Capitolo 3 - Night bus
"Ellie, il capo è in ufficio?" urlava mentre con una mano reggeva il telefono e con l'altra si tappava l'orecchio libero perché anche nel piazzale davanti all'aeroporto ormai c'era una gran confusione, e in più la pioggia era aumentata e il rumore copriva la voce della donna dall'altra parte. Aspettò la risposta poi continuò. "Bene!! Tienilo lì con una scusa, non farlo andare via per nessuna ragione. Sto per arrivare!" dopodiché riagganciò senza darle il tempo di rispondere.
Louis si guardava intorno cercando di non farsi notare e chiedendosi dove fosse andato Harry. Si stava domandando se avesse fatto bene a fidarsi ma se lo chiese per poco perché lo vide tornare con passo sicuro e dirigersi verso di lui.
"Vieni con me" gli disse.
Louis stava per perdere la pazienza.
"Riccio, chiariamo subito una cosa! Tra noi due c'è un patto, d'accordo, ma questo non ti dà il diritto di dirmi cosa devo fare!! Lo decido IO se devo venire con te, e sempre IO pretendo di sapere dove dovrei venire, prima di seguirti".
Il suo tono era petulante, come al solito, ma Harry non si scompose.
Incrociò le braccia con ostentata lentezza e attese con pazienza.
"Hai finito?" chiese infine.
"Co-... Cosa? Si... credo di sì" concluse Louis con la sensazione che il suo chiarimento non avesse ottenuto l'effetto sperato.
"Bene!" continuò Harry "Ora stammi a sentire tu, ragazzino. Non me ne frega un cazzo se sei abituato a fare quello che ti pare, qui si fa come dico io. Altrimenti ti chiudo a chiave in bagno e chiamo papà Tomlinson. E tanti saluti."
Louis preferì non ribattere ma si stava innervosendo. Quel tipo era troppo arrogante per i suoi gusti. Uscirono nel parcheggio e Harry lo guidò fino a una macchina sgangherata i cui pezzi sembravano stare insieme con lo scotch.
Appena la vide Louis scoppiò in una risata.
"No, te lo scordi! Io non ci salgo su quel trabiccolo".
Harry sbuffò. Fece il giro della macchina e tornò dal lato di Louis, aprì lo sportello e ce lo spinse dentro come se fosse stato un bagaglio. Louis stava per protestare ma Harry lo zittì con il dito indice. "Non una parola! Non una sola parola!".
Tornò al posto di guida e uscì dall'aeroporto.
Fu un tragitto breve. Harry fece una sosta nel quartiere di Overtown, una zona della città che Louis non aveva mai visto in vita sua. Gli disse di aspettarlo in macchina e di calarsi in modo da non essere troppo visibile, ed entrò in un palazzo fatiscente che era anche peggio della sua automobile. Dopo una decina di minuti tornò con una borsa da viaggio a tracolla e un cappello a tesa larga e sembrava di ottimo umore.
"Hai fatto il bravo mentre non c'ero?" lo prese in giro.
Per tutta risposta Louis fece un grugnito.
Percorse poche miglia Harry si fermò di nuovo, parcheggiò a lato della strada ed entrò in un altro palazzo, vecchio ma non in cattive condizioni come quello di prima.
Prima di scendere lo aveva guardato fisso negli occhi "Silenzio. E tieni giù la testa." E si era avviato.
Louis decise che ne aveva abbastanza di quel trattamento. Chi si credeva di essere per trattarlo come un bambino piccolo? Gli avrebbe fatto vedere con chi aveva a che fare. Immaginò la faccia del riccio quando, al suo ritorno, non l'avrebbe più trovato lì. Non aveva intenzione di chiamare suo padre, non l'avrebbe fatto neanche morto, ma pensò che dopotutto Liam sarebbe stato felice di aiutarlo nella fuga, anche se avrebbe preferito fargli una sorpresa, ma a questo punto non c'era altra scelta. Avrebbe chiesto a Liam di pagargli una camera d'albergo con la sua carta di credito e la mattina dopo avrebbe pensato a un modo per raggiungere New York. Compiaciuto prese il cellulare e cercò il numero del suo ragazzo tra i preferiti. Tuuu. Tuuu. Tuuu. Tre squilli poi più niente.
"Merda!" imprecò Louis. La batteria era esaurita del tutto e il telefono morto.
****
Harry entrò come una furia e si diresse verso l'ufficio di Peter Warne dopo aver mandato a Ellie un bacio sulla punta delle dita. Lei sorrise. Harry le riservava sempre questo tipo di gentilezze, ma non ci si stancava mai di certe cose.
