No Chances (1/2)
LIZA
Attutiti dallo scrosciare persistente della pioggia, vennero fischiati i soliti segnali di controllo e Kelua si precipitò per andare a rispondere col suo. Mancò all'appello l'avvisaglia di Silaf e ne attese la conferma accanto le persiane socchiuse, un piede già mosso all'indietro per catapultarsi accanto alla bandoliera se avesse continuato a tardare.
Di secondo in secondo, i muscoli di entrambe si fecero duri e pesanti come pietre, resi rigidi dalla tensione crescente. Kelua si guardò attorno e fece segno a Liza di arretrare verso il muro opposto, di rimpetto all'uscio spalancato.
"Silaf!" gridò l'ufficiale di vedetta, appostato dall'altra parte del vicoletto. Liza non riuscì a reprimere il sussulto che le increspò la pelle nuda e retrocedette fino alla penombra della stanzetta come le era stato ordinato di fare.
A quel richiamo, il tagliagole halfling che era di turno fino alle otto si fece finalmente vivo. "Un attimo, un attimo!"
Shade sembrò andare su tutte le furie. "Devi rispondere ai cazzo di fischi!"
"Sto pisciando, capo, posso finire di pisciare?"
"Sai farle due cose contemporaneamente?" domandò Shade in un terzo sbraito graffiato. Kelua e Liza si guardarono esterrefatte e l'ansia fu smorzata da una valanga di risate sguaiate.
"No se sono in bilico su un maledetto tetto e devo reggermi l'uccello!"
"Da oggi imparerai. Sbrigati a imboscare quella mezza miccia che ti ritrovi e fischia!"
Liza inarcò un sopracciglio e Silaf fischiò subito dopo. Appurata per la milionesima volta l'onnipresenza di Shade, una domanda sorse spontanea in lei: l'ufficiale di vedetta, al giorno, quante ore passava sveglio? Una risposta verosimile sarebbe potuta essere troppe, dato il branco di bestie che coordinava senza l'aiuto di nessuno.
"Ma davvero ha pisciato sul tetto?"
"Almeno non ha lasciato la posizione come fa Kyd ogni quarto d'ora" commentò Kelua, il sangue che ricominciava a fluirle in viso. "Evitiamo di camminare sotto il casale sorvegliato da Silaf, sia mai gli scappi di nuovo".
Finirono entrambe di lavarsi e il maltempo rallentò per concedere una seconda e breve tregua. Andarono assieme alla bottega che ancora si riversavano nel vicolo le prese in giro al povero tagliagole e Liza provò imbarazzo per lui.
Sid aveva preparato per loro e Altea una moltitudine di leccornie – più che cucinare, si aiutava a riempire il tavolino con sacchi e sacchetti di iuta contenenti barattoli di miele, fastelli di carne secca, mazzi di fave crude, tappeti di pane azzimo, vino e rum. Senza fare complimenti le invogliò a mangiare a sazietà col suo solito sorriso bonaccione.
Liza addentava pane, miele e carne secca che pizzicò Altea a fissarle lo zigomo macchiato da un livido violaceo, allargatosi sotto il taglio medicatole da Gil. Date le circostanze, la breve punzecchiata con gli occhi ebbe il potere di rovinarle l'appetito. L'ansia le si annidò nello stomaco, assumendo le forme e lo spessore di radici d'albero, e a piccoli morsi si costrinse a buttare giù la giusta quantità di cibo che avrebbe quantomeno zittito i brontolii. Il disagio di quella presa di coscienza venne spezzettato a piccole dosi da Kelua che ciancicò a bocca piena qualche chiacchiera di circostanza con Sid.
Elizabeth annegò nel silenzio punitivo per tutta la durata della cena e Kelua venne richiamata prima delle otto per un cambio turno acchittato all'ultimo minuto. Altea, seduta al capo opposto al suo, adesso sbrogliava tra un sorso di vino e l'altro una lista di unguenti necessaria alle scorte del lazzaretto. Neanche lei parlò mai, i lunghissimi capelli neri lasciati sciolti affinché Sid potesse accarezzarglieli. Una concessione rarissima, quella lì, dal retrogusto dolce e passivo, due qualità non propriamente scontate da poterle attribuire.
