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Quando Mirkino mi sta ancora addosso ma poi Sophie finisce
gli esami di terza e ci ritroviamo tutte fuori la sera (non "fuori" come pensate voi!)
Sabato 4 luglio 2009
Mi ero lasciata un po' così con Cate, e avevo evitato di andare al mare da lei. Non sapevo nemmeno bene perché, ma evitavo e punto. A mia mamma dicevo balle varie pur di poter andare in giro comunque per i fatti miei. Dicevo che andavo a casa di Viola dove mi aspettavano lì anche Edo e Andrea, poi me ne andavo dove mi pareva.
Adesso voi direte che sono idiota, ma da quando la mia amica del cuore aveva tirato fuori l'argomente ero andata a beccare alcune volte il gruppetto di Mirkino, che si vedeva sempre vicino allo skatepark scrauso attaccato al canalino. Mi piaceva stare lì, mi piaceva il fatto che mi stavano attorno e non erano bambocci come Edo e Andrea, e se pensavano a toccarmi le tette, non solo si facevano tanti problemi a dirlo, ma lo dicevano in maniera più piacevole.
Sempre se Mirkino non si arrabbiava.
Ecco, qui stava il punto: mi sentivo tranquilla, perché Mirkino doveva riconquistarmi e quindi non poteva fare stupidaggini, e nello stesso tempo lui garantiva per me. Nessuno avrebbe fatto niente di sbagliato.
«Chia, dai rimettiamoci insieme» mi aveva di nuovo chiesto nei primissimi giorni di luglio, «Ti giuro, smetto le cazzate.»
«Mirko, io sono andata in presidenza al posto tuo, ricordatelo.»
«Ma ancora con quella storia? Sei te che facevi la troia con lui.»
«Bravo, con quella parolina ti allungo l'agonia almeno di un mese» lo avevo freddato.
Che poi, vedete quanto si può essere sceme? Per una frase del genere avrei dovuto dargli un calcio in bocca, ma non ci riuscivo, era più forte di me.
«Ma sei proprio una piccola stronza del cazzo. Sai quante ne trovo come te in giro?»
«Sì, lo so: zero» avevo risposto, facendo il tondo con pollice e indice.
Dissing. S'era messo a ridere e mi aveva strizzato una chiappa, quello glielo facevo fare, in fondo a me piacevano le sue mani. E mi ero persino permessa di scattarci un selfie mentre facevo la faccia idiota. Con il suo cellulare, ovviamente: aveva un iPhone 3G, e mi faceva tanto girare le palle perchè costava tipo cinquecento euro.
«Stasera è la Notte Rosa. Non mi dirai che non vai da nessuna parte» mi aveva chiesto poi.
In quei primi giorni di luglio oscillavo tra la voglia di rimettermi con lui e quella di farlo soffrire più di quello che facevo. Mi dava fastidio che si fosse comportato in quella maniera egoista con me, e mi dava fastidio che le altre pensassero che fossi succube di lui. Ma nello stesso tempo il suo carisma mi faceva morire: aveva quattordici anni ma teneva a bada gente che ne aveva un paio più di lui, con quegli occhi neri come la notte, non sapevi mai cosa poteva fare.
Era un tipo manesco? No, in realtà no. O forse sì. Vabbè, non guardavo quelle cose. He he he.
«No, non faccio niente stasera» avevo risposto, così di impulso.
Si era messo a ridacchiare, dicendo che non ci credeva. Io ero rimasta ferma sulle mie posizioni e quella sera avevo festeggiato il "Capodanno della Riviera" con un gelato alla fragola (rosa) e una lunga dormita.
Sabato 11 luglio 2009
Le cose accadevano a velocità talmente elevata, in quei giorni, che se ci ripenso ora non so bene neppure quanti giorni erano passati tra il ritorno della mia amica del cuore e quello di Sophie, perché i suoi esami erano finiti e lei era libera e felice come una farfalla. Cit. Lines Seta Ali.
La prima sera che ci aveva dato appuntamento al negozio dei suoi, io e Cate avevamo aspettato un po' lì fuori in attesa che la mamma le desse il via per uscire. Parlavamo del più e del meno quando era passato un gruppetto di tizi che conoscevamo di vista perché si allenavano in una qualche arte marziale nella palestra a fianco a quella della ginnastica.
Uno, un ragazzo nemmeno tanto alto ma biondo oro, un po' scemo ma simpatico, mi aveva inquadrato e era riuscito a trovare nella sua mente angusta anche la cartella con il mio nome.
«Ehi, Chiara!» si era sbracciato, e subito la piccola mandria si era diretta davanti al negozio, increduli di poter attaccare bottone con delle ragazze così facilmente.
«Oh, che fate qua?» avevo chiesto, nel disperato tentativo di ricordarmi come si chiamava. Disperato e vano.
«Ci facevamo un giro, così, cazzeggiamo» poi dopo un attimo in cui si erano viste chiaramente le sue tre rotelle girare furiosamente, aveva partorito uno stentato «Voi che fate?»
