Capitolo 2 - Uragano
Ciao a tutti!! Ecco il secondo capitolo!! Grazie infinite a tutti quelli che hanno lasciato una stellina e commentato, ma anche a chi legge semplicemente la storia. È troppo bello!!
Qualcuno lo aveva afferrato con forza per un braccio e lo stava strattonando lontano dalla folla.
"Ehi ma che cazzo..." non fece in tempo a finire la frase che sentì un sussurro caldo vicino all'orecchio, accompagnato da un profumo di vaniglia che per un attimo lo inebriò.
"Non è una buona idea Tomlinson...". La voce era roca e profonda.
Voltò la testa per capire chi aveva parlato e la prima cosa a catturare la sua attenzione fu il più bel paio di occhi verdi che avesse mai visto in vita sua. La seconda cosa fu una strana sensazione da qualche parte nel suo corpo, come un brivido o una scossa, ma lì per lì non fu in grado di definire né cosa fosse, né di preciso dove.
Si liberò dalla stretta dello sconosciuto con fare scocciato.
"E tu chi diavolo sei? E cosa vuoi da me?".
Lo sconosciuto sorrise e, senza un'apparente ragione, nella mente di Louis presero forma parole come fossette... labbra... ciliegie... Ma nemmeno quelle realizzò, perché il giovane lo aveva afferrato di nuovo, per un polso questa volta, e lo stava trascinando verso il chiosco dei giornali. Dopo aver percorso poche decine di metri lo lasciò andare.
"Guarda lì, idiota!"
Louis ebbe un tuffo al cuore. La sua faccia era sulle prime pagine di tutti i giornali, una bella foto che gli era stata scattata durante una festa di beneficienza qualche mese prima, con un bel completo elegante e i capelli pettinati all'indietro. I titoli a caratteri cubitali erano più o meno tutti uguali: SCOMPARSO, con qualche variazione sul tema. D'istinto Louis tirò su il cappuccio della felpa e indossò gli occhiali da sole, come se questo bastasse a renderlo irriconoscibile. Il ragazzo accanto a lui fece una risata. "Perlomeno non hai lo stesso vestito della foto. Anche quel colorito pallido aiuta il travestimento" disse sarcastico.
Fu in quel momento che si ricordò di non conoscere affatto quel tipo ricciolino e che quindi non c'era alcuna ragione perché si interessasse così a lui. Gli voltò le spalle e si incamminò verso gli imbarchi, cercando di lasciarlo indietro, ma il riccio lo seguì.
"Si può sapere cosa vuoi? Sei della polizia per caso?" gli domandò Louis mentre camminava a testa bassa. Improvvisamente gli sembrava che tutti guardassero lui in quel maledetto aeroporto.
"Non riuscirai a raggiungere Liam Payne oggi" gli disse lo sconosciuto con una certa sicurezza.
Louis si bloccò. Si girò verso il ragazzo con tutta l'intenzione di metterlo al suo posto e per un attimo, solo per un istante, si dimenticò il motivo per cui era lì, del volo per New York e di Liam Payne.
Poi tornò in sé.
"Ehi! Stammi a sentire! Non so chi tu sia e non mi interessa! Se ti manda mio padre digli che non tornerò indietro! Altrimenti levati dalle palle!".
E riprese a camminare al massimo della velocità che gli era consentita per non dare nell'occhio.
Camminò per qualche minuto senza una meta precisa all'interno dell'aeroporto, per il momento gli interessava soprattutto seminare quel tizio e trovare un posto appartato per riflettere sul da farsi. Come aveva fatto ad essere così ingenuo? Doveva intuirlo che suo padre si sarebbe subito messo in moto per cercarlo.
Si voltò indietro e constatò che il riccio non c'era più. Meno male, pensò. Ci mancava solo l'investigatore privato.
