Capitolo 9 - Miami
Mancava una manciata di minuti a mezzanotte quando Peter Warne lasciò il suo ufficio per tornare a casa. Restava sempre al lavoro fino a tardi, un po' per la forza dell'abitudine e un po' perché secondo il suo codice morale, nel momento in cui si smette di lavorare succede sempre qualcosa degno di finire in prima pagina. Quella serata in realtà era stata piuttosto fiacca, non erano arrivate agenzie dell'ultimo minuto e nessuno dei suoi collaboratori free lance si era fatto sentire. Decise quindi di spegnere la sua amata radio e andare a dormire.
Il quartiere di Overtown, dove era situata la sede del Miami SpotLights, alla fine del diciannovesimo secolo era stato designato come Coloured Town, ovvero quartiere per persone di colore, secondo il principio dei separati ma uguali imposto dalle leggi sulla segregazione. Negli anni venti, con l'insediamento di una delle prime scuole superiori aperte ai ragazzi di colore, divenne lo scenario di numerose mobilitazioni pubbliche e battaglie civili per migliorare le condizioni di vita dei neri; il quartiere conobbe la sua massima gloria tra gli anni '40 e gli anni '50, quando si trasformò in un luogo di ritrovo per artisti di colore del calibro di Ella Fitzgerald, Cab Calloway e Billie Holiday, che portarono con sé l'età d'oro del jazz e dei night club, e diventò il centro del divertimento serale a Miami, tanto da venire soprannominato la Broadway del sud. Dopo l'epoca dello splendore, l'area conobbe il suo declino a partire dagli anni sessanta, con la costruzione della North-South Expressway che lo frammentò, isolandolo dal resto della città e facendolo diventare col passare del tempo, un vero e proprio ghetto, ben lontano dalla vita movimentata e festaiola di Miami Beach.
A quell'ora le strade di Overtown erano pressoché deserte se si escludevano i soliti spacciatori e qualche volante della polizia che ogni tanto passava per il solito giro di ronda.
Uscendo dal portone principale del palazzo Peter non si accorse dell'ombra avvolta nel buio che lo fissava dall'angolo all'altro lato della strada, e che sgattaiolò verso l'ingresso una volta che lui se lo fu lasciato alle spalle.
Dal momento che la sua casa non era molto distante Peter era sempre andato in ufficio a piedi, ed essendo un uomo piuttosto sbadato insieme al fatto che aveva avuto la testa tra le nuvole tutto il giorno per aver ricevuto la notizia più bella della sua vita, dovette arrivare quasi a metà strada per accorgersi di aver dimenticato le chiavi di casa nel cassetto della scrivania di Ellie, dove aveva l'abitudine di lasciarle ogni mattina da cinquant'anni, perché era certo che se le avesse tenute lui le avrebbe senza dubbio perse. Imprecando tra sé e sé fece dietro front e si incamminò di nuovo verso la sede del giornale. Una volta giunto davanti al portone lo aprì e rifece i due piani di scale che servivano per arrivare al suo ufficio.
Con il fiato un po' grosso aprì la porta, accese la luce e si diresse tranquillo verso la scrivania di Ellie per aprire il cassetto e fu a quel punto che si prese lo spavento più grande della sua vita, alla vista di Harry Styles accovacciato sotto al tavolo.
"CAZZO HARRY VUOI FARMI VENIRE UN INFARTO?!?!?", sbraitò portandosi una mano sul cuore; ma il suo tono cambiò subito, non appena fu in grado di guardarlo meglio in viso. "Oh merda, ma cosa ti è successo???", gli domandò sgomento.
Era sporco, stanco, spettinato e aveva gli occhi gonfi di pianto e circondati da due enormi occhiaie. Era completamente disidratato, si capiva dalle labbra screpolate e dal colorito pallido. Doveva essere successo qualcosa di brutto, il suo aspetto parlava da solo, ma non era solo quello: fin da quando era bambino Harry aveva l'abitudine di rifugiarsi sotto la scrivania di Ellie ogni volta che era triste per qualcosa, o preoccupato, o quando aveva voglia piangere senza farsi vedere da nessuno, e aveva mantenuto quell'usanza anche da grande, come se quel luogo continuasse a farlo sentire protetto, aiutato dalla complice presenza della donna anche quando non c'era.
