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Quando inizia la corsa contro il tempo.
Uh, che figo quando si usano queste frasi da film!
Mercoledì 18 agosto 2010
Ero sdraiata su una panchina della piazzetta, il sole di metà agosto mi scaldava la pancia nuda mentre qualche vecchietto inveiva al bar giocando a briscola. Avevo imparato un sacco di parolacce fantasiose ascoltandoli. Accanto a me, Matilde aggrediva un gelato e con il cellulare in grembo messaggiava Fede.
«Secondo te è troppo tardi per cambiare scuola?» avevo chiesto all'improvviso, rompendo il silenzio. Avevo cercato di sembrare casuale ma boh, secondo me c'ero riuscita veramente poco.
Matilde si era bloccata col gelato a mezz'altezza. «Cambiare scuola? Perché vuoi farlo?»
«Non lo so. Cioè, sì. Anzi, non del tutto. È complicato» ero restata in silenzio per un momento, poi avevo aggiunto «Non voglio passare altri cinque anni con certa gente. E senza di voi.»
Matilde aveva come una specie di fremito. Sapeva quanto mi era costato sopravvivere alle medie dopo tutto quello che mi avevano detto, eppure «Ma non è un po' tardi? La scuola inizia tra venti giorni. Secondo te ti lascerebbero cambiare?»
«Non lo so, ma voglio provare. Voglio vedere se posso andare in classe con voi» avevo detto tirando fuori il cellulare dalla tasca.
Con dita un po' sudate, avevo cercato il contatto della segreteria. Matilde mi guardava in silenzio, le si stava sciogliendo il gelato nelle mani e questo dice tutto su quanto fosse in trepidazione, forse più di me. Il telefono aveva squillato una volta sola e si era attivato un messaggio registrato: «Gli uffici sono chiusi per ferie. Riapriremo il 23 agosto. Per informazioni, consultare il nostro sito."
Avevo abbassato il telefono, fissandolo come se mi avesse tradita. «Chiusi. Ovviamente. È ferragosto.»
Matilde mi aveva appoggiato una mano sulla spalla. «Puoi provare lunedì. Magari c'è ancora tempo. Magari, sarebbe fantastico.»
«E se non ci fosse?» avevo detto, cercando di mascherare la voce incrinata, «Se fossi costretta a restare lì?»
Era evidente che Matilde non sapesse cosa rispondere. Non voleva darmi false speranze, ma non voleva neanche farmi sentire peggio. «Non lo so, Chiara. Ma spero veramente che ci sia, perché se cambi e vieni da noi, giuro, sarebbe...»
Forse cercava le parole più adatte nel suo enorme database, non ho ben capito cosa succedeva dentro di lei quando si incantava.
«Sarebbe una figata assurda» aveva poi detto alla fine, mentre un rivolo di bignolino le colava sulle dita.
«Uh! Matilde che dice le parolacce!» avevo ridacchiato. In cuor mio speravo vivamente di poter cambiare, perché tutti i pezzi del puzzle "Chiara all'Alberghiero" erano andati al loro posto e il risultato era piuttosto deprimente.
Giovedì 19 agosto 2010
Avevo scelto l'alberghiero perchè...
Ma che domanda idiota. Avevo scelto l'alberghiero perchè se abiti a Cervia e non hai voglia di studiare (e non sei un maschio da mandare al Callegari o al Comandini) da sempre, chiunque ti dice «Al massimo andrai all'alberghiero» e quindi io chi ero per invertire quella norma che sembrava eterna?
Non sapevo se era la strada giusta per me, di sicuro era la più percorribile. Magari imparavo a fare la barista e mi prendevano in un bar figo o che ne so, ero in terza media, il mio orizzonte del futuro era al sabato successivo!
Ma più ci pensavo, più sentivo che non mi sarei trovata al sicuro come lo ero stata negli ultimi otto anni. E poi in fondo un po' mi attiravano la psicologia, e il modo in cui le persone pensano e si relazionano. Sì, mi interessavano, giuro. Ecco perché il liceo delle scienze umane non era poi così una scelta fuori dalla mia portata. O sbaglio?