«Aspettiamo una nostra amica» aveva tagliato corto Cate.
«Aspettate Ash anche voi?» aveva insistito lui.
Morale della favola: era arrivata Ash, quasi annoiata del fatto che doveva passare la serata con gente come noi, e con lei c'erano ovviamente Luna e Viola.
A quest'ultima avevo riservato una occhiata amichevole, giusto per farle capire che, ok, eravamo state a così dal baciarci, ma non è che io volessi chiudere per quel motivo scemo una amicizia.
Ah, a proposito, il tipo si chiamava Diego.
Mi ricordo quella deprimente sera a Milano Marittima come se fosse ieri. Avevamo deciso semplicemente di fare una passeggiata in centrissimo attorno alla rotonda, per poi andarcene verso il minimarket vicino alla chiesa, godendoci la confusione e lo scintillio di quel centro tirato a lucido.
Ma Sophy aveva ben rappresentato quella serata con la sua faccia annoiatissima nel momento in cui aveva finto clamorosamente una chiamata e se ne era andata limitandosi a dire che la madre aveva avuto un problema al negozio. Il motivo era presto detto: l'incessante borbottio di Ashley.
Spiego: noi ridevamo e scherzavamo cercando di accontentarci del gruppetto di Diego. Era ovvio che non fossero proprio i meglio maschi dei nostri sogni, tanto dei maschi delle medie ho detto in lungo e in largo, ma alla fine erano persino di compagnia. L'unica mia preoccupazione in quel momento era che non piombasse Mirkino a spaccare i denti a nessuno, ma lui era a fare il boss della gang da tutt'altra parte.
Ashley, invece, non faceva altro che parlare con noi ragazze di quanto fossero noiosi e disagiati i nostri coetanei. In tono quasi cospiratorio, aveva fatto diversi riferimenti al suo "rapporto speciale" con il tizio che aveva conosciuto online. Ero letteralmente infastidita dal suo cercare l'ammirazione delle altre per 'sta cazzo di relazione virtuale che la faceva sentire la Principessa.
Quando aveva guardato con sufficienza un negozio dove c'erano alcuni modelli di Brandina, aggiungendo che lei preferiva le borse classiche tipo Gucci, e che probabilmente sarebbe stato il suo regalo speciale di compleanno, facendo intendere che ci avrebbe pensato il laido adulto, mi ero un po' rotta le scatole.
«Non capisco perché ce la tiri così lunga,» le avevo detto, nascondendo a fatica la frustrazione per le sue chiacchiere, «se te la fai con un tizio grande su internet che pende dalle tue labbra.»
Ashley aveva abbandonato le borse di tela e mi aveva fissato con uno sguardo gelido. Forse non sapeva nemmeno che ero a conoscenza della storia, ma in quel momento non le interessava.
«Tu non capisci niente» aveva detto con sufficienza. «Non "me la faccio" con lui. Lui mi fa sentire così importante, così unica. Non è come gli altri ragazzi della nostra età, è diverso, speciale. Se ti accontenti di questa marmaglia è normale che tu non possa capire. Punto.»
Che non la potessi capire era da vedere. Mi bastava gettare un occhio a ciò che mi circondava: maschi adulti che magari attendevano mogli o compagne fuori dai negozi di abbigliamento, che ci leccavano letteralmente con gli occhi. Qualcuno, libero da impegni sentimentali, si permetteva persino di fare qualche battuta simil-simpatica su dove pensavamo di andare a ballare, offrirci un aperitivo. Sophie aveva valigie intere di aneddoti di uomini che, nel negozio, avevano fatto o detto cose assolutamente riprovevoli a lei che magari di anni pareva averne sedici, ma era pur sempre abbondantemente minorenne.
Viola e Luna erano chiaramente della mia stessa idea, ma non avevano comunque fiatato: bastava guardarle negli occhi per capire che di quel misterioso interlocutore ne avevano le tasche piene come me. Cate invece mi aveva sconvolto: sembrava in qualche modo interessata a sapere da Ashley le dinamiche della sua presunta "relazione speciale".
Cate, che imbecille! Così io che non potevo fare a meno di preoccuparmi per Ashley, avevo finito per pensare di dover raddrizzare anche Cate. Mentre le altre ragazze si arrangiavano a farsela passare in qualche modo, la mia mente vagava tra pensieri abbastanza cupi. Mi ero chiesta se Ashley si rendesse davvero conto dei casini che si portava dietro l'avere a che fare con adulti online.
La serata non era proprio finita con un clima teso. Diego e gli altri ci avevano portate a fare un giro in risciò e alla fine, facendo gli stupidi, avevamo fatto le ore di coprifuoco. Peraltro, non per far polemica, ma noi avevamo il coprifuoco, i maschi no.
Cosa ho imparato fino all'11 luglio: che l'amore virtuale delle volte ci rende più cieche dell'amore faccia a faccia
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