossire, sentendo un peso sul petto, quasi come se non riuscisse a respirare.
La sua pelle diventò bianca e fredda, le sue labbra erano di un viola scuro mentre iniziò a tremare.
«Devi bere il mio sangue!» disse Isaac alzandosi la manica del giubbino per mordersi il polso ma, Reina lo fermò guardandolo negli occhi.
«No, devi trovare gli altri, farò un incantesimo per fermarli nel caso servisse» replicò lei con voce angosciata. «Và!» concluse urlando spingendo via Isaac.
Quest'ultimo la guardò con sguardo perso per poi annuire ed allontanarsi da lei.
Reina lo seguì con lo sguardo respirando lentamente con le labbra schiuse, lasciò cadere una mano sul pavimento mentre provava a sistemarsi su di esso.
«Non chiudere gli occhi Reina» disse a se stessa, cercando di non perdere i sensi ma il dolore e la stanchezza la sopraffassero, iniziò a non sentire più il corpo, gli arti la stavano abbandonando lentamente e lei voleva solo scollegare la mente, per qualche secondo.
«Prendila se ti piace» esclamò Dave tenendo la mano di Reina.
«Se poi non mi piacerà più?» domandò ella posizionandosi davanti a lui.
«Uh... Reina» sospirò Dave prendendo la collana dal cofanetto, per poi metterla al collo della ragazza. «Ti sta benissimo, hai un collo così perfetto che te la fa risaltare... vieni dai, te la compro io, consideralo un regalo».
Reina sorrise alle parole del ragazzo per poi seguirlo alla cassa.
I due ragazzi uscirono dal negozio stringendosi la mano a vicenda, il loro weekend a Los Angeles stava andando secondo i piani.
Il caldo di quel giorno quasi spaccava il cemento della strada, un mucchio di persone andava avanti e indietro: chi in costume, chi in divisa da lavoro.
Reina e Dave si fermarono su un molo ad osservare il sole che tramontava beato alla fine del mare, il ragazzo l'abbracciò da dietro stringendo le braccia alla sua vita per poi poggiare il mento sulla sua testa: a differenza sua, Reina era molto bassa e a Dave, questo, faceva impazzire.
«Non avrei mai pensato che mi saresti piaciuta così tanto...» confessò lui tenendo lo sguardo sul tramonto.
Reina sorrise alle sue parole per poi girarsi verso di lui, incrociò le braccia al suo collo alzandosi leggermente sulle punte: «Non c'era bisogno di portarmi a Los Angeles per farmi capire che vuoi stare con me» sussurrò la ragazza per poi baciarlo dolcemente.
Reina sussultò riaprendo gli occhi ed alzandosi con il busto dal pavimento, si era stesa nel momento in cui era svenuta.
Schiuse le labbra notando che davanti a se, c'era Dave che sorrideva beffardo e compiaciuto: «Fù una bella gita, non credi?»
«Come hai...» sussurrò Reina venendo poi interrotta dal ragazzo.
«Tesoro sono un ibrido anche io... solo che sono uno stregone, al posto di essere un lupo mannaro» spiegò con calma Dave per poi alzarsi. «Se devo torturarti non faccio come Nate, anzi, ti faccio ricordare i momenti belli che abbiamo vissuto insieme così che tu possa rimpiangere ciò che mi hai fatto...» la voce di Dave era un calare e alzare di tono, misto tra l'odio, lo schifo e il divertimento.
Rialzò la ragazza dal pavimento e, quest'ultima, lo spintonò guardandosi poi le braccia: il dolore era svanito, riuscì a risentire le mani senza percepire più quel formicolio fastidioso, i morsi erano spariti, si sentiva bene, il suo corpo ormai era solo ricoperto dal suo sangue.
Dave la prese per un braccio, tirandola con se. Nel mentre che camminavano a passo svelto, il ragazzo passava lentamente una mano sulle pareti assorbendo l'incantesimo che aveva fatto Reina prima di entrare: «Astuta... ma davvero stupida!» esclamò lui per poi spingere, con forza, la ragazza nel salone.
Ella mugolò per via della spinta, guardò Dave per un secondo per poi girarsi nel guardare l'intero salone. Ciò che si ritrovò davanti, la lasciò di stucco: i suoi amici erano vivi e vegeti, senza neanche un graffio ma erano sospesi, sicuramente con qualche magia, in aria con le spalle al muro.
Reina fece un passo in avanti guardando uno ad uno dei suoi amici, notò che però, solo due di loro non erano con gli altri: Stiles e Luna.
