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Capitolo 10 - Accadde una notte

Miami News 24h.
FUGA D'AMORE A LIETO FINE
"Era iniziata con una fuga da casa dal sapore d'altri tempi e si concluderà con il matrimonio che è destinato a far battere più di un cuore, la romantica storia d'amore tra Louis Tomlinson, ambito e desiderato giovane erede di un impero, e Liam Payne, il nuovo astro nascente del cinema americano ... ".
Seduto a terra sotto la scrivania di Ellie, Harry appallottolò il giornale senza nemmeno leggere l'articolo, con un'espressione di disgusto. Si domandò perché gli era venuto in mente di comprarlo, così, giusto per farsi ancora un po' di male evidentemente.
Sul suo viso era dipinta tutta l'amarezza che si portava dentro. Immaginò il suo Louis vestito da sposo, bellissimo e raggiante di felicità, tra le braccia di qualcuno che non era lui. L'articolo diceva che la cerimonia si sarebbe svolta nel giardino della villa di Mark Tomlinson, a Star Island, e mentalmente si augurò che il sabato seguente venisse giù il diluvio universale. O un terremoto. O un altro uragano.
Mentre studiava quale altra catastrofe naturale augurarsi per il giorno delle nozze, il suo cellulare squillò.
Numero sconosciuto.
Senza troppo interesse toccò il tasto verde per rispondere. "Pronto?", disse semplicemente. 
Quando sentì la voce dall'altra parte, trasalì. Quella era senza dubbio la chiamata più imprevista della sua vita.

****

L'isola artificiale di Star Island si trovava nella Baia di Biscayne, a pochi passi da Miami Beach ed era raggiungibile solo attraverso un ponte, il Bridge Road. Pur essendo un quartiere pubblico, il suo ingresso era protetto da un servizio di sicurezza che dava l'illusione di trovarsi su un'isola privata, privilegio riservato solo ai pochissimi, esclusivi abitanti dell'isola.

Harry percorse il Bridge Road con la sua macchina sgangherata, e il suo passaggio creò un contrasto perfetto con l'ambiente circostante, dove persino i guard rail sembravano essere in condizioni migliori. Giunto alla fine del ponte si trovò davanti a un'enorme sbarra di ferro chiusa e a una guardia di sicurezza in divisa che gli faceva segno di fermarsi.
L'uomo in uniforme restò per un bel pezzo a guardare la macchina di Harry prima di avvicinarsi, chiedendosi probabilmente cosa ci facesse un simile rottame sulla via di Star Island.
"Buongiorno!", disse tuttavia quando Harry si affacciò dal finestrino. "Non si può entrare senza permesso, lo sa?".
Harry non aveva voglia né di sorridere né di essere gentile. Voleva solo sbrigare quella faccenda e andarsene da lì il più in fretta possibile.
"Buongiorno. Ho un appuntamento con Mark Tomlinson. Mi ha invitato lui!", disse come se volesse giustificarsi.
L'agente non si scompose. "Mi dia un documento per favore!" 
Harry sbuffò e gli consegnò la sua carta d'identità; l'agente la prese e si diresse verso la sua postazione di guardia. Dopo qualche minuto durante il quale sembrò parlare con qualcuno a una ricetrasmittente, tornò alla macchina dove Harry lo stava aspettando.
"È tutto a posto signore, può andare!", disse mentre gli applicava un pass adesivo sul parabrezza. "Lo tenga per tutto il tempo in cui resterà sull'isola. Buon divertimento!", aggiunse toccandosi il cappello per salutarlo.
Divertimento un cazzo, sbuffò Harry. Probabilmente quell'uomo era convinto che fosse uno dei pochi invitati al matrimonio dell'anno, e questo lo infastidì ancora di più perché invece lui avrebbe voluto essere in qualunque altro posto al mondo piuttosto che a Star Island, quel giorno. Ma al telefono Mark aveva detto che doveva parlargli di una cosa urgente e dopo la cerimonia sarebbe partito per un viaggio di lavoro, motivo per cui non si poteva proprio rimandare.

Harry seguì le indicazioni che gli aveva dato Mark al telefono e si diresse verso il lato orientale dell'isola dove raggiunse in pochi minuti il cancello della villa, che era già aperto per accogliere i primi invitati. Il vialetto di ingresso era stato decorato per l'occasione con calle, gigli bianchi e bouganville e si intravedeva un gran via vai di giardinieri intenti a sistemare gli ultimi dettagli, il che contribuiva a rendere l'atmosfera particolarmente elettrica.
Con un nodo che gli stringeva lo stomaco percorse poche decine di metri, dove venne fermato da un altro controllo; per un attimo si ritrovò a chiedersi come avesse fatto Louis a scappare da quella fortezza. Questa volta fu uno dei custodi ad accoglierlo e costui doveva essere ben al corrente della sua visita perché gli indicò un viale secondario da percorrere, che lo avrebbe portato direttamente allo studio del signor Tomlinson senza, parole sue, disturbare gli ospiti del signorino Louis.
Si fottano il signorino Louis e i suoi ospiti, avrebbe voluto rispondere, ma un brivido ghiacciato gli percorse la schiena quando intravide un enorme gazebo bianco dove probabilmente di lì a poco Louis avrebbe smesso una volta per tutte di essere suo.
Si riscosse da quel pensiero e continuò il percorso che gli aveva indicato il custode, e parcheggiò sul retro della villa; con le gambe tremolanti si avviò verso una porta di servizio in alluminio e suonò il campanello che recava la scritta: Personale.
Gli aprì una donna di mezza età un po' rotondetta e con il viso simpatico, che doveva essere una persona di fiducia del sig. Tomlinson perché sembrava che lo stesse aspettando. "Buongiorno!", lo accolse con un sorriso. "Lei dev'essere il signor Styles, immagino! Venga venga, il signor Tomlinson la sta aspettando". E si avviò all'interno della casa. A Harry non restò altro da fare che seguirla.
La donna camminava in fretta e sembrava particolarmente eccitata.
"Ci scusi eh, se l'abbiamo fatta entrare da qui!", gli disse mentre lo guidava per un corridoio e poi su per una scala. "Ma oggi è una giornata speciale e siamo tutti un po' indaffarati! Questo pomeriggio si celebrerà un matrimonio, sa?" La donna sembrava non stare più nella pelle, come se in procinto di sposarsi ci fosse lei.
Ecco, grazie non c'era bisogno di ricordarmelo, pensò Harry, ma era troppo educato per prendersela con lei, che non aveva nessuna colpa se, dopotutto, fuori splendeva il sole più luminoso e caldo degli ultimi tremila anni.
Finalmente si fermarono davanti a una porta in mogano ben lavorato a intarsio, e la donna bussò.
"Avanti!", si sentì rispondere dall'altra parte.
Dopo averlo annunciato, finalmente quella donna gentile gli fece segno di entrare e lo salutò per tornare alle sue faccende.
Mark Tomlinson era un signore anziano ma che dimostrava sicuramente meno dei suoi anni, e aveva sul volto un'espressione intelligente e buona. Tutto il contrario di quello che Harry aveva sempre immaginato vedendo le sue foto sui giornali e soprattutto dopo quello che gli aveva raccontato Peter.
L'uomo lo accolse andandogli incontro e mentre si avvicinava non smetteva di fissarlo in faccia, come per studiarlo. "Sei la fotocopia di tuo padre", gli disse porgendogli la mano. "Allora, dimmi invece, come sta il vecchio Peter?", aggiunse poi sorridendo con la chiara intenzione di rompere il ghiaccio.
"Sta bene! Rompe i coglioni, come sempre!", grugnì Harry con un tono che aveva lo scopo di farlo risultare il più antipatico possibile.
Mark rispose con una risata sguaiata che fece gelare il sangue a Harry. "Ahahah!! Allora non è cambiato niente dall'ultima volta che l'ho visto".
Ancora più indispettito dal fatto che quel modo di ridere era identico a quello di Louis, Harry decise che non intendeva lasciarsi conquistare dai modi gentili dell'uomo.
"Sì invece, qualcosa è cambiato. Nel frattempo mio padre è morto!", sentenziò fissandolo con ostinazione dritto negli occhi.
Mark Tomlinson restò per un attimo in silenzio, colto impreparato dall'attacco del ragazzo.
"Non si può dire che tu faccia giri di parole", mormorò. "Ma me lo merito, il tuo disprezzo. Non c'è un giorno in cui non rimpianga di essermi comportato in quel modo, credimi".
"Signor Tomlinson perché mi ha fatto venire qui?", tagliò corto Harry.
L'uomo capì che quel ragazzo dal volto triste non aveva intenzione di essere amichevole e che ogni suo tentativo sarebbe andato a vuoto. Decise quindi di smettere di tergiversare.
"D'accordo Harry, veniamo al sodo. Sinceramente mi aspettavo che fossi tu a chiedermi un appuntamento, uno di questi giorni. Ma dal momento che non l'hai fatto, ho dovuto pensarci io", disse calmo.
"Perché avrei dovuto chiederle un appuntamento?". Harry non capiva proprio dove volesse andare a parare.
"Beh, Louis mi ha raccontato come sono andate le cose". Harry rabbrividì. Cosa cavolo gli aveva raccontato?
"L'hai accompagnato fino a che non ha deciso di tornare indietro, ti sei preso cura di lui, hai comprato da mangiare e da bere, insomma ti sei assicurato che stesse bene". Fece una pausa durante la quale lo scrutò di sottecchi, come per studiare la sua reazione. "Chiunque altro sarebbe venuto a reclamare quel milione di dollari". Pausa. "Perché tu non l'hai fatto?"
Harry spalancò gli occhi.
"Senta! Io non ho intenzione di reclamare proprio niente! Non ho bisogno dei vostri fottuti soldi!", rispose ferito per quello che quell'uomo e suo figlio evidentemente pensavano di lui. Decise di rincarare la dose. "Tuttalpiù mi spetterebbe di diritto un risarcimento per aver sopportato per tre giorni quel ragazzino viziato petulante di suo figlio!! Quello sì!!!". Fece un respiro e continuò. "E se posso permettermi vorrei dirle che quello che servirebbe a Louis è una bella dose di legnate, ogni tanto!", ansimò agitato alzando sempre di più la voce.
Mark non smetteva di fissarlo. "Non posso darti torto", ribatté poi inaspettatamente.
Harry restò un attimo basito. Il suo intento era di rovesciare su quell'uomo tutto l'odio che provava in quel momento per Louis, ma evidentemente non stava funzionando.
Mark aprì un cassetto e tirò fuori il libretto degli assegni. "Dimmi quale cifra ti sembra più adeguata, come risarcimento morale." E si apprestò a compilare l'assegno. "Diciamo... Diecimila dollari? Calcolando anche quello che hai speso per l'autobus, per il motel e per il vitto? Credi che possa bastare?" 
Harry si alzò in piedi. "Fanculo!! Ne ho abbastanza! Di lei, di suo figlio e delle vostre stronzate! Non voglio soldi e non voglio mai più sentire parlare di voi! Non ho capito perché mi ha fatto venire qui e a questo punto non mi interessa più!!", la sua voce adesso era tremolante.
Girò i tacchi e fece per andarsene, ma Mark lo fermò. "Harry!"
Il riccio sbuffò e si fermò, ma senza voltarsi. "Che c'è!!"
"Tu lo ami?"
Incapace di muoversi o di pronunciare una sola parola, Harry restò lì immobile, pietrificato, senza sentire più una sola goccia di sangue correre nelle sue vene.