Masticava svogliata la quinta fava che l'arcanista tiefling, dopo aver riempito il bicchiere di salomé, le domandò: "Sei stanca, selèl?"
Liza negò con la testa e capì che era arrivato il momento di rispettare gli ordini di sottoposta qual era per non scatenare un ulteriore incidente diplomatico. Bevve in un sorso il terzo mezzo e le dita con cui Altea l'aveva colpita cominciarono a tamburellare sulla pergamena aperta, attuale riflesso delle sue ansie.
"Ti andrebbe se provassimo ad armonizzarci?"
Stavolta annuì. Liza preparò il quarto shot, un affronto ponderato alla sua ritualità giornaliera, e pregò di essere rincitrullita dal rum di lì a breve. Il debole picchiettare dei polpastrelli si arrestò bruscamente intanto che Sid si alzava per andare a sedersi davanti a lei.
"Altea mi ha detto che col drow è stato difficile, ma non impossibile. Quanto tempo ci avete impiegato a sincronizzare entrambi i catalizzatori?"
"Due settimane circa" rispose e riempì le guance con un altro assaggio.
"Non male, non male. Shade non è un arcanista ed è comunque riuscito ad armonizzare il canto del suo anello col tuo orecchino. Non è roba di poco conto, insomma" le disse Sid e sventolando l'indice la invitò a porgergli la guancia destra. "Devi fidarti molto di lui, selèl".
Liza deglutì mentre il calore innescato dall'alcol le accaldava la pelle e tingeva le guance di rosso. "Abbastanza, nel senso... che è stato ordinato a entrambi. Avremmo dovuto sincronizzarci in ogni caso" e alticcia guardò brevemente Altea prima di voltare il capo.
"Sì, ma la fiducia resta il punto cardine del processo di armonizzazione. Consente di prendere, miscelare e scaricare energia in maniera univoca tra i due connessi. Malgrado ciò rende vulnerabili perché fa percepire e riconoscere il proprio canto di manipolazione a un esterno" le spiegò Sid, tastando il lobo da cui penzolava l'orecchino di Far-Shee. "Difatti, tu sarai sempre in grado di percepire l'attivazione del catalizzatore di Shade e lui del tuo".
Il randagio col muso schiacciato sgusciò sotto la tenda rossa e andò a raggomitolarsi vicino le gambe di Liza. Lei si nutrì di un paio di morsi d'aria prima di rispondere, ingoiandoli con la bocca arsa dalla melassa distillata, e sentì la lingua indolenzita.
"Questa potrebbe essere una debolezza per entrambi?" gli domandò poi, arruffando il pelo madido di pioggia del bastardello per tenersi calma.
"Dipende dai punti di vista, selèl. Ma non credo sia il vostro caso. Le debolezze non sono un male assoluto, perché possono trasformarsi in punti di forza" rispose Sid e Altea bevve un altro sorso di vino addolcito col miele, gli occhi che vegliavano attentamente sui due. Aveva smesso di compilare la lista già da un po'.
Quanto strano e vario poteva essere il mondo che abitavano, pensò Liza in un breve sprazzo di lucidità. Quanto insolite e diverse erano le linee di pensiero date dal proprio vissuto: se da una parte Altea rifiutava di ammettere le proprie debolezze, come glielo aveva visto fare per non stare a soffrire come un cane bastonato, Sid faceva sfoggio nel suo piccolo di convinzioni altrettanto differenti. Ritenere che le fragilità grezze potessero essere lavorate e tramutate in preziosi punti di forza le sembrò, a primo acchito, una percezione folle e sbagliata. Ma chi era lei per ribattere il contrario?
Forse Sid e Altea si completavano, in parte, proprio perché opposti anche in questo e lo avevano accettato per non stare a cambiarsi, a correggersi nelle scelte, nei comportamenti, nel quotidiano. Due semplici entità a sé stanti che trovavano piacere nel ricongiungersi a tempo debito, senza mai arrivare a riflettersi a vicenda come farebbero due specchi sistemati l'uno di fronte all'altro – e Liza lo percepì come un modus operandi assurdo, ma dannatamente umano e fuori dalla sua portata.
