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Febbraio 2010

Quando facciamo un regalo a Viola
e lei ci improvvisa una festa di compleanno


Lunedì 8 febbraio 2010

Matilde con uno scatolone infiocchettato con su scritto "Per Viola" e dentro c'era qualcosa di misterioso fatto con delle tazze vecchie. Si era presentata a casa di Viola, scortata da Cate, e aveva lasciato il pacco con un po' di imbarazzo.

«Questo è un pensiero per te, per farti capire che ti vogliamo bene.»

Era a firma di Ashley e Luna, io, lei, Cate; Romina, Aura, Alessia, Gaia, Noemi, Emma. E Lorenzino Mussoni.

Sapevamo di cosa si trattava, e non sapevamo in realtà quale sarebbe stata la reazione della destinataria, sicuramente era una cosa simpatica e sicuramente era una cosa che costava poco.

Sì, perché avevamo composto una specie di orto delle erbe, con Matilde che si era esibita in una progettazione degna di Vivai Scarpellini, quello delle piante prima di Cesena.

«Ragazze, io ce l'ho messa tutta» aveva detto, quando ci aveva mandