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Contro la violenza: storie in prima persona

Dark faceva avanti e indietro dietro le quinte, attendendo il suo ospite che avrebbe dovuto raccontare ai lettori la sua esperienza. "Ma dove diavolo è finito?!" E, nonostante non abbia pensato con queste fini parole, il succo è quello.

Un ragazzo magro come un osso entrò, nella sua felpa enorme e dalle maniche troppo lunghe, rosso in viso.
"Dark io... non credo di potercela fare... quanti sono, hai detto?" Lei sospirò, fece spuntare la testa dal sipario e guardò il pubblico impaziente.

"Trentaquattromila, giù di lì" Appena pronunciò quella frase, poté giurare che il ragazzo quasi svenne, ma quando il sipario si alzò venne spinto sul palco.

La presa sul microfono era stretta e si guardava intorno. Chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì e cominciò a parlare.


"Ehm... ciao, mi chiamo Adrian, ma voi potete chiamarmi Adri o Ade, come preferite.

Dark mi ha chiesto di parlare per raccontare la mia esperienza, quindi ehm... eccomi qui.

Per iniziare, preciso che sono genderfluid.

Vuol dire che non ho un genere fisso, posso anche non sentirmi nessuno dei due, o entrambi.

Vuol dire che a volte sono Adrian.


A volte Adrienne.


A volte entrambi.


A volte nessuno dei due.


Prima pensavo di operarmi, poiché sinceramente ero convinto di voler essere una ragazza, ma c'era una parte di me che mi pregava di non farlo, che mi sarebbe mancato essere un ragazzo.

Quando davo priorità alla voce "maschile", quella "femminile" reclamava attenzione.

Certi giorni mi sentivo entrambi, entrambe le voci reclamavano attenzione.

Certi giorni una delle due stava zitta.

E certi giorni, lo erano entrambe."

Il ragazzo si guardò intorno, il pubblico sorrideva e gli faceva segno del pollice in su, e non sembrava seccato dal suo evidente nervosismo.

Prese un paio di respiri molto profondi prima di ricominciare.

"Mi ci volle molto tempo per capire e soprattutto accettare ciò che ero. Le prime volte ero confuso, arrabbiato, disgustato, e cercavo di comportarmi "normalmente".

Siccome sono biologicamente un ragazzo, (con un viso piuttosto inusuale, ma un ragazzo), allora decisi di agire secondo ciò che era socialmente accettato per il genere maschile.

Pantaloni lunghi, capelli corti, niente trucco, muscoli, voce profonda e "virile".

E se per alcuni giorni stavo benissimo così, in altri avrei voluto solo rompere qualsiasi specchio.

I giorni in cui mi sentivo una ragazza in particolare.

Volevo truccarmi, indossare gonne e poterci provare con i ragazzi senza che loro si disgustassero.

Mi orripilava perfino il mio nome, in quei giorni, ma se avessi chiesto di chiamarmi diversamente, cosa avrebbero pensato gli altri?

Ecco ciò che mi terrorizzava di più: il giudizio altrui.

Avevo anche iniziato a dubitare del mio orientamento: ero un convinto eterosessuale, o almeno credevo, poiché "da ragazza" volevo mettermi con dei ragazzi, e scoprii, nei giorni "da ragazzo", che non mi sarebbe dispiaciuto affatto, anzi. Avvenne anche il contrario, in cui "la me ragazza" concordava sul fatto che non le sarebbe dispiaciuto uscire con una ragazza.

E ignorai puntualmente questi impulsi, continuando ad agire da etero quale credevo di essere, poiché se non riuscivo ancora ad accettare che non fossi cisgender, figurarsi ad ammettere che non fossi nemmeno etero.

Sentire commenti sessisti su cosa un uomo e una donna dovrebbero fare per esserlo mi confondeva, tracciava una linea ben marcata tra i due generi e riusciva solo a farmi odiare di più me stesso.

Mi svegliavo sentendomi entrambi, e riuscivo solo a piangere, sentirmi triste e inutile, a vomitare addirittura, e tutti mi chiedevano cosa avessi, perché stessi così male.

E io... e io non riuscivo a spiegarlo perché non era chiaro nemmeno a me. Non sapevo cosa mi facesse stare male, e di conseguenza non sapevo come curarlo e stare meglio.

E poi... i giorni peggiori.

Quelli in cui mi sentivo né maschio né femmina né entrambi.

Non sapevo come vestirmi, come comportarmi, che tono di voce avere.

Mi sembrava di aver perso l'identità. Di non essere più Adrian. Né la parte femminile senza nome. Né entrambi.