Harry lo guardò dal basso con aria smarrita. "Scusa vecchio, non volevo spaventarti. È colpa tua cazzo, non te n'eri andato a casa?!?", disse poi con la voce più roca del solito, a causa del pianto recente.
Peter gli porse la mano per aiutarlo a uscire da sotto la scrivania, dato che lo spazio a disposizione diventava sempre più ristretto mano a mano che passavano gli anni. "Che cosa ci fai qui?", gli chiese mentre lo afferrava e lo tirava fuori.
"Ho lo sfratto. Ellie mi ha dato le chiavi", rispose il riccio.
Mentre Harry si accomodava su una delle vecchie poltrone che erano state messe lì con l'intenzione di fare da arredamento all'ufficio, Peter andò nel suo stanzino per ritornare subito dopo con una bottiglia di rum di contrabbando e due bicchieri.
"È arrivato oggi da Cuba. Non ne troverai uno migliore in tutta Miami!", disse porgendogli un bicchiere.
Harry lo accettò con gratitudine. "E ti pareva!", disse scuotendo la testa. Conosceva bene quel rituale.
Peter non sapeva mai come comportarsi in casi del genere, preferiva di gran lunga quando Harry lo faceva incazzare, era in grado di gestirlo molto meglio. Ma quando stava male o c'era qualcosa che lo preoccupava, il compito di tirarlo su di morale spettava a Ellie, anche se ad essere onesto non l'aveva mai visto in quello stato. Era persuaso che probabilmente questa volta nemmeno lei avrebbe saputo cosa fare.
Per questo teneva sempre del rum nel suo ufficio: per i momenti difficili di Harry.
Prese posto nella poltrona accanto a lui e aspettò che il ragazzo parlasse da solo.
Harry vuotò il suo bicchiere in un sorso poi lo porse a Peter per farselo riempire di nuovo. Scolò anche quello. Mentre beveva i suoi nervi si rilassarono e lo sconforto prese il sopravvento; cercò di trattenere le lacrime che si affacciavano ai suoi occhi già lucidi, ma piano piano le sue guance cominciarono a rigarsi e le labbra presero a tremare.
Peter era a disagio e preoccupato allo stesso tempo. "Harry... Ma che succede? Stamattina eri così felice al telefono... Mi hai parlato di matrimonio, sembravi al settimo cielo... E adesso ti trovo in questo stato!!"
Harry appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si passò una mano tra i capelli, poi lo guardò con il volto sfigurato dal dolore. "Se n'è andato. Lui se n'è andato", singhiozzò con la voce rotta.
Il vecchio lo guardava confuso, senza sapere cosa dire.
"Sono proprio uno stupido, eh?", continuò il riccio senza smettere di piangere. "Gli avevo anche comprato un anello. Che romantico del cazzo! Solo io credo ancora a queste cose", disse tirando su col naso.
Peter bevve un sorso del suo bicchiere e riempì per la terza volta quello di Harry. Lo guardò mentre trangugiava avidamente, poi si decise a parlare. "Era il figlio di Mark Tomlinson, vero? Quello che è scappato di casa?" Il riccio annuì.
"Allora non è vero che era una balla, quella che mi hai raccontato. Quella dello scoop".
Harry fece no con la testa.
"Che è successo?", insisté l'uomo.
Harry si soffiò il naso e poco a poco sembrò calmarsi.
"Pete te lo giuro, ce l'avevo davvero la notizia. Abbiamo fatto una specie di accordo, dovevo accompagnarlo a New York in cambio dell'esclusiva ma poi...", riprese a singhiozzare, investito dal ricordo di tutto quello che era accaduto dopo aver stretto il patto con Louis. "Poi è successo... È successo... qualcosa... e io non avrei mai potuto sfruttare la sua storia dopo... dopo... ".
