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Maggio 2009

Quando Mirkino si fa sotto ma con troppi viaggi in testa,
e scopro che la Bea è maestra nel non perdere le occasioni


Lunedì 4 maggio 2009

Ah, che figata quando arriva maggio! E quando non hai più quel rompiscatole che ti dice che devi metterti la felpona altrimenti ti guardano il seno.

Anche i professori si erano arresi: non mi dicevano più nulla. Il mio corpo si era trasformato esattamente come i maschi speravano, in più mi era sorto un problema che ho tutt'ora sebbene più circoscritto, un problema fisiologico, giuro, non sto inventando: ero calorosa. Se mi vestivo troppo, immediatamente sudavo e mi sentivo a disagio.

Così dovevo drogarmi di deodorante (perchè io, a differenza di qualcun altro, lo usavo) e vestirmi poco, dovevo stare leggera, e loro mi guardavano, e non vedevano l'ora ci fossero le due ore di educazione motoria. Non che i loro atteggiamenti fossero particolarmente elaborati, perchè erano pur sempre ragazzini scemi di seconda media: mi tiravano la palla e ridacchiavano, e io li "accontentavo", mettendomi i top elasticizzati e i pantaloncini da calcio che fregavo a mio padre, pur di stare fresca e non sentirmi perennemente umidiccia.

Tipo le lumache. Avete presente?

Come ho già detto, nei mesi precedenti più di un prof aveva fatto qualche appunto sul mio abbigliamento, ma io avevo spiegato che non era colpa mia. Io sudavo, non era uno scherzo. Poi vabbè, anche la scuola ce ne metteva del suo: mi ricordo che per ogni compito in classe, mi pareva di sudare litri su litri per la tensione di quella seconda media dove forse, e dico forse, sarei riuscita a cavarmela senza debiti.

E così i prof a malincuore, immaginando a cosa sarebbero andati incontro, avevano lasciato che mi mettessi a mio agio, di fatto facendo esplodere di ormoni non tanto di tutti quelli che mi stavano attorno in quella classe, perché erano bimbetti scemi, ma diversi dei più avanti delle classi lì attorno.

Molti dei più interessati erano i ragazzi maghrebini che terrorizzavano il pullman che andava a Castiglione. Erano tutti alti una mezza spanna più dei coetanei, tutti con le Air Max e tutti con lo sguardo furbetto di chi ti trova qualsiasi cosa tu voglia.

A me non è che facessero impazzire, a dire il vero.

Non è che avessi uno proprio proprio preferito, a dire la verità. L'esperienza di Clemy mi ci faceva andare con i piedi di piombo. Tuttavia non avevo la minima intenzione di rubare il posto a Cate come queen nel tenere lontani i maschi a forza di battutacce, perchè era divertente flirtare con loro, vedere che passavano davanti alla nostra classe buttando sempre l'occhiata per vedere se c'ero, oppure fermandomi nei corridoi e parlando di aria fritta con un sorriso mezzo scemo sulla faccia.

Ma il primo che si era fatto avanti veramente era stato, udite udite, Mirkino!

Ma voi ve lo ricordate Mirkino? Io ovviamente sì, nel bene e nel male. Mirkino era quello che amavo alle elementari. Nel frattempo la questione era un po' cambiata e lui, già bocciato, era diventato una specie di vice-pusher dell'ala della scuola, che girava a petto in fuori con alcuni suoi amici della "gang", pettinato come David Beckham.

Come ben sapete, i più stronzi, i più ignoranti, i più sguaiati, sono sempre quelli che fanno colpo, specialmente in una scuola popolata da maschietti tonti. Mirkino non faceva eccezione. Mi aveva cercato seriamente la prima volta un lunedì, si era fermato di fianco alla porta dove stavo appoggiata con le mani dietro la schiena.

Mamma se era grosso, più dei magrebini. Ma lui era così di famiglia: suo padre era una specie di orso dei boschi della Lika e sua sorella, che lavorava in una rivendita di un panificio, era più fisicata del fornaio. Mirko a quattordici anni era quasi uno e ottanta, ma quello che faceva più effetto era il petto, enorme.

Mi aveva agganciato dicendo semplicemente che mi aveva visto domenica sul lungomare.

Ero con la Sophy, la Bea, l'Agne e dei tipi che facevano gli scemi con delle BMX.

E poi era stato zitto. Così io avevo aspettato un po' e poi, incapace di capire il significato di quel silenzio, lo avevo guardato bene negli occhi dicendo «Quindi?»

«Ci vai, con qualcuno di loro?» aveva chiesto, diretto.