Trovò una zona abbastanza tranquilla e si sedette su una panchina. Doveva ragionare. Evidentemente Mark aveva già sguinzagliato poliziotti e detective in giro per la città e a questo punto chiunque avrebbe potuto riconoscerlo. E sicuramente il tizio di prima non era l'unico che circolava per l'aeroporto. Doveva sparire al più presto, ma come? Fino al giorno dopo non sarebbe stato possibile.
Lo stomaco brontolò. Controllò sul cellulare, l'ora di pranzo era passata da un pezzo e lui era a digiuno dalla sera prima, perché nella confusione della fuga quella mattina non aveva fatto colazione.
Si guardò intorno e vide un piccolo bar dove non c'era tanta gente, considerato il luogo in cui si trovava. Stava per avvicinarsi al banco ma mentre lo faceva ebbe un secondo tuffo al cuore. Aveva comprato il biglietto, pagato il taxi e comprato le sigarette. Non aveva più soldi. Tutto ciò che potè permettersi furono una brioche stantìa e un cappuccino.
****
Harry lo stava osservando da più di un'ora. Da quella posizione poteva tenerlo d'occhio senza essere visto e poteva anche controllare che nessun altro reporter lo riconoscesse. Insieme all'uragano che stava facendo disastri su tutta la East Coast, la scomparsa di Louis Tomlinson era la notizia del giorno: le ipotesi andavano dalla fuga volontaria al rapimento, ma lo stesso Mark Tomlinson doveva conoscere bene il figlio visto che, nel lanciare appelli per avere notizie del suo adorato Louis, aveva lasciato intendere che il ragazzo poteva essersi diretto verso New York, e Harry ci aveva messo poco a fare due più due.
Stava di fatto che in quel momento lui era l'unica persona al mondo a sapere dove si trovasse. Non si sarebbe lasciato portare via lo scoop tanto facilmente.
Mentre lo guardava non poté non constatare quanto era carino. Lo aveva visto comprare qualcosa al bar lì vicino e tornare sulla sua panchina a divorare qualunque cosa avesse acquistato. Sembrava un cucciolo affamato con quei capelli lisci tutti spettinati che gli coprivano quasi gli occhi, quel corpicino così minuto coperto da una felpa di almeno due taglie più grandi, e quel culetto... Indossava una tuta comoda ma non serviva a nascondere quel fondoschiena tondo e sodo. Gli veniva voglia di pasticciarlo tutto. Cazzo smettila Styles sembri un maniaco sessuale, si riscosse.
Lo vedeva spesso sui rotocalchi o in TV durante le occasioni mondane e lo aveva sempre trovato molto carino, ma quel giorno per la prima volta aveva potuto vederlo da vicino e aveva avuto la certezza di non aver capito un cazzo. Louis Tomlinson non era affatto carino. Era l'essere umano più sexy che avesse mai incontrato. Ora capiva perché aveva tutti ai suoi piedi.
Si riscosse di nuovo, ricordandosi il motivo per cui era lì.
Il ragazzo si era sdraiato sulla panchina e si era addormentato già da un po', ma ora sembrava che si stesse risvegliando. Harry lo guardò mentre si metteva seduto e si guardava intorno con aria smarrita, lo vide frugare nel suo zaino in cerca di qualcosa che evidentemente non trovò perché si mise a imprecare in modo piuttosto volgare. Lo osservò mentre estraeva il cellulare dalla tasca e controllava qualcosa che da quella posizione non era in grado di decifrare, dopodiché lo vide indossare gli auricolari e tornare a coricarsi.
Passò qualche altro minuto e Louis si alzò e tornò a dirigersi verso il bar. Harry si avvicinò giusto un pochino perché c'era un gruppetto di persone e non voleva rischiare di perderlo di vista. Lo sentì rivolgersi al barista con sufficienza.
"Un bicchiere d'acqua del rubinetto per favore."
L'uomo dietro al banco lo guardò con aria interrogativa "Prego?".
