War Never Changes
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C'è una nube intera che copre la terra, e a guardarla bene da quell'oblò, sembra proprio l'atmosfera. Clark non l'ha mai vista da vicino, solo in foto e in qualche video, ogni tanto, ma lo spazio non ha mai fatto parte delle sue mansioni; se se n'è interessato, è stato sempre e solo per Buster, quando ha chiesto spesso, a lui e Daniel, come funzionassero le cose lassù.
Sorride leggermente, mentre guarda fuori. Solo che lo fa dal lato sbagliato, da quello bruciato. La pelle gli tira e fa ancora male, sebbene ormai le ferite si siano rimarginate e sia rimasta, sul suo viso, una metà fasulla e una reale. Non sa ancora dire quale delle due gli appartenga davvero.
Si regge a malapena sul bastone, e non perché non riesca a camminare bene, è solo che non gli va di farlo. Non vuole fare niente di niente, a dirla tutta, e quella sensazione ricorda di averla sentita una sola volta in vita sua, ed è stato quando si è risvegliato dal coma e ha visto la sua vita cambiare per sempre. In quel periodo non ha avuto la forza e la voglia di affrontare la vita, e se ha fatto qualche passo avanti lo deve solo alla sua famiglia. Non ha mai detto a Daniel di aver pensato di farla finita, a volte. Non gli ha nemmeno mai detto di non aver sentito niente di niente per mesi, prima di tornare a lavorare alla Divisione 3. Solo che Clark è certo che Daniel l'ha sempre saputo e non ha mai detto niente. Ha solo continuato a sorridere, e lo ha fatto anche e soprattutto al posto suo. Per il bene di tutti, ma soprattutto di Buster.
Bussa leggermente alla porta già aperta, e Sydney nemmeno si volta, ma gli fa cenno di entrare. È seduta su una sedia nera, vicino alla finestra, e guarda fuori la terra che si allontana sempre più velocemente; eppure non sembra attraversata da alcun sentimento, in quel momento, e Clark sa bene il perché.
Lo sa, perché quando ha pensato di aver perso la voglia di lottare, si è sentito esattamente così: apatico.
«Il tuo fidanzato l'ha fatta grossa, stavolta.»
«Non mi va di parlare di David», taglia corto lei, e non si volta mai a guardarlo, sebbene in passato gli è sembrato che Syd, a eccezione di Daniel, è l'unica a non averlo mai guardato con quel disgusto misto a compassione negli occhi. E poi... gli ha sempre confidato tutto, quasi lo avesse preso in simpatia e Clark lo sa, non è uno che piace alla gente; dopotutto non ha mai fatto molto per risultare simpatico.
«Lo so.»
«Non mi va di parlare di David per quello che è successo a me », puntualizza poi lei, e finalmente si volta. Clark sposta tutto il peso sul bastone che lo tiene in piedi, e per un attimo rimane senza parole. Lo sforzo di Sydney nel fargli quel sorriso pesa come l'intero globo infilato tra le scapole ma, dai lati piegati di quella bocca triste, può vedere un barlume di speranza. La richiesta di confidarsi, di parlare e di non tenersi dentro, almeno per una volta, tutto.
«Dovremmo parlare di quello che ha fatto a me ? È acqua passata.»
«Sai che non parlo delle tue ferite ma... beh, in un certo senso anche questa è una ferita, solo che non la puoi vedere.»
«Syd...», sbuffa Clark, e non ha intenzione di proseguire quella conversazione. Non sa nemmeno perché è andato lì, da lei. Non era sua intenzione parlare di Daniel e di quello che è successo, di quello che David ha fatto ma... in qualche modo, dentro, Clark sa che invece vorrebbe dirlo a qualcuno.
«Kerry mi ha detto cosa è successo. Solo che non sa i dettagli e io... beh, io non sapevo che tu...»
«Che avessi una famiglia? Sì, non sembro esattamente il tipo, vero?» Clark ridacchia, ma dentro quella risata c'è tutto l'amaro possibile. Butta giù il dolore e, dopo aver passato un secondo interminabile a guardare fuori dal finestrino, senza nemmeno vedere le stelle, si avvicina a Syd e si siede di fronte a lei. Incrocia le gambe e poggia entrambe le mani sull'impugnatura del bastone – quello a forma di leone. Gli vibra il sopracciglio sano, e scuote la testa, cercando di fingere che senta ancora qualcosa alla parte destra della faccia. «Kerry non sa i dettagli? Mi sembra strano che Cary o Melanie non glieli abbiano raccontati.»
«Sono affari tuoi, Clark. Ad essere sinceri, poi, penso che gli altri abbiano altro a cui pensare invece che alla tua storia.»
«Allora perché me lo stai chiedendo?»
«Perché a me, invece, importa.»
