Le conseguenze dei coltelli
Quando Cate scopre di avere un potere fantastico da cui non si separerà più
Giovedì 26 febbraio 2009
Inutile dire che la storia del coltello aveva fatto il giro dell'universo in un batter d'occhio. Lei, così scostante, silenziosa, appartata eccetera eccetera, se ne era uscita con un'arma bianca degna di un anime nipponico. Questo faceva molto stridere con la figura che lei stessa, in tutti i modi, aveva contribuito a costruirsi.
La persona più sgradevole che era rimasta colpita da questa vicenda era stato Fede Lontani, un tipo un po' tracagnotto con dei capelli castani a spaghetto che aveva come unico punto in comune con Cate le Allstars nere e che aveva un morboso interesse per i coltelli dato che il padre, assieme ad alcuni amici, si faceva alcuni salumi artigianalmente in un capanno di campagna dalle parti di Via Stazzone. Per lui non c'era nulla di più divertente che immaginare di infilare qualcosa di appuntito e tagliente dentro della carne.
Fede, che aveva iniziato a chiamarla Chef Tony come vaga presa in giro per via delle lame, l'aveva stuzzicata lungamente, chiedendo di poter vedere il coltello per capire se era un oggetto serio o qualcosa di vecchio, arrugginito e inservibile.
Non ottenendo molte risposte, aveva fatto l'errore di cercare di toglierle le cuffie, domandando cosa ascoltava di così importante per non dare ascolto a lui, il King delle Blades della School.
E il risultato era stato, uhm, come dire?
Deflagrante.
Aaron, Fede, ma anche Ludo, pur essendo poco più che bambini, avevano comportamenti da tizi a cui va portato rispetto. Di contro, non avevano molto rispetto di Cate, che da sempre prendevano in giro per il look, l'atteggiamento solitario, e per quello che ascoltava. Ma non tanto per la qualità della musica quanto per l'aspetto esteriore di certi artisti.
Lei li aveva ignorati fino a che loro erano entrati, senza permesso, nella sua bolla. A quel punto aveva reagito come si direbbe ora, overperformando.
Già era girata male per un voto non emozionante in matematica, rimediato nonostante avessimo veramente studiato, fatto sta che si era concentrata su Lontani, reo di averle scoperto un padiglione auricolare.
«Non ti azzardare a toccare le mie cuffie, nano in sedici noni» lo aveva attaccato facendo sibilare le parole, come frustate.
Qualche «Oh» tra il serio e il divertito, aveva fatto da colonna sonora.
«Nano a chi, che sei alta un metro e un cazzo!» aveva replicato lui, usando una metafora che aggiungeva un tocco di sessuale.
«Quindi un metro esatto, se parliamo del tuo.»
Voi non potete capire cosa aveva prodotto quella risposta. Lontani era una pentola a pressione perché non aveva trovato immediatamente la battuta per replicare. Ludo, scansandolo nel tentativo di disinnescare la rissa verbale, gli aveva dato del coglione e gli aveva detto di farla finita. Ma lo aveva detto ridendo un po' troppo e la Cate lo aveva appeso al muro dicendo «Con tutta quella cazzo di ferraglia in bocca, riusciresti a disturbare anche i segnali di Radiomaria.»
La Bea si era rovesciata dal ridere.
Giovedì 5 marzo 2009
Il dono, che più avanti Matilde avrebbe definito scherzosamente "Dono di nostro Signore", era la capacità di zittire i maschi, con una ferocia che voi non potete immaginare. Uscita dalle candide aule delle scuole elementari, dove certe brutture non dovevano essere dette pena la convocazione dei genitori, Cate aveva sprigionato tutto quello che aveva dentro, trasformandosi improvvisamente in un demone capa
ce di vincere il più arduo dibattito sulle cose della vita.
Buffo che sia stato tutto merito di Lontani, che le aveva rotto le palle per toglierle le cuffiette, chiamandola Chef Tony.