Ero in uno stato vegetativo: non mangiavo, non parlavo, non mi guardavo allo specchio, camminavo e basta.

Non sapevo cosa dovessi fare quindi la soluzione per me era quella di non fare nulla. Di non deludere nessuno. Di vivere secondo le aspettative che gli altri avevano prescritto per me.

Era tutto un dannato circolo vizioso da cui non sembrava esserci uscita. Solo una grande malinconia.

Mi sentivo inadeguato, confuso, disgustato, malato, ma non felice.

Mi svegliavo un giorno e mi sentivo un maschio e andava tutto bene, un altro mi sentivo femmina e andava tutto male perché rifiutavo quelle sensazioni e cercavo di vestirmi con qualcosa che le persone avrebbero chiamato normale, un altro mi svegliavo entrambi e andavo in crisi stando male, vomitando anche l'anima e rimanendo triste per tutto il giorno, un altro mi svegliavo sentendomi nessuno."

Il pubblico vide il ragazzo interrompersi e iniziare a tremare visibilmente. Quando tentava di ricominciare la voce si incrinava, e una lacrima scese lungo la sua guancia.

Stava soffrendo nel condividere la sua storia, era evidente.

Dopo quasi dieci minuti di esitazione e tremori, la sua voce sembrò stabilizzarsi.

Quando vide qualcuno del pubblico alzarsi, pensò che se ne volesse andare, ma rimase di sasso quando la persona arrivò sotto al palco e alzare il braccio per dargli qualcosa.

Delle caramelle gommose e un biglietto.

Lo lesse e vide scritto: "Vai forte, Adrian! La tua storia mi fa riflettere, sei un ragazzo dolcissimo, proprio come queste caramelle! Spero che ti aiuteranno a calmarti"

[Momento interattivo: voi siete il pubblico. Potete commentare con scritto cosa gli date per aiutarlo e cosa gli scrivete]

Sorrise e ne mangiò una, per poi prendere un bel respiro.

Non si aspettava che altre persone si alzassero per dargli qualcosa, non si aspettava quel sostegno, per nulla al mondo.

Si calmò gradualmente, e riprese a raccontare.

"Ovviamente, i miei amici avevano notato che non stavo bene, primo fra tutti Marcus Flint, che mi chiedeva cosa non andasse e io mi rifiutavo di confessare, terrorizzato dal perderlo.

Non so se sia stato un sesto senso o semplicemente mi conosceva da troppo tempo, ma fatto sta che mi diede un dépliant per il Club LGBTQ+, dove si parlava delle esperienze degli studenti e si offriva aiuto a chi aveva dubbi, si facevano lezioni sulla Comunità e si offriva rifugio a chi era vittima di omofobia in famiglia.

Io non avevo mai avuto problemi con loro, ero sempre stato pro a tutti gli orientamenti sessuali, anzi, mi definivo un ally, esattamente come Marcus.

Non avrei mai potuto immaginare che ne facessi parte.

Gli incontri erano tre volte a settimana: il lunedì, il mercoledì e il venerdì, dalle quattro alle sei.

Lunedì si faceva Storia della Comunità, due ore stupende in cui ho imparato moltissime cose che ancora adesso mi porto nel cuore.

Mercoledì si faceva Stereotipi e Luoghi Comuni, due ore di discussione in cui si portavano esempi di luoghi comuni e li si smontava.

Ma era il venerdì il mio giorno preferito.

Due ore in cui sia gli organizzatori sia i partecipanti raccontavano le esperienze, i dubbi, i coming out e gli outing.

Ascoltavo sempre con molta attenzione, intervenivo e davo opinioni, rassicuravo eventuali persone in lacrime e fornivo il mio supporto, senza però rendermi conto che ne avevo molto bisogno anche io.

Il primo incontro fu sorprendente, a dire il vero.

Io e Marcus avevamo l'intenzione di presentarci come alleati eterosessuali (nonostante io avessi i miei fortissimi dubbi sul fatto che lo fossi), e appena entrai nell'aula, trovai delle piacevoli sorprese ad accogliermi: Terence, Felix, Amaryllis, Cassiopeia e Cyrus erano già seduti. Appena ci videro, ci sorrisero e ci invitarono a sederci accanto a loro, dove erano rimasti due posti liberi.

Gli organizzatori si mostrarono subito amichevoli e da ciò che capii erano ex-studenti che, vista la situazione di ignoranza dilagante verso la Comunità, avevano deciso, con il permesso del preside e di tutti gli insegnanti, di organizzare questa attività.