La sera dopo la telefonata alla segreteria, durante la cena, avevo preso coraggio dicendo «Vorrei cambiare scuola e iscrivermi al liceo delle scienze umane.»
L'avevo buttata lì, cercando di sembrare sicura, ma dentro di me tremavo, perché in fondo sapevo che era una cagata cambiare scuola a quindici giorni dall'inizio, per andare a fare qualcosa che i prof avevano sconsigliato durante l'orientamento.
Per un attimo c'era stato silenzio, poi mia madre mi aveva fissata come se le avessi detto che ero incinta (lo sapevo perché avevo guardato tutte le puntate della prima stagione di 16 and pregnant).
«E sentiamo, cosa ti ha fatto cambiare idea così all'improvviso?» aveva chiesto, incrociando le braccia.
Mio padre mi aveva guardata più come guardava la sua squadra di calcio quando prendeva il quarto gol in una partita.
«Mi sono resa conto che le materie che mi interessano davvero, come psicologia e pedagogia, sono al liceo delle scienze umane. Mi sembra un percorso più adatto a quello che voglio f-»
Non avevo neanche finito di parlare che mia madre mi aveva interrotto «Non è che vuoi cambiare scuola solo perché ci vanno Caterina e Matilde?»
Non era solo quello, ma in effetti era anche quello. Ma avevo provato a ribattere «No, non c'entra solo questo. È una decisione che ho preso pensando a tutto, a me stessa e tutto. Non alle mie amiche.»
Ma mio padre aveva scosso la testa «Chiara, queste non sono cazzatine tipo una maglietta o una gonnellina. Lo capisci? Non puoi cambiare scuola ogni volta che non s'accoppia col tuo umore.»
Sì, è vero, avevo avuto tutta la primavera e tutta l'estate per pensarci, ma ci ero arrivata comunque, e lì mi ero sentita come se non mi stessero ascoltando davvero. Pur non parlando del fatto che l'alberghiero mi dava da pensare anche per la gente che c'era, avevo insistito, spiegando che non era un capriccio, ma ci avevo ragionato. Eppure, continuavano a guardarmi come se stessi facendo un capriccio.
«Non se ne parla, il venti d'agosto con le classi fatte, i libri arrivati e quelli ordinati. Ma sei fuori? Saranno trecento euro di libri!» aveva infine detto mio padre.
«Non fatemi il regalo di natale, di compleanno, non fatemi regali per due anni!»
«Chiara ma non ti spostano a quindici giorni dall'inizio! Ma è impossibile! E poi per andare a fare un liceo che te lo hanno sconsigliato in tutte le maniere? Ragiona, santo cielo!» aveva aggiunto mia mamma.
E io non avevo ragionato e avevo iniziato a dire che mi stavano mettendo i bastoni tra le ruote e rischiavano di minare il mio futuro e altre cose. Ovviamente avevamo litigato pesantissimamente e avevo finito per dire che avrei preferito altri genitori a loro.
Lunedì 23 agosto 2010
Subito alle nove di mattina, mi ero attaccata al telefono per cercare di trovare qualcuno nella segreteria della scuola.
Solo alle nove e un quarto avevo trovato una segretaria che forse, per il mio atteggiamento, era stata fin troppo gentile, pur dicendomi «Un cambio del genere, in questo momento, non è banale, le classi sono già composte. Tu volevi spostarti sul liceo delle scienze umane?»
«Sì, sì, esatto.»
L'istituzione del liceo delle scienze umane era una novità di quell'anno lì e le richieste avevano superato le aspettative.
«La classe ha i ranghi molto completi. Temo che non ci sia possibilità per le Scienze Umane in questo momento. Abbiamo classi incomplete nelle sezioni A e B dello Scientifico tradizionale.»
Magari nello stesso istituto, ma non proprio nella stessa classe. Sarebbe andato bene lo stesso. Forse.
«Che si deve fare?» avevo chiesto.
«Ci vuole l'iscrizione, la documentazione prodotta dalla scuola media e il nulla osta del dirigente dell'IPSSAR. Successivamente il nostro dirigente concede il nulla osta per il trasferimento.»
