Capitolo 7 - Risveglio
Ciao a tutti! Se prima a qualcuno è arrivata una notifica di aggiornamento e poi non ha trovato il capitolo, tranquilli. Non siete diventati ciechi perché vi masturbate troppo! Sono io che ho pubblicato per sbaglio senza aver finito di correggere!
Scusate e buona lettura!
L'intorpidimento dei muscoli che avvertì al momento del risveglio gli fece capire che non era stato solo un sogno. Sentiva dolore ovunque, ogni singolo nervo del suo corpo era in fiamme e aveva la certezza che per qualche giorno avrebbe avuto problemi a stare in qualunque posizione.
Si stiracchiò e si stropicciò gli occhi. Harry non era accanto a lui ma non doveva essere lontano, ricordava benissimo di aver lasciato tutti i suoi vestiti sparpagliati alla rinfusa quando si era addormentato, e ora erano lì perfettamente ripiegati e ordinati. Guardò dall'altro lato del telo che il riccio chiamava le "Mura di Gerico", stoicamente sopravvissute al delirio della notte appena passata, e non era neanche lì. Sorrise al pensiero che sicuramente sarebbe arrivato da un momento all'altro con la colazione e concesse al ricordo ancora vivo di quanto accaduto qualche ora prima, di vagare libero nella sua mente.
Le immagini scorrevano al rallentatore come in un film e presto si ritrovò con il cuore che batteva come un tamburo e un principio di erezione, e fu in quel momento che realizzò di essere nudo.
Il suo corpo era ricoperto di succhiotti e di lividi lasciati dai morsi: sembrava quasi una mappa che, se studiata con attenzione, avrebbe permesso di ricostruire nel dettaglio e in ordine cronologico la geografia degli eventi di quella notte.
Sorrise di nuovo. Avrebbe voluto che gli restassero per sempre quei segni, come testimonianza della battaglia d'amore e di piacere che si era consumata.
Si sentiva felice. Non era mai stato più felice, aveva ancora addosso l'odore di Harry, del sesso e del sudore dei loro corpi e non era mai stato meglio. Aveva voglia di cantare e urlare dalla gioia, voleva abbracciare il mondo intero, ma più di tutto desiderava avere di nuovo Harry su di sé, il più presto possibile, voleva abbandonarsi di nuovo tra le sue braccia per non andarsene mai più e voleva che lui ricominciasse a divorarlo come aveva fatto nella bruciante frenesia dell'oscurità.
Non aveva mai provato niente del genere, non era mai stato così bene con qualcuno prima d'ora, mai nessuno lo aveva fatto sentire così desiderato.
Mano a mano che i fotogrammi scorrevano davanti ai suoi occhi sempre più particolari riaffioravano alla mente, finché ricordò quello che gli aveva detto Harry mentre lo amava come non lo aveva mai amato nessuno.
Sei mio...
Quelle parole gli rimbombavano nella testa e improvvisamente il cuore accelerò i battiti.
Si, sono tuo, disse ad alta voce.
Un pensiero gli attraversò la mente e si coprì gli occhi con le mani, in preda all'imbarazzo. Si ricordò quello che lui aveva detto a Harry prima di addormentarsi e avvampò.
Io credo di amarti.
Ok tanto non ha sentito, stava già dormendo, si disse.
Non che fosse pentito di averlo detto, ma non era il tipo da esternare i suoi sentimenti con leggerezza. Una cosa del genere non l'aveva mai detta neanche a... Oh merda!!
Si sentì sprofondare.
Liam. Il suo fidanzato. L'uomo che stava per sposare.
Pensandoci si rese conto che ciò che lo turbava non era tanto il fatto di averlo tradito, quanto piuttosto di essersi ricordato della sua esistenza solo in quel momento e di non sentirsi per niente in colpa. Decise che avrebbe affrontato quel problema in un secondo momento, adesso era troppo eccitato. Era la prima volta che aveva la sensazione di appartenere davvero a qualcuno e l'idea lo faceva fremere di impazienza, impazienza di rivivere tutto dall'inizio; era assetato di Harry, avido di averne ancora e ancora, e non vedeva l'ora di dirglielo.