Uno era Charlie Weasley, bisessuale panromantico, che aveva fatto coming out molti anni prima con la sua famiglia (e in effetti individuai gli Weasley seduti nelle prime file) e che invitava anche gli altri a farlo, a meno che le condizioni non fossero sfavorevoli.

Ricordo ancora le sue esatte parole: "Il percorso di accettazione del proprio orientamento sessuale e il coming out sono difficili come scalare l'Everest: pieno di ostacoli, ostile e che può richiedere molto tempo, ma il premio finale è una vista mozzafiato e la soddisfazione di essere arrivati fin lì".

L'altra era Cora, ragazza nata maschio che, dopo aver lasciato la scuola, si era fatta operare per diventare femmina, e aveva ottenuto le più grandi soddisfazioni della sua vita.

"Ora ho un corpo che accetto e che non ripudio. Non abbiate mai paura di fare questo passo se davvero ve la sentite: otterrete il corpo che avete sempre voluto, la capacità di guardarvi allo specchio e una felicità ineguagliabile. Il percorso non sarà semplice, ma ce la faremo".

Ecco, questo era il motto del gruppo: "Non sarà semplice, ma ce la faremo".

Appresi che Terence e Felix sono gay, Amaryllis e Cassiopeia bisessuali e Cyrus un fedele alleato.

Quando chiesero a me e a Marcus perché fossimo lì, rispondemmo che eravamo alleati eterosessuali, ma sia Charlie che Cora mi scoccarono un'occhiata strana, probabilmente non dovevo sembrare molto convincente.

La prima lezione fu una presentazione generale sulla comunità e la spiegazione di come si sarebbero svolti gli incontri.

Due ore volarono, e quando uscii mi dispiacque particolarmente, come se fossi appena uscito da un rifugio sicuro e caldo, nonostante non seppi ancora spiegarmi perché avessi quelle sensazioni.

E avanti così, si proseguì per un mesetto circa. Nonostante gli incontri avessero migliorato il mio umore, non avevano cancellato i mille dubbi e i problemi che mi assillavano.

Non mi sentivo a mio agio con i termini "cisgender" ed "eterosessuale", un brivido mi saliva lungo la schiena, come se quelle parole non mi descrivessero.

Quando prima di Natale gli incontri finirono, Cora e Charlie dissero che sarebbero stati disponibili per problemi da risolvere, e ci spiegarono come contattarli.

Sfortunatamente per me, arrivarono le vacanze natalizie, ed era tempo per me di tornare a casa, nonostante io sarei rimasto volentieri ad Hogwarts."

Adrian fece un'altra pausa. Guardò di nuovo il pubblico senza riuscire ad andare avanti.

Ci volle un po' di più per spingerlo a continuare, ma alla fine si riprese.

"E mi si parò davanti la causa di tutto il mio malessere e la mia confusione: la mia famiglia.

Madre, padre, tre fratelli, di cui io il più piccolo e, in aggiunta, due cagne. Un Dobermann, Astra, e un Terranova, Tami.

Vi chiederete perché siano importanti i loro nomi, e vi darò la risposta.

Loro furono il mio supporto quando litigavo con la mia famiglia: eravamo un trio, odiato, ma forte.

Non mi stupisco che ancora adesso ubbidiscano solo a me.

Mio padre si chiama Kevin, ed è un Auror, mentre mia madre, Jane, lavora come Indicibile al Ministero.

I miei due fratelli, Kyle e Karl, invece, hanno provato a farsi assumere nella riserva dei draghi di Charlie, ma vennero rifiutati per la totale inesperienza con i draghi e il loro comportamento.

Non mi stupisco nemmeno di questo.

Ora vivono alle spese dei miei genitori, ma loro non sembrano lamentarsi.

I miei cani, ogni volta che piangevo, venivano da me e mi portavano i loro giocattoli, come se mi potessero far stare meglio, e ogni volta che i miei genitori o i miei fratelli erano arrabbiati con me, mi facevano da scudo camminando sempre con me.

Adoro gli animali.

A loro non importa cosa tu sia, ti vorranno sempre bene, sempre, anche se fossi un vagabondo e senza soldi.

Al contrario dei miei genitori.

Non so su che cosa avessero basato le loro aspettative (considerando il fallimento dei miei fratelli), ma ricordo le urla, gli insulti e le "lezioni" che ricalcavano quella linea marcata tra i due generi che già era presente nella mia testa.

Quindi mi sono convinto che quegli istinti andassero ignorati, che fossi solo un ragazzo e che fossi sbagliato."

Adrian si fermò per respirare meglio.

"Ho rinnegato la mia natura genderfluid per un anno intero, nel periodo tra i miei quattordici e quindici anni.

