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LIZA
L'indomani dovettero anticiparsi per assistere a un parto.
L'urgente richiamo arrivò da Soleil prima dell'alba, tramite il famiglio civetta di Mera. Senza neanche stare a legare i capelli, Altea obbligò Liza a una corsa sfiancante tra le viuzze desolate, solamente l'abbaio di qualche randagio al tenerle sul chi va là.
Meno di un quarto d'ora e giunsero al lazzaretto che Liza si reggeva il fianco dolorante. La linea dell'orizzonte aveva da poco cominciato a schiarirsi e macchiarsi di bianco; avvisaglia di un'ennesima giornata dominata perlopiù dal maltempo.
I lamenti della partoriente, udibili fin dal porticato più esterno, guidarono entrambe alla stanza designata. Nonostante le grida di dolore rimbombassero in ogni angolo della struttura fatiscente, alcuni malati ancora si prostravano in muta preghiera accanto alle proprie brandine.
L'aria della stanzetta adibita per il parto era intrisa dell'odore legnoso sprigionato dall'incenso, misto a quello delle erbe tritate fresche e il puzzo ferroso del sangue. Altea legò velocemente i capelli; pulì metodica mani, braccia e strofinò le unghie con l'acqua bollita mentre l'uscio lasciato aperto accoglieva una moltitudine di curiosi, anche bambini. Le tre erboriste di turno schizzavano ovunque come biglie impazzite per procurare a Soleil tutto l'occorrente necessario, tra cui Liza, subito addetta al risciacquo dei cenci che le venivano passati.
A destra della donna se ne stava seduta una Strega delle Dune intenta a intonare preghiere di buon auspicio, col volto tatuato di simboli geometrici come quelli di Gil, stropicciati però dalla vecchiaia. A ogni grido scuoteva un lungo bastone a cui erano state intrecciate una gran quantità di catenine d'oro e talismani.
Altea si abbassava tra le gambe divaricate della partoriente che Soleil si sporse per bisbigliarle in un orecchio. "Sta così da quando sei andata via ieri. O esce adesso, o non esce più. Non resisterà ancora a lungo".
"Dai, allora. Mettiamola in ginocchio" tornando dritta, la mezzelfa fece segno alle due aiutanti più vicine di sollevare la mamma per le braccia. "Portatela qua sul tappeto e continuate a sostenerla. Elizabeth" la richiamò senza voltarsi. "Ritira le coperte e torna subito dentro, devi bollire altra acqua".
Liza deglutì a vuoto e asciugò una goccia di sudore prima di precipitarsi all'esterno. Acciuffò tre lenzuola e incespicando nella corsa di ritorno realizzò di avere tuttora gli stivaletti sciolti.
In passato, l'ufficiale medico aveva già accudito delle future mamme durante gli scali programmati ad Iselfort, in maggioranza prostitute delle case di Dama Porcelain. Malgrado la poca simpatia nutrita per i mocciosi, che spesso rincarava chiedendo il doppio del compenso data la sua esperienza medica, Liza l'aveva comunque beccata a coccolare i nascituri riservando loro un amore tipicamente materno. Forse si trattava di semplice pena, date le origini bastarde delle creaturine, e mai aveva domandato spiegazioni per non scatenarsi addosso l'emotività repressa di Altea, in quanto mezzosangue pure lei.
La donna, che si chiamava Selah ed era moglie di un tagliagole secondino, continuò a patire per un'altra ora abbondante. Privata dal dolore anche della forza di urlare, sulla fine si abbandonò a deboli mugolii per accompagnarsi alle ultime spinte. I lamenti s'interruppero bruscamente col pianto soffocato della bambina.
Liza sciacquava le pezze quando udì il primo e vero strillo. Si voltò di scatto, sudata dall'emozione, e sorrise quando Altea e Soleil tagliarono il cordone materno. Selah venne ricoricata sul giaciglio e subito le tre aiutanti le furono addosso per accertarsi delle sue condizioni.
Chi aveva assistito emise un sospiro di sollievo, qualcuno una mezza invocazione felice rivolta alla Madre delle Dune, altri suggerirono il nome di battesimo perfetto per l'occasione: Nox.
Liza seguì Altea nella stanza accanto, più calda e sistemata, per assisterla col lavaggio e la visita della neonata. Un paio di bambini, uno con un corno rotto e l'altro col petto scorticato e fasciato, le scortarono trotterellando.
"Hai tantissimi capelli, eh? Come la tua mamma" mormorava fra sé e sé l'ufficiale, intenta a ripulire il corpicino con le garze pulite. "Hanno anche già scelto il tuo nome, sai? Sarà quello di una Dea".
Il bambino col corno spaccato a metà si affacciò da sopra la spalla di Liza e l'altro fece lo stesso un momento dopo, ma a sinistra, stritolandole il collo per restare in equilibrio sulle punte.
"Ma è bruttissima e tutta sporca!" trillarono all'unisono.
"Sciò, demoni!" li rimproverò Altea. "Neanche voi siete tanto belli".
"Ma io voglio toccarla!" protestò il più piccolo in un brontolio, quello col petto bendato.
"No, hai le mani sporche. Sparite subito o vi pizzico sul culo!"
In men che non si dica, i due fuggirono facendo le linguacce e battendosi i palmi sulle natiche a mo' di presa in giro. Altea sospirò e la bambina emise un piagnucolio di protesta intanto che le veniva fasciato il ventre e l'ombelico. Aveva già aperto gli occhi, teneramente lasciati socchiusi, e di tanto in tanto scuoteva i pugni sopra la testa.
Liza la trovò perfetta. E rossa, come una mela matura.