Spalancò la porta dello stanzino e il colpo d'aria strappò un po' il cellophane che sostituiva temporaneamente il vetro rotto; alla vista di Harry, Peter alzò gli occhi al cielo. Riconosceva quello sguardo. Qualcosa di buono bolliva in pentola, però sapeva anche che il più delle volte si rivelava un affare di poco conto che solo uno come Harry poteva considerare sensazionale.
"Pete questa volta ho una storia grossa, devi credermi!" tra loro due non c'era bisogno di tanti convenevoli. "Non te ne pentirai! Ma mi serve un anticipo. Subito".
Il vecchio sospirò.
"Lo sapevo! Sei venuto a chiedermi soldi! Perché non mi stupisce?"
Harry era eccitato come un bambino piccolo e non capiva perché Peter non si lasciasse contagiare da suo entusiasmo. "Avanti vecchio, ti ho mai deluso?"
"Si, lo fai sempre. Ora se non c'è altro avrei da fare". Ma faticò a nascondere un sorriso perché la faccia tosta di quel ragazzo non aveva eguali.
"Ti prego Pete solo per questa volta, fidati di me!"
L'uomo stava battendo qualcosa con la sua vecchia macchina da scrivere manuale, da cui non si separava mai fin dai tempi della scuola. Interruppe il suo lavoro, si tolse gli occhiali e guardò Harry con aria paterna.
"Sentiamo questa bomba".
Harry aspettò un attimo prima di rispondere, per godersi al meglio quel piccolo trionfo.
"So dov'è il figlio di Mark Tomlinson"' e sfoderò il suo sorriso più soddisfatto.
"Ah sì? Siete vicini di stanza al Four Seasons?" rispose sarcastico Peter.
Harry non si scoraggiò "No ma è qui sotto nella mia limousine che mi aspetta con caviale e champagne".
Peter sbuffò.
"Harry se è un'altra delle tue stronzate io-" ma fu interrotto.
"Ascolta! Ho avuto fortuna! Non posso dirti niente perché ho fatto un patto, ma so dov'è quel ragazzo e mi servono dei soldi per accompagnarlo a New York. Al mio ritorno saprai tutto e diventeremo ricchi!"
Peter esitò un momento poi rispose.
"Partiamo dal presupposto che non ti credo, se mi dici la vera ragione per cui dovrei darti del denaro potrei anche pensarci. Ti sei messo nei guai Harry?"
Harry sbuffò frustrato. Voleva che Peter gli credesse e l'altro pensava che si fosse messo nei guai!
"Ma no! Quali guai! È la verità, è di sotto nella mia macchina e... - dal modo in cui il vecchio lo guardava capì che non lo stava convincendo.
"Voglio vederlo." disse Peter.
"Non se ne parla. Ho promesso. Dovrai fidarti di me".
****
Mentre tornava alla macchina si accorse che Louis stava imprecando e prendendo a pugni il cruscotto.
"Ehi piano, guarda che vale un mucchio di soldi!" disse mentre si accomodava al posto di guida. "Si può sapere che ti prende? Dovresti essere felice, stiamo per partire!"
Con un ghigno guardò la faccia di Louis e pensò che, se avesse potuto, gli avrebbe fatto passare quel broncio a suon di baci.
Louis incrociò le braccia al petto e si voltò per guardare fuori dal finestrino. Era convinto che Harry prendesse nuovamente la strada dell'aeroporto ma ben presto si accorse che non era così.
Attraversarono la città, a quell'ora di pomeriggio affollata di turisti che tornavano dalla spiaggia, facevano shopping o si godevano semplicemente i colori di Miami nonostante la giornata piovosa. Dopo un tragitto di pochi minuti Louis si rese conto che Harry stava parcheggiando vicino alla stazione degli autobus.
"Stai scherzando spero!!" urlò in direzione del riccio che nel frattempo si apprestava a recuperare i bagagli dal sedile posteriore.
"Muoviti o lo perderemo! E non ce ne saranno altri fino a domattina!" ripose Harry mentre si assicurava di aver chiuso la macchina.
Louis lo seguì protestando perché Harry aveva preso anche il suo bagaglio.
"Non vorrai davvero andare a New York in autobus!!! Sarà un viaggio di venti ore! Sei pazzo!"
Il riccio non lo ascoltò ma si diresse a grandi falcate verso la biglietteria, mentre Louis gli sgambettava dietro imprecando.