Le parole gli si mozzarono in bocca, non riusciva a proseguire, ma Peter intervenne. "HARRY NON ME NE FREGA UN CAZZO DELLO SCOOP!!! VOGLIO SAPERE PERCHÉ STAI COSÌ!!". Si pentì subito di aver alzato la voce, perché il riccio non riuscì più a trattenersi e scoppiò in un pianto dirotto. "Oh cristo santo!", esclamò il vecchio guardandosi intorno senza più sapere che pesci prendere. "Harry dai, non volevo urlare, lo sai come sono fatto, no?"
Gli si spezzava il cuore a vederlo così, quando poche ore prima sembrava la persona più felice della terra. Poi, lentamente, il ragazzo si calmò. Si asciugò gli occhi e guardò l'uomo, tentando anche di abbozzare un sorriso. "Ah, ok. Beh comunque scusa per i casini che ho combinato. Avevi già avvertito il tipografo?"
Peter lo scrutò e tentò di ritrovare il suo solito tono burbero. "Come se fosse la prima volta! E comunque si, è da tre giorni che aspettano l'ultimo momento per andare in stampa!". Era chiaro che non importava niente neanche a lui della tipografia, ma cercava di sdrammatizzare.
"Lo sai che era il migliore amico di tuo padre?", riprese il vecchio, con modo più pacato. Harry sgranò gli occhi e lo guardò incuriosito. "Mark Tomlinson. Erano compagni di scuola, al liceo. Inseparabili. Sembravano due cazzo di gemelli siamesi. Dov'era uno, c'era l'altro. Hanno iniziato insieme a scrivere i loro primi articoli, per il giornale per la scuola. Mark però era un vero secchione e, una volta finito il liceo, ebbe una borsa di studio per il college; tuo padre invece non poteva permetterselo, così venne a lavorare per me, ma non smisero mai di passare insieme ogni minuto libero. Quando Mark divenne il direttore del giornale per cui lavorava, gli propose di andare a lavorare per lui. Tuo padre era brillante, riceveva in continuazione offerte di lavoro allettanti, ma non mi avrebbe mai mollato. Non lo dimostrava molto, ma mi era grato per tutto quello che gli avevo insegnato. Ciononostante Mark non si arrese: era molto sicuro di sé, era giovane e aveva successo, e di conseguenza era molto arrogante. Era convinto che a lui non avrebbe detto di no.
Negli anni rinnovò più volte la sua offerta, gli promise che avrebbe fatto carriera e guadagnato un bel po' di soldi, ma tuo padre non ne volle sapere e alla fine litigarono violentemente. Non si parlarono mai più. Mark non venne nemmeno al suo funerale".
Harry lo fissava a bocca aperta, nessuno gli aveva mai raccontato quella storia. E l'atteggiamento di Mark Tomlinson gli ricordava qualcuno. Ma ormai non aveva più importanza. "Allora vuol dire che è uno stronzo come suo figlio!", concluse.
"Può darsi. O forse è semplicemente troppo orgoglioso. In fondo ha rinunciato al suo migliore amico per una questione di principio, e sono certo che lo rimpiange ogni giorno. Che razza di stupido, vero?"
Harry gli concesse una mezza risata. "Pete, lo so cosa stai cercando di fare ma credimi, in questo caso l'orgoglio non c'entra."
L'uomo sembrava non volersi arrendere. "Harry, ascoltami. Non lo cosa sia successo e non conosco quel ragazzo, ma conosco te. Non saresti mai arrivato a pronunciare la parola "matrimonio" se non fossi stato più che sicuro di sapere quello che stavi facendo. Al telefono mi hai parlato di famiglia, di lavoro fisso. Eri pronto ad assumerti delle responsabilità! Tu! Se hai davvero comprato un anello allora vuol dire che lo ami sul serio. E dovevi essere certo dei suoi sentimenti, lo so, altrimenti non l'avresti mai fatto."
