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15. Sangue di vampiro

Reina era ancora chiusa nel bagno dopo aver letto la lettera da parte della madre.
Il viso era sporco di trucco e umido per via delle lacrime che aveva perso.
Guardava un punto fisso della porta con uno sguardo spento, stringeva in una mano la lettera e i suoi pensieri erano ormai in disordine, la sua mente era offuscata.

Le era cresciuta una specie di voragine allo stomaco, non riusciva a credere a ciò che aveva appena letto.
Si risvegliò dai suoi pensieri non appena sentì un rumore al di fuori da quel bagno così si alzò velocemente riponendo il grimorio e la lettera all'interno della borsa per poi uscire ed avvicinarsi ad uno dei lavandini.

Alzò lentamente lo sguardo sullo specchio guardando il proprio riflesso: le guance erano di un rosso acceso, delle chiazze rosee si erano create su tutto il collo, le labbra carnose erano gonfie e viola da quanto le aveva morse.
Non era nervosa, si sentiva solamente spaesata... non riusciva a credere che suo padre fosse un lupo mannaro e che, probabilmente, c'era una percentuale che lo fosse anche lei e questo la preoccupava.

«Reina?!» la chiamò Allison una volta entrata in bagno.
La ragazza non rispose, si voltò solamente a guardare la sua amica con ancora le lacrime che le rigavano il viso.
Allison, d'istinto, l'abbracciò strofinandole lentamente una mano sulla schiena, passò poi ai capelli lunghi e mossi di Reina accarezzandole delicatamente qualche ciocca: «Andrà tutto bene!» sussurrò la ragazza all'orecchio di Reina.
Quest'ultima si staccò guardando attentamente la sua amica cercando di sistemare, invano, il suo viso: «Devi accompagnarmi in un posto!»

***

Le due ragazze salirono velocemente nella macchina di Allison, lasciando successivamente la scuola.
Reina tirò fuori il grimorio sfogliando con nervosismo le pagine gialle e vecchie.
Le sue mani tremavano e il suo respiro era affaticato.
«Stai iniziando a spaventarmi... mi dici che succede?» domandò Allison in preda al panico mentre alternava lo sguardo sull'amica al suo fianco e la strada, guidava verso l'indirizzo che le aveva detto Reina: Tandem way 103.

«È scomparsa una ragazza, il suo cognome è Tate e so l'indirizzo di casa sua, mio padre conosceva suo padre» spiegò frettolosamente Reina impegnata a leggere un incantesimo.
«E cosa vorresti fare?» domandò Allison perplessa.
«Incantesimo di localizzazione» rispose vittoriosa Reina mettendo in vista il libro per far vedere all'amica l'incantesimo trovato. «Non sembra difficile, mi serve solo un oggetto personale della ragazza!»

«E così hai pensato di entrare in casa sua» proseguì Allison fermando la macchina ed osservare poi, con sguardo contrariato, la casa di fronte a loro una volta arrivate.
Reina accennò un sorriso per poi scendere dall'auto seguita dall'amica: «So cosa stai pensando, andrà tutto bene!»
Tirò fuori dalla borsa la lettera della madre mentre in un braccio stringeva il grimorio, porse la lettera all'amica e le sorrise: «Ti stavi chiedendo il perchè ero in bagno ridotta in quel modo... leggi!»

Allison prese la lettera tra le mani dell'amica con cautela, non proferì parola sedendosi subito dopo sulle scale del portico.
Quel giorno su Beacon Hills batteva il sole, il calore penetrava la pelle dei cittadini portandoli a sudare, il cielo non presentava nuvole ma solo un chiarissimo color celeste.
Reina si avvicinò alla porta appoggiando delicatamente il palmo della mano sulla maniglia, ma sospirò non appena vide nessun segno di apertura.

Si guardò attorno cercando con lo sguardo persone che probabilmente passavano per di lì ma non trovò nessuno così riabbassò lo sguardo sulla porta e chiuse gli occhi per un secondo.
«Phasmatos Siprum, Emnis Abortum, Fasila Quisa Exilum San» e un piccolo cigolio le fece riaprire gli occhi e girarsi verso Allison sorridendo.
«Cos'era?» domandò lei guardando Reina con occhi sgranati, notando che la porta si fosse aperta magicamente.