****

Mark Tomlinson bussò alla porta della stanza di suo figlio, attese di sentire "Avanti!" ed entrò.
Louis stava seduto sul davanzale della finestra a bovindo che si affacciava sul parco, elegantissimo nel suo completo scuro, e scrutava indifferente il via vai di camerieri in livrea che servivano da bere agli ospiti, come se la cosa non lo riguardasse.
Mark si avvicinò con la sua solita grinta. "Allora Louis!! Cos'è quella faccia? Dovresti essere felice, hai ottenuto quello che volevi no? Stai per sposare il tuo Liam!", gli disse con una pacca sulla spalla.
Louis sembrò come ridestarsi improvvisamente da un lungo sonno. "Cosa?", guardò sorridendo il padre. "Oh, sì. Certo che sono felice, papà. Sono molto felice", disse cercando di essere più convincente possibile.
"E allora fai un bel sorriso no!! È un matrimonio, mica un funerale!" 
Louis si alzò e si diresse verso la sua scrivania, si accese una sigaretta e fece un lungo tiro.
"Si. Scusa, hai ragione. Sono solo molto emozionato", rispose senza guardarlo negli occhi.
"Certo, certo, si vede", ribatté Mark. Louis sapeva bene di non essere credibile, e cercò di fare del suo meglio per rimediare. "Non vedo l'ora di iniziare la mia nuova vita con Liam!", affermò senza un briciolo di entusiasmo.
Mark fece una pausa di qualche minuto e incominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, guardandosi intorno con fare distratto. Louis lo seguiva con lo sguardo. "È stato qui.", esordì poi con voce ferma. "Harry Styles."
Louis ebbe un tuffo al cuore. Improvvisamente gli girò la testa ed ebbe voglia di vomitare.
"Sarà venuto a riscuotere il suo compenso. Spero che tu sia stato generoso". Il suo tentativo di sembrare indifferente fallì.
"Non ha voluto un centesimo. Nemmeno il rimborso spese. Non è interessato ai soldi"
Louis voltò la testa di lato per non far vedere a suo padre che gli occhi gli erano diventati lucidi. Perché adesso gli stava dicendo queste cose? Una lacrima solitaria rigò il suo viso rasato e bellissimo.
Mark si fece più vicino.
"Louis non devi sposarti per forza se non vuoi. Se hai cambiato idea mandiamo tutti casa e chi si è visto si è visto!" 
Louis si asciugò la lacrima. "Oh smettila papà, con tutto il casino che ho fatto per questo matrimonio! Gli invitati sono già tutti qui!", disse ricacciando indietro il magone.
"Figliolo, ma cosa vuoi che me ne importi degli invitati!! E non mi è mai piaciuto quel Liam, lo sai che ho acconsentito solo per farti contento!"
Già. Suo padre aveva acconsentito solo per farlo contento, solo per la sua felicità. Non aveva il cuore di mandare tutto all'aria all'ultimo momento. Era la cosa giusta da fare.
Scosse la testa e abbozzò un sorriso. "Papà, io amo Liam e voglio sposarlo. Oggi è il giorno più bello della mia vita, non roviniamolo per colpa di Harry Styles. Quell'uomo mi ha umiliato e ferito. Gli abbiamo già dato anche troppa importanza!"
Mark abbracciò il figlio e lo tenne stretto a sé, con un nodo alla gola che, ebbe il sospetto, non lo avrebbe mai più abbandonato.