Fece una pausa durante la quale Harry non ebbe il coraggio di guardarlo, amareggiato anche per l'ennesima delusione che stava dando a quell'uomo. "Sei davvero sicuro di voler rinunciare a lui?", concluse poi.
Il riccio esitò. "Non è come pensi, Peter", rispose dopo un minuto che sembrò eterno.
"Se lo dici tu...", lo punzecchiò il vecchio.
"Esatto, lo dico io!", si spazientì il giovane. "Lo vuoi sapere come stanno le cose, Pete? Louis Tomlinson si annoiava! Poverino, era stanco della solita vita tra uno yacht e una festa esclusiva, e aveva bisogno di una vacanza, diciamo alternativa. Un'avventura diversa da raccontare ai suoi amici. E aveva bisogno di qualcuno che lo facesse divertire, tutto qui! Fine del racconto! Ora il principino è tornato al suo castello e il giocattolo sessuale non gli serve più... Oh ma che cazzo sto dicendo! Sono patetico!"
Mentre Peter si alzava per dirigersi verso il suo studio dove improvvisamente era squillato il telefono, Harry si allungò sulla poltrona e appoggiò la testa sullo schienale. Era stravolto dal dolore e dalla stanchezza. E dalla delusione. Non si era mai innamorato davvero prima di conoscere Louis, non aveva mai avuto nemmeno una relazione seria. Ma con lui gli era sembrato tutto così naturale, così perfetto, che era arrivato addirittura a chiedersi come avesse potuto vivere fino a quel momento senza averlo accanto.
Si era illuso che il ragazzino ricco si fosse innamorato a sua volta di lui, che fosse disposto ad iniziare una nuova vita in cambio della favola d'amore e ora gli sembrava di vederlo, a prendersi gioco di lui raccontando a tutti la sua avventura da vagabondo, mentre lui se ne stava lì, con l'anima a pezzi.
****
Ellie Andrews aveva superato già da un bel po' l'età della pensione e gli acciacchi si facevano sentire, ma il suo cervello era sveglio e vigile come quello di una ragazzina. Aveva capito fin dal mattino, all'arrivo della telefonata di Harry, che qualcosa bolliva in pentola e doveva essere qualcosa di buono perché ricordava che Harry aveva parlato di uno scoop prima di partire; in più Peter aveva cinguettato tutto il giorno come un usignolo, con un'allegria che in più di cinquant'anni non gli aveva mai visto. Aveva provato a chiedergli di cosa si trattasse ma lui le aveva fatto l'occhiolino e le aveva risposto con un enigmatico "lo saprai a suo tempo". Sapendo che con lui non era il caso di insistere e convinta che la faccenda avesse a che fare anche con il ricciolino, fece finta di aver dimenticato l'episodio e trascorse tutto il resto della giornata impaziente di poter scoprire da sola cosa fosse successo.
Ora finalmente era in camicia da notte, rilassata sul divano di casa sua, con la sua tisana preferita e i bigodini in testa, pronta a iniziare le indagini.
A differenza di Peter, Ellie non odiava la tecnologia anzi, con l'aiuto di Harry aveva frequentato un corso di informatica per la terza età, ed era diventata abbastanza brava da convincere Peter e il riccio a regalarle un tablet di ultima generazione per il suo compleanno. E così, con la sua curiosità tipicamente femminile e sfruttando la connessione Wi-Fi del bar sotto casa, Ellie non scoprì cosa le stavano nascondendo Harry e Peter, ma ebbe l'anteprima della notizia che il giorno dopo sarebbe stata su tutti i giornali. Saltellando sul divano per l'agitazione guardò l'orologio e prese il telefono, pregando che Peter fosse ancora al giornale. Al terzo squillo ottenne la solita risposta: "Warne!"
"Peter non indovinerai mai cosa ho scoperto!!", pigolò tutta eccitata.
"Ellie, questo non è il momento", disse l'altro sottovoce, mentre chiudeva la porta dello studio, per non farsi sentire.
