Unholy (1/2)
LIZA
L'interno della bottega si presentò ai tre ospiti tetro e opprimente, ammesso e non concesso che fossero i primi visitatori di quel tugurio dopo molto tempo.
Non c'erano finestre e l'aria era appesantita da una moltitudine di odori: fragranze di spezie pepate, un vago accenno di incenso bruciato da pochissimo; il profumo della cartastraccia bagnata che a chiazze ricopriva il pavimento di legno. Il bancone di servizio era celato da fastelli d'erba lasciati a seccare a testa in giù, boccette contenenti liquidi fluorescenti e candele, impilate le une sulle altre. Le quattro mura non erano altrettanto visibili, nascoste da scaffali impolverati in cui era stato stipato quello che a un occhio poco attento sarebbe parso del semplice ciarpame.
Liza inciampò in un'asse sporgente del pavimento e finì per rovesciare una pila di vecchi tomi, una delle più alte che ebbe la sfortuna di capitarle a tiro. Altea si voltò a rimproverarla con gli occhi prima ancora di udire la serie di tonfi, istigata dall'istinto, le pupille ridotte a una punta di uno spillo.
Liza le sorrise nervosa di rimando, malgrado il volto mezzo coperto dalla mantella blu, già in ginocchio con tre volumi stretti al petto per rimediare. Aveva sbattuto la punta dello stivaletto mentre distrattamente scrutava la macabra collezione dell'arcanista tiefling, come due dita di goblin conservate nello spirito di vino o quello che sembrava essere un cervello sezionato in più punti. Accanto alla catasta di recipienti c'erano disposti talismani dalle svariate forme e dimensioni, ma tutti accumunati dalle gemme completamente nere incastonate nei ciondoli principali.
Sid parve volutamente ignorare il piccolo incidente. Si avvicinò al bancone e intrappolò nel pugno la fiammella dell'unica candela accesa. Schioccò le dita e una valanga di minuscoli bagliori, scaturiti da quell'unico seme di fuoco, accesero in successione tutti gli stoppini spenti, facendo trasalire Ragor e Liza dalla sorpresa. Lei non fu in grado di individuare quale delle decine di catalizzatori che indossava avesse utilizzato per duplicare il fuoco.
"Oh, selèl, sta tranquilla, sta tranquilla" si rivolse poi a Liza e con un semplice gesto della mano le portò via i tomi dalle braccia. Ricompose la pila a distanza simulando un arpeggio immaginario con le dita. "Mi annoia da morire fare pulizia e ogni tanto ci inciampo anche io".
Sid li invitò a prendere posto in una prima saletta interna, più piccola e con l'uscio nascosto da una pesante tenda rossa. Li pregò di togliere le calzature e sistemarsi sui cuscini damascati intanto che preparava loro, canticchiando, il famigerato salomé. Servì le quattro tazze sul tavolino basso e prese posto accanto ad Altea.
"Namè Nox" farfugliò Liza e accolse la ceramica bollente tra le mani. Percepì la piccantezza della bevanda annusando appena il vapore e fu come ricevere un pugno dritto sul naso. Ragor, alla sua sinistra, sembrò reggere botta, malgrado avesse inclinato la tazza più di una volta per scrutare con attenzione il contenuto. Nel caso si fosse convinto a berlo per cortesia, Liza lo avrebbe pizzicato per risparmiargli un'agonia cocente.
Sid ridacchiò. "Nàme, nàme" la corresse e bevve un lungo sorso di brodaglia senza accusare nulla. Poi si rivolse ad Altea: "Cosa si dice ad Iselfort? Dovrei approdarci per febbraio, un paio di settimane circa, perché sono di uscita al Circolo delle Spore".
"Soliti visi e solite chiacchiere, nulla di eclatante. Abbiamo sostato lì tre mesi perché ci è giunta una soffiata su delle ronde da parte dei Guardiani. Il Ragazzino ha creato un po' di problemi attorno a Pureguard" Altea mantenne la ciotola bassa e inarcò la schiena per sistemarsi meglio sulle ginocchia piegate. "L'estate è stata povera, ma vedremo come rifarci con l'asta di giovedì. Piuttosto, perché vai al Circolo?" gli domandò.
"Richiamo. Salmira ha un oggettino da parte di Samhain che vorrebbe catalogassi".