«Un incantesimo per aprire le porte» disse ridacchiando la ragazza facendo spallucce ed entrare lentamente nella casa.
L'appartamento era un casino, c'erano vestiti sparsi ovunque, mobili spostati e divani con la stoffa che fuoriusciva dal tessuto.
Reina assunse una piccola smorfia sentendo che in quella casa ci fosse un cattivo odore, era un misto tra sangue e sporco.

Camminò lentamente lungo il corridoio guardandosi attorno: notava sulle pareti cornici impolverate che rappresentavano una bambina dalla piccola età, qualche foto di un uomo e una donna e infine di una famiglia quasi numerosa.
Distolse lo sguardo dalle foto non appena notò che la porta dell'ultima stanza, in fondo al corridoio, era aperta così ci entrò senza scrupoli.

La carta da parati color rosa era ormai staccata dal muro, degli insetti svolazzavano liberamente per la stanza, un mucchio di vestiti erano sparsi sul letto e sul pavimento accompagnati da alcuni cocci di vetro.
«Ma cosa è successo qui?» si domandò tra se e se Reina mentre camminava a vuoto nella stanza fin quando, una foto di una ragazza ormai adolescente, rubò la sua attenzione.

Prese tra le mani la cornice marroncina, al suo interno c'era questa foto di una ragazza molto bella con dei capelli lunghi castano chiaro e degli occhi marrone scuro.
Sorrise per un secondo per poi poggiare il grimorio sulla scrivania ed aprirlo alla pagina dell'incantesimo che avrebbe dovuto fare.
Tirò fuori dalla cornice la foto per poi stringerla tra le mani e chiudere gli occhi, prese un gran respiro: «Phasmatos Tribum Nas Ex Veras»

Più volte ripeté quella frase, Allison entrò poco dopo fermandosi alla vista dell'amica, un forte vento ruppe il vetro delle finestre iniziando a far volare oggetti leggeri nella stanza, Reina non si fermò con l'incantesimo stringendo di più a se, la foto della ragazza fino a stropicciarla.
Il tono della sua voce si era alzato ripetendo la stessa frase con decisione fin quando, di scatto, non aprì gli occhi quasi impaurita.

Il suo respiro era affannato, del sangue le colava lentamente da una narice mentre le sue mani alleviavano la presa della foto.
«Cosa hai visto?» domandò Allison preoccupata notando lo sguardo dell'amica nel riflesso dello specchio che le era di fronte.
Reina si girò lentamente verso l'amica con le labbra schiuse e la fronte corrugata, tremava quasi per via delle visioni appena avute, non aveva mai provato prima d'ora quell'incantesimo e non sapeva di cosa si trattasse fin quando, non lo provò sulla propria pelle: «Nathaniel» sussurrò con un filo di voce guardando negli occhi Allison.

***

«Quindi hai visto Nathaniel e la casa di Isaac?» domandò Allison tenendo le mani sul volante.
Le ragazze avevano da poco lasciato la casa rimettendosi di nuovo in viaggio, Reina tamponava con un fazzoletto sotto al naso togliendosi quel poco di sangue che le era rimasto.
«L'incantesimo ti da la visione della posizione del bersaglio ed ho visto Nathaniel e la casa di Isaac» spiegò Reina sospirando in un secondo momento.

«E come intendi tirarla fuori da lì?» domandò l'amica.
«Con la mia magia» replicò ovvia Reina girando la testa verso la sua amica. «E con il tuo aiuto!»
Allison sospirò per un secondo scuotendo la testa per poi rassegnarsi ed accelerare di poco con la macchina: «Quindi tuo padre è un lupo mannaro... intendi dirlo a Scott?»
«Certo che glielo dirò solo... ho paura» esclamò Reina portando lo sguardo verso ciò che le circondava.

Gli alberi passavano velocemente al suo fianco rendendo sfocata la vista, il sole picchiettava sul vetro rendendolo bollente mentre il cellulare di Reina continuava a vibrare nella tasca posteriore dei jeans.
«Che tu possa essere entrambi? Scott se ne sarebbe accorto...» spiegò Allison con tranquillità cercando di rassicurare la sua amica.
Ella non rispose, il loro viaggio continuò in silenzio tra qualche carezza da parte di Allison verso l'amica e qualche sorriso.