Il bastardello le leccò il palmo per invogliarla a continuare con le carezze. Riprese a coccolarlo e i pensieri si zittirono nella testa, ancora rivolta a sinistra.
"Ti senti mai debole, Sid?"
"Io? Io sono debole da una vita, selèl. Ho tanti vizi a cui badare, imperfezioni, capricci, difetti... e tra questi rientra la poca voglia di studiare, che mi fatto finire qui dove sono ora. Altea lo ricorda benissimo, visto che mi venne affiancata come tutor dopo l'ultimatum di Lady Sariel" le disse sardonico e l'ufficiale medico inghiottì a stento un riso felice. "Samarth onder-lah, non sono mai stato il più sveglio della cucciolata, eppure non me ne pento. Mi piace vivere di frivolezze e cose belle, nutrirmi di semplicità e stare lontano dalle responsabilità... questo, almeno, nella mia visione ideale del mondo. Le cose belle non ti danno da mangiare, a meno che tu non possegga un titolo nobiliare. Io non ce l'ho e lavoro per i potenti, ma ti posso assicurare che anche loro sono deboli e infelici, pure più di me".
L'attenzione di Liza venne catturata dalla mano che Sid teneva poggiata sul dhoti, quel giorno rosso e blu. Come Altea, pure lui custodiva sotto la pelle del polso il primo catalizzatore datogli all'Ascesa. Dolci ricordi, a giudicare dall'affezione dimostrata da entrambi raccontando i loro anni condivisi all'Accademia; rimorsi lancinanti, ora che non ne facevano più parte e quasi remavano contro quella stessa istituzione che aveva invano provato a plasmarli.
"Ieri hai detto di dover partire per il Circolo delle Spore. Hai già lavorato per Samhain, come catalogatore?"
Sid liberò l'orecchino dall'intrico di ciocche nere, delicato nei gesti, e ne contemplò nuovamente la selvaggia perfezione mischiata all'antica manodopera che gli era stata riservata nel confezionarlo. Ogni volta che glielo toccava sembrava cadere in un'estasi profonda.
"Collaborazioni sgradite, le nostre, che capitano ogni tre o quattro anni. Il ripiego mi è necessario e qualche volta mi diverto a scatenare piccolissime guerre interne, a fare la spia qui e lì per mettere un po' di pepe nel culo di quei taccagni..."
"Piccolissime guerre interne che si trasformano in faide tra Circoli" rettificò Altea, il sopracciglio alzato.
"Innocue scaramucce, selèl, non starla ad ascoltare, anche lei gode nel vedere come si scannano tra di loro. Se poi ci scappa il morto non è una mia prerogativa. È il prezzo del potere a richiederlo: sai come si misura questo prezzo in particolare?"
"Beh, se si tratta di catalizzatori..." Liza crucciò la fronte, la paura di sbagliare a rispondere. "Con la, umh... deaite?"
"Esattamente. Soltanto da una trentina di anni circa, grazie agli studi dell'Ascesa e del Circolo Druidico delle Stelle, si può finalmente catalogarla come materia universale".
"Materia universale?"
Il tiefling annuì. "Per fartela breve: in origine, si è dibattuto, la deaite manifestava la propria essenza nel cosmo e in flussi di energia detti fiumi ancestrali. Consequenzialmente ha contaminato queste terre assumendo forme e proprietà tipiche del metallo. Può essere fusa e manipolata come una normalissima lega tramite processi metallurgici particolari. Tutt'oggi è diffusa in piccoli giacimenti, che però sembrano non seguire una logica di adattamento ambientale. Ma le miniere che la contengono non hanno mai avuto un ricambio di materia da che è stata scoperta, perché questa non si genera più".
"E questo cosa vuol dire?"
"Beh, vuol dire che prima o poi la deaite si esaurirà" ridacchiò Sid. "E lì si che ci sarà un bel macello per appropriarsi dei catalizzatori altrui per ricavarne di nuova".