Liza, che aveva lasciato annegare lo sguardo nel salomé senza berlo, si fece attenta.
"Ah, Salmira, Salmira..."
"Peccato faccia ancora la tirapiedi per il Pastore. Ho cercato di convincerla a trasferirsi qui alle Ossa, ma di abbandonare il Circolo proprio non se ne parla".
"Perché le fa comodo restare là. Il grado dell'oggettino te l'ha detto?"
Liza spiò l'espressione di Sid da sotto la frangia spettinata. Il tiefling si lasciò sfuggire un sorriso bonario, ma che nascondeva dell'eccitazione crescente. "Parliamo di un catalizzatore di classe leggendaria. Nella corrispondenza è rimasta sul vago, ma è qualcosa di estremamente speciale. Roba sprecata nelle mani di Samhain".
Altea si grattò la noce del collo e sorrise a sua volta. "Immagino tu abbia già fatto la spia".
Sid rise, colto in fallo. "Potrei, potrei. All'Ascesa qualcuno non si farà scrupoli a intervenire".
Elizabeth captò i gesti di Ragor appena in tempo; allungò la mano e gli pizzicò la coscia. Lui abbassò subito la ciotola, sobbalzando di paura, gli occhi resi lucidi dal vapore pungente. Il suo ginocchio urtò una gamba del tavolino e le ceramiche poggiate trillarono all'unisono.
Altea li guardò in cagnesco, digrignando vistosamente i denti a bocca chiusa; fenomenale come riuscisse a entrare e a uscire con tanta facilità dal suo ruolo di ufficiale di bordo. Estrasse l'orologio da taschino e controllò stizzita l'ora.
"Ragor, è quasi mezzogiorno. Va' fuori e attendi l'arrivo degli altri" e gli sfilò la tazza dalle mani.
Ancora perplesso, l'artificiere si grattò il capo e si congedò senza parlare, la mano corsa a massaggiare il punto pizzicato da Liza.
Sid buttò giù un altro sorso prima di indirizzare la sua attenzioni altrove. Le iridi dorate vacillarono ancora sull'orecchio e il collo di Elizabeth e, sinuoso, appoggiò entrambe le braccia sulla superficie del tavolino che li teneva divisi. In apparenza sornione in tutti i gesti che compieva, come voleva dare a vedere con chi si interfacciava, si sostenne il capo col pugno chiuso. Sporgendosi, le catenine che portava appuntate agli anelli del naso tintinnarono una volta.
"Anche il suo è un leggendario, vero?"
"Apparentemente" sospirò Altea. "Neanche Holmart ha saputo catalogarlo".
Il nervosismo nacque e crebbe dal fondo dello stomaco. Liza portò le mani di velluto sulle gambe e cominciò a respirare dalla bocca, il colletto premuto su di essa che si rimpiccioliva a ogni nuovo ansimo. L'attimo dopo stringeva le dita contro i palmi. Se non avesse portato i guanti, sicuro li avrebbe sfregiati con le unghie senza neanche rendersene conto.
"Un catalizzatore che muta il corpo del suo portatore per creare una coesistenza perfetta" l'ennesimo sorriso arricciò le labbra Sid e i canini a punta furono di nuovo visibili. "Affascinante. Davvero affascinante e bizzarro. Non ho mai sentito niente di simile in vita mia. E da quanto lo indossi, selèl?"
Il pugno destro restò contratto e le dita indolenzite del sinistro corsero a sbottonare il colletto. Non aveva più senso continuare a nascondersi.
"Da all'incirca quattordici anni. Fu un dono di mio padre. La mia stirpe ce l'ha in consegna da circa tredici generazioni".
"In consegna?" fece eco Sid.
Altea s'intromise, fulminea, evitando ulteriori preamboli e premesse inutili. Aveva forse percepito il suo disagio, oppure sentiva di esserne l'artefice?
"Elizabeth discende da una famiglia di profanatori di tombe dello Yakuta settentrionale. Gli Slivar".
Sid schioccò la lingua, cominciando a tamburellare le dita affusolate, anch'esse portatrici di catalizzatori forgiati a mo' di anelli. Di sfuggita, Liza ne contò sei.
"Non sono degli sprovveduti, allora".