"Non farò mai un viaggio del genere in autobus, tu sei fuori di testa, non so nemmeno perché ti ho dato ascolto fino a qui per cui senti lasciamo perdere, dammi il mio zaino e me ne torno...". Non ebbe il tempo di finire perché Harry ringraziò l'impiegata della biglietteria e si voltò di scatto. Lo prese per un braccio e lo spinse all'indietro fino a inchiodarlo contro il muro. Erano talmente vicini che Louis sentì di nuovo quel profumo di vaniglia che lo inebriava e gli si incrociarono gli occhi nel tentativo di stabilire quale fosse la tonalità di rosa delle sue labbra.
"Adesso stammi a sentire ragazzino! Non ho intenzione di sopportare ancora i tuoi capricci! Non puoi viaggiare in aereo, c'è il controllo documenti e comunque non me lo posso permettere. Inoltre la maggior parte delle persone che viaggia su questa linea ha problemi ben più gravi della tua storia d'amore. Qui nessuno si interesserà a te nè farà domande". Poi continuò con tono più tranquillo "E come se non bastasse avrai il tempo di raccontarmi per bene la tua storia. Quindi se vuoi arrivare sano e salvo dal tuo amichetto d'ora in poi la smetti di rompere e fai quello che dico io. Sono stato chiaro?"
Amichetto. Quale amichetto? Louis si sentiva sovrastato dal corpo di Harry che lo schiacciava contro il muro e avrebbe voluto muoversi, forse per liberarsi o forse per poterlo sentire meglio, ma non riusciva perché era paralizzato, credeva che non si sarebbe mosso mai più da quella posizione. Il braccio sinistro di Harry, ricoperto di tatuaggi, gli sfiorava leggermente il lato del viso e Louis ebbe l'impulso di appoggiarvisi completamente, attratto da quella pelle morbida e profumata.
Durò una frazione di secondo. Mentre seguiva quei pensieri, Harry lo liberò e continuò a perforargli l'anima con quegli occhi verdi. Poi gli porse la mano e gli disse "Siamo d'accordo?".
Louis deglutì. "D'accordo" e gli strinse la mano a sua volta.
Fortunatamente il riccio gli aveva voltato subito le spalle e si era diretto alla partenza dell'autobus, perché a Louis era diventato duro e se l'altro se ne fosse accorto non avrebbe proprio saputo come spiegarglielo.
****
Una volta che furono saliti sull'autobus Louis non ci mise molto a capire il motivo per cui Harry aveva ritenuto più sicuro viaggiare in quel modo. Tra i passeggeri c'erano dei turisti e qualche studente fuori sede, ma perlopiù erano famiglie latino-americane che sicuramente non lo avevano mai sentito nominare.
Harry camminava davanti a lui e prese posto verso il fondo dell'abitacolo.
"Ehi voglio sedermi io accanto al finestrino" gli disse Louis quando lo raggiunse.
"Scordatelo, anche a me piace questo posto" gli rispose il riccio cercando di nascondere un sorrisetto sarcastico.
Louis ebbe l'impressione che lo facesse apposta. Emise un grugnito e si sedette accanto a Harry.
Guardandosi intorno si accorse che non tutti viaggiavano col bagaglio ben fornito. Accanto a loro c'era una donna con due bambini, che potevano avere tra gli otto e i dieci anni. Louis pensò che sicuramente la donna aveva indossato il suo vestito migliore per il viaggio, ma questo non contribuì certo a ingannarlo sulle condizioni di quella famiglia.
La distensione dei rapporti tra Cuba e Stati Uniti degli ultimi anni non aveva diminuito il flusso migratorio dall'isola, al contrario di quanto ci si poteva aspettare. I cubani temevano che presto sarebbe stato più difficile ottenere lo status di rifugiato politico, che garantiva qualche privilegio in più rispetto a quello di migrante, e prima che questo accadesse sempre più famiglie e giovani partivano alla volta della Florida passando dal Messico, sperando di raggiungere così gli Stati Uniti del nord e il Canada.
La vista di quella famiglia di cubani gli fece tornare alla mente ciò che gli aveva detto Harry poco prima, alle persone che avrebbero incontrato in viaggio, e che avevano altro a cui pensare che non a lui. Non era uno sciocco, sapeva che c'era la povertà e che la crisi economica aveva colpito soprattutto le fasce più deboli, ma in quel momento, vedendo per la prima volta con i propri occhi il mondo fuori dal suo palazzo dorato, avvertì come un senso di colpa per la sua condizione di privilegiato e si vergognò degli abiti firmati che indossava.
