Novembre 2009
Dove preparo il piano A e il piano B ma alla fine esce il piano C
e comunque vabbè chi se ne frega.
Domenica 15 novembre 2009
Ma vedi, quando sei una ragazzetta-delle-medie, non è che fai le cose lineari, semplici, e soprattutto, ragionevoli. Preferisci le cose cervellotiche, dove ogni gesto non esprime mai veramente un significato, ma pensi che lo "faccia capire" perchè chi hai davanti deve capire e reagire in una certa maniera per cui poi dopo tu reagirai a tua volta in una certa maniera e il tuo piano andrà in porto. Ovviamente non va mai in porto nulla, perché hai davanti dei maledetti ragazzetti-delle-medie! Che hanno come obbiettivo principale della vita vincere lo scudetto con FIFA10!! E da queste vicende, tu di solito soffri come una pazza e scrivi frasi tumblr strappalacrime nel diario.
Da qualche parte ho ancora il diario delle medie, dove scrivevo con questa grafia tonda tonda con una penna blu chiaro e le palline sopra le "i".
Aspetta, da dov'ero partita? Ah, sì, dalle idee cervellotiche.
Non volevo tornare da Mirkino, volevo che, casomai, fosse lui a tornare da me, dispiaciuto, contrito.
Strisciando, magari.
Insomma, volevo che tornasse cambiato. Non nel fisico, che quello andava benissimo così, ma nella testa. E se non fosse andata proprio così, il piano B era che la persona con cui lo avrei fatto ingelosire avrebbe potuto tranquillamente sostituirlo.
Il "Fortunato" era Willy Fantini che a me piaceva con quei capelli mori sparati in testa e la faccia che non aveva tracce di acne. E poi le gambe forti, e poi le mani grandi con le dita tozze e... oh my god!
Fantini girava assieme a un paio di suoi amici giocatori di calcio e pensava sempre e solo al calcio o ai videogiochi sul calcio o ai giardinetti dove si giocava a calcio. Questo avrebbe dovuto farmi pensare di più. Per lo meno pensare Chiara, cazzo! Invece figurati se una di tredici anni pensa quando vede uno figo che posta le foto in pantaloncini e basta dentro lo spogliatoio quando vince le partite di calcio. In quel momento le uniche immagini che mi si formavano nel cervello erano lui che mi toccava ovunque e mi respirava addosso.
Bene bene bene, il piano era:
1) Willy si accorge di me
2) Willy si avvicina a me
3) Mirko si accorge di Willy
4) Scelgo tra Mirko e Willy in base a come me la sento, prima che salti via qualche dente o qualche naso.
Madonna, che scema. Bastava ripensare a quello che era successo solo pochi mesi prima al palasport, ma non l'avevo fatto, ovviamente. Così, avevo convinto (= trascinato) la Cate a venire a vedere una partita di calcio della squadra di Willy e, con un sorriso il più impertinente possibile, durante l'intervallo mi ero fatta vicina alle reti dove passavano alcuni giocatori tra cui lui, e avevo iniziato a scherzare con loro, cercando di attirare l'attenzione del mio obbiettivo con battute il più possibile spiritose.
Tuttavia, le cose non erano andate esattamente come avevo pianificato. Willy, a dir la verità, sembrava apprezzare la mia compagnia quasi quanto guardare una semifinale di Champions League, ma appena quello stronzo di allenatore li aveva visti rimanere indietro un mezzo secondo, aveva abbaiato e questi erano scattati tutti verso lo spogliatoio come delle capre richiamate dal pastore. Nonostante i miei tentativi di essere carina e affascinante, ero rimasta con nulla in mano.
Cate ridacchiava, mormorando «Sfigati.»
Ma proprio quando pensavo che la mia strategia fosse stata un fallimento, avevo fatto un ulteriore scalino verso il basso: un ragazzo se ne era fregato degli sbraiti del coach rimanendo a fissarmi con aria furbetta. Era Simone, un compagno di squadra di Willy, ancora con la tuta perché forse non stava giocando.
Era piuttosto magro, con dei capelli castani che portava cortissimi alla Valentino Rossi, e come lui aveva un orecchino sbrilluccicoso che aveva attirato subito la mia attenzione.