Ovviamente, la mia mente e il mio corpo erano stanchi di resistere a quegli impulsi, mi sentivo sempre male, costantemente usurato come uno straccio vecchio, a volte quando mi alzavo di scatto mi sembrava di morire.

Lo stress che comportava nascondere la mia identità mi stava logorando.

Un giorno, Amaryllis si era truccata in camera nostra perché nel frattempo Marcus doveva parlarle di Quidditch e lei aveva un appuntamento, quindi quando uscì prese la borsa con i trucchi, ma lasciò un eyeliner sul mio letto.

Quel maledetto oggetto mi attirava come un magnete, non sapevo perché, ma era come una vocina che mi diceva di provarlo.

Provai a resistere all'impulso, di nuovo, ma ero stanco fisicamente e mentalmente, e sapevo che se avessi provato a resistere probabilmente sarei svenuto o avrei vomitato.

In quel momento, quando lo afferrai, avevo inconsciamente stabilito che il mio corpo non ce la faceva più, e nemmeno la mia mente avrebbe resistito ancora a lungo.

Lo svitai e, nonostante non mi fossi mai truccato, avevo visto Amy farlo, per cui la linea non venne così tanto storta come pensavo.

E... mi sentii meglio. Come mai prima.

Mi sentivo come se fossi su una scopa, libero di respirare aria fresca, come se i miei polmoni avessero bisogno di aria specifica per funzionare.

Per mia fortuna, le lezioni quel giorno erano terminate e Marcus era totalmente d'accordo su ciò che stavo facendo, e non lo disse a nessuno.

Ma, ovviamente, il mio percorso non terminò lì, perché, come ho già spiegato all'inizio, credetti di voler essere una ragazza.

Facevo tutto in segreto, con la complicità dei miei amici, ma quando indossavo quei vestiti, il trucco e una parrucca che Cassiopeia aveva comprato apposta per me, mi sentivo così libero, così felice.

Ma c'erano sempre delle parti di me che non erano soddisfatte.

C'erano certi giorni in cui a fare quelle cose mi sentivo male, e non ci riuscivo.

E Marcus, finalmente posso sentirmi di aggiungere, ne ebbe abbastanza.

Contattò Cora e Charlie e spiegò loro il problema, e ottenne come risposta che sarebbero potuti venire fra due settimane.

I quattordici giorni più lunghi della mia vita, in cui lo stress tornò più forte di prima.

Quando arrivò il giorno, andai nell'aula in cui si svolgevano gli incontri, e, dopo un po' di esitazioni, mi aprii e spiegai loro tutto ciò che sentivo, dall'inizio alla fine, e loro ascoltarono con pazienza.

Quando finii, si guardarono, e Charlie mi disse: "Credo di aver trovato una risposta al tuo stato d'animo: sei genderfluid".

Sapevo cosa significasse, e non rinnegavo la sua esistenza, ma su di me... sembrava assurdo. Ero così abituato a sotterrare i miei impulsi, e avevo a malapena accettato di voler essere una ragazza e di voler cambiare corpo, che mi sembrava tutto troppo surreale.

Mi confortarono, e mi dissero che, quando sarebbe arrivato il momento, di fare coming out, ma il più presto possibile.

"Ti sei nascosto per troppo tempo, fatlo ancora potrebbe danneggiare seriamente la tua salute fisica e mentale. Potresti iniziare con Marcus, per esempio" Propose Cora.

Quando venne il momento di salutarci, mi sentivo più leggero di una piuma, avendo scaricato tutto lo stress, per finalmente aver capito cosa mi affliggeva per molto tempo.

Lo dissi a Marcus, prima, e come reazione ottenni un abbraccio e un "Sarai sempre tu, non importa quanti ce ne debbano essere".

E ottenni reazioni positive, esaltate, commosse e "l'avevo già capito da molto tempo" da Amaryllis, Cassiopeia, Felix, Terence e Cyrus.

Probabilmente l'unico che non ne era a conoscenza ero io.

Ora viene l'altro grande masso: il mio orientamento sessuale.

Avevo un po' trascurato quelle vocine che mi dicevano che non importava il genere o l'orientamento, mi sarebbe piaciuto comunque, le avevo confinate nella mia testa.

O almeno così credevo.

Scoprii che anche quel peso aveva contribuito all'incredibile quantità di stress a cui ero sottoposto, nonostante credessi di averlo eliminato.

Beh, tornai a prendermene cura, passatemi il termine.

Dopo aver capito di essere genderfluid, iniziai a pensare alle sue conseguenze.

A me piacevano le ragazze.