"Tra quanto potrebbe succedere?"
"Non lo so. Ma sarà inevitabile" Sid strofinò il polpastrello sulla pietruzza verde per lucidarla. "Ti dico questo perché il tuo orecchino, appartenente alla realtà del Feywild, contiene anch'esso della deaite".
Liza mandò giù un rutto per miracolo. "Credo sia normale, altrimenti non si tratterebbe di un catalizzatore. No?"
"Certo che lo è. Il punto, però, è che in questo caso la deaite ha subito un processo di cristallizzazione. Processo anomalo per questa realtà, più che legittimo nel Feywild" le svelò. "In sintesi, l'intera gemma è un agglomerato di deaite: porti al lobo un oggetto che non ha valore" e frenò qualsiasi altro suo gesto per lasciarle il tempo di metabolizzare.
Informazioni simili, prima di allora, mai le aveva apprese, nonostante fossero parte del percorso di studi delle Accademie magiche e in parte riconosciute nei trattati di storia delle corone di Westex ed Estex, tranne che per gli accenni al Feywild. Probabile che Altea gli avesse permesso di metterla al corrente di certe cose per diretta conseguenza alla discussione di quella mattina.
"Cosa vuol dire che non ha... valore?" domandò Liza, confusa.
"Non può avercelo, data la rarità" sentenziò Sid. "Hai all'orecchio la bigiotteria di un Dio Caduto, selèl. Ninnolo estetico per Far-Shee in tempi remoti, catalizzatore capace di mutare e dominare tredici generazioni di stregoni per te. Catalizzatori simili sono recuperati in segreto e sigillati in luoghi appositi affinché nessuno possa mai utilizzarli. In passato mi è capitato di catalogarne di leggendari come il tuo, tre per la precisione, e posso assicurarti che non possono avere un prezzo nella norma".
"Quindi qualcuno potrebbe sapere che gli orecchini non si trovano più alla Tomba delle Fate".
"Non è un'ipotesi da escludere, ma bisognerebbe prima capire se si sappia della loro esistenza".
"E c'è un modo per calcolare quanta deaite c'è all'interno di un catalizzatore?"
"Ovviamente".
"Tu riesci a farlo? Puoi soppesarla?"
"Sono specializzato in questo, selèl, e Samhain lo sa be-nis-si-mo" canticchiò Sid e le riservò un occhiolino giocoso. "Più precisamente sono un fabbro arcanista. Manipolo metalli per isolare la deaite e centellinarla. Valutata una griglia e studiata la quantità all'interno del catalizzatore ipotizzo l'energia che può arrivare a manipolare. Più è la deaite al suo interno, maggiore sarà la potenza di manipolazione dell'artefatto".
Liza passò a grattare la testa del cane, l'ennesima domanda pronta in canna. "E l'orecchino di Far-Shee..."
"Che quantità d'energia potrebbe arrivare a manipolare, date le sue dimensioni? Questo non so dirtelo, piccola Elizabeth, è la prima volta che ho tra le mani un catalizzatore confezionato dai Fae. Ma potresti scoprirlo tu, ora che è tuo" disse Sid e impresse un'ultima carezza sul gioiello prima di adagiarglielo tra i capelli.
"E di Fae? Cioè, di Feywild, cosa sai? Conosci la Tomba delle Fate? L'hai mai visitata? E Far-Shee?"
L'arcanista ridacchiò e veloce le tappò la bocca con un pizzico a tenere unite le labbra. "Purtroppo no, come ti ho già detto. Il nome di Far-Shee ricade sotto la dicitura di Dio Caduto, ovvero dimenticato, e di Feywild so il minimo indispensabile, che è un piano adiacente al nostro esplorato dagli Antichi Celestiali in tempi ormai andati. Questi sono studi specializzati e segretati..." e le punse la punta del naso con l'unghia appuntita e nera. "Per questo motivo vorrei armonizzarmi col tuo catalizzatore. Ti va?"