«Chià, per me sei la più figa della scuola per distacco. Io ti amo. Ti prego, vuoi fare un giro con me stasera?» mi aveva sparato, con un sorriso imbarazzato.
Mi ero sentita come se mi fossero passati sopra con un camion, ma anche un po' felice. Forse Willy non stava notando troppo i miei sforzi, ma almeno c'era qualcun altro che sembrava apprezzare la mia compagnia pur usando il verbo "amare" in maniera un po' improvvisata.
E poi è sempre bello quando ti dicono che sei la più figa della scuola. Così avevo detto «Io non è che ti amo, Simo, ma ok. Magari andiamo al cinema sabato prossimo.»
E poi l'allenatore gli era piombato alle spalle e lo aveva pettinato con due urli.
Sabato 21 novembre 2009
Il weekend successivo, io e Simone eravamo andati al cinema insieme. O meglio, con lui, un paio di suoi amici del calcio simpatici come una invasione di processionarie, e la Cate. Mi ero anche divertita, ridendo e scherzando durante il film. Mi ero resa conto che forse la felicità non veniva sempre dalle situazioni pianificate o dalle strategie elaborate, ma dalle piccole sorprese della vita.
Per una volta il Mai-una-gioia si era trasformata in Toh-una-gioia!
Mentre guardavo il film accanto a Simone, mi ero dimenticata completamente la storiazza di far ingelosire Mirko attraverso Willy e mi ero concentrata solo sul momento presente, godendomi la compagnia di un ragazzo che mi stava dimostrando devozione.
Ecco, la sua mi pareva devozione.
Mi aveva pure chiesto dell'anno successivo, alla fine.
«Tu che fai l'anno prossimo? Hai scelto?»
«Non lo so, forse l'alberghiero, forse ragioneria a Cesenatico.»
«Ah, figo. Anche io penso che farò l'alberghiero. A scuola sono una merda» poi ci aveva pensato su, con crescente imbarazzo, «Cioè, non sto dicendo che tu...»
«Simo, sereno, ho capito cosa intendevi» avevo risposto, quasi ridendo per quanto si era messo nei casini da solo.
«Sarebbe figo andare nella stessa scuola. Magari, boh, ti passo a prendere la mattina. Appena faccio i quindici mi prendo l'Ape.»
Mio padre diceva spesso che quando aveva iniziato a girare in motorino, il mondo gli si era improvvisamente allargato, ma io non avevo la minima intenzione di andare in giro sull'Ape di Simone Barone da lì a un annetto. Così avevo abbozzato e a lui era andata bene.
Prima di andare a letto mi aveva dato la buonanotte per messaggio. E poi il buongiorno la mattina dopo. Mi era venuta un po' di ansia.
Sabato 28 novembre 2009
Il sabato dopo mi aveva di nuovo invitata al cinema. Io e lui. Me lo aveva chiesto per messaggio, perdendo qualche punto di gradimento, ma per lo meno il messaggio non era troppo sgrammaticato.
Avevo informato istantaneamente la Cate che mi aveva immediatamente fatto un vocale «Devo venire a darti manforte anche stavolta o vuoi farci delle cose?»
«Ma che cazzo dici?! Vieni! Al massimo con un amico.»
«Nah, di' a Barone che porti un amico manzo per me, tipo Orlando, lì, Orlando Furioso» aveva replicato alludendo a Orlando Galli, un amico di Simo, anche carino ma disperatamente minus.
«Ma non gli dico proprio niente!» avevo abbaiato per vocale.
Allora chiamo la Maty era stata la sua risposta per messaggio.
E così veramente eravamo uscite noi, tre amiche storiche, e Simone Barone. E io ero felice, anche perché lui, non so nemmeno perché ma sembrava ben contento che non ci fossero maschi. Così, mentre Maty e la Cate parlavano fitto della trama claudicante del film che avevamo scelto, Amore 14, io lo avevo pure baciato: era stato come baciare il naso del mio cane, ma di lui mi era piaciuto come mi aveva toccato la spalla con la mano: un movimento costante e lieve, che non si era fermato se non per il momento in cui avevamo appiccicato le labbra.
