Hold on.
Un continuo bip risuonava nella stanza, il suono del cuore di Salvatore.
Era regolare, ma fin troppo veloce.
Aveva perso parecchio sangue dalla ferita, i medici avevano detto che era vivo per miracolo, ma non era ancora fuori pericolo.
Poco dopo aver incassato il colpo era caduto in uno stato d'incoscienza e non si era ancora ripreso e forse era proprio questa la sua fortuna.
La pallottola era ancora li, nel suo corpo.
I medici stavano aspettando che i valori del ragazzo si stabilizzassero per poi operarlo con più sicurezza ed estrarla.
Se si fosse svegliato e, muovendosi, avesse in qualche modo spostato la pallottola ci sarebbero potute essere gravi conseguenze.
Perché quell'uomo gli aveva sparato dopo aver chiamato un'ambulanza?
Perché lo aveva salvato?
Salvatore queste cose non le poteva sapere, c'era una persona che, però sapeva tutto.
"Lo dovevi spaventare non uccidere!" gridò la ragazza.
"Oh andiamo principessa, è ancora vivo non preoccuparti" la rassicurò avvicinandosi a lei.
"Ma avresti potuto ucciderlo..." abbassò lo sguardo perché lei, Salvatore, lo amava.
"Hai la bambina, no? Hai ottenuto ciò che volevi" continuò.
Lei scosse la testa.
"Io volevo che lui venisse con me, Antonella è disperata senza suo padre, non ha smesso di piangere un minuto e io...non so cosa fare.
Lei non è la mia bambina, è sua..."
L'uomo sbuffò.
"E allora riportagliela, che cazzo dovrei dirti?" era chiaramente infastidito dalla situazione.
"Dovevi pensarci prima, Giulia"
"Ma non pensavo che gli avresti sparato!" sbraitò nuovamente, e si sentì un singhiozzo proveniente dalla stanza affianco.
Giulia si diresse verso il suono, c'era la bambina rannicchiata che piangeva.
"Hey, basta piangere..." si abbassò alla sua altezza.
"Voglio..il mio papà, e la mamma.." disse tra un singhiozzo e l'altro.
"Sono io la tua mamma..." disse ferita dal fatto che Salvatore avesse messo un'altra al suo posto.
"Gno! La mamma ha i capelli blu!"
Sospirò.
Non poteva portare la piccola all'ospedale, non poteva farle vedere suo padre in quelle condizioni.
"Andiamo dalla mamma con i capelli blu?" le sorrise leggermente per cercare di tranquillizzarla.
"Shi..." si asciugò le lacrime con la mano.
Giulia, prima di portarla da Abigail, si sedette a terra accanto a lei.
"Ti tratta bene papà?"
La piccola annuì.
"Papà è il mio eroe"
La ragazza sorrise.
Vedere sua figlia così disperata le aveva fatto capire che, ormai, era troppo tardi.
Per cercare di riavere la piccola, per cercare di riavere Salvatore, per tutto.
"La mamma dov'è?"
"Dalla nonna Aurora" le rispose la piccola che, dopo tanto, si era tranquillizzata.
Giulia le porse la mano, Antonella la prese nonostante fosse titubante e la portò in macchina.
Durante il tragitto nessuna delle due parlò e la più grande si chiedeva come avrebbe spiegato la situazione ad Abigail.
"Aspettami qui, vado a chiamare la mamma" le disse appena arrivarono, poi scese dall'auto e suonò il campanello.
L'auto di Sascha e Aurora non c'era, probabilmente erano usciti.
Fu Abigail ad aprire la porta e, alla visione di Giulia, fu tentata di richiuderla, ma decise di aspettare e di capire cosa volesse.
“Ciao Abigail” la salutò, cercando di essere il più possibile cordiale.
“Cosa vuoi?” rispose acida.
“Ti ho portato Antonella...”
“Sei tornata con Salvatore..?”
“No, lui è all'ospedale, gli hanno sparato”
Abigail sbranò gli occhi e si portò le mani alla bocca.
La sua paura più grande si era avverata.
“Hanno detto che è vivo...” cercò di rassicurarla.
“Cazzo... ” si passò entrambe le mani fra i capelli, poi notò Antonella dentro la macchina.
“Lei lo sa?” chiese riferendosi alla bambina.
“No” scosse la testa.
Andò verso l'auto, prese la piccola in braccio che, felice di vederla, si accoccolò a lei.
“Grazie Giulia”
Dopo averla ringraziata, in modo freddo, tornò dentro casa.
“Mamma!- sorrise Antonella- mi sei mancata! Anche a papà manchi” la informò, inconsapevole di dove si trovasse suo padre.
“Anche a me siete mancati tanto..aspetta che chiamo la nonna”
Si allontanò per qualche minuto per chiamare Aurora, le disse di tornare a casa, non le spiegò le cose nel dettaglio, voleva solo andare da Salvatore il più in fretta possibile.
Prese un autobus che si fermava vicino all'ospedale, lo stesso che usava quando era in coma per l'overdose.
Ci mise una decina di minuti, appena arrivò corse dentro all'edificio per cercare un'infermiera.
“Scusi, sa in che stanza si trova Salvatore Cinquegrana? È un uomo, sui 37 anni, gli hanno sparato”
La donna sembrò pensarci su.
“Si, dovrebbe essere quello di cui si occupa la mia collega, mi segua” la accompagnò cordialmente verso un lungo corridoio, le pareti erano spoglie, sulle sedie davanti alle rispettive stanze c'erano varie persone, molte di queste in lacrime.
Questo la spaventava, aveva paura, aveva tanta paura.
Si mise una mano sulla pancia, istintivamente, come se volesse proteggere il piccolo da tutto quel dolore.
“La stanza è questa, se vuole più informazioni ecco la dottoressa che se ne occupa”
“Buongiorno” la salutò la donna.
Abigail ringraziò l'infermiera, poi ascoltò quello che la donna aveva da dirle.
“Fino a poco fa era incosciente, adesso si è ripreso, anche se non è al pieno delle forze.
La pallottola si trova ancora nel suo corpo, non deve assolutamente muoversi, fa attenzione per favore” spiegò, la ragazza annuì poi entrò nella stanza, seguita dalla dottoressa.
Appena aprì la porta Salvatore girò lentamente la testa per vedere chi era entrato.
“A-abigail..” sussurrò, sembrava stremato, probabilmente per via del sangue perso.
“Hey...” si mise vicino a lui, iniziò ad accarezzargli i capelli, come se volesse tranquillizzarlo.
“A-Antonella..”
“È a casa con mia madre, non preoccuparti adesso, sta bene” rispose cercando di interpretare quello che voleva dire.
“Perchè..sei...qui...?” tra una parola e l'altra c'erano delle brevi pause.
“Per stare con te, non ti lascio da solo Sal, io ti amo nonostante tutto” gli accarezzava il viso, lui alzò lentamente la mano e la appoggiò su quella della ragazza.
Dopo quel gesto fece una leggera pressione sul bacino, si alzò leggermente, una cosa quasi impercettibile, quasi.
“Non devi muoverti amore..”
Sul suo viso comparve una smorfia di dolore.
“Ah..” un gemito strozzato gli uscì dalle labbra.
Si portò una mano nel punto dove aveva la ferita.
I battiti del suo cuore aumentarono in modo smisurato, era in tachicardia.
Iniziò a tossire, dopo pochi sforzi iniziò a vomitare.
A vomitare sangue.
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Spero che il capitolo vi piaccia, vi ricordo che se volete parlare con me potete trovarmi qui ↓
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