L'allieva chiuse momentaneamente gli occhi ricordando le memorie di Fedot, il primo errante ad averli condannati. "Devo dissentire. La mia famiglia non ha mai avuto rispetto per l'arcano e questa è una maledizione scatenata dalla loro ignoranza".
Il volto di Sid restò sereno. "Ti sbagli. Avere rispetto e vivere di ignoranza sono due cose ben distinte, che non possono essere accumunate l'una all'altra. Diciamo che, quale sia stato il modo che abbia permesso loro di entrare in possesso del catalizzatore, avrebbero quanto meno dovuto..." e fece una breve pausa, accompagnando le successive parole con un piccolo gesto della mano. "Avrebbero dovuto lasciarlo lì dove l'hanno trovato. Commerciano reliquie, dunque?"
"Sì".
"A Brera?"
Liza annuì.
"E sai usarlo? Te l'hanno insegnato?"
"Sta imparando" parlò nuovamente Altea. "E imparerà al meglio delle sue possibilità".
Calò un silenzio transitorio intervallato, a tratti, dal vociare lontano che si riversava nei vicoletti del rione. Altea continuò a giocherellare con l'orologio da taschino, riaprendo e richiudendo lo sportello di metallo e vetro, come a voler scaricare un nervosismo che addosso a lei tutto sembrava tranne che usuale.
Liza l'aveva sempre vissuta come una donna col perenne cruccio in fronte, infastidita già di primo mattino e col vizio del vino d'annata, egocentrica sopra ogni limite. Ma comunque proprietaria di abilità magiche fuori dal comune, lei che aveva brillato di conoscenza al Circolo dell'Ascesa, prediletta di Lady Sariel, la Lady che non ha Età, e con una gestione dell'emotività e dello stress eccelsi in ogni situazione. Vederla reagire così indispettita nei modi, ma comunque passiva nelle risposte rifilate al tiefling arcanista, fece risuonare in lei un primo campanello d'allarme: era come se l'ufficiale medico l'avesse portata lì per farla analizzare da Sid. E malignare questo, in quel momento, la irritò più del dovuto, risvegliando il ricordo della conoscenza dell'erudito Holmart.
Anche Holmart le aveva posto le stesse domande, circa quattro anni prima. Nel momento più buio della sua esistenza si era affidata alla speranza che il vecchio studioso del Feywild potesse finalmente decodificarla. Questo, purtroppo, non era accaduto e l'avvilimento era stato difficile da tenere a bada. Da lì le notti insonni si erano duplicate a vista d'occhio e si era infine ripromessa di non utilizzare più in alcun modo l'orecchino, almeno fino all'ultimo ordine di Vankane.
Poco propenso a tentare di nascondere tutta la sua bramosia e stravaganza, Sid tornò in piedi con un gesto fluido e andò a sedersi accanto a lei.
"Posso?" le domandò, tendendo una mano verso il suo volto, senza però sfiorarlo.
Elizabeth conteggiò mentalmente fino a dieci. Cercò Altea con gli occhi e lei le ordinò con un cenno del capo di assecondare Sid.
Le dita del tiefling erano calde come la ceramica decorata in cui aveva versato il salomé, e attente, quasi avessero timore di stropicciare l'incanto selvaggio di cui Liza era fatta. Con accortezza spicciò dei ciuffi dal catalizzatore e fece scorrere i polpastrelli sul suo orecchio allungato, dall'alto verso il basso, in una carezza carica di apparente rispetto. Lei faticò a non scostarsi quando avvertì il tintinnare del metallo e l'orecchino che veniva sollevato.
Sid lo tenne in bilico tra le unghie lunghe e si specchiò nella gemma verde incastonata nel mezzo. Il sorriso non sparì nonostante la domanda che stava per porle.
"Sono morti, vero?"
Liza sollevò le spalle e masticò una risposta cruda, ma veritiera. "Non lo so. Lui richiama e tutti fanno ritorno".
"Ha richiamato anche te?"
"No, ma lo farà".
"E tu già hai scelto se fare ritorno o meno?"
Quella domanda la destabilizzò. Certo che avrebbe fatto ritorno – lei esisteva per quel motivo, per attendere l'ordine di rientro alla Tomba delle Fate al termine del tempo concesso. Ma accantonate per un momento le disposizioni di Far-Shee, Liza ragionò sull'alternativa proposta da Sid; opzione che non aveva mai preso in considerazione fino ad allora. Era pur vero che Bratislav e Vladimira l'avevano desiderata e voluta come si desidera e si vuole il sole dopo un lungo temporale, non per soddisfare il patto col Dio ma per appagare sé stessi.
Suo padre l'aveva amata nella maniera più viscerale possibile e Liza ancora ricordava il momento in cui si era strappato l'orecchino per fargliene dono e condanna.
Bratislav, quel giorno, mentre Liza strillava con l'ago rovente ficcato nel suo, di lobo, aveva pianto. Lacrime mute gli avevano rigato la faccia e non era stato un riflesso istintivo provocato dal dolore, il suo dolore. Ora che ci pensava, tanto erano affidabili le memorie conservate nel suo cervello, il dodicesimo Slivar aveva pianto di dispiacere e terrore, conscio di star collaborando a incarcerare ciò che più aveva bramato fino a quel momento: una prole.
Ma perché avere così tanti rimorsi ancor prima di compiere il passaggio dell'artefatto? Se ciò era divenuto fondamentale per tutta la sua stirpe, come una sorta di cerimonia che sanciva la creazione di un nuovo servo per Far-Shee, perché Bratislav non l'aveva semplicemente... impedito? Perché non si era opposto al passaggio?
Una risposta unitaria c'era e Liza non l'aveva mai presa in considerazione fino a quel momento. In fin dei conti, tornare a Far-Shee sarebbe dipeso solo e soltanto da lei. E sotto il suo controllo, alla luce di quei contorti ragionamenti, poteva anche esserci la scelta di rompere il ciclo di ritorno, benché avesse comunque ricevuto il catalizzatore.
Ma se da una vita il controllo continuava a mancarle, che cosa le sarebbe rimasto da fare? Da perdere?
Sid ruotò la pietruzza per osservare e nutrirsi delle sfumature brillanti che emanava. "Tornare a casa, dove si è nati e si è destinati a rientrare, fa sempre bene" le disse, dopo aver rispettato il suo silenzio. "Ma alla luce di determinate circostanze può fare male. E se fa male, questo non ha più senso. Sta a te decidere".
La voce di Ragor catturò l'attenzione di Altea, ancora intenta giochicchiare con l'orologio. L'ufficiale tentennò un momento prima di alzarsi col secondo richiamo, giunto dall'uscio della bottega. Uscì dalla saletta dopo aver guardato sia Sid che Liza, l'apprensione impressa negli occhi.
Rimasti soli, Sid le adagiò il catalizzatore tra i capelli e le fece segno di mostrargli le mani. Le tastò le unghie, le falangi e i polsi tinti di nero, che andava a sfumare e sparire nei pressi dei gomiti.
"È una pigmentazione innaturale della pelle. Sembra vitiligine. Ma le tue dita e i tuoi palmi sono comunque di una grandezza normale. Riesci a muovere tutto con tranquillità?"
Liza negò con la testa. "Negli anni ho perso la sensibilità di entrambi i mignoli, del destro in particolare".
"È successa la stessa cosa anche a tuo padre?"
"Sì. Da quel che ricordo, gli ultimi anni che siamo stati assieme non riusciva più a stringere i pugni. Scriveva con la testa, cioè, manipolando energia con l'orecchino. A raderlo ci pensava mia madre" gli disse, apparentemente più rilassata. "Soffriva di emicranie e faceva fatica a stare al sole".
"E quando ti ha fatto dono dell'orecchino?"
"Avevo quattro anni".
"Eri già mutata?"
"Sì, ho sempre avuto questo aspetto".
Sid si circondò il mento col pollice e l'indice, annuendo fra sé e sé. "Come sospettavo. Questo è un catalizzatore appositamente creato per avere più proprietari in linea di successione. La forma a pendente ne è la prova, perché l'orecchino non arriva mai a fondersi completamente col proprio indossatore" disse e l'aiutò a rimettere i guanti. "Non sono un esperto del Feywild e di magia dei Fae, ma Altea mi ha già raccontato dell'incontro con Holmart. Appunto per questo vorrei, col tuo permesso, fare delle prove di sincronizzazione per scoprire qualcosa di più".
Liza finì di sistemare il velluto sulle nocche per temporeggiare una risposta. Senza alzare la testa, gli chiese: "Lo hai visto?"