"Ma si tratta di roba grossa! Uscirà domani, ma se ci muoviamo forse facciamo in tempo ad avvertire la tipografia!"
L'uomo si passò una mano tra i capelli, nervoso. Qualunque fosse la notizia, in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri. "Ellie lascia perdere, tanto non ci sarebbe il tempo, e poi non mi interessa"
La donna restò perplessa. "E da quando in qua non ti interessa una notizia? Mi nascondi qualcosa vecchia volpe?", si era ricordata improvvisamente il motivo per cui si era messa a fare ricerche su internet.
Peter non voleva approfondire la questione, non era proprio il caso. E poi era sempre stato un po' geloso del rapporto tra Harry e Ellie, sembrava che ci fosse una specie di complicità fra loro, complicità che lui non aveva mai avuto con il ragazzo. Ora per una volta Harry era lì con lui, ed era con lui che stava parlando, non voleva sciupare quella sintonia che si era creata. E poi se avesse raccontato tutto a Ellie il ragazzo avrebbe potuto sentirsi tradito. Stava a lui decidere se e quando confidarsi con la donna.
Decise che era meglio assecondarla per evitare che si impuntasse, cosa che sarebbe accaduta sicuramente.
"Già. Scusa cara è che sono stanco e stavo per andare a casa, ma hai ragione, forse siamo ancora in tempo. Di che si tratta?"
Mentre Ellie raccontava, l'uomo sbiancò.
"Ne sei sicura?"
"Certo che sì! Per chi mi prendi?" Peter gettò uno sguardo verso Harry, che sembrava non essersi accorto di niente e non smetteva di fissare il soffitto.
"La fonte è attendibile?", continuò poi.
"La fonte è miaminews24h.com. È uno dei canali di suo padre, no? Più attendibile di così!!"
Peter ammutolì.
"Allora?! Non è meraviglioso? Dici che ce la facciamo a pubblicarlo? Magari giusto un trafiletto!", insisté Ellie.
Peter balbettò un "ti richiamo" e riagganciò.
Uscì dallo studio bianco come un cencio e si diresse lentamente verso Harry. Il riccio corrugò la fronte mentre lo guardava avvicinarsi.
"Pete chi era al telefono?"
Non sapeva da che parte iniziare.
"Era Ellie.", biascicò con un filo di voce. Presto si rese conto che era inutile cercare di indorare la pillola. "Harry, senti, tanto vale che tu lo sappia da me, domani comunque sarà su tutti i giornali" disse grattandosi la testa. "Che cosa? Cosa devo sapere?", domandò il riccio con una punta di preoccupazione.
"Louis Tomlinson sposerà Liam Payne, il prossimo sabato".
Harry sentì le viscere sgretolarsi. Era finita sul serio. Non c'era stato nessun malinteso, né era stata una questione d'orgoglio. Guardò Peter negli occhi, in una muta richiesta di aiuto, in cerca di un appiglio, di una smentita, in attesa che gli dicesse che era stato tutto uno scherzo, perché forse fino a quel momento, aveva avuto ancora un piccolo barlume di speranza.
Lo guardò supplicandolo mentalmente di dirgli che si era sbagliato, che aveva solo capito male, mentre le lacrime ricominciavano a sgorgare copiose e definitive. Fu incapace di trattenerle questa volta, mentre una morsa gli stritolava il cuore. "Ogni giorno un sognatore muore. Per vedere che cosa c'è dall'altra parte".
Eccomi qui!! Bene, è tempo di comunicazioni: il prossimo capitolo sarà l'ultimo, di questa storia.
Voglio ringraziare di nuovo tutti quelli che l'hanno letta, mi ha fatto un piacere immenso, con menzione speciale a whitedevil_ Dylangotstyle e larryslaughs , che mi lasciano sempre commenti carini.
Per chi non lo sapesse Peter Warne e Ellie Andrews sono i protagonisti originali del film Accadde una notte interpretati magistralmente da Clarke Gable e Claudette Colbert, che infatti vinsero entrambi l'Oscar. Volevo dirlo perché era giusto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro