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17. Il sigillo

Reina evitò lo sguardo di Stiles accomodandosi delicatamente sul letto, poggiando le mani sul materasso. Sospirò mantenendo la testa bassa mentre i suoi occhi si spostavano lentamente sulle scarpe del ragazzo.
«Sei stata una notte a casa loro ed hai dormito con Nate? Mi spieghi cosa hai fatto?» domandò il ragazzo mentre agitava nervosamente una mano, mentre l'altra, la teneva posata su un fianco.

La ragazza continuava a rimanere in silenzio senza rivolgergli neanche uno sguardo, sentiva le emozioni di Stiles e questo le creava panico.
Il ragazzo era confuso ma allo stesso tempo il nervoso gli mangiava ogni organo che si ritrovava nel suo corpo, sentiva l'ansia crescergli ma cercava di mantenere la calma, restare con un tono pacato aspettando una risposta dalla ragazza: le quali non arrivarono.

Dopo pochi minuti di silenzio Stiles, ormai stufo dell'atteggiamento della ragazza, si avvicinò prendendole i polsi e tirandola a se permettendole di alzarsi dal letto costringendola poi, a guardarlo negli occhi: «Reina vuoi rispondermi?» il suo tono era ormai alto, guardava la ragazza negli occhi mentre le labbra erano socchiuse lasciando respiri lenti e caldi.
«Che cosa vuoi che ti dica? Non è successo niente tra me e Nathaniel!» con voce afosa, finalmente, rispose la ragazza.

Lo guardava negli occhi e ciò che le face male fu leggere la sua mente: ciò che davvero Stiles pensava, le sue labbra non dicevano.
Reina sentì lo stomaco chiudersi, un uragano di emozioni quasi la trafissero iniziando a sentire gli occhi riempirsi di lacrime.
Si liberò lentamente dalla presa del ragazzo senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Si allontanò di poco da lui stendendo, in modo pacato, le braccia lungo il corpo mentre le mani si chiudevano lentamente in due pugni.

«Motus» sussurrò Reina mentre, la lampada presente sul comodino, si spostò violentamente e velocemente in direzione di Stiles con intenzione di colpirlo ma il ragazzo, accorgendosi dell'espressione di Reina, abbassò di scatto il busto verso il basso schivando la lampada che prese contatto poi con il muro, rendendola ormai solo un oggetto rotto in mille pezzi.
Stiles si ricompose, spostando le mani dal viso che aveva coperto per lo spavento: la sua espressione era un misto tra terrore e confusione, le sue sopracciglia erano aggrottate formando delle piccole rughe sulla fronte, le labbra erano schiuse e cadenti.

«Ma sei impazzita?» domandò lui con un filo di voce.
«Lo sento... so cosa pensi» rispose la ragazza facendo qualche passo verso di lui. «Tu non ti fidi e lo capisco ma non tollero che tu mi veda ancora come la ragazza di due anni fa!» concluse ormai con tono alto Reina mentre qualche lacrima iniziò a rigarle il viso.
«Luna mi ha picchiata, torturata e rinchiusa in una cazzo di cella a morire di freddo dove la mia magia non funzionava e con la fame che mi divorava...» nella voce di Reina si poteva percepire il disprezzo, l'odio e la tristezza per tutto ciò che era accaduto e che continuava ad accadere, non riusciva a controllare neanche più le sue lacrime che ormai scendevano incontrollate lungo le sue guance. «E tu... tu riesci solamente a pensare che ho dormito con Nathaniel e che probabilmente io ci abbia fatto qualcosa perchè tu, nel profondo del tuo cuore, pensi ancora che io sia la stessa ragazza di due anni fa che illudeva tutti e si divertiva con altri quando lui mi ha solamente guarita con il suo sangue e sinceramente, Stiles, in questo momento il mio unico pensiero è preoccuparmi di Deucalion che è mio padre»

La ragazza finì per urlargli contro, spintonandolo mentre sentiva la rabbia prenderle il sopravvento.
Stiles rimase in silenzio lasciando sfogare Reina, permettendole di spintonarlo ma restando a guardarla dritto negli occhi.
Reina prese un gran respiro passandosi frettolosamente le mani sul viso per asciugarsi le lacrime per poi, avvicinarsi alla borsa e frugare al suo interno alla ricerca della lettera.

«Dov'è...» ripeteva in preda al panico, mentre spostava le mille cose che erano presenti in quella borsa.
Stiles si avvicinò lentamente alla ragazza, notando che non era in se e, dolcemente, la fermò nel frugare prendendole le mani e tirandola leggermente a se. Le spostò delicatamente delle ciocche che, le ricadevano disordinatamente sul viso, dietro l'orecchio per poi poggiare il palmo su una sua guancia mentre con il pollice asciugava con cautela le sue lacrime: «Mi dispiace se, anche per un secondo, io abbia pensato quelle cose... è la mia prima volta in tutto ed è difficile per me, sopratutto se la tua ragazza ti legge nel pensiero» spiegò con tono avvolgente il ragazzo lasciandosi scappare una leggera risata a fine frase.
Reina prese a respirare lentamente ascoltando con attenzione le parole di lui: il modo in cui riusciva a farla calmare, il modo in cui la guardava e come la lasciava senza fiato ad ogni sguardo quasi le faceva perdere la testa.

***

Un lieve canto fece eco nella stanza di Reina, lei posata sul letto coperta da pensieri e sogni: dormiva beata.
Un fascio di luce, proveniente dalla sua collana, illuminò la camera facendone intravedere una donna.
«Reina...» sussurrò la donna ai piedi del letto mentre osservava la ragazza dormire.
La donna, illuminata solo di bianco, quasi sembrava essere un fantasma... vestiva con una lunga veste mentre teneva unite le mani.

Il suo volto non si vedeva con chiarezza ma le sue labbra si curvarono in un dolce sorriso.
Lentamente, la donna, si avvicinò alla ragazza dormiente sedendosi al suo fianco e accarezzandole delicatamente una guancia.
I lievi raggi di luce della luna riflettevano dalla finestra e si poggiarono sulla donna fantasma, rivelandone poi un corpo umano: una pelle rosea, dei lunghi capelli biondi, degli occhi color marrone e delle labbra carnose.

La luce, emanata dalla collana, continuava a riflettere sulla donna accompagnata dalla luna, permettendole di restare in vita.
Poggiò le mani sulla nuca di Reina chiudendo gli occhi e lasciandosi entrare nei suoi pensieri.
«Liberami, figlia mia, solo tu potrai farlo... liberami alla prossima eclissi lunare!»
Fu così che la ragazza si svegliò dal profondo sonno, mettendosi a sedere al centro del letto e notando, per qualche secondo, quel fascio di luce accecante richiudersi all'interno della collana che portava al collo.

Si guardò attorno mentre il suo respiro diventò irregolare. Portò, con cautela, una mano sul ciondolo stringendolo nel palmo: un lampo di genio le pervase la mente arrivando alla conclusione della metafora della mamma.

***

La ragazza restò sveglia, il restante della notte, a sfogliare il suo grimorio intenta a cercare un incantesimo riguardo a dei sigilli e lo trovò, ma ciò che lesse, iniziò a crearle una sorta di ansia: servivano due streghe di sangue.

Delle nuvole grigie coprivano Beacon Hills, il tempo minacciava un forte temporale, grazie ai lampi ed ai tuoni che emanava il cielo.
Reina si alzò dal letto prendendo dall'armadio un pantalone nero in pelle ed un maglioncino a collo alto color panna, li indossò subito dopo lasciandosi poi cadere i capelli lunghi e mossi sulle spalle.

Erano le 7:30 quando la ragazza uscì dall'abitazione lasciando, un bigliettino per il padre, sulla porta del frigo: "Sono uscita presto non aspettarmi per cena, ti voglio bene papà xxx"
Entrò nella sua macchina velocemente, visto che si era appena manifestato un forte temporale, partendo poi verso la clinica di Deaton.
Prese il cellulare dalla borsa tenendo una mano sul volante cercando di rimanere stabile nella guida, con quel tempo girare per le strade di Beacon Hills diventava difficile.

A Lydia: Raggiungimi da Deaton, avvisa gli altri devo parlarvi.

Una volta inviato il messaggio, riposò il telefono al suo posto, portando nuovamente entrambe le mani sul volante.
I tergicristalli si muovevano velocemente sul vetro mentre la pioggia picchiava incessantemente su di esso, Reina accelerava sempre di più sperando di arrivare il prima possibile alla clinica.
Non sapeva darsi una spiegazione di ciò che fosse accaduto durante la notte: il fascio di luce che intravide, un secondo dopo aver aperto gli occhi, richiudersi velocemente nella collana le creava mille domande.

E se la madre fosse rinchiusa nel ciondolo?

In fondo, perchè no, ormai a Beacon Hills tutto era possibile.
Parcheggiò la macchina, una volta arrivata alla clinica, e scese raggiungendo di corsa il suo interno.
«Reina... a cosa devo la tua visita?» domandò Alan sorridendo alla vista della ragazza.
Reina entrò nel retro della clinica mentre tirava fuori il grimorio dalla borsa, infine, sbattendolo su un tavolo li vicino.

«Devi aiutarmi...» con tono affannoso disse la ragazza mentre, con un gesto leggero di dita, lasciò il libro aprirsi sulla pagina dell'incantesimo che avrebbe dovuto fare. «Sono convinta che mia madre è rinchiusa in questa collana... è tipo un sigillo»
Alan sospirò alle parole della ragazza, poggiandosi con la schiena al muro mentre teneva le mani posate in tasca: non proferì parola.
Reina alzò lo sguardo su di lui accigliandosi all'espressione dell'uomo: «Perchè non riesco a leggere la tua mente?»