Con le ossa scricchiolanti e la smania di chi sta per scartare un regalo di Natale, si alzò e uscì dalla tenda, avvolto in una coperta e con i piedi scalzi.
L'accampamento sembrava aver ripreso vita già da un bel pezzo ed era in piena attività.
La giornata era luminosa, era autunno inoltrato ma si trovavano ancora molto a sud, il clima era caldo e sembrava non esserci più traccia dell'uragano che aveva devastato la costa due giorni prima.
Alla luce del sole era ancora più bello: la vegetazione fitta tipica del South Carolina creava molte zone d'ombra ma le querce secolari lasciavano filtrare qua e là i raggi del sole che, andando a infrangersi sulle tende variopinte, davano vita a un gigantesco tappeto color arcobaleno.
Man mano che si avvicinava vide che Paul e Ed avevano già iniziato a ripulire lo sfacelo della serata di festa e a caricare i primi bagagli sul pulmino, mentre i più ritardatari erano intenti a fare colazione e qualcuno ancora dormiva. Sembrava che nel complesso nessuno avesse molta fretta, tutti se la prendevano con calma, senza ansia e adesso capiva meglio anche lui quel tipo di atteggiamento.
Quando aveva conosciuto Harry gli aveva dato fastidio quel suo modo di fare tutto con lentezza estenuante, senza sentire il bisogno di correre, quando per lui la cosa più importante era arrivare il prima possibile a destinazione. Ora ne aveva afferrato il senso: le cose hanno un sapore più buono se si gustano lentamente, pensò. Arrossì dentro di sé perché sapeva benissimo che non si riferiva solo allo stile di vita dei viaggiatori del Gray Rabbit. E anche perché dopotutto non era vero che Harry faceva ogni cosa lentamente.
Louis si avvicinò al fuoco che era stato riattizzato e constatò con disappunto che Harry non era neanche lì.
Ci rimase un po' male perché non stava nella pelle dalla voglia di saltargli addosso e ricoprirlo di bacini del buongiorno, ma pensò che forse era andato al laghetto a lavarsi - sapeva di averne bisogno anche lui ma per il momento non voleva togliersi di dosso quell'odore - così decise di fare colazione in attesa che tornasse, visto che era affamato.
Era consapevole che lui e il riccio avevano molte cose di cui parlare, a cominciare da come proseguire il viaggio - e in quale direzione, pensò Louis - ma in ogni caso non c'era fretta. E naturalmente bisognava parlare di quanto era successo, e avrebbe mentito a se stesso se non avesse ammesso di essere un po' in apprensione. Avrebbe dato qualunque cosa per non dover affrontare quella parte di discorso, in quel momento voleva godersi la bolla di beatitudine che lo avvolgeva, non voleva pensare a niente che potesse rovinare quel senso di meraviglia che gli aveva invaso il cuore.
Stava cominciando a prenderci gusto a vivere giorno per giorno e, se avesse potuto, non avrebbe mai più voluto fare nessun tipo di programma, per il resto della sua vita. Tranne qualunque programma che includesse Harry.
Si unì a Zayn e a Jordan, anche loro un po' assonnati, e presto furono raggiunti dai canadesi che, mollemente ma con l'aria di chi ha scoperto il segreto della felicità, si servirono le uova e la pancetta che aveva preparato Ali e una tazza di caffè, che bevvero insieme, tubando come due colombi.
Louis, che vedeva tutto bello quella mattina, pensò che quei due ci dovevano essere riusciti, a salvare il loro matrimonio.
Presto Ed si aggregò al gruppo per la sua seconda colazione.
"Ali è fantastica. Sto con loro da due anni e ogni mattina prepara il Full Irish Breakfast per tutti" - disse addentando un grosso pezzo di salsiccia. "Quella donna merita un monumento!".
Ali si avvicinò sorridendo "È l'unico modo per tenere con noi Niall. Se non fossi brava a cucinare ci avrebbe già mollati!"
Da una tenda lì vicino si levò una voce. "Anch'io ti voglio bene, mamma!" urlò il biondo ancora per metà nel mondo dei sogni.
Dopo una mezz'oretta in cui bene o male si erano visti tutti, Harry non era ancora tornato.