Fuori ricominciò a piovere. Ignorati gli ultimi tentennamenti, Liza accettò limitandosi a un fiacco cenno del capo, supportata dal rum che indisturbato le gironzolava nel corpo e le accaldava le membra. A quella totale concessione gli occhi dorati di Sid s'infiammarono di pura euforia e subito s'ispezionò il corpo per scegliere il catalizzatore da utilizzare.
"Io che sono più esperto e ho già armonizzato i miei catalizzatori con qualcun altro, saprò gestire cosa mostrarti e cosa no. Tu non avere paura, selèl: qualsiasi cosa io veda e percepisca nel tuo animo rimarrà una nostra personale confidenza, se lo desideri. D'accordo?"
Ora persistente sulla faccia, l'occhiata che le riservò Altea quasi la costrinse a ritrattare.
"D'accordo" biascicò invece, tirando su col naso.
Sid scelse di adoperare una fascia di metallo piegata attorno all'avambraccio e ci schioccò sopra le unghie per attivarla. Come davanti a uno specchio, Liza compì lo stesso gesto sull'orecchino di Far- Shee e le palpebre vennero giù da sole, isolandola dalla realtà circostante.
"Il mio canto è sabbia. Sabbia e fuoco. Quando ho scelto che voce dare alla mia energia, ho scelto le Dune, che sono il mio rifugio" le raccontò in un bisbiglio. "Molti non hanno la fortuna che ho io di poter fare ritorno a casa, perché è un lusso che non tutti possono permettersi. Tornare a casa fa sempre bene e voglio che tu la veda attraverso i miei ricordi".
Energia che plasma memorie, memorie che producono energia allo stato puro. Il nero della mente si schiarì e mutò gradualmente, colori e forme che si mischiavano e accartocciavano per dare vita a un'immagine sorprendentemente nitida, come se Liza ora stesse seduta ad occhi aperti nel più grande deserto del mondo: un vento impalpabile a smussare le cime delle dune e il cielo blu, uno dei più azzurri mai visti prima di allora, offuscato in lontananza da spessi turbini di sabbia, frenetici e inarrestabili nei moti. Carovane che scivolavano su strade sempre diverse, distrutte e poi ricomposte nel giro di una notte o di un giorno, da piedi instancabili e nomadi.
Sabbia.
Giunse fulminea la sera e la volta celeste si colorò di blu scuro; tantissime stelle adesso visibili, solo quelle, unici appigli e bussole antichissime per i Figli di Nox. Prole generata dal fuoco e dal sacrificio, le stesse fiamme scaturite da un falò nel buio.
Fuoco.
Nelle orecchie mulinò il sibilo scaturito da un singolo turbine di sabbia in perpetuo movimento, accavallato allo scoppiettare delle scintille di un fuoco lasciato acceso. Tutto era stato velocissimo e naturale: quello che udiva nella testa era il canto del catalizzatore di Sid.
Sabbia e fuoco.
"Lo percepisci?"
Liza annuì senza riaprire gli occhi, ammaliata.
"Raccontami del tuo, allora".
Nella testa, Liza allontanò a malincuore le mani dal falò e l'oscurità le piombò rapidamente addosso. La sabbia e il fuoco di Sid continuarono a cantare; sostegno benaccetto per l'incubo che avrebbe vissuto di lì a breve.
"Non è mio, non lo è mai stato. Far-Shee l'ha deciso per sé".
"Ma davanti a me ho Elizabeth, non Far-Shee" la incoraggiò Sid. "Sei tu a gestire il canto, ora. Narrami la tua storia".
Lei cominciò a respirare dalla bocca per restare concentrata sulle parole dell'arcanista. Timido e impacciato, il suono acuto, simile a un cicalio scostante e gioioso, iniziò a sfociarle nel cervello per raggiungere quello di Sid.
"È... la risata di una bambina" bisbigliò Liza, aggrottando le sopracciglia. "Di una bambina, sì. È una felicità incontenibile, perciò ride. È casa lo Yakuta, è casa sua quella tra i ghiacci, ed è stretta tra le braccia di..."