Quando uscì in giardino, Louis fu accolto dal flash dell'unico fotografo presente alla cerimonia e dagli applausi degli ospiti, che lo aspettavano curiosi lungo il vialetto decorato a motivi floreali che lo separava da Liam. Accompagnato da suo padre si preparò a percorrere la breve distanza fino all'altare dove il futuro sposo lo aspettava, sorridente ed elegantissimo, affiancato dal suo testimone di nozze. C'era una piccola orchestrina, a bordo piscina, che al segnale convenuto attaccò una musica di accompagnamento.
Louis sentì una morsa attanagliargli lo stomaco: stava facendo il più grande sbaglio della sua vita e ne era perfettamente consapevole; tuttavia sapeva che non sarebbe tornato indietro.
Mentre camminava pensò che non gliene importava proprio niente dell'orgoglio, dell'umiliazione, non gliene sarebbe importato niente nemmeno se Harry avesse preteso il suo intero patrimonio. Lui lo voleva, lo voleva disperatamente, più di qualunque altra cosa al mondo, al punto che sarebbe stato disposto a stare con lui anche senza essere ricambiato, tutto ciò che desiderava era stare tra le sue braccia, a qualunque costo, a qualunque condizione, senza volere niente in cambio. Ma ormai era tardi. L'aveva perso. Era finita. La sua vita era finita. Gli occhi tornarono a inumidirsi. Cazzo, pensò. Fanculo. Proprio adesso.

Mark camminava accanto a lui e guardava fisso davanti a sé, con espressione solenne, ma con la coda dell'occhio ogni tanto lanciava qualche sguardo verso suo figlio e non gli sfuggì il rossore che gli era comparso sul volto. Si inclinò leggermente verso di lui, per sussurrargli qualcosa all'orecchio. "Lui ti ama", disse sottovoce.
Louis gli diede un'occhiata di sbieco, senza smettere di camminare. Mark continuò. "Me l'ha detto, poco fa. Ti ama sul serio. È qui fuori che ti aspetta, se lo vuoi".
Il cuore di Louis iniziò a battere talmente forte che sembrava voler saltare fuori dal petto. Si fermò di colpo, nel bel mezzo del viale, e guardò suo padre negli occhi.
L'orchestrina smise di suonare e immediatamente si levò un brusío tutt'intorno. Non riuscì più a trattenere le lacrime che ormai gli rigavano il volto e cadevano sulla giacca inamidata. "Grazie papà!", riuscì a dire tra i singhiozzi prima di correre via, più veloce che poteva, verso il cancello di uscita, lasciando tutti gli ospiti a bocca aperta a domandarsi cosa mai stesse succedendo.

Corse a perdifiato per tutto il parco e arrivò all'uscita della villa trafelato e sudato. Il custode di guardia al cancello aprì senza esitazione, abituato a svolgere il suo lavoro senza fare domande.
Harry era appoggiato alla sua macchina scassata, parcheggiata sull'altro lato della strada; indossava i soliti jeans ultra aderenti e una t-shirt nera, e lo guardava con le braccia conserte e un sorrisetto ammiccante.
Louis non lo vedeva da pochi giorni ma gli era sembrata un'eternità. Era molto più bello di quanto ricordasse, e solo in quel momento si rese conto che sì, gli era mancato, ma non immaginava fino a che punto. Attraversò la strada con il cuore che batteva all'impazzata e la salivazione a zero.
"Maledetto stronzo, mi hai abbandonato nel bel mezzo del viaggio!!", gli disse appena gli fu vicino, guardandolo con le rughette attorno agli occhi che gli si formavano quando sorrideva.
"Sono qui per rimediare.", rispose il riccio senza staccargli gli occhi di dosso.
Louis indicò la macchina. "Con quel trabiccolo?", ridacchiò.
"Silenzio, ragazzino!", lo ammonì l'altro mostrandogli l'indice. Louis sentì un calore improvviso al basso ventre.
Harry si chinò verso l'interno dell'automobile e gli porse una busta che aveva raccolto dal sedile.
Louis la prese con le mani tremanti. Mentre la apriva continuava a mandare delle occhiate al riccio, come se cercasse di capire qualcosa di più dal suo sguardo.
"Oh Harry!!", esclamò appena ne vide il contenuto. Nella busta c'erano due prenotazioni per la Gray Rabbit Line, destinazione San Francisco.
"Paul e Ali non ti lasceranno salire vestito in quel modo!"  Il sorriso di Harry nel vedere Louis emozionato come un bambino era talmente bello da illuminare tutto il mondo. Ma non era finita. Con un'occhiata gli fece capire di guardare meglio.
"Oh cazzo!", boccheggiò Louis portandosi una mano alla bocca. In fondo alla busta, in un angolino, c'era un piccolo anello in oro bianco, semplice, liscio, con un unico brillantino a forma di cuore. Louis iniziò a singhiozzare e gli gettò le braccia al collo, aggrappandosi a lui per non lasciarlo andare mai più.
Harry lo avvolse tra le sue braccia, stringendolo forte per sentirlo di nuovo addosso, per fondersi con lui.
"Anch'io credo di amarti", gli sussurrò all'orecchio. Poi lo guardò negli occhi e si perse in quell'azzurro, il più bello che avesse mai visto, prima di posare le labbra sulle sue e baciarlo dolcemente per respirarlo ancora e ancora e ancora, per sempre, per l'eternità e poi ancora, fino alla fine del mondo.