«Ok!» e avevo messo giù senza nemmeno ringraziare o salutare.
Scientifico tradizionale.
«Scientifico tradizionale?! Ma sei sicura?» mi aveva detto Matilde.
«Beh, è sempre nello stesso liceo, sì è diverso ma non troppo diverso» avevo provato a replicare.
«Non saremo in classe assieme ma vicine! E per la matematica posso darti una mano!» aveva specificato.
Quella materia era il mio incubo, in effetti.
La sera avevo parlato con i miei di nuovo, avevo detto che il trasferimento si poteva fare.
«C'è posto allo Scientifico tradizionale, nella stessa scuola!»
«Chiara, ma sei scema?!» aveva alzato la voce mia madre, «lo scientifico tradizionale è imbottito di matematica! La prof di matematica delle medie ci ha sconsigliato in ginocchio di fare qualsiasi scuola che riguardasse le materie matematiche e tu vuoi andare allo scientifico tradizionale?! Ma ripigliati!»
«Ce la farò! Giuro!» avevo guaito, come un cane ferito.
«Senti, va bene assecondare i figli, ma tu stai sragionando. Ti hanno consigliato un professionale, hai scelto un professionale quattro mesi fa. Ora non ti farò spostare in una scuola piena di matematica e latino così, perchè ti sono presi i cinque minuti. Discorso finito. Non voglio passare cinque o sei anni a pagare ripetizioni per diplomarti a calci nel sedere. Ti prego di tornare a pensare con un minimo di serietà!»
Martedì 24 agosto 2010
«Che stronza, tua mamma» aveva detto Cate, «Con tutto il rispetto eh.»
«Mi sa che mi arrendo» avevo detto, molto mesta, mentre lei si faceva i selfie sul letto cercando di inquadrarsi sia la bocca rossettata che il sedere.
«Non è giusto un cazzo, se una vuole fare una scuola, deve poterla fare!»
«Sì ma mica posso andare in ufficio e minacciare quelli che fanno le classi.»
«Posso dirlo a mio padre» aveva buttato lì mentre riguardava le foto.
«In che senso?»
«Beh, dice sempre che fa favori a questo e a quest'altro. Per una volta potrà farlo anche a me, no?»
Suo padre economicamente stava bene, lo sapete. Cate spesso diceva che lui conosceva mezzo mondo e metti mai che conoscesse la persona giusta. Mi ero illuminata.
«Davvero lo faresti per me?»
«Chià, a parte farti rimettere con quel figlio di puttana di Mirko, io per te farei qualsiasi cosa» aveva detto, postando la foto che aveva accuratamente scelto con l'hashtag #nofilter
Tuttavia, per almeno un paio di giorni, non aveva nemmeno avuto il coraggio di parlare al padre perché Cate di lui aveva molta soggezione, a tal punto che quasi non riusciva a comunicare quando si andava oltre questioni di ordinaria amministrazione.
Io di solito non ero così pressante, ma non potevo non chiedere a che punto fosse. Circa quattro volte al giorno, tanto che a un certo punto lei si era anche un po' agitata e mi aveva scritto che non dovevo disturbarla troppo, solo che aveva usato termini molto più coloriti.
A me non andava di uscire, non andava di fare nulla. Mi era venuta una di quelle fasi di fissa ossessiva che possono venire solo alle persone adolescenti: ansia che ti divora, pessimismo che si alterna con l'ottimismo alla velocità della luce, incapacità di concentrarsi su null'altro che quello.
Mi aveva messaggiata anche Mirko dicendomi Sul serio cambi scuola adesso?
Sì così magari non ti vedo 😛
Mirko: Al liceo ti asfaltano
Mirko: Ti tocca fare i regalini ai prof 🍆😮
Mirko: Meglio se stai all'alberghiero
E invece Cate mi aveva detto che suo padre, pur sbuffando e dicendo che non aveva tempo per quelle stupidaggini, aveva rimediato un appuntamento con il preside per martedì successivo.
Cosa ho imparato fino al 24 agosto 2010: l'offerta formativa, quando hai quattordici anni, non è l'unico aspetto da valutare bene nella scelta della scuola
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