Arrivarono a destinazione dopo un'ora: Casa di Isaac.
Allison fermò l'auto lontano dall'abitazione per evitare di dare nell'occhio.
Scesero velocemente guardando la casa cercando di elaborare un piano sensato.
«Pensi che tu sia l'unica ad avere dei poteri?» domandò Allison tirando dal bagagliaio un arco.
Reina sorrise nel vedere quell'oggetto avvicinandosi poi all'amica: «Ho imparato ad usarlo a Londra ma penso che ormai non serva più... entro io, tu aspetta qui e avverti se vedi qualcosa di strano... se non mi vedi tornare, va via e avverti gli altri».

Allison annuì senza replicare: sapeva che Reina poteva cavarsela da sola ma aveva anche paura per lei, era consapevole che l'amica era alle sue prime armi ma evitava di replicare, non sarebbe servito a niente.
«Ti prego fai attenzione... possono sentirti lontano chilometri» rassicurò Allison per poi guardare l'amica allontanarsi.

Reina si avvicinò a passo svelto verso la casa, optò di passare dal retro cercando in tutti modi di non farsi scoprire.
Fortunatamente, la piccola porta del giardino era aperta così da poter entrare tranquillamente.
Si ritrovò nella cucina, non udiva rumori o voci, sembrava che quella casa fosse vuota così, a passo lento, raggiunse la porta dello scantinato.
Scese lentamente le scale, vedeva poco e niente visto che quella parte della casa era poco illuminata ma iniziò a percepire qualcosa: un respiro lento.

Non capiva come riuscisse a sentire tali cose, il pensiero di essere anche un lupo mannaro le sfiorò la mente ma poi si ricordò dell'articolo sui vampiri "non puoi essere entrambi: o vampiro o strega" quindi iniziò a pensare che valeva la stessa cosa per i licantropi.
«Chi c'è?» una voce in fondo al corridoio dello scantinato rimbombò tra le pareti, Reina sussultò nell'udirla per poi correre velocemente verso quella direzione.

Aprì la porta di ferro con difficoltà, non era chiusa a chiave e neanche con un lucchetto, l'unica cosa che la bloccava,era una piccola sbarra di metallo che impediva di essere aperta dall'interno.
Reina rimase quasi sconvolta alla vista delle condizioni della ragazza: vestiva con una canotta e dei pantaloncini, presentava lividi su tutte le gambe e vari morsi, sicuramente di vampiro, su tutto il collo.

La ragazza si rannicchiò in un angolo tremante, alla vista di Reina, tirandosi al petto le gambe.
Era visibilmente impaurita, il suo respiro irregolare e rumoroso riempiva il silenzio di quella stanza.
«Andrà tutto bene, ti porto fuori da qui» disse Reina con un mezzo sorriso mentre si avvicinava lentamente alla ragazza. «Come ti chiami?» domandò una volta piegata di fronte a lei.
«M-Malia...» balbettò con un filo di voce la ragazza.

Reina annuì prendendola per le braccia e tirandola su, Malia a stento riusciva a stare in piedi e con tutte le forze che Reina aveva, la alzò portandola al piano di sopra.
Continuavano a non esserci rumori sospetti in quella casa quindi la ragazza decise di uscire dalla porta d'ingresso ma sbagliò, sussultando ad una voce alle sue spalle.

«Porti via il giocattolo di Nate? Molto egoista da parte tua» esclamò Luna dalla soglia delle scale.
«Corri, c'è una mia amica fuori la strada, raggiungila e andate via, dille di non preoccuparsi che so cavarmela da sola» disse frettolosamente Reina a Malia prima di spingerla fuori casa e chiudersi la porta alle spalle.

Alzò lo sguardo su Luna vedendola avvicinarsi mentre assumeva le sembianze di un lupo mannaro: «Mossa stupida» disse prima di emettere un gran ruggito ma Reina, alzando velocemente una mano, fece piegare dal dolore Luna mentre portava disperatamente le mani tra i capelli.
Reina ridacchiò a quella scena, le piaceva vedere persone come Luna doloranti grazie alla sua magia.

