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What I've Become (2/2)


LIZA

Sopraggiunse il terzo tuono e Liza compì a ritroso gli stessi movimenti di Altea pur di non essere toccata.

Perché non riesci a controllarmi.

"Mi dispiace".

Hai paura perché...

"Elizabeth, io non ho paura di te".

... Perché non te lo permetto.

"Mi dispiace aver insistito. Forse non è ancora arrivato il momento, o forse non sei la persona giusta con cui parlarne" squittì l'allieva, riallacciando la mantella sulla bocca e coprendo lo zigomo leso. "Se è stato deciso da tutti gli ufficiali di bordo, così sia. Ho già detto a Sid che gli avrei permesso di armonizzarsi col mio catalizzatore, se questo può farvi stare più tranquilli".

Stettero l'una di fronte all'altra per un tempo che a Liza sembrò infinito, fradicie e svuotate di ogni cosa. Altea la superava in altezza di una trentina di centimetri circa e non poté spiarne l'espressione da sotto la frangia bagnata. Quindi si concentrò sul respiro frenetico di lei, solo su quello, il pianto soffocato a chiuderle la gola mentre subiva l'attesa e la pioggia ora scrosciante.

"Sid non ti farà del male. Mi fido di lui, stavolta sarà diverso".

Liza tentennò fino all'ultimo, rifiutandosi di rispondere, il taglio che doleva da morire e le guance rosse di schiaffi e rabbia. Se avesse aperto bocca per stare a negare, sarebbe scoppiata a piangere. E Altea lo capì. Tornò a darle le spalle e camminò in direzione del lazzaretto, oramai a corto di fiato e parole da dire, la mano con cui l'aveva ripetutamente colpita a stringere un lembo del mantello che portava calato addosso.

Si separarono nell'atrio principale senza che Altea le desse ulteriori disposizioni. Liza raggiunse Mera, che già l'aspettava accanto a un bambino piagnucolante, e meccanica si adoperò ad assisterla nelle mansioni per cui era stata pagata. Sintetizzò una decina di unguenti, lavò e disinfettò le bende, catalogò le scorte mediche del lazzaretto e consegnò la lista compilata prima delle nove.

Non pianse.

Un'aiutante datata di Mera, Gil, una tiefling della sua stessa età con enormi lobi dilatati da spirali di legno, la salvò dalla pulizia (e tortura) dei vasi da notte. Vestiva un sari verde e merlettato di giallo sulle giunture, smanicato a sinistra, e la pelle della fronte e delle gote era stata tatuata con motivi geometrici di cui Liza ignorava il significato.

Camminavano l'una di fianco all'altra che la pioggia era cessata a metà strada. Il corso principale brulicava di mercanti e visitatori esterni, nonostante la coltre di nubi nere ancora indugiasse in cielo. Nell'aria che sapeva di terriccio e bagnato, si miscelavano i dolci odori sprigionati dalle spezie, profumi di oli ed erbe, tinture per i tessuti.

Quando parlava, Gil marcava di proposito l'accento del Sud e Liza lo trovò curioso.

"È la prima volta che vieni qui al distretto?" le domandò, leggendo distrattamente la lista.

Liza annuì e la sua attenzione ricadde su una bancarella di stoffe e cappelli. Ne adocchiò uno blu scuro, con una piuma nera incastrata nel cinturino di pelle.

"Io ci sto da quattro anni. Sono salita con mio padre e tre sorelle. Una si è sposata con un mercante del rione e ho deciso di restare qua con lei" le spiegò, riavvolgendo la pergamena. "Un po' mi manca casa mia, qui piove sempre e il cielo è grigio per i fumi delle fabbriche, ma con Mera sto imparando la medicina e mi piace. Tu cosa fai?"

"Ecco, beh..." Liza titubò un attimo. "Diciamo che anche io vorrei diventare un'erborista".

Gil ridacchiò. "Sì, ma: cosa fai quando non sei alle Ossa?"

"La, umh... pirata?"

"Lo sapevo!" Gil emise un gridolino estasiato e l'attirò a sé per un braccio. "Allora Mera non mi ha detto una bugia! E dimmi, com'è fare la pirata? Viaggiate tanto? Ed è grande la vostra galea? Cercate tesori?"

"Oh, sì, ahm, diciamo che... sì, facciamo tutte queste cose e... ed è divertente. A volte".

"Quindi anche tu hai una taglia, giusto?"

Elizabeth la guardò con aria interrogativa. "Una... taglia?"

"Sì, una missiva di cattura" continuò Gil, eccitata. "Ce l'hai anche tu?"

In risposta Liza sollevò le spalle, ridendo appena, e ricordò del comunicato scarlatto di Shade: la sua vita e la sua cattura valevano per la corona di Westex ed Estex all'incirca quattrocentodieci mila soldoni.