Non è cambiata, anzi, se è possibile è pure peggiorata, ma all'epoca questo suo lessico da strada strideva su quella ragazzetta minuta e all'apparenza dimessa se non vagamente imbronciata, vestita prevalentemente di nero.
Era come, che ne so, sentire ruttare Hello Kitty.
La settimana dopo, aveva avuto modo di sprigionare di nuovo il suo potere. La questione era legata al ruolo di maschio Alpha nella nostra classe classe: questo appellativo, per tutta la prima metà della seconda media riservato a Aaron, era stato messo in discussione sempre più spesso da Gabri, che stava crescendo a suon di calcio di periferia e legnate del padre.
Il fatto è che quei due non riuscivano ancora a fronteggiarsi apertamente e lasciare stare gli altri, per cui finivano a misurarsi da lontano, come dire, "per interposta persona". Gabri di solito tormentava Andrea Cantore e Lorenzino Mussoni, rei di non essere particolarmente sviluppati fisicamente. Le battute che riservava loro andavano dal "Nano" al "Gay" con disinvoltura, specialmente se era girato male per colpa dei voti. Il suo principale collaboratore era sempre il fido Tommaso Circe con cui condivideva la fede calcistica che non ricordo nemmeno.
Aaron preferiva tormentare le femmine, con il duplice effetto di sentirsi capobranco e compiacere la sorellina. I suoi bersagli principali erano la Marty, che non era una cima e in più aveva sempre quel disperato accento romagnolo a cui abbinava lo smodato uso di "Diobbò" come intercalare; e Viola, che era una delle due amiche storiche della sorella, ma era la più minuta, forse un po' frivola, o forse semplicemente quella un po' più emotiva, quella che faceva vedere di più che certe frasi la ferivano.
Bella merda, eh? Benvenuti alle medie!
Ma quel giorno il buon Aaron aveva scelto di cambiare, forse perché Viola era assente, e aveva provato a buttare qualche battuta a Cate, cercando di sembrare altezzoso, o per lo meno autorevole per ribadire il suo ruolo di maschio Alpha, e farla passare, tanto per cambiare, per bimbetta emo modaiola.
Ma la Cate non era Viola: quel giorno, alla seconda battuta, senza nemmeno togliersi una cuffietta, si era chinata e con fare teatrale aveva fatto finta di raccogliere qualcosa di molto piccolo, soffiandoci sopra e allungando le dita verso Aaron.
«Ti è caduto l'unico neurone. È un po' impolverato ma funziona ancora.»
Lui non l'aveva capita. Un paio di suoi amici sì, ed era sceso il gelo. La Collinelli tratteneva le risate. I maschi stavano cercando di pensare a una risposta soddisfacente, ma sembravano bloccati, come se qualsiasi cosa avessero detto, si sarebbe potuta ritorcere contro loro stessi.
Cate aveva vinto in una mossa, ed era stata solo la prima di una serie di "vittorie" oratorie. La voce del trattamento che aveva riservato al povero Aaron, anche grazie a Gabriele che aveva raccontato in lungo e in largo la scena, aveva rapidamente valicato la classe ed era arrivata anche altrove. Un paio di ragazzi, ex compagni dello stesso Aaron, erano venuti a trovarci semplicemente per provocarla e vedere cosa combinava. E poi era stata la volta di altri maschi di terza, che si divertivano a credere di "bullizzare" i primini facendo semplicemente "buh".
In realtà non era bullismo, quello, era mettere spavento. Il bullismo, in quella scuola era ben altro e ce ne saremmo poi accorte.
Tuttavia la Cate in quel momento, per il suo aspetto piuttosto inconfondibile e per la sua inaspettata aggressività, era il loro bersaglio e le sue risposte non tardavano molto. E se non c'erano professori in vista, lei ci aggiungeva sempre una selva di termini blasfemi che avrebbe fatto impallidire anche un oste veneto.
La più memorabile era stata con un giuggiolone di seconda, bocciato l'anno prima per disperazione, che la provocava con dei termini osceni in arabo e in albanese, imparati da amici simpatici o suggeriti sul momento dalla teppa che aveva alle spalle e che si era radunata per vedere come andava. Non solo lei li conosceva pressochè tutti, ma aveva corretto loro la dizione, e aveva chiuso con «Ti presto cinque minuti della mia intelligenza per capire quanto sei idiota.»
Per tutti, la Cate, da Bimba Emo era diventata Miss Dissing.
La sua sterminata conoscenza di termini osceni proveniva dall'abitudine del padre di fare almeno un paio di cose contemporaneamente, tra cui ascoltare il telefono in vivavoce. Ciò che dicevano i suoi operai, quando lo chiamavano agitati perché qualcosa non andava bene, non era propriamente il breviario di Don Abbondio. E lui non rispondeva con gli Atti degli Apostoli.
La Cate poi, che su internet poteva fare quello che voleva, aveva fatto le sue ricerche, imparando significati, varianti, versioni in lingua straniera. E tutto quel magazzino di termini, anche se molto più avanti, aveva finito per esserci utile persino quando parlavamo di ragazzi. Perché a me piacevano, pur essendo dei decerebrati.
O meglio, mi piacevano di più i fighi delle serie, ma siccome avevo capito che ero ancora troppo nanerottola per destare l'attenzione di gente che vedevo solo in uno schermo, mi accontentavo di quelli delle medie e dei meno criminali dell'alberghiero.
Ah l'alberghiero. Stupidi come pochi (vedi Clemy) ma quando era ora di toccare, il loro allenamento sulla pasta all'uovo in cucina tornava un sacco utile, a dire la verità. Ma magari ne parlerò più avanti.
Cate diceva cose terribili dei maschi delle medie, a parte quelli apparentemente più macilenti e malinconici. Eh sì, i nostri universi non si toccavano molto in quel periodo.
Ma tutta quella ferocia da parte di Cate, era terribile per Ashley. Le avevo dapprima rubato la scena, poi le avevo appioppato la mia amica dall'aspetto semi-spettrale vestita perennemente di nero, che alla fine le aveva insultato pesantemente il fratello, oltre a tutti gli altri del circondario. Eh dai, anche a me sarebbero girate le scatole, figurarsi lei che aveva bisogno come il pane della gente che la guardasse.
Ne avevamo parlato un tardo pomeriggio, in maniera molto tranquilla.
«Cate non sa trattare con la gente. Scoppia per ogni cosa» aveva detto, quasi rassegnata.
A me divertivano i suoi fuochi d'artificio, perché in fondo facevano ridere e a volte, se non spesso, persino chi veniva insultato non poteva fare a meno di ridacchiare, ma mi ero limitata a rispondere «È vero.»
C'erano alcuni tipi poco più grandi di noi che giocherellavano con un pallone di gomma nello spiazzo tra le scuole elementari e il supermercato in Viale Roma. Lei non li perdeva di vista.
«Senti, a me dispiace tantissimo perché è una tua amica» mi aveva detto sospirando, «ma non è che tutte le volte che si avvicina uno, può fare così. Finisce che sembriamo il gruppo delle lesbiche incazzate.»
«Eh, in effetti» avevo abbozzato, forse più imbarazzata che dispiaciuta. Non mi andava di passare per lesbica.
«Io... preferirei che evitassimo di averci a che fare. Se vuoi continuare a vederla ovviamente sì, nel senso che non direi mai a nessuna "smetti di vedere quella". Tanto poi tu hai pure il moroso. Però con noi no. Per favore.»
E io l'avevo presa anche troppo sul serio.
Cosa ho imparato in conseguenza dei coltelli: che togliere le cuffiette a chi sta ascoltando musica è tipo come l'effetto farfalla.
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SPAZIO "DILLO A CHIARA"!
Che casino a primavera della seconda. La gente tende a vedere le cose o bianche o nere, e le amicizie finiscono per essere messe in discussione per questi motivi.
A proposito, ma alle medie, qual è la cosa più pericolosa che hanno portato a scuola?
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