Louis cominciava a sentirsi strano.
Fino a quel momento aveva finto indifferenza, come se la cosa non lo riguardasse, ma alla fine si decise a chiedere agli altri.
"Ragazzi, qualcuno ha visto Harry?".
No. Nessuno lo aveva visto.
"Non eravate nella stessa tenda? Ero convinto che stesse ancora dormendo!" disse Zayn tranquillo.
"No" - rispose Louis abbassando gli occhi con una punta di delusione. "Quando mi sono svegliato non c'era. Sarà andato al laghetto" continuò più rivolto a se stesso che agli altri, facendo spallucce.
In quel momento si avvicinò la mamma di Lux in accappatoio e ciabatte. "No, io arrivo da lì, non c'è" intervenne fresca di bagno con i capelli ancora umidi.
Louis avvertì una fitta allo stomaco. Perché Harry era sparito adesso?
Iniziò ad agitarsi.
Piano piano anche gli altri si fecero più vicini e si unirono alla conversazione, ognuno dicendo la sua, ma il punto era che nessuno aveva visto Harry.
"Sapete se ci sono dei negozi qua in giro? Alla mattina gli piace comprare il giornale." Parlava di lui come se conoscesse le sue abitudini, ma sapeva benissimo che quello che stava cercando di fare era dare a se stesso una spiegazione razionale alla sua assenza, con scarso successo. Si trovavano in mezzo a un bosco ed erano distanti miglia dalla città.
Non poteva essere andato a comprare nessun giornale.
"Vedrai che sarà qui intorno" - gli disse Paul posandogli una mano sulla spalla per tranquillizzarlo. "Non c'è motivo di preoccuparsi".
Sembravano tutti d'accordo con l'irlandese, ma Louis era inquieto.
Voi non sapete quello che è successo, si ripeteva nella mente. Ok, ma cosa c'entra? Si rispondeva poi. Non vuol dire niente, le due cose non sono collegate.
Un altro tentativo di rassicurarsi, anche questo andato a vuoto.
Lo stomaco gli si stava chiudendo, tanto che non finì la colazione.
Qualcuno propose di cercarlo, altri dissero che non era il caso, che presto sarebbe arrivato, quando la cerniera della tenda di Niall finalmente si aprì e spuntò la testa di Eve con i capelli ingarbugliati e il trucco sbavato.
"Se n'è andato" disse sbadigliando.
Un tuffo al cuore.
"Cosa stai dicendo?", "Sei sicura?", "Come fai a saperlo?" Una raffica di domande investì la ragazza che, ancora addormentata, uscì dalla tenda e si versò un po' di caffè.
"Stamattina presto mi sono svegliata per andare in bagno e l'ho visto avviarsi a piedi verso la città. Mi ha fatto segno di stare zitta!" - continuò poi. "Aveva la sua borsa, credo che avesse l'intenzione di fare l'autostop".
Istintivamente Louis provò un moto di odio per il modo in cui Eve aveva emesso la sua condanna a morte, come se non fosse importante, come se il fatto che Harry se ne era andato in autostop dopo avergli regalato i momenti più belli della sua vita, fosse una cosa normale. Voleva metterle le mani al collo e strangolarla per essere stata l'ultima persona a vedere Harry e non avere una spiegazione accettabile per non averlo trattenuto.
Cercò di calmarsi.
Tutti iniziarono a parlare contemporaneamente, ognuno con una variazione sul tema della domanda "Perché non gli hai chiesto dove andava?" e la ragazza cercò di spiegare che non era sua abitudine impicciarsi in cose che non la riguardavano, ma Louis non la stava già più ascoltando. Ora sentiva solo un brusío confuso di suoni sovrapposti, non capiva una parola di quello che gli altri stavano dicendo; tutto quanto intorno a lui iniziò a girare vorticosamente.
Un momento. Cerca di ragionare Louis. Forse ti stai facendo un film per niente.
Si alzò e corse verso la tenda, cercando di scacciare lo spettro di quel pensiero che si stava affacciando alla sua mente, come se esistesse la possibilità concreta che Harry fosse lì ma semplicemente lui non l'aveva visto, come se potesse essergli sfuggito; come se tornare lì dentro potesse far riavvolgere la bobina del tempo e riportarlo a qualche ora prima, quando ogni cosa era al suo posto.