Indietreggiò per poi girarsi velocemente ed aprire la porta per scappare da quella casa, ma sussultò alla vista di Nate.
Egli era li, fermo sulla soglia di casa con un sorriso stampato sul viso e le mani poste dentro le tasche della giacca nera che indossava.
Iniziò a camminare verso Reina facendola indietreggiare del tutto in casa, chiudendo a chiave la porta alle proprie spalle: «Beh... o lei o te!»

***

La notte sembrò calare lentamente su Beacon Hills, Reina aveva preso il posto di Malia nello scantinato di casa Lahey.
Era seduta in un angolo della stanza cercando un pò di linea con il cellulare: erano passate ore e non aveva avvertito nessuno dei suoi amici, sopratutto suo padre.

Cercò in tutti modi di uscire da lì ma non ci riuscì, provò un incantesimo per la porta ma non funzionò e non sapeva spiegarsi il perchè!
Rannicchiata su se stessa iniziò a rimuginare sulla sua vita, a quanti sbagli aveva fatto e a quanti ancora ne stava commettendo.
Il suo sguardo era cupo, la sua pelle bianca come il latte, tremante per il freddo e sporco per la polvere e l'umidità.

Iniziò a sentire fame, non aveva mangiato per tutto il giorno, aveva il viso dolorante con qualche goccia di sangue sul labbro, la spalla continuava a sanguinare e quasi non sentiva più il braccio... tutto ciò grazie a Luna.
Aveva la testa poggiata al muro trattenendo le lacrime che cercavano di uscire con forza, stringeva le braccia sulla pancia per alleviare il dolore al basso ventre e soffiava, di tanto in tanto, sulla ferita che iniziava a bruciarle nuovamente.

Aveva perso la cognizione del tempo una volta che la batteria del telefono l'abbandonò, non riusciva a capire che ore fossero anche se cercava di decifrarlo attraverso la rotazione della luna.
Un rumore di cigolio la fece riprendere dal suo stato di trans, facendola girare di scatto verso la porta.

Notò quest'ultima aprirsi mostrando un ragazzo con sguardo serio, con un pantalone largo di tuta color nero ed una canotta grigia aderente, quasi a mettere in risalto gli addominali che si ritrovava: «Alzati e vieni con me!»
Reina capì dopo poco che quel ragazzo fosse Nate, così rigirò lo sguardo verso il muro ignorandolo del tutto.
Il ragazzo, quasi scocciato, si avvicinò a lei alzandola con forza dal pavimento e tirandola poi fuori da quella stanza.

Reina mugolava cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo, il quale le stringeva un braccio in un modo non molto delicato.
La ragazza camminava lentamente per via delle gambe che le formicolavano, quasi non le circolava più il sangue per tutto il tempo che era rimasta seduta così, si lasciò cadere a terra aggrappandosi alla mano di Nate.

Lui sospirò stringendole la mano per poi prenderla in braccio e salire al piano di sopra, raggiungendo la propria stanza.
Adagiò Reina sul letto per poi far allungare i canini e mordersi il polso, porgendolo successivamente ad ella.
Lei guardò ogni movimento del ragazzo tirandosi a sedere sul letto emettendo un gemito di dolore, guardò per un secondo il polso di Nate sanguinante per poi guardare lui.

Rimasero in silenzio per tutto il tempo a fissarsi negli occhi fin quando non fù Nate a far poggiare le labbra di Reina al proprio polso.
La ragazza poggiò le mani sul braccio del ragazzo iniziando a succhiare con insistenza il suo sangue.

Lo trovò strano ma piacevole allo stesso tempo, sentire quel liquido caldo scenderle in gola e farla riprendere pian piano che beveva un sorso.
«Ti sentirai meglio...» sussurrò Nate guardandola. «Ora dormi, domani torni a casa!»
«Per quale motivo mi lasci andare?» domandò Reina confusa mentre puliva le labbra dalle piccole gocce di sangue.
«Non rapisco le persone per il semplice piacere degli altri e non mi va' di nutrirmi di te: sei troppo preziosa per morire» concluse Nate affiancando Reina nel letto e dandole le spalle cercando poi di prendere sonno.

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