Lo Yakuta non si formò mai. L'argine che regolava la fuoriuscita dei ricordi tremò, come percosso da un'ondata troppo difficile da contenere, e capì di star fallendo. La nenia prodotta dall'orecchino, tramutata in un riso infantile con le sue prime parole, si trasformò repentinamente in un piagnucolio disperato capace di gelarle il sangue nelle vene. L'oscurità persistette attorno, sotto e sopra, e solamente un'immagine venne fedelmente riprodotta dal suo subconscio malgrado avesse interrotto il racconto per codardia.
Davanti a lei, ora, tremolava la figura di Bratislav.
Una lacrima le sfuggì dalle ciglia e il canto dell'orecchino non raggiunse più Sid, restando una sua intima prerogativa, e viceversa. Era di nuovo sola.
"Selèl".
Il piagnisteo continuò a tormentarla. Con Shade era riuscita nella sincronizzazione perché rimasta a fissare quell'insulsa rimembranza per minuti interi, ingoiando palle di saliva, bile, dolore. Vigile fino allo stremo, per tutta la durata dell'armonizzazione aveva mantenuto gli occhi sgranati per carpire quanti più particolari possibili di suo padre, nonostante li sapesse a memoria: le mani grandi e macchiate di nera dannazione, i canini mostruosamente affilati visibili anche a bocca chiusa e le iridi cangianti. Il mento pronunciato e le guance sbarbate a dovere perché Vladimira ci teneva, teneva alle apparenze, al decoro, alla bellezza così infima e selvaggia e ripugnante che Bratislav possedeva.
Dalle tenebre partorite della sua mente, Shade aveva osservato l'intimità più sommersa e oscura di Liza. Una semplice proiezione inconscia, resa grottesca dalle risate e i pianti della bambina che era stata. E lei, pur di sentirsi all'altezza degli ordini, glielo aveva permesso e lo stava permettendo a Sid per consentirgli di memorizzare il canto.
Sid interruppe la connessione e lei non riuscì a inghiottire un singhiozzo. Neanche si era accorta di star piangendo e prima di tornare a vedere asciugò le timidissime lacrime che le avevano bagnato il viso.
Altea gironzolò attorno al tavolino per raggiungerla e quasi inciampò in un cuscino. Quando fu alle sue spalle, non si azzardò a toccarla e Liza ne soffrì.
"Mi dispiace, non dipende da me. Non sono io a gestire il canto e non capisco perché l'orecchino mi riporti alla mente mio padre durante le sincronizzazioni".
"Va tutto bene, selèl" la rassicurò Sid e le afferrò una mano per imprimere un bacio sulle nocche. "Non devi provare dispiacere. Se reputi siano ricordi fondamentali, col tempo ti verrà facile uscire da quel buio e renderli felici".
"Possiamo riprovare un altro giorno" aggiunse Liza, presa alla sprovvista dai sensi di colpa.
"Solo se lo vorrai. Ho bisogno di più tempo per memorizzare il canto dell'orecchino e tu dovrai essere forte".
"Ci proverò".
D'improvviso, Sid le pizzicò entrambe le guance per gioco. "Ma non ci pensiamo. Da domani e per tre giorni sarò totalmente irreperibile, perciò ci riproveremo alla fine della festività".
"Festività?" mugugnò Liza, impossibilitata a parlare bene a causa delle dita caldissime che le stavano stropicciando la faccia.
Sid non aveva la minima idea di cosa volesse dire avere del tatto sociale e lei ebbe la sfortuna di conoscere quel suo lato troppo presto. Trovò il connubio con Altea ancora più strano ed eclatante.
"Dal quindici al diciotto settembre festeggiamo la Madre Nox anche alle Ossa" la informò Sid, sorridendole un'ultima volta, e Altea gli schiaffeggiò una mano per intimargli di smetterla. "Sono così felice che siate qui per godere un po' delle mie tradizioni. Sarà speciale, vedrai! E altrettanto pirotecnico, caotico, rumoroso..."
"Un vero e caloroso puttanaio, robaccia che ad Elizabeth piacerà di sicuro" lo interruppe Altea. E schiva poggiò una mano sulla spalla dell'allieva, senza più muoverla.
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