Liza deglutì per scacciare quei pensieri. "Non credo di avercela, in fondo sono solo una tirocinante. Non ho una posizione di rilievo sulla nostra galea".

E non credo che qualcuno sappia che esisto.

"Ma la tua maestra, la mezzelfa scorbutica ce l'ha" Gil si avvicinò per sussurrarle nell'orecchio e la folla intorno si fece più densa. "Mera mi ha detto che vale un sacco di soldi, la sua vita. Chissà cosa ha combinato per far incazzare così tanto la gente del Continente".

Liza sollevò le spalle un'ultima volta e il taglio sulla guancia ricominciò a pulsare. Ora che ci pensava, di emendamenti mensili riguardanti Altea, promulgati e reperibili in ogni angolo del continente, mai ne aveva adocchiati agli scali. E neanche quelli dello stesso Vankane, di Kaena, di Honeypot e Bek-Rai. Che fossero tutti segretati, come il comunicato di Shade?

Completò il giro di rifornimenti assieme a Gil e smise di castigarsi sull'argomento taglie non appena comprò e indossò il nuovo cappello. Imboccarono la via del ritorno scoccata l'ora di pranzo e consumarono una scodella di cavoli cotti sul porticato del lazzaretto.

Gil le medicò il taglio sullo zigomo e andò via. Liza restò ad assistere Mera fino al pomeriggio e venne congedata con l'ordine di rientrare il mattino successivo, puntuale. Prima di tornare al quartiere della bottega si addentrò nella struttura fatiscente alla ricerca di Altea per ricevere il permesso di rientro.

L'ufficiale medico la congedò sventolando una mano, di spalle all'entrata, restando però concentrata sugli estratti. Ci sarebbe voluto del tempo per risanare la crepa che si era aperta tra di loro, ma Liza aveva già cominciato a metabolizzarlo per quieto vivere. Altea, dal canto suo, a somatizzare le sue debolezze, come le aveva lasciato intendere quella mattina, ci avrebbe impiegato... eoni.

Tornò alla bottega che un paio di tuoni tornarono a rombare nel cielo. Tolse gli stivaletti e la mantella entrando nella saletta, annunciandosi per cortesia sull'uscio, e la trovò vuota. Stette in ascolto e un vociare sommesso la guidò oltre un corridoio nascosto dalla credenza tarlata, dove Sid aveva preparato il salomé. S'infilò di lato, sgusciando tra le pareti strettissime, e scovò una porticina spalancata su una loggia rettangolare, ricavata da altri e due edifici addossati l'uno all'altro.

Sid stava seduto a gambe incrociate sotto l'arcata di legno marcio col solito randagio accoccolato addosso, a fumare una piccola pipa nera. Di fianco, Ragor si dedicava alla manutenzione giornaliera del fucile.

"Oh, selèl, siediti qui" l'adocchiò subito l'arcanista, pigiando la mano sul cuscino damascato. "Già di ritorno? E Altea?"

"È rimasta al lazzaretto, credo che tornerà tra poco" rispose Liza, togliendo il capello e accomodandosi. La bestiola sollevò la testa e le leccò una mano guantata.

Nel centro del piccolo cortile lastricato, Kelua faceva rimbalzare il pugnale con la fodera di cuoio a coprire la lama intanto che Shade l'ammorbava di chiarimenti sull'arte del corpo a corpo.

L'ufficiale di vedetta indirizzò a Liza un'occhiata labile, una solamente, e lei si fiondò a coccolare il randagio per fingere di non averla percepita.

"A quello lì ho chiesto di fare un po' a botte, prima che torniate alla galea" ridacchiò Sid come un bambino allegro. "Samarth onder-lah, è passato tanto tempo dall'ultima zuffa e lui sembra uno che di zuffe se ne intende" e ciccò di lato. "Ma anche la gattina ci sa fare".

"La gattina si chiama Kelua" rettificò Ragor, scocciato. "Ed è una Tabaxi, più nello specifico una Teohiemeriana delle Isole del Sole. È felino solo per un quarto di sangue".

Liza sorrise a Sid e lui, sornione com'era, rise con gusto reggendosi la pancia.

"Che ti è successo alla faccia?" fece poi Ragor, adesso che la guardava più attentamente.

"Ho sbattuto contro un... gancio".

Ragor riprese a lucidare la canna del fucile, sospirante. "Sei senza speranze".

"Forse non vedo bene".

"O sei semplicemente una cretina. Niente di nuovo".

Per ammonire il dispiacere scatenato dalla bugia, Liza si focalizzò sui due combattenti. Accolse la bestiola tra le braccia mentre Sid si alzava per andare a preparare del salomé.

Shade ordinò a Kelua di tornare ritta con un cenno del capo. "Ti è chiaro?"