"Avvicinati" le ordinò l'ufficiale medico e la più piccola sentì un nodo d'ansia tapparle la gola. "Tienila dritta, una mano dietro la testa e l'altra sulla schiena, che devo fare dei controlli".
"Ma non ho mai preso una bambina così piccola".
"Oggi imparerai come si tiene, allora".
Gli occhi di Liza, d'istinto, si piantarono sulle mani e le falangi artigliate, sprovviste dei guanti. "Ho paura di... farle male" si affrettò a giustificarsi.
"Non le farai male" la rassicurò Altea, malgrado la sua voce fosse imperativa e fredda. "I tiefling hanno la pellaccia dura e lei non è da meno".
Liza assecondò la richiesta e con gesti rigidi l'avvolse per sollevarla. La neonata si mosse un po' di più, sbadigliando e mugolando per tutta la durata della visita, il corpo pervaso da quel calore benigno che solo la sua gente poteva ed era in grado di sprigionare per natura. Sopra le tempie coperte da una spolverata di capelli di un nero corvino, due protuberanze segnavano la futura calcinazione esterna delle corna. Sua madre Selah le aveva sottili e all'insù, con tre profonde rigonfiature nel mezzo, sporche di riverberi verdastri visibili in controluce.
"Come è stato?"
"Che cosa?"
"Assistere al parto. Non ti ho mai fatta entrare".
"Diciamo che, ecco... mi è salita l'ansia" disse Liza e Altea le sistemò il fagotto tra le braccia incrociate. Lo coprì per intero con un drappo rosso, di buona manifattura – di sicuro tessuto e ricamato in occasione del parto. "Ma è stato bello".
La maestra l'aiutò ad alzarsi e Liza camminò a tentoni per raggiungere la stanza in cui riposava la partoriente. La calca ferma sull'uscio si divise in due porzioni per farle entrare. Si inginocchiò piano, pianissimo non appena fu vicina al giaciglio risistemato, e Selah si curvò per afferrare sua figlia e portarsela vicino al seno scoperto. Aveva il volto umido e scavato dalla stanchezza, ma gli occhi gialli brillarono di gentilezza su di lei.
"Nàme Nox" e le sorrise. Tirando il panno rosso, le accarezzò di proposito l'indice nero ora visibile.
Liza temette potesse inorridire e gridare di disgusto osservando le sue mani così da vicino, e si preparò a infilarle tra le cosce per nasconderle tra le pieghe della gonna. Ma Selah la trattenne e rafforzò la presa attorno al palmo per impedirle di ritrarsi, contagiandola col suo piacevole bollore.
Finì a guardarle la mano tenuta stretta senza smettere di sorridere. I suoi canini erano più lunghi di quelli di Sid e i capelli le erano stati acconciati in una morbida treccia.
"Qual è il tuo nome?"
"Elizabeth" rispose subito e la parlantina ebbe la meglio, scaturita dall'imbarazzo. "A dire il vero ho due nomi, Elizabeth Rukavina. Però tutti mi chiamano Liza per... per comodità".
"Elizabeth Rukavina" ripeté Selah, scandendoli per bene sotto il palato, quasi volesse assaporarne la provenienza. Passò a giochicchiare col polpastrello del suo dito medio. "Che nomi strani hai. E quello della tua maestra?"
"Altea".
Selah emise un riso esausto. "Troppo regale. Liza mi piace di più e piacerà anche a mio marito".
"Beh, è molto corto e quindi comodo per essere urlato..."
"Allora è perfetto. Se crescerà scalmanata come i suoi due fratelli, mi servirà. Nondimeno mi ricorderà la tua gentilezza".
Ci volle qualche attimo prima che potesse comprendere le intenzioni di Selah; Liza sgranò gli occhi e la vergogna ribollì nei capillari della faccia, eppure non riuscì a spiccicare parola per opporsi.
Selah catturò l'attenzione della Strega delle Dune, ancora seduta al suo fianco, per mormorarle una manciata di frasi nella sua lingua natia. L'anziana fece un paio di cenni d'assenso e riavvolto il drappo rosso per scoprire la neonata, intinse le dita in una ciotolina strabordante di cenere d'incenso e oli benedetti. Segnò in verticale le due sporgenze sulla fronte, il naso piccolo e le labbra a forma di cuore. Le ultime tre linee tremolanti, simili a fiamme stilizzate, vennero invece tracciate sullo sterno minuscolo, per celebrare la nascita di un fuoco che aveva appena cominciato ad ardere.
"Ancora nàme, Liza. Porterò il tuo nome anche alle Dune quando farò ritorno. La sabbia è sempre in movimento, ma non dimentica" disse Selah e finalmente concesse alla bambina il seno sinistro. "Spero festeggiate con noi, stanotte".
Altea, che era rimasta sul fondo della stanza a riassettare, si avvicinò per picchiettarle sulla spalla.
Alzandosi, Liza sprofondò in due inchini colmi di gratitudine. "Nàme Nox, Selah. Lo faremo di sicuro. Vi auguro il meglio".
"Nox-se'na me-lah (1)".
Liza uscì a testa bassa e tornò ad assistere Mera. Poco dopo era di nuovo china sulle sue mansioni, le dita che velocemente ripiegavano delle bende asciutte; le mani tuttora sprovviste dei guanti.
Altea la osservò restando sul ciglio dell'androne principale. Prima di tornare nelle salette più interne del lazzaretto, sorrise appena vedendola inghiottire un paio di singhiozzi e asciugarsi le lacrime con la manica della camicia.
"Nox-se'na me-lah (1)" - "Che Nox bruci per te".
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