****

Whattsapp da Louis:
Le Mura di Gerico sono crollate. La città è stata presa.

Mark Tomlinson sorrise. Non aveva capito niente di quel messaggio, ma non gli importava. Il suo Louis era felice.

Era tornato a casa.

Fine.


Molto bene. E così siamo giunti alla fine di questa storia che mi ha dato tante emozioni, sia nell'atto di scriverla che nell'affetto dimostrato da chi l'ha letta. Non posso fare altro che ringraziare.

Ora vorrei raccontare qualche aneddoto a proposito del film Accadde una notte, che è la fonte di ispirazione di questa storia.

Accadde una notte è un film del 1934, con la regia di Frank Capra ed è stato il primo film della storia del cinema a vincere i cinque Oscar principali: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista e miglior sceneggiatura originale. Gli unici altri due film ad aver vinto questi premi sono Qualcuno volò sul nido del cuculo e Il silenzio degli innocenti.
Legati a questo film ci sono alcuni aneddoti divertenti che ancora oggi sono conosciuti ma spesso senza sapere il perché.
Ad esempio, nella scena in cui i protagonisti passano la notte al motel, Peter Warne, interpretato da Clark Gable, cerca di provocare Ellie Andrews (Claudette Colbert) togliendosi i vestiti. L'attore però non indossava la canottiera - cosa impensabile per la moda degli anni trenta - e questo fece crollare la produzione di canottiere in tutti gli Stati Uniti, perché Gable era la star più amata di Hollywood all'epoca e nessun uomo voleva più indossarla, se lui non lo faceva.

Inoltre forse non tutti sanno che, durante la scena dell'autostop, fu l'immagine di Clark Gable che mangia una carota sotto gli occhi affamati di Claudette Colbert ad ispirare i disegnatori di Bugs Bunny per un nuovo personaggio dei fumetti, tra l'altro facendo un errore che dura da oltre settant'anni, visto che i conigli non mangiano carote.

Sempre nella scena dell'autostop, dopo i tentativi falliti di Gable, Claudette Colbert ebbe l'idea di provare a mostrare una gamba per fermare le macchine (questa scena fu considerata "erotica" ed ebbe il bollino della censura), dando così il via alla credenza popolare che le donne abbiano più successo nel fare l'autostop perché mettono fuori la coscia.

Infine last but not least, le Mura di Gerico furono un'idea del regista Frank Capra per sfuggire alle regole del Codice Hays (codice di autoregolamentazione della censura) che altrimenti non avrebbe permesso la distribuzione del film. Grazie a questo espediente non solo poté girare una scena dove un uomo e una donna non sposati dormivano nella stessa camera, ma si prese gioco del Codice e del moralismo di quegli anni usando un passo della Bibbia per girare una scena "scandalosa".

Figuriamoci se sapessero che io ne ho scritto una versione gay!!!
Quest'ultima parte la voglio dedicare alla martuccibs89 perché è troppo avanti, su tutto.

Ok. È proprio la fine. Volevo rendere a questo film l'omaggio che merita.
Grazie ancora e alla prossima!

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