"Più o meno".

Il cielo venne attraversato da un terzo lampo. Prima di iniziare, il mezzelfo raccolse i capelli in un codino disordinato. Fondina e fibbie giacevano a terra assieme al pugnale che avrebbe utilizzato contro Kelua, anche questo tenuto foderato.

"Hai dalla tua la velocità, a differenza di Kaena. Sei snella ed elastica. Quindi" e la incitò a mettersi in posizione, poi recuperò l'arma e anche lui se la palleggiò tra le mani. "La tecnica degli affondi e delle ritirate è funzionale per te. Concentrati in prevalenza sulla quantità di colpi che puoi inferire, non sul singolo letale. Facciamo una prova".

Kelua annuì e indietreggiò di una falcata, incassando il capo nelle spalle e incrociando le braccia sul petto, la lama tenuta schiacciata contro la pelle imbrunita dell'avambraccio, come a nasconderla. Si accovacciò leggermente e lasciò uscire il portamento e l'indole di felino. Un perfetto predatore, l'avrebbe definita Kaena, orgogliosa delle origini che entrambe condividevano.

Shade, in risposta, divaricò le gambe per controllare la stabilità delle ginocchia, nulla più. Non assunse alcuna posizione volta a difendere gli organi vitali e Liza inarcò un sopracciglio, adesso perplessa e incuriosita. Non l'aveva mai visto combattere prima di allora, ma di lotte tra Kaena e Kelua ne aveva osservate a bizzeffe, in disparte, e parte degli insegnamenti della tigre li aveva imparati a memoria: la protezione di fianchi e sterno era fondamentale nel corpo a corpo, se non addirittura un punto cardine. Vederlo fare sfoggio di tanta sicurezza rafforzò in lei l'idea che... sì.

Shade non aveva mai smesso di uccidere e di affinare le sue tecniche. E questo era...

I piedi di Kelua si mossero rapidi sul mattonato sconnesso e tentò subito un'offensiva, talmente veloce a compiere l'allungo che Liza riuscì ad elaborarlo solo un momento dopo. Shade la evitò fluidamente, scostandosi a destra, e ruotandole attorno passò la lama coperta su tutta la lunghezza del suo braccio destro. La allontanò con una spinta sulla schiena.

"Non partire con le offensive, Kelua, studia chi hai davanti e mantieni le distanze" la rimproverò a gran voce, compiendo una mezza luna di passi alle sue spalle. "Voltati!"

La Tabaxi imprecò nella sua lingua natia e recuperò subito terreno con una capriola calcolata al centimetro. Premette il palmo a terra e rotolò agilmente in avanti senza emettere alcun rumore. Tornata in piedi, si fece complice della danza circolare e silenziosa iniziata da Shade. Si riavvicinarono piano, pianissimo, continuando comunque a respingersi come fossero calamite con poli opposti.

Annullate le distanze, Kelua riprese a punzecchiarlo con brevi offensive, senza però arrivare a colpirlo in modo efficace. Il suo volto divenne teso e specchio di frustrazione con l'ennesima deviazione dell'ufficiale.

Shade azzardò finalmente un primo affondo e Kelua lo intercettò prima che potesse lisciarle il fianco. Osò un contraccolpo, diretto alla coscia, ma mancò il bersaglio per pochissimo. Bloccata di lato si rimpicciolì per schivare una scoccata diretta al polso e fece l'errore di tornare dritta prima di allontanarsi col solito gioco di piedi; unì le gambe per riacquistare l'equilibrio perduto e questo decretò la fine del combattimento.

Una minima distrazione che le costò una minuscola ferita nell'orgoglio. In un unico gesto Shade le calciò entrambi i piedi e Kelua finì supina per lo sgambetto.

Liza trattenne il fiato e Ragor pure. Un battito di ciglia e la lama nemica era premuta sulla giugulare della Tabaxi.

Lei sollevò le mani in segno di resa e sbuffò angustiata, lasciando cadere il pugnale dietro la testa. Aveva i capelli incrostati di fango e polvere.

"I piedi" le disse Shade in un sospiro. "Non unirli mai. Piuttosto cadi e cerca di riprendere le distanze".

Kelua asserì con un cenno del capo, boccheggiante per lo sforzo. "D'accordo. Mai unire i piedi".

"Riproviamo".

Sid tornò alla loggia con una tazza di salomé. Le si sedette accanto che Kelua e Shade avevano da poco dato inizio al secondo round. Stavolta, la Tabaxi peccò meno di smania, ma l'orgoglio fu di nuovo ferito quando venne disarmata e immobilizzata per un braccio.