Clark sbuffa. Le labbra gli tirano verso l'esterno, fanno un male cane. Sono secche e spaccate; le ha strette tra i denti fino a un momento fa, quando lo ha visto e lui non lo ha riconosciuto.
«Siamo in guerra. In guerra le chiacchiere non valgono niente.»
«Eravamo in guerra anche quel giorno, eppure tu mi hai ascoltata. Non abbiamo altro da fare, almeno finché la vera battaglia non inizierà. E tu sei venuto qui. Un motivo deve esserci.»
«Non per forza.»
«Ti sentivi solo?»
«Io sono sempre solo.»
«No, non lo sei. Non lo eri .» Sydney si corregge e mette davanti a quel tavolo le carte scoperte della verità, e Clark non può far altro che tacere e guardarla negli occhi. Si perde per un attimo nell'innocenza di quel dolore che le attraversa il blu acceso delle sue pupille, ed è un dolore in cui si riconosce. Hanno perso entrambi qualcuno che credevano li amasse, ma per Clark forse è anche peggio; perché David ha scelto di intraprendere quella strada, e ha lasciato Sydney da sola. Daniel, invece, non ha scelto di dimenticare tutto. Gli è stato imposto.
«David ha cancellato la memoria di Daniel e ora non ricorda nemmeno come si chiama. Lo ha fatto per trovare il corpo del viaggiatore del tempo. Ha arginato la difesa impenetrabile della memoria di Dan e... gli ha portato via tutto.»
Sydney alza le spalle; apre la bocca, sembra pronta a dire qualcosa ma, alla fine, la richiude e tace. Incrocia le braccia al petto, si chiude in se stessa, ma non per questo sembra voler smettere di ascoltarlo. Forse sa quanto è difficile per lui aprirsi, quanto lo è sempre stato, e allora gli permette di parlare e non lo interrompe nemmeno.
«A parte la Divisione 3, per cui ho sempre dato tutto, al di fuori avevo trovato la mia strada. Daniel ne faceva parte, è sempre stato con me, da che ricordi. Ci siamo sposati e abbiamo adottato Buster e, a dirtela tutta, è successo tutto in maniera così naturale che a volte mi chiedo se sia successo davvero.»
«So cosa vuol dire», sorride Syd, e Clark risponde con lo stesso gesto, ma smette di guardarla. Fa troppo male. «Come vi siete conosciuti?»
Clark alza le spalle e gli occhi; si perde in ricordi lontani e poi scuote leggermente la testa. «Divisione 3, stesso reparto, tutto qui. A volte le persone non hanno incontri così eclatanti come... un ospedale psichiatrico o un piano astrale», risponde, e Syd non controbatte alla provocazione. Clark è arrabbiato, confuso, triste, amareggiato e vorrebbe solo sparire e tornare a quei giorni felici prima dell'arrivo di David ma, ora, ha in mano il nulla assoluto. Ha avuto due occasioni per uccidere il mutante e non lo ha fatto. Per pietà, per sfortuna, per chissà quale ragione assurda ma non lo ha fatto, e avrebbe dovuto. Se lo avesse fatto, al tempo, ora non sarebbe lì, su quello zeppelin che vola nello spazio, a domandarsi de Daniel si ricorderà mai più di lui e di Buster, di quello che sono stati, di quello che sono . «Sai quanto tempo ci vuole ad adottare un bambino? Sai quanto ne serve per una coppia come la nostra? Molto di più. E se non fosse stato per Daniel e Buster io non mi sarei mai alzato da quel letto d'ospedale, dopo che il tuo fidanzato mi ha provocato ustioni al 40%. Sono la mia famiglia, e lui me l'ha portata via. Avrei dovuto ucc-»
«Sì», lo interrompe Syd, ma Clark ha l'impressione che lo abbia interrotto per non sentirlo dire dalla sua bocca, come se dirlo potesse rendere quel fatto reale. Come se pronunciarlo ad alta voce potesse uccidere David. «Avresti dovuto.»
«Ma ora non ha alcun senso, no? Ucciderlo ora, dopo che ha già fatto abbastanza danni. Non ha senso. Non più.»
«Clark, io penso ch-»
«Ho visto Daniel, stamattina. Era chiuso in uno studio, si guardava intorno spaurito, alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa , che gli ricordasse chi è. Sono entrato e non mi ha riconosciuto. Se uccidere David servisse, ora come ora, a far tornare le cose come un tempo, lo farei. Non è così, però, che funzionano le cose e allora, dimmelo tu, che senso ha farlo ora?», ripete. Si avvicina, piegando la schiena verso di lei, che non si ritrae, perché non ha paura e non ne ha mai avuta, di lui. E questo, a Clark, invece spaventa moltissimo.