«Continui a non amarmi?» mi aveva chiesto, come se fosse una domanda retorica. Da come mi guardava era ovvio che io dopo quel bacio lo amassi.
Le mie amichette stronze mi facevano i cuoricini con le dita. E io ero rimasta un po' lì nel mezzo. Ma chi era questo che parlava di amore a tredici anni? Il film era AMORE 14 non AMORE 13!
Lunedì 30 novembre 2009
Bene, Simone Barone in capo a dieci giorni mi aveva già stufata.
Sì, ero una che si stufava in fretta ma vedete, io sono sempre stata una che odiava vedere in piazza i fatti miei. E quando il giorno dopo il bacio al cinema, la notizia si era sparsa all'universo mondo, mi ero scocciata.
Ma ci eri stata nel bacio
E c'erano pure le tue due amiche
Che problema c'è?
Era seguita la prima discussione, via cellulare, ovviamente, e poi anche la mattina davanti a scuola lì, dove era venuto per ribadire che non aveva fatto niente di strano e che siccome ci avevano visti due mie amiche, lui poteva anche dirlo ai suoi amici.
Si certo, uguale: due amiche in un mare di gente che mi detestava, messe sulla bilancia con dall'altra parte venti maschi compagni di squadra che si condividevano filmatini porno negli spogliatoi. Uguale uguale!
Certo, non è che glielo avessi detto proprio in questi termini, ma lui aveva insistito.
«Fai differenza tra femmine e maschi quindi? Cioè, rompete che femmine e maschi vanno trattati uguale e poi mi dici che non vanno trattati uguale?»
«Ma non è perché vanno trattati uguale! Sono due mie amiche che non faranno fiato, e dall'altra parte tipo venti tuoi compagni che in due ore lo hanno fatto sapere a tutta la scuola. Simo, ma cazzo, non ci arrivi che è diverso?»
«No non ci arrivo» e poi aveva detto quella frase di merda «Pensavo che tu fossi diversa.»
Che nervi quando te la dicono così, a caso, come se fossi un film che ti aspettavi in una maniera dal trailer e poi è tutt'altro. Mi ero intristita tanto, ma veramente tanto. E cosa mi ero trovata, attorno? Gente che guardava incuriosita un litigio che era salito di tono, come quelli che si fermano a guardare l'incidente sull'altra corsia.
Avrei voluto andarmene a casa ma mi scoppiava il cervello al pensiero di tutta la gente che, non vedendomi in classe dopo avermi vista fuori a litigare, avrebbe parlato e parlato e parlato, giungendo a chissà quali conclusioni.
La cosa peggiore era che c'era una maledetta verifica di italiano, un tema per giunta, e io ero poco più che uno straccio. Mi ero issata sul banco e la prima cosa che aveva detto la Zamagni entrata dalla porta era stata «Raggi, ma stai bene?»
«Sì, sì prof» avevo miseramente mentito.
Lei aveva sospirato e aveva preso il foglio con la traccia.
«Mi raccomando a penna. Nome e Cognome, Classe e data. La traccia è: Parlate dei vostri amici mettendo in evidenza l'importanza che hanno nella vostra vita e l'influenza che esercitano sulla formazione della vostra personalità.»
Ma che cazzo ne sapevo? Vedevo nero, vedevo un mondo dove nessuno era veramente amico. Vedevo uno stronzo che non aveva fatto in tempo a staccarsi dalla mia bocca che già mandava messaggi trionfanti ai suoi amici. Vedevo mille compagne che non avevano fatto altro che guardarmi affondare, nel cortile della scuola.
Poi Matilde, roteando la penna con le dita, se l'era fatta sfuggire e questa era atterrata oltre il mio banco.
«Scusate» aveva detto, rossa come un peperone, tra le risatine dei nostri compagni, e passando davanti al mio banco mi aveva mollato un foglio su cui in alto capeggiava in matita "COPIALO E CANCELLAMI" e sotto c'era un tema fatto e finito. Aveva persino imitato benino la mia scrittura.
E chi ero io per contestare un ordine così perentorio?
Cosa ho imparato a Novembre 2009: Che puoi pianificare quanto vuoi, che a tredici anni andrà tutto per i cazzi suoi. Adattati.
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