Ma anche alla mia parte femminile.

A lei piacevano i ragazzi.

Ma anche a me.

E non mi sarebbe dispiaciuto affatto uscire con persone bigender.

Ma nemmeno con persone agender.

Insomma, non importava l'identità di genere e l'orientamento sessuale, sarei uscito con tutti.

Ci misi tre mesi, ma realizzai: bisessuale panromantico.

Non fu lungo come la prima volta, forse perché accettando me stesso avevo imparato ad accettare le mie preferenze.

E il coming out non andò diversamente: i miei amici erano felici per me, e di nuovo sospettai che fossi l'unico a non saperlo.

Ma... questa volta andò storto qualcosa.

Scoprii che una ragazza di Serpeverde, vedendomi in atteggiamento circospetto, decise di pedinarmi e udì il coming out con Cyrus, quando pensavamo che tutti fossero a Hogsmead.

E, ovviamente, decise di diffondere la notizia."

Altra pausa. Il pubblico intuì che non sarebbe stato un bel racconto.

"C'era chi era super contento, chi indifferente e chi decise di testare la propria crudeltà su di me.

Iniziarono a chiamarmi con insulti orribili, quali "Puttanella confusa", "Prostituta idiota" e tanti altri.

Piombai dritto dritto nel baratro di stress da cui credevo di essere uscito con il mio coming out, ricominciai a odiare me stesso, a nascondermi il più possibile nonostante il danno fosse già fatto.

Ormai quasi tutti sapevano cosa fossi, e i miei bulli si divertivano un mondo a giocare con il loro pupazzetto preferito, ovvero me.

E la situazione dovette precipitare ancora di più, altrimenti evidentemente la sfortuna non sarebbe stata contenta.

Arrivarono di nuovo le vacanze di Natale e scoprii a mie spese che la novità era arrivata alla mia famiglia.

Qualcuno l'aveva detto ai suoi genitori, che avevano diffuso la notizia ad altre famiglie fino ad arrivare alla mia.

Appena tornai a casa, tutte le mie paure tornarono più forti di prima, e quando aprii l'uscio, una bastonata in piena fronte bastò a farmi perdere conoscenza.

Mi risvegliai nello scantinato di famiglia, legato a una sedia, imbavagliato e con una benda sugli occhi, e con una ferita sulla fronte che per fortuna non necessitò punti.

Una voce registrata iniziò a parlare, e immaginai che i miei genitori avessero utilizzato una televisione babbana dove avevano inserito delle cassette contenenti discorsi omofobi e  anti-LGBTQ+.

Capii al volo quale fosse la mia punizione: ascoltare per un tempo indefinito i discorsi così, nella testa della mia famiglia, mi sarei convinto e sarei "tornato" etero, tramite un lavaggio del cervello.

Ciò che pensai furono alcune ore si trasformarono in quattro giorni senza cibo né acqua, legato a una sedia.

Sentivo solo qualcuno che ogni tanto rimpiazzava la cassetta, controllava che fossi vivo e stabiliva quanto potessi resistere.

Quando quattro giorni finirono, ero esausto, sfinito, a pezzi. Non percepivo più le corde, l'oscurità era diventata normale e anche il non poter parlare.

Rividi la luce, ma solo per essere finalmente trascinato di sopra, essendo troppo debole per camminare, e informato che, da quel giorno, sarei stato nutrito a cibo per cani finché non fossi "rinsavito".

Non mi arresi.

Sapevo che ero nel giusto, sapevo che avevo ragione, sapevo che erano loro quelli sbagliati."

E, contro tutte le aspettative, Adrian sorrise.

"Mi piace pensare che quei quattro giorni cambiarono la mia vita: lottare per la mia vita e ciò che ero mi rafforzò al punto da permettermi di ignorare i bulli e mangiare quel dannato cibo per cani.

Fu un percorso lento, ma certamente quella inumana punizione aiutò molto.

E la mia famiglia ebbe da riflettere in prigione, dopo che mi decidetti a denunciarli. Ora convivo con Marcus, siamo entrambi maggiorenni e ho un meraviglioso ragazzo bisessuale panromantico, che già conoscerete: Charlie Weasley.

Ciò che vi voglio dire è: siate voi stessi, non abbiate paura di essere sbagliati, o fatti male. Siete voi. Siete bellissimi così come siete. Siete perfetti perché siete voi stessi.

Non smettete mai di lottare per ciò che è giusto e per i vostri diritti.

Vi meritate di essere felici"

E con queste parole il ragazzo arrossì e salutò il pubblico, per poi precipitarsi fuori dal palco, con un sorriso sulle labbra.

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