La voce del conducente che elencava le fermate lo riscosse dai suoi pensieri. Fuori diluviava e sembrava che l'inferno volesse scendere in terra. Finalmente l'autobus si mise in moto e partì.
Era passata poco più di un'ora e Louis stava già rimpiangendo l'iPod del telefono. Harry trafficava con il suo, forse aveva iniziato a scrivere una bozza dell'articolo e gli venne la voglia di curiosare. Si chinò verso di lui ma il riccio dovette averlo intuito perché chiuse velocemente la pagina che stava guardando. Poi si alzò in piedi e prese la sua borsa che stava nel portabagagli sulle loro teste e nell'allungare il braccio gli si si sollevò la maglietta lasciando scoperta una porzione di pelle. Louis si ritrovò a fissare lo stomaco tatuato di Harry e cercando di non farsi vedere, non riuscì a resistere alla tentazione di annusarlo.
Tornò in sé appena in tempo quando Harry si rimise seduto ma aveva l'aria di chi aveva appena combinato qualcosa.
"Cosa fai, mi guardi il culo?" disse il riccio sorridendo.
"Io... no... cosa? No! Certo che no! Come ti viene in mente!" Era visibilmente imbarazzato.
Harry rise. "Ehi! Stavo scherzando, rilassati!"
Frugò nello zaino e ne estrasse un paio di snack alle noccioline.
"Non ho trovato molto in casa, da quando ho lo sfratto non ho più fatto la spesa. Alla prima fermata faremo rifornimento" disse porgendogliene uno.
Louis si accorse in quel momento di essere affamato e andava più che bene qualunque cosa commestibile. Ma si sentì presto a disagio. Uno dei bambini cubani accanto a lui lo stava fissando mentre scartava la merendina, come se non avesse mai visto niente di più interessante in vita sua. Presto anche il fratellino se ne accorse e si unì al processo di contemplazione. Louis stava valutando l'ipotesi di ritirare tutto e magari mangiare più tardi, quando si fossero addormentati, ma sentì la voce di Harry accanto a sé che si rivolgeva al più grande dei due bambini.
"Ehi tieni" disse mentre gli porgeva il suo snack "ma dividilo con tuo fratello eh!"
La mamma dei bambini sorrise e disse loro di ringraziare.
La cosa sembrava finita lì ma Louis era rimasto con metà merendina scartata appesa a mezz'aria, senza sapere cosa fare. Harry era tornato a trafficare col suo telefono come se niente fosse e lui spostava il suo sguardo tra il riccio e la famiglia di cubani.
Il bambino più grande stava per dividere lo snack col fratellino quando Louis alla fine si decise.
"Uhm, e va bene, prendete anche questo, ecco qua. Tanto non sarei riuscito a mangiarlo comunque!"
I bambini ringraziarono ed ebbero uno snack a testa.
Louis sbuffò e volse la testa alla sua sinistra per guardare fuori dal finestrino, e si accorse che Harry lo stava guardando sorridendo.
"Allora, me lo dici perché sei scappato?" gli chiese il riccio con dolcezza.
Louis esitò un momento poi sorrise anche lui, per la prima volta quel giorno.
"Liam mi ha chiesto di sposarlo e mio padre si oppone alle nozze. Non mi sposerò mai senza il suo consenso, così sono scappato sperando che in questo modo capisca che faccio sul serio".
"Perché?" chiese Harry.
"Perché cosa?"
"Tuo padre. Perché si oppone?"
"Dice che Liam lo fa per interesse, che non gli importa niente di me. Ma si sbaglia!"
Harry rifletté un attimo. Guardò Louis, il taglio degli occhi, i lineamenti quasi femminili, le labbra sottili ma perfette. Poi tornò a fissarlo dritto negli occhi, incatenandolo con lo sguardo.
"Lo ami sul serio?"
Louis sembrò stupito. "Che razza di domanda è? Certo che lo amo sul serio. È la prima vera relazione della mia vita ed è la prima volta che sto con qualcuno che vuole passare il resto dei suoi giorni con me! Lo amo moltissimo".
Sembrava che cercasse di convincere più se stesso oltre che Harry, ma se l'altro se ne era accorto non lo dava a vedere. Il riccio si inumidì le labbra mentre continuava a guardarlo negli occhi e a quella vista Louis sentì le gambe molli.
"Capisco. Il matrimonio si celebrerà a New York? Sai devo organizzarmi per le foto e tutto il resto".