La ragazza, iniziò ad avvertire uno dei suoi attacchi di panico, schiuse le labbra cominciando a tremare con le mani, accusò un vento freddo attorno ad essa mentre girava lentamente lo sguardo alle sue spalle: Luna era affiancata da Evelyn con un piccolo coltello dalla lama affilata al suo collo, mentre Stiles da Nate che gli teneva ben stretti i polsi.
Reina fece un passo in avanti ma si bloccò alle parole della madre.
«Non ti muovere!» esclamò la donna sorridendo. «Non voglio fare del male a nessuno, ma questo dipende solo da te, se fai una scelta veloce torneremo tutti a casa nel nostro bellissimo letto caldo».
Reina intravide della pazzia negli occhi della madre, il suo sorriso era uno di quelli da psicopatica, divertita nel ciò che stava facendo.
«Lasciala andare» esclamò la ragazza a sua madre, facendo un altro passo in avanti.
«Ti sembra che voglia fare del male ad entrambe le mie figlie? Ma sarò costretta a farne se non ti unisci a noi...» disse Evelyn premendo la punta della lama contro il collo di Luna. «Sei troppo potente Reina, ti ho rubato la magia più volte e, a parte il dolore che provi in quel momento, non ti indebolisci... capisci? Se non ti unisci a me, sarò costretta ad ucciderti... sei un pericolo per me!»
Luna, irritata dalla voce della madre proprio vicino al suo orecchio, le diede una forte gomitata nello stomaco facendola piegare dal dolore riuscendo così, a liberarsi.
La ragazza corse immediatamente tra le braccia di Reina e lei, la strinse a se controllando qualsiasi parte del suo corpo per vedere se fosse ferita.
I suoi amici, una volta che Evelyn distolse lo sguardo, caddero di peso sul pavimento liberandosi dalle grinfie della donna.
Evelyn alzò lentamente lo sguardo mentre, nella stanza, rieccheggiò la sua folle risata: «Non volevo fare del male all'umano, non guarirebbe come un lupo mannaro però...» concluse a metà la sua frase, voltandosi verso Stiles e lanciando, con una mossa veloce di polso, il coltello che perforò il centro del petto del ragazzo.
Egli cacciò un urlo liberandosi dalle mani di Nate portando, successivamente le sue, al petto stringendole attorno al coltello.
A Reina cadde un masso di pietre pesanti addosso, a quella scena.
«NOOOO!» urlò ella vedendo il proprio ragazzo, lasciarsi cadere sulle ginocchia ormai con uno sguardo perso mentre la sua ferita, iniziò a sanguinare.
«Invisique» sussurrò Evelyn rendendo invisibile lei e i suoi 'schiavi', scomparendo nel nulla.
Il tempo sembrò fermarsi, rallentare quasi. Reina si avvicinò a Stiles correndo, inginocchiandosi poi al suo fianco e tirarlo tra le sue braccia stringendolo a se: «Andrà tutto bene!» rassicurò lei accarezzandogli lentamente i capelli.
Si lasciò andare in un pianto straziante, riusciva a sentire Stiles tremare e sudare tra le proprie braccia, il suo respiro era irregolare e debole allo stesso tempo.
I ragazzi, presenti in quella stanza, rimasero in silenzio avvicinandosi lentamente ai due seduti sul pavimento.
Stiles guardò per un secondo Reina, mentre delle lacrime rigarono lentamente il suo viso, che aveva assunto ormai un colorito biancastro.
Le sorrise stringendole con forza la mano, il dolore si impossessò del suo corpo mentre la ferita continuava a sanguinare.
Schiuse le labbra, pronto a dire qualcosa ma, un sussulto lo fermò, facendogli chiudere del tutto gli occhi.
Reina strinse, a sua volta, la mano del ragazzo mentre i singhiozzi fuoriuscivano dalle sue labbra: «Stiles... resta sveglio!» sussurrò lei con voce spezzata.
Isaac e Scott si chinarono al fianco della ragazza, senza dire una parola, con sguardo cupo: Isaac si morse il polso poggiandolo, successivamente, alle labbra di Stiles per far bere lui il suo sangue mentre Scott, gli prese l'altra mano libera assorbendo, con decisione, il dolore del suo migliore amico.
Così, il gruppo di amici, aspettarono per tutta la notte la riapertura degli occhi di Stiles, chi tra le lacrime e chi tra la rabbia.
Quella fu sicuramente una notte da dimenticare.
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