Entrò e si guardò intorno, la borsa di Harry non c'era.
Con apprensione tirò giù il telo che separava i materassini e guardò sotto le coperte e i sacchi a pelo in cerca di qualcosa, ma cosa? Che cosa stava cercando?
Poi lo vide.
Sotto al sacco a pelo di Harry c'era un giornale stropicciato; lo raccolse e lo aprì, portava la data del giorno prima. Il riccio doveva averlo comprato a Daytona mentre lui lo aspettava al motel. Naturalmente anche questo parlava della sua fuga. Gli bastò leggere poche righe e tutto si chiarì.
L'articolo riportava un'intervista a Mark Tomlinson, disperato per la scomparsa del figlio: aveva messo a disposizione una ricompensa di un milione di dollari a chiunque gli avesse dato notizie di Louis.
Ecco dov'era andato Harry.
Fu investito da un treno che correva a tutta velocità, buttò tutto all'aria, i vestiti, le scarpe, il sacco a pelo, lo zaino, travolto dalla rabbia, la stessa cieca rabbia che avrebbe voluto riversare sulla ragazza inglese poco prima, ma che ora rivolgeva a se stesso, per averci creduto, per avergli permesso di approfittare di lui, della sua stupida incapacità di resistergli!
Ebbe un capogiro. Fece appena in tempo a uscire dalla tenda, gettare la testa in avanti e vomitare.
****
Se ne stava lì seduto con lo sguardo fisso nel vuoto da almeno un'ora. Intorno a lui il gruppo si dava da fare per raccogliere tutto e ripartire; nessuno si era accorto di quello che era successo nella tenda, ma erano lo stesso preoccupati per lui.
Non sapevano niente di quei due giovani, li avevano caricati mentre facevano l'autostop ed erano stati loro stessi a chiedere di non fare domande. Era chiaro però che quel ragazzo era preoccupato per qualche motivo ed evidentemente qualcosa doveva essere andato storto nei suoi piani.
Ali e Paul erano indecisi sul da farsi. Bisognava riprendere il viaggio ma non potevano lasciarlo lì così, in quelle condizioni.
La donna gli si avvicinò con una tazza di thé. "Louis, noi dobbiamo partire, tu cosa vuoi fare? Hai detto che eri diretto a New York, per sposarti." Gli parlava con calma e con una dolcezza quasi materna. "Forse possiamo portarti da qualche parte dove il tuo fidanzato possa venirti a prendere?"
Louis si voltò verso di lei e scoppiò a ridere rumorosamente, lasciandola interdetta.
Forse è tutto un incubo e tra poco mi sveglierò, si disse senza troppa convinzione.
Rifiutò il thé.
Harry se n'era andato e a quell'ora chissà dove poteva essere. Aveva avuto la sua notte di sesso fantastico e ora stava andando a riscuotere il compenso per il suo lavoro. Come aveva fatto a essere così stupido!! Si era fatto fregare dalla sua aria da gigante buono e da quel cazzo di sorriso. Forse all'inizio era stato onesto d'accordo, sperava di ricavare un bel po' di soldi dallo scoop sulla sua storia e stop.
Poi evidentemente quel milione di dollari gli aveva fatto fare i suoi conti in tasca. Dall'intervista non ne avrebbe guadagnato nemmeno un decimo, così doveva aver deciso di cambiare piano.
Però, perché non divertirsi un po' prima? Come dargli torto? Era stato lui stesso a dargli il suggerimento, durante il bagno al laghetto!
Sentì gli occhi pungere e farsi sempre più pesanti, voleva piangere ma non voleva farsi vedere dagli altri, avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni e non aveva voglia di mostrare a tutti il grandissimo coglione che era.
Erano tutti molto gentili e premurosi ma non c'era motivo di coinvolgere anche loro in quel casino, visto che c'era già cascato lui come un imbecille. Tuttavia sapeva che non poteva approfittare oltre della loro generosità. Il gruppo doveva proseguire il viaggio e stavano rimandando perché non se la sentivano di abbandonarlo, non era giusto.
Molto lentamente si alzò e si avviò alla sua tenda. Fu travolto dell'odore di Harry, un misto di sesso, sudore e vaniglia. La tenda ne era ancora pregna ma prima, chissà perché, non ci aveva fatto caso. Ne fu inebriato e sentì di nuovo quel nodo alla gola che lo attanagliava. Lentamente si vestì e riempì il suo zaino assicurandosi di non aver dimenticato niente, prese il giornale e andò a gettarlo nella brace ancora calda del barbecue, che si incendiò un'ultima volta e lo ridusse in cenere.
Si avvicinò a Paul che era ancora indaffarato caricare il pulmino.
"Paul, posso chiederti un favore?"
"Ma certo!" - disse l'altro - "Che ti serve, ragazzo?"
Louis deglutì. Aveva il magone e non voleva che l'uomo se ne accorgesse. Aveva paura a parlare perché temeva di scoppiare in lacrime, ma si fece coraggio.
"So che dovete riprendere il viaggio ma potresti accompagnarmi in città?"
Paul finì di legare la cassa sul portapacchi e la strattonò per assicurarsi che fosse ben salda. Sembrò soddisfatto del suo lavoro. "Sicuro, nessun problema! Dove vuoi che ti porti?"
Louis abbassò lo sguardo, sconfitto.
"Al posto di polizia. Devo chiamare mio padre".
****
Nell'abitacolo di quel pulmino traballante il silenzio era rotto solo dalla radio che continuava a suonare indifferente, prendendosi gioco di Louis e del suo dolore con delle belle canzoni che invitavano a credere nell'amore eterno e a quanto fosse bella la vita.
Mentre guardava fuori dal finestrino la strada che costeggiava il fiume Ashley, fu grato a Paul che guidava tranquillo senza fare domande, così come avevano fatto tutti gli altri. Aveva dovuto fare una gran fatica per non crollare quando li aveva salutati tra baci e abbracci, ma era ben deciso a non far capire a nessuno l'inferno che lo stava devastando dentro, un po' per orgoglio, perché in vita sua non era mai stato lasciato da nessuno, è un po' perché quello stronzo di Harry non meritava il suo dolore né quello degli altri. Meritava di essere dimenticato il prima possibile e basta.
Facile a dirsi.
Tornò indietro col pensiero, alla sera precedente, quando stava seduto davanti al fuoco un attimo prima di essere raggiunto dal riccio. Tornò con la mente a quell'istante in cui stava pensando che non voleva dirgli addio, poi si spinse avanti solo un pochino, a quando l'aveva guardato negli occhi e si era chiesto perché tutto quello dovesse per forza finire. Quello era stato il momento più brutto, poi tutto era stato spazzato via da quello che era successo e non ci aveva più pensato.
Ecco, ora avrebbe voluto tornare a quel momento, quando aveva paura che finisse tutto ma dopotutto era solo una paura, quando aveva ancora una giornata di viaggio con Harry davanti, e aveva tutto il tempo di abituarsi all'idea. Invece così aveva potuto illudersi di non dover rinunciare a lui e improvvisamente tutto era diventato bellissimo e adesso stava morendo dentro.
Com'era quella frase che aveva sentito in un film, una volta?
Quando Dio vuole punirci esaudisce i nostri desideri.
Non avrebbe dovuto desiderare che Harry lo amasse in quel modo, perché adesso il prezzo da pagare era troppo alto.
Ora sapeva che aveva avuto ragione a starci male, perché tutto quello che c'era stato dopo era stato un sogno che adesso si era infranto. I sogni si infrangono. Non durano. Lui ci aveva creduto e ora conosceva il sapore della disperazione.
Ma per quanto male facesse, per quando amara fosse l'umiliazione, era il momento di svegliarsi.
And if you hurt me
Well, that's ok, baby, only words bleed
Inside these pages you just hold me
And I won't ever let you go
È stato bello anche per me Styles, adesso vai a farti fottere.
Lo so. Lo so!! Non prendetevela con me. La colpa è di Harry!! Mica gliel'ho detto io!!
Grazie a tutti per le visualizzazioni, le stelline e i commenti. Ognuno di essi mi fa un piacere immenso.
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