"Un bicchiere d'acqua del rubinetto!! Non mi pare difficile!!".
"Signore, non serviamo acqua del rubinetto, abbiamo le bottiglie se vuole, oppure ci sono le bibite".
Harry incrociò le braccia e si appoggiò a una colonna di marmo. Era proprio curioso di vedere come andava a finire.
Louis si guardò intorno con aria circospetta e Harry non potè fare a meno di pensare che era allo stesso tempo adorabile e da prendere a schiaffi. O magari a sculacciate. Nel pensare questo gli sudarono le mani.
"Mi ascolti" continuò Louis con un tono di voce decisamente più basso "non ho più un s-... ehm... ecco... Mi hanno rubato il portafogli e sto morendo di sete, mi dia un po' d'acqua e la facciamo finita!!".
"Mi dispiace ma l'acqua del rubinetto non è potabile. Per quanto riguarda il furto, ha fatto la denuncia? C'è la polizia aeroportuale, sono sicuro che-" non finì la frase perché il ragazzo gli urlò una parolaccia e tornò alla sua panchina.
Harry sorrideva. Lo spettacolo fino a quel momento gli era piaciuto. Ora toccava a lui entrare in scena.
****
Mentre diceva a se stesso che quel tizio del bar era proprio uno stronzo, Louis si coricò in posizione supina e controllò l'applicazione della United Airlines sperando che un miracolo avesse fatto passare l'uragano e rimesso in moto il traffico aereo. No. L'uragano continuava a sferzare la costa con sempre maggiore violenza e i voli continuavano ad essere cancellati. Volse lo sguardo verso destra. Dietro la panchina c'erano le grandi vetrate che si affacciavano sulle piste, ma non c'era nessun aereo in movimento. La pioggia era aumentata considerevolmente e Louis non ebbe difficoltà a capire che non c'era nessuna speranza di partire, quel giorno. La batteria del cellulare non sarebbe durata ancora molto, doveva spegnerlo se voleva superare la notte e conservarne un po' per il giorno dopo. Ma gli serviva internet e gli serviva anche la musica, perché stava per impazzire. Aveva fame e sete, era senza un soldo e aveva una notte intera davanti a sé ed era lì lì per chiedersi come avrebbe fatto a sopravvivere, quando sentì qualcosa di duro dargli dei colpetti leggeri sulla testa. Alzò lo sguardo e vide il riccio di prima che gli porgeva una bottiglia d'acqua.
Senza chiedersi cosa ci facesse di nuovo lì si mise a sedere afferrando la bottiglia e ne bevve un bel sorso, mentre il giovane prendeva posto accanto a lui.
"Grazie" gli disse Louis. Gli occhi gli diventarono rossi e presero a lacrimargli, come se fossero stati senza acqua per troppo tempo e non ci fossero più abituati.
"Non c'è di che" rispose l'altro. "Harry" si presentò poi, porgendogli la mano, grossa e nodosa.
Louis ignorò il gesto. "Lavori per mio padre?"
"No."
Sembrava sincero e in ogni caso sapeva che se quel tizio fosse stato al servizio di suo padre non l'avrebbe tirata tanto per le lunghe. Ma allora cosa voleva da lui?
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale il liscio continuò a bere dalla bottiglia, fino a quando Harry gli diede una leggera gomitata nel fianco, in cerca di complicità.
"Perché sei scappato?" aveva un tono di voce pacato e sicuro.
"Non sono affari tuoi" tagliò corto il liscio.
"Avanti! A me puoi dirlo! Siamo amici ormai" disse sottovoce ma senza fare niente per nascondere la sua faccia tosta.
Louis lo guardò come per chiedergli in quale momento di preciso erano diventati amici. L'altro sembrò capire.
"Ti ho praticamente salvato la vita!" - continuò Harry - "Saresti morto di sete se non fossi arrivato con l'acqua!"
Il suo sorriso era così puro e disarmante. Gli comparivano quelle fossette ai lati della bocca e gli occhi gli si illuminavano, e nel complesso assumeva un'espressione così innocente e sensuale allo stesso tempo che Louis sorrise a sua volta di riflesso, come se la sua faccia vivesse di vita propria, senza più ascoltare gli ordini del cervello.
Indossava una t-shirt bianca un po' lisa, tanto che si intravedevano dei tatuaggi di sotto, e un paio di jeans molto stretti, che mettevano in risalto le cosce muscolose e varie altre cose.
Dovette fare uno sforzo per ricollegare i circuiti.
"Ascolta Harry Comecavolotichiami grazie per l'acqua, sei stato gentile e bla bla bla, ma non ti racconterò gli affari miei, stai perdendo il tuo tempo!"
"Styles." disse l'altro, tranquillo.
Louis lo guardò come se fosse stupido.
"Come dici?".
"Styles. Mi chiamo Harry Styles e faresti bene ad essere più gentile se vuoi che ti aiuti!"
Ma come si permetteva di dargli lezioni di educazione? Gli sembrava di essere in una candid camera.
"Non ho bisogno del tuo aiuto, so badare a me stesso".
"Non si direbbe" ribattè Harry.
Louis restò per un attimo sgomento.
"In ogni caso non ti riguarda!" disse poi, ma non era convinto. Non era così sicuro di saper badare a se stesso, ma non l'avrebbe certo detto a quel tipo. Però il suo nome non gli suonava del tutto nuovo. "Styles... Ho l'impressione di averlo già sentito".
"Dipende" - ribattè il riccio - "Per caso leggi il Miami SpotLights?". In realtà conosceva già la risposta.
Infatti "mai sentito nominare" ammise Louis senza nemmeno pensarci.
"Come immaginavo. Ed è proprio per questo che ti starò attaccato al culo fino a quando non avrai raggiunto il tuo Payne. E mi assicurerò che tu ci arrivi sano e salvo, anche".
Gli parlava con un tono di voce calmo, quasi ipnotico, mentre lo guardava fisso negli occhi senza smettere di sorridere. I ricci gli cadevano disordinati fino alle spalle, formando dei boccoli alle estremità che Louis aveva una tentazione irrefrenabile di toccare. Ma non lo fece, naturalmente.
"E dimmi Harry Styles, perché mai vorresti aiutarmi?" disse invece.
Harry scoppiò a ridere.
"Dio mio non puoi essere così stupido!"
"Ehi, tieni a freno la lingua!" rispose Louis un po' offeso.
Harry riprese. "D'accordo, te lo spiegherò con parole facili. Io ti porto a New York tra le braccia del tuo amichetto, sostenendo tutte le spese di viaggio e senza dire ad anima viva dove ti trovi. In cambio mi concedi l'esclusiva della tua storia, con le foto e tutto il resto. A cominciare dal motivo per cui sei scappato."
Il liscio trovava irritante la sicurezza che ostentava, come se sapesse tutto lui. Lo osservò per un attimo poi scoppiò a ridere rumorosamente.
"Tu sei malato!" disse scuotendo la testa. "Non so nemmeno perché sto qui ad ascoltarti!"
Harry sembrò accettare quel rifiuto di buon grado. Si mise comodo appoggiandosi allo schienale e allungando le gambe. Louis non poté fare a meno di notare che erano lunghe oltre che muscolose, e che le sue in confronto sembravano due legnetti rinsecchiti.
Il riccio aveva tirato fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e aveva iniziato a trafficare apparentemente senza uno scopo preciso. Louis lo guardava con la coda dell'occhio e stava cercando di richiamare alla mente la forma delle mani di Liam, senza riuscirci, quando Harry gli porse il suo telefono.
"Guarda qui, genio della fuga!".
Fingendo di non aver sentito la battuta, Louis si avvicinò abbastanza da vedere sullo schermo tutti i siti internet che parlavano di lui.
"Questa sera sarai sui notiziari. Sarai probabilmente la seconda notizia dopo l'uragano Kevin. Ammesso che tu riesca a passare la nottata in aeroporto senza essere scoperto, come credi di superare il controllo documenti domani mattina? Non puoi restare qui un minuto di più, se vuoi andare a New York ti devi muovere adesso!"
Riflettè per un attimo. Harry aveva ragione naturalmente, lo avrebbero trovato da un momento all'altro e anche se non fosse stato così, non sarebbe comunque riuscito a salire su quell'aereo. Ma non voleva cedere. Non sapeva niente di quel tizio, non poteva fidarsi e basta.
Decise di prendere tempo.
"Cosa ti fa pensare che ci sia una storia così interessante da raccontare?"
Harry emise un sospiro.
"Tomlinson lo sanno tutti che sei attaccato a tuo padre come un neonato al capezzolo della mamma, e ci deve essere un motivo bello grosso se sei scappato rinunciando alla bella vita e alle comodità. Voglio sapere cosa è successo! E non lo racconterai a nessun altro che a me" - Louis stava per intervenire ma Harry non gliene diede il tempo - "E a tale scopo, se fossi in te eviterei di far notare a tutti che sei il 'signorino Tomlinson a cui non si può dire di no', come hai fatto alle informazioni e al bar, perché brulica di giornalisti qua intorno e non voglio che qualcuno ti riconosca. A proposito, come ti è venuto in mente di scappare di casa senza un soldo? Dove credevi di andare, in vacanza sullo yacht di papà?".
Louis lo guardava sgomento. Nessuno, nemmeno suo padre aveva mai osato trattarlo in quel modo. Chi gli aveva dato il permesso? Si ripromise mentalmente di rimetterlo in riga alla prima occasione.
"Io... questa fuga non era programmata. Sono scappato all'improvviso... " - poi ritrovò un po' di sicurezza - "Un momento! Io non ti devo nessuna spiegazione!".
Il riccio scosse la testa con rassegnazione.
"Siete tutti uguali voi ricchi. Alla prima difficoltà vi perdete in un bicchier d'acqua! Quanti anni hai, venti? Ventuno? Non sei nemmeno capace a scappare di casa! Si può essere più disorganizzati?".
Louis non credeva alle sue orecchie. Quel tizio lo stava rimproverando! Non gli era chiaro se lo stesse facendo col tono di un fratello maggiore o di un maestro di scuola. In ogni caso fece finta di non accorgersi che per la seconda volta quel giorno aveva sentito come una scarica elettrica da qualche parte, tanto che si guardò i piedi come per cercarne l'origine.
Non la trovò e non trovò neanche un buon motivo per rifiutare l'offerta di Harry, dopotutto. Anche se non voleva ammetterlo sapeva che avrebbe resistito solo un altro paio d'ore prima di avere la tentazione di tornare a casa e chiedere scusa a suo padre. Quel riccio sembrava sapere il fatto suo e poi aveva quel buon odore...
"D'accordo, accetto! - disse infine - Avrai la mia storia!" Ma restava il problema dell'uragano. "Però tutti i voli sono cancellati. Fino a domani non si può partire". Glielo disse come per sfidarlo a trovare una soluzione, lui che sapeva tutto.
Harry si alzò in piedi e Louis si sentì, per la prima volta in vita sua, indifeso e piccolo e non solo perché il riccio era il doppio di lui.
"Aspettami qui. Non ti muovere, non parlare con nessuno e non attirare l'attenzione. Torno il prima possibile" girò i tacchi e si allontanò.
Louis si spazientì e si alzò in piedi. "Ehi!! Tu non puoi darmi ordini!!!" urlò in direzione del riccio che si stava allontanando.
Per tutta risposta ricevette un dito medio che stabiliva una volta per tutte chi avrebbe dato gli ordini e chi no.
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