"Dipenderà da mio padre. Ma sarai il primo a saperlo non appena avremo deciso" ribatté il liscio, dopo un attimo di esitazione.
Quel ragazzo era un enigma. Da un lato sembrava premuroso e gentile e sembrava sinceramente preoccupato per la sua sorte, dall'altro dava l'impressione che gli importasse solo di fare il suo maledetto scoop.
Trascorsero le ore successive quasi a ignorarsi. A Orlando ci fu una breve sosta durante la quale Louis non poté nemmeno fumare una sigaretta perché pioveva troppo forte, e questo lo mise di malumore. Inoltre era scocciato perché non poteva telefonare a Liam e in quel momento aveva bisogno di sentirlo, anche solo per dargli la buonanotte.
L'autobus era appena ripartito che Harry sembrò leggergli nel pensiero.
"Allora, il tuo Liam ti aspetta?"
Louis non aveva voglia di parlarne ma non poté fare evitare di rispondere.
"No. Lui non sa niente della mia fuga. Doveva essere una sorpresa".
Harry ci pensò su un attimo, poi riprese. "Ma li avrà letti anche lui i giornali. Almeno l'hai chiamato per rassicurarlo?"
Non voleva dirgli perché non l'aveva chiamato, non voleva dirgli che il suo telefono era morto perché aveva dimenticato a casa il caricabatterie, perché Harry non avrebbe perso l'occasione per prenderlo in giro di nuovo. Da quando l'aveva conosciuto sentiva come il bisogno di dimostrargli di non essere un imbranato, e questo lo infastidiva perché a lui non era mai importato niente dell'opinione degli altri!!
"Non..." - sbuffò - "Non posso chiamarlo perché il mio cellulare è scarico, va bene? E non ho portato il caricabatterie!" Poi aggiunse "E non sono affari tuoi!"
Harry stava per scoppiare a ridere ma si trattenne. Louis era troppo carino quando faceva il permaloso, ma non era il caso di infierire.
La strada si srotolava davanti a loro ma non si vedeva niente perché pioveva forte ed era buio da un pezzo. Harry si era addormentato con la testa attaccata al vetro e si svegliò quando una buca gli fece battere la testa. Massaggiandosi si voltò a destra e vide Louis che cercava di dormire alla bene meglio, con la testa che ciondolava di qua e di là in cerca di appoggio.
Harry allungò un braccio e glielo passò intorno alle spalle attirandolo a sé, permettendogli di appoggiarsi a lui. Louis, mezzo addormentato, si lasciò trasportare e gli si accoccolò sul suo petto appoggiandogli la testa nell'incavo del collo. Mentre Harry lo copriva con il suo maglione si addormentò come un bambino, con la vaga sensazione di non aver mai avuto un giaciglio più comodo prima di quel momento.
****
Mark Tomlinson cominciava ad essere preoccupato sul serio.
In un primo momento aveva pensato a una bravata di Louis, i suoi soliti capricci, tant'è che era stato il primo a pensare che sarebbe corso dritto filato a New York da Liam Payne; gli aveva bloccato le carte di credito per fargli capire che non sarebbe stato ai suoi giochetti e l'uscita repentina della notizia sui giornali era più un modo per avvertirlo che non l'avrebbe fatta franca, anche se questo non era nel suo stile.
Col passare delle ore però la situazione si stava facendo più seria. Il telefono di Louis era spento dal pomeriggio e a quanto pareva non era ancora arrivato a New York. Aveva chiamato Liam che affermava di non sentire Louis dal giorno precedente e di non avere idea di dove potesse essere.
Mark non voleva pensare al peggio ma era in ansia, era terrorizzato all'idea che fosse successo qualcosa di brutto.
Cercò di ragionare lucidamente. A quel punto era contento di aver fatto girare la notizia della scomparsa di Louis su tutti i mezzi di informazione possibili, in più aveva allertato le forze dell'ordine e dei detective privati stavano setacciando aeroporti e stazioni. Più di così non poteva fare. Oppure si?
Sì, risolse. C'era ancora qualcosa che poteva fare, forse non avrebbe portato a niente ma doveva tentare.
Era quasi mezzanotte quando chiamò il suo redattore capo, che proprio in quel momento stava per mandare in stampa l'edizione del mattino.
Eccomi qui! Sposto le comunicazioni alla fine perché mi piace di più. Un grazie enorme a chi mi ha lasciato una stellina o un commento, e buona lettura!!
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