«Boh, no, cioè, non sto con nessuno.»

«Stai con me, dai.»

Ah, questi cavalieri romantici, direttamente dai Balcani occidentali! Però Mirkino (che comunque eh, Mirkino stocazzo) aveva quell'aria strafottente che mi piaceva un sacco e quindi, perchè no?

Te lo dico io perché no, fottuta bimba cogliona che non ero altro: perchè Mirkino aveva essenzialmente due obbiettivi nei miei confronti.

Il primo era professionale: secondo lui, sfruttando il mio aspetto grazioso e le mie doti espansive, avrei dovuto sentire con qualche mio compagno se aveva bisogno di stupefacenti o, al limite, anche sigarette. Da questo punto di vista avevo combinato veramente poco se non un pacco di Marlboro estemporaneo per Viola e uno per Gabri. Il padre di Gabri gli aveva trovato le sigarette e l'aveva riempito di botte al punto che aveva (udite, udite) saltato ben due allenamenti di calcio per il dolore.

Il secondo era fisiologico: in virtù del fatto che aveva già fatto varie lezioni di educazione sessuale su Youporn, voleva fare cose con me. E in linea di massima non era un'idea così sbagliata perchè alla fine beh, la primavera sveglia gli ormoni e Mirkino faceva presenza. Il vero problema era che "Fare cose" era una frase che avevamo interpretato in maniera diversa, e la sua maniera non era per nulla alla mia portata, in quel momento. Una mattina ci eravamo attardati al bar davanti alla scuola, ma dopo tre minuti cronometrati di bacini mi aveva sussurrato a un orecchio «Mi fai una sega?»

Dai, su, non si fa così! Nonostante la voce suadente, il tema affrontato mi aveva messo a disagio, producendomi l'effetto esattamente contrario a quello che lui avrebbe voluto. Avevo farfugliato che si stava facendo tardi e ero tornata in classe. Ma all'uscita era tornato alla carica.

Avevo accettato di attardarmi di nuovo vicino al piccolo spazio ombreggiato in una strada laterale alla scuola. Ci eravamo di nuovo baciati, avevo persino lasciato che mi accarezzasse le tette in lungo e in largo, poi lui aveva di nuovo avanzato la richiesta della mattina.

Stavamo assieme da un paio di settimane, mi sembrava decisamente troppo, quindi avevo detto che era meglio di no.

«Cazzo Chiara, ma a Clemente l'hai preso in bocca e con me, nemmeno una seghetta, ma sbloccati cazzo!»

Io ero rimasta letteralmente senza parole. Poi ce l'avevo fatta a dire qualcosa.

«Ma non è vero proprio niente! Ma io e lui, cioè, zero!»

«Cioè, zero? Ma sei seria?!»

«Serissima, ma vuoi che non sappia cosa ci ho fatto con lui?!» avevo risposto, scocciatissima.

«Mah, sarà.»

«Sarà che?! Ma non mi credi, cazzo?!» gli avevo chiesto, sempre più agitata.

Avrei voluto avere sotto mano Clemente, per ucciderlo.

«Ma no, è che, cioè, come posso dire.»

«Dillo, che mi sto agitando.»

«Che, dai, beh, se uno ti guarda» mi aveva lanciato un'occhiata, «Io, boh, io non è che ci creda molto che non hai fatto niente.»

«Ma sei scemo?!» avevo ruggito.

Fine della storia con Mirkino. O meglio, avevo detto quelle frasi di circostanza tipo "prendiamoci una pausa" ma lui aveva capito la sostanza e ovviamente si era agitato molto, e in giro aveva ovviamente dipinto la sua non-ancora-ufficialmente-ex, cioè io, come una troia frigida.

Che poi, l'abbinamento delle due parole non è che fosse proprio l'ideale, un po' un...

«Ossimoro» aveva detto Matilde.

«Vabbè, quello che è» le avevo risposto, «possibile che metta in giro... cioè, non solo lui, ma anche Clemy, mettono in giro 'ste storie false!»

«Fattene una ragione, Chia, i maschi delle medie sono così» mi aveva detto la Cate, che però intanto s'era già sistemata con il buon Ludo.

Per lo meno si era risparmiata frasi tipo "Te l'avevo detto".


Sabato 23 maggio 2009

Ma nonostante Mirko, quel maggio segnava l'avvicinarsi dell'estate, che era come sempre in prospettiva l'estate migliore della mia vita, considerando come era andata quella precedente, divisa tra lo studio e il farsi beccare in proprietà private altrui.