«Reina... se tua madre è stata rinchiusa in quella collana, ci saranno sicuramente ovvi motivi del perchè è stato fatto» spiegò Alan avvicinandosi a passo lento verso la ragazza.
Poco dopo, Lydia entrò nella clinica seguita da Malia ed Allison, fermandosi nell'ascoltare la conversazione dei due.
Reina alzò lo sguardo sulle ragazze per poi voltarlo nuovamente su Deaton: «Deucalion è mio padre!» disse con voce accorata Reina.

I presenti in quella stanza, a parte Reina, schiusero le labbra a quella confessione, chi con volto confuso e chi con volto sorpreso.
La ragazza si guardava attorno cercando, neanche per un secondo, di non guardare in faccia a nessuno per evitare che i loro pensieri le invadessero la mente.
«Voglio farla uscire, se Deucalion è tornato per me mi serve l'aiuto di mia madre... per questo incantesimo servono due streghe di sangue, quindi, o mi aiutate o lo farò da sola» spiegò frettolosamente la ragazza mentre riponeva il grimorio nella borsa.

«Così morirai...» replicò con tono Deaton ma, dopo aver visto la determinazione della ragazza, sospirò chiudendo per un secondo gli occhi. «Non te lo lascerò fare da sola, ho fatto una promessa a Richard e a Stiles ed intendo mantenerla... Lydia potrà darti una mano, le banshee, se d'accordo, possono aiutare le streghe e, visto che siete di sangue, potete farlo».

«Io e Reina non veniamo dalla stessa famiglia...» disse con voce chitonata Lydia mentre alternava lo sguardo tra Alan e Reina.
«Natura vuole che sì, discendete dalla stessa famiglia... i vostri antenati hanno avuto legami quindi, in voi, scorre per metà lo stesso sangue» spiegò pacato Alan.
«Quest'uomo sa tutto!» sussurra delicatamente Malia all'orecchio di Allison.

***

«Ti ripeto: se non vuoi aiutarmi, lo farò da sola» replicò Reina seduta ad un tavolo di un bar con le sue amiche, mentre aspettavano le ordinazioni prese qualche secondo prima.
«Io vorrei anche aiutarti ma... trovo assurdo che io possa essere una soluzione... e se qualcosa va storto?» domandò Lydia mentre il panico l'assaliva.

La pioggia continuava a scendere violentemente sulla città lasciando allagare qualche via.
Le ordinazioni prese arrivarono in una quindicina di minuti: Reina e Lydia avevano preso due cioccolate calde mentre, Malia ed Allison avevano preso due cappuccini.

Aspettavano l'arrivo di Stiles, Scott e Liam per dare loro la decisione che avevano preso.
Il bar in cui sedevano era molto carino e piccolo, c'era poca gente e della musica rilassante accompagnava qualche risata delle ragazze.
Reina e Malia erano prese a parlare in modo da conoscersi meglio: Malia le aveva confessato di essere un coyote mannaro e Reina si scusò per averle creato dolore l'altro giorno a casa di Derek.

La campanellina, che avvertiva la porta del locale aprirsi, distrasse per un secondo Reina la quale sentì crescere una sensazione negativa all'interno del suo corpo, anche Lydia sembrò avvertire quella sensazione che le due, dopo essersi scambiate un veloce sguardo, si girarono verso la porta notando Nathaniel, affiancato da Isaac, fermi sulla soglia che sorridevano.

Reina girò nuovamente lo sguardo posandolo sulla sua cioccolata calda che emanava ancora del fumo sulla superficie.
"Reina, corri in bagno" disse nel pensiero Lydia, lasciando che l'amica le leggesse la mente.

Così, fece come proposto ma non appena si alzò, si ritrovò Nate di fronte che le bloccava la via: «No no, ora tu resti qui seduta» disse il ragazzo avvicinandosi il più possibile a Reina, facendola sedere nuovamente sul divanetto.
Lei seguiva, con lo sguardo preoccupato, ogni movimento del ragazzo il quale si era appena accomodato tra ella e Lydia, su una sedia presa da un tavolo li vicino.

«Allora... ho sentito che vuoi liberare Evelyn e Deucalion non è tanto d'accordo» disse con tono rigoroso ma tranquillo Nate osservando attentamente Reina. «Questi sono i punti: o riponi la tua magia o ucciderò tuo padre».
«E quali dei due?» domandò irritata Reina guardando negli occhi Nathaniel.
«Richard, ovviamente!» replicò il ragazzo sorridendo.

Reina schiuse le labbra alla sua risposta sentendo un nodo in gola, si alzò di scatto alzando per il giubbino Nate: «Non osare!»
Il ragazzo rise divertito da quell'atteggiamento per poi spostare delicatamente la ragazza e fare un passo indietro dirigendosi poi alla porta per lasciare il locale: «Hai tempo fino a domani per riuscire a togliere la collana e consegnarla o potrai dire addio, per sempre, a tuo padre».

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