L'allenamento si concluse con l'arrivo del temporale delle cinque. Liza e Kelua tornarono alla casa di Allelah e Ragor si offrì di coprire il turno di Sila. Sid servì una cliente datata, un'umana di mezza età che gli faceva spesso visita per acquistare dei talismani, e Shade sparì senza lasciare traccia.

Liza aiutava la Tabaxi a sciacquare il fango tra i capelli che parlò per riempire il silenzio.

"Oggi sei stata bravissima".

"Non direi" grugnì Kelua, strofinando la pelle del petto con una pezza umida. "A volte penso che Kaena ci vada leggera con me".

"Ma non è vero. Quando Kaena picchia, picchia a fare male e gliel'ho visto fare anche su di te. Devo ricordarti tutte le volte che sei finita in infermeria con un occhio nero o una spalla lussata?"

"Sì, ma... insomma, non è... abbastanza. Sento che posso dare di più. Devo dare di più".

"Datti tempo".

"Non posso" rispose Kelua, repentina, una nota di fastidio incastrata nella voce. "Il capitano è sempre più vecchio e stanco e si parla di nuovi ruoli già dallo scorso anno. Se è come si vocifera, Kaena potrebbe rimpiazzarlo da un momento all'altro e nessuno si è rivelato adeguato al ruolo di capo guerra".

Liza diminuì le carezze date alle ciocche finalmente pulite e tornò ad appoggiarsi sulle ginocchia nude. Afferrò anche lei uno straccio e lo strofinò sulla pancia scoperta, nei pressi della bruciatura oramai cicatrizzata.

"Quindi ti piacerebbe diventare capo guerra?" bisbigliò, gli occhi mantenuti bassi.

"Io voglio diventare capo guerra" rettificò Kelua, voltandosi verso di lei. "Lo desidero con tutta me stessa".

L'altra non trovò il coraggio necessario a guardarla in volto. "Ma se tu lo facessi la tua taglia aumenterebbe".

"Ed è un male?"

Liza, ingenua come lo era da una vita, annuì.

"Se riesco ad accaparrarmi il ruolo di capo guerra, vuol dire che sono diventata più forte" Kelua le sorrise e le iridi gialle di felino parvero illuminarsi di una felicità incontenibile. "Se divento più forte, posso proteggerti meglio. E poi... l'Impero di Shen deve conoscere il mio nome, lo deve temere. Lo pretendo".

Il cuore di Liza sfalsò un battito e una fastidiosa fitta le tormentò le budella, assieme ai ricordi nella testa. L'attuale Kelua che aveva davanti mutò all'improvviso; le spalle divennero minuscole, i capelli caddero a un lato e si allungarono vistosamente a sinistra, le costole si fecero sporgenti e la larga cicatrice che le occupava mezzo corpo tornò rossa, putrida... raggrinzita come una bruciatura fresca. Il sorriso svanì e al suo posto nacque e crebbe un'espressione di puro terrore, gli occhi strabuzzati e le labbra spezzate all'ingiù.

Sono approdati con le navi nere, cominciò il racconto quella minuscola Kelua, armati di archibugi di metallo, esplosivi e fucili. Cercavano i cinquantatré semi, le ricerche di mio padre, ma lui non ha ceduto, continuò in un singhiozzo disperato, il generale Leviathan ha sorteggiato cinquantadue tra le mie genti e per cinquantatré volte gli ha domandato dove fossero nascosti i semi.

Liza inghiottì una corposa boccata di aria.

Mio padre ha risposto no per cinquantatré volte e in cinquantatré sono morti sulla spiaggia. Poi hanno dato fuoco a tutto, a ogni cosa e abitante, e io... non ho fatto niente. Perché sono stata debole. Ho preso un solo seme e sono fuggita dalle Isole del Sole.

Elizabeth si tese, impulsiva, e l'avvolse tra le braccia. Le dita di mostro tastarono parte della cicatrice sulla schiena per imprimerci sopra una carezza dolce, apprensiva, e Kelua le si sciolse addosso a quel contatto.

"Sarai una capo guerra come mai ce ne sono state" le disse, sistemando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi. "E io farò di tutto per non farmi proteggere da te".

Kelua rise e ricambiò l'abbraccio. "Ci spero. Dico proteggerti, ma... sono più le volte che tu hai protetto me, a dire il vero. Le tue mani fanno solo bene, Tap".

Il taglio sullo zigomo sembrò non fare più male.

"Adesso basta, che hai il seno enorme e non respiro se stiamo così".

Liza si scostò, cacciando la lingua e sollevando le mani sopra la testa. "Invidiosa, neh?" la scimmiottò, artigliando l'aria.

"Col corpo al corpo sarebbero d'intralcio" Kelua le pizzicò un capezzolo per gioco. "Ma... sì. Bella fortuna, Tap, ottima selezione naturale, la tua".

"Me lo ripeto spesso anche io" squittì l'altra, colpevole.

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