Trascorrevo i pomeriggi in due modi: o studiando poco e male con Matilde e Viola, a volte con Alessia, nella speranza di evitare debiti, oppure con Sophie, Agne e Viola a cazzeggiare in giro in bici, consumare le altalene scacciando i bambini che volevano salirci, o giocare a Uno urlando come aquile. Ci ritrovavamo spesso nel parco vicino alla capitaneria di porto.

Quando a noi si univa la Bea, che spesso non c'era a causa di continue punizioni da parte di una madre stronza, si finiva per andare al parco vicino alle rampe da skateboard, dove i ragazzi si riunivano a gruppi per dare il meglio nella nobile arte del fare gli stupidi.

Bea e Sophie, in quei casi, davano il meglio di loro stesse. Non andavano ancora di moda le pance nude ma si arrangiavano in altro modo con le magliette e le canotte per attirare l'attenzione dei ragazzi. Io cercavo di stare al passo, cercando di sprigionare tutta la femminilità che avevo, come se fosse un gioco a superarsi. Scherzavamo e ridevamo insieme, facendo battute possibilmente stronze, che non passavano inosservate agli occhi degli adolescenti maschi che frequentavano quei posti. E le battute chiamavano le battute, i ragazzi si sfidavano, e in palio c'erano i nostri sguardi.

E voi mi direte: capirai, le occhiate di una tredicenne, manco fossi Gal Gadot. Intanto per prima cosa fottetevi, e poi comunque non avevo solo lo sguardo, avevo anche le tette, e a quelli di quattordici o quindici anni, se dai loro occhiate e tette, hanno anche più di quello che desiderano, stupidi come sono.

Mi sono sentita Cate mentre pensavo a quest'ultima frase.

Comunque, ammetto che in quel periodo, uscire con Sophy e la Bea era una sfida per me. Pensavamo che nonostante fossimo solo adolescenti, ci erano piuttosto chiare le regole per giocare con la nostra femminilità, per catturare l'interesse degli altri. Ma camminavamo su un filo che ci divideva dal fare delle stupidaggini, e io forse più delle altre due, che avevano pur sempre un anno in più di esperienza.

Viola e Agne, invece, erano diverse. La prima girava con noi per il gusto di girare con noi, preferiva osservare dall'ombra piuttosto che mettersi così in mostra, al massimo si limitava a sorridere in modo compiaciuto quando facevamo le idiote. La seconda si divertiva spronare scherzosamente i ragazzi a fare del loro peggio, ma non mancava di piazzare la battuta quando meno te lo aspettavi, a volte per raffreddare gli animi.

Tuttavia, sebbene Sophy fosse per me nettamente la più carina di noi e quella meglio vestita, era la Bea che portava a casa la massima resa con la minima spesa: in quella ventina di giorni aveva limonato pesantemente con almeno un paio di tizi che già giravano in scooter, e di giri seduta dietro ne aveva fatti parecchi, quando non scontava le pene chiusa in casa e guardata a vista dalla madre carceriera.

«Bea è incredibile. C'è un giorno sì e tre no, e quando c'è riesce sempre a combinare qualcosa. L'altro giorno s'è risucchiata la bocca di Alan così, di botto.»

«Brava lei, si vede che non si perde in ciance con gli ometti» mi aveva risposto Cate, in uno dei pochi giorni in cui mi aveva dato udienza.

«Mi stai dicendo che mi perdo in ciance? Ma io semplicemente non voglio impegnarmi, e sai bene perché.»

Che poi, ogni giorno, questa cosa del non volersi impegnare dopo le pessime esperienze di Clemente e Mirko, dentro di me vacillava.

Le mie amiche non erano proprio le persone più vicine a me in quel momento. Matilde era nel suo mondo letterario e all'esterno della scuola la vedevo solo se ero io a andarla a trovare perchè usciva veramente poco. Cate, nonostante fosse così respingente con i maschi, era fidanzata e ci vedevamo molto meno. Ashley non ne parliamo, pareva che chiunque avesse attorno non valesse la sua attenzione. Fatto sta che in quel finale di anno scolastico, avevo avuto il sentore che l'amicizia con loro potesse farsi molto più complicata. Forse era più semplice avere a che fare con qualche manzetto del circondario.


Cosa ho imparato a Maggio 2009: se molli uno che vuole avere qualcosa da te, metti in conto che dica in giro che l'ha avuto, quel qualcosa



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SPAZIO "DILLO A CHIARA"!

No, dai, seriamente, un giudizio su Mirkino? Io so di non essere imparziale.

Poi, altra cosa: ma vi hanno mai terrorizzat* sull'autobus?

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