"Chi?"
"L'uomo nell'orecchino. Far-Shee. L'hai visto? Holmart non ha mai risposto a questa domanda".
Sid, cocente e bonario come un raggio di sole, ridacchiò. "Gli Dei Caduti non si mostrano mai. Ma peccano di superbia: amano mostrarsi solo ai propri lacchè, perché sono i lacchè a costituire la loro egemonia. Io non servo Far-Shee e lui non asserva me. Io non gli appartengo come gli appartieni tu" le spiegò calmo. "Ma qualcos'altro, in verità, l'ho visto".
"Cosa?"
"Non cosa, ma chi. Non c'è solo un uomo nel tuo orecchino, selèl" le rivelò. "Di uomini ce ne sono due. Entrambi sono fatti di tenebra e solo uno di loro mi ha parlato".
Prima che potesse spalancare la bocca per liberare una fiumana di domande confuse, Sid si avvicinò al suo orecchio sinistro e, come un segreto ridacchiato tra bambini, le sussurrò: "Medrash, il suo nome è Medrash. Non avere fretta: quando i tempi saranno maturi, farà in modo che tu possa incontrarlo. Altro non mi ha riferito, selèl" e si allontanò, poggiandole un dito sulla bocca.
Sid scansò l'indice dalle sue labbra solo quando fu sicuro che non parlasse a sproposito.
"Medrash" ripeté Liza tra sé e sé. "Medrash... non credo di averlo mai sentito nominare da mio padre".
"Forse vuole parlare solo con te. Chi lo sa".
"Non ti ha detto altro? Davvero?"
"Non mi ha detto altro".
Liza accarezzò il labbro inferiore coi denti appuntiti, senza però arrivare a morderlo.
"Va bene" e annuì. "Va bene, possiamo provare ad armonizzarci. Ma se voglio interrompere la connessione, ti chiedo di assecondarmi".
Sid rise un'ultima volta, stavolta con gusto e reggendosi il ventre. "Non fraintendermi, piccola Elizabeth: ci tengo alla mia vita e col Feywild non si scherza".
Il volto di Altea fece capolino a un angolo del tendaggio rosso. Un attimo e la saletta fu abbastanza affollata che Sid non seppe più dove infilare le calzature di tutti i presenti, a eccezion fatta per Tordek, che di stivali non ne indossava da una vita.
Liza stette in piedi alle spalle di Kelua che, neanche a pensarci, si era già fatta liquida sui cuscini disposti per gli ospiti. Tenne lo sguardo basso per non incrociare quello di Shade, appoggiato al muro opposto, il volto tenuto celato da un cappuccio.
Il nervosismo tornò a manifestarsi. Liza attese, cercando di carpire un suo messaggio mentale sulla ripresa degli allenamenti, ma niente si manifestò nella sua testa. L'ufficiale di vedetta tirò giù la stoffa e scoprì finalmente il viso, gli occhi resi piccoli dalla stanchezza e dalla luce del giorno. Prima di parlare richiamò all'ordine battendo le mani.
"Le direttive per la permanenza le sapete già, ma ribadirle per l'ennesima volta mi permetterà di essere necessariamente più crudele quando queste verranno infrante. Qui nel rione siamo al sicuro, ma dopo l'asta non ci conterei" sentenziò. "Muovetevi sempre in coppia e rispondete ai fischi di fine, cambio e controllo turno. Non lasciate mai il quartiere senza prima avvisare me, Altea oppure Tordek. Verremo ospitati da Sid e un paio di sue conoscenze. Vi risparmierò la ramanzina sul come comportarsi in casa d'altri, e nel caso non ci andrò comunque leggero, anche perché mi sono rotto le palle di stare a giustificare quanto siete animali. Domande?"
Kelua alzò una mano artigliata. "Ci laviamo?"
Shade inspirò ed espirò pesantemente dal naso. "Sì, Kelua. Sì. Ci laviamo".
Ci fu un sospiro di sollievo collettivo e Liza si rilassò.
"Adesso via, andate. Mantenete le posizioni prestabilite" ordinò infine Shade e tutti risposero con un cenno di assenso, tranne Liza. Altea l'aveva già trafitta con un'occhiata a parte e sapeva cosa volesse significare: le sue disposizioni, per sfortuna, le avrebbe categoricamente decise lei.
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