«Non è la fine.» La voce di Syd è un sibilo; è così leggera che quasi non la sente e forse è stata solo una proiezione nella sua mente. «Non l'hai perso, Clark. Non hai perso Daniel, puoi ancora tornare da lui e dargli... darvi un'altra chance. Ti ha amato una volta, perché non dovrebbe farlo una seconda volta?»
«Perché nessuno amerebbe dal principio una persona... così .» Clark su indica, con la mano sana; quella il cui anulare porta ancora l'anello delle sue nozze con Daniel. Quello che per lui è il simbolo di un'unione che ha sempre pensato eterna, qualcosa che non avrebbe mai visto una scissione, ma solo più calore e vicinanza.
Il simbolo di una famiglia normale, dentro una vita assurda, a volte fasulla, pericolosa e triste.
Sydney apre la bocca, scuote la testa; le sembra assurdo, perché lei può capire cosa significa innamorarsi di un mostro e non vederlo davvero. Lei può capire cosa significa innamorarsi di qualcosa che è al di là di un'orrida creatura. Solo che David non ha metà corpo bruciato, ma solo una mente scomposta come un mosaico rotto. David non è inguardabile e disgustoso, è solo pazzo.
Clark ha l'aspetto di un demone, eppure dentro muore come un essere umano qualunque, privato di tutto quello che aveva.
«Daniel lo farebbe. Non puoi lasciarlo innamorare di ciò che eravate, ha bisogno di vivere di nuovo quello che sei, conoscerti, fidarsi e andare oltre. Se ha funzionato una volta, funzionerà anche una seconda. Non puoi fingere che non sia così e, se non lo fai per te, fallo almeno per Buster.» Ancora un sorriso. Stavolta è lei a posargli una mano guantata sul braccio, per rassicurarlo, come ha cercato di fare lui quella volta in cui hanno parlato di David. In quel frangente lei si è ritratta, ha avuto paura, ma Clark sa che ha sentito, dentro quel gesto, un poco di forza che stava tentando, goffamente, di trasmetterle.
«La guerra è guerra, Sydney. Siamo in mezzo ad una battaglia dal quale non so nemmeno se uscirò vivo.»
«Se lo farai, almeno sai che cosa fare, non appena tornerai a casa. Il tuo posto sicuro è lui, e lo sai anche tu. Devi solo diventare di nuovo il suo. No?»
Si guardano per minuti interminabili, e Clark si sente sempre più schiacciato e distrutto. Da una parte pensa che non ne varrebbe la pena – tornare da Daniel, fingere di non conoscerlo e provare di nuovo a creare qualcosa – dall'altra c'è Buster, che ha bisogno di entrambi e che, sebbene sia stato il motivo per il quale Clark è tornato in azione, ha comunque bisogno dei suoi genitori per crescere felice e lontano dal dolore. Qualcosa che, lui e Daniel, stavano cercando di tenergli lontano il più possibile e regalargli una vita felice.
Cerca di sorridere, mentre il cuore si sgretola e si riempie di ricordi che, malgrado tutto, dovrà portare addosso da solo, senza poterli condividere più con la persona con la quale li ha vissuti.
«La guerra non cambia mai. La guerra porta solo separazioni.»
Sydney allora si china verso di lui e i suoi occhi, per un attimo, hanno un bagliore diverso, che sa di speranza. Clark ne è ammaliato, ma anche impaurito. Teme che abbia ragione e che, finita quella battaglia, dovrà davvero iniziarne un'altra in nome dell'amore – qualcosa che, prima di Daniel, non pensava nemmeno che esistesse.
«Sarà bellissimo vederti quando ti ricrederai e tornerai da lui.»
Clark spera che abbia ragione e, al tempo stesso, spera che quella battaglia non avvenga mai. Spera di cadere in un lungo sonno, svegliarsi su quel prato verde, seduto accanto a Daniel, mentre Buster gioca a palla con altri ragazzini lì al parco dietro casa. Lui non ha cicatrici sulla faccia, ma solo un sorriso che sa di pura e semplice felicità. Daniel lo guarda e gli stringe la mano. Si scambiano un bacio leggero e poi tornano sdraiati sull'erba a guardare il cielo.
Bombe e missili cadono giù, pronti a colpirli, ma loro sono felici, e questo è ciò che importa.
Quando apre gli occhi non sente più niente. Nemmeno la parte sana che gli è rimasta. È congelato e fluttua nell'atmosfera, e le vie respiratorie si fanno sempre più strette.
Ha perso la battaglia, ha perso Daniel e Buster. Ha perso tutto, e non si pente di aver scelto di frenare la mano, quel giorno, con David. Gli rimane da sperare che, almeno lui e Syd, avranno la vita che hanno sempre sognato, in nome di tutto ciò per cui ha combattuto lui per una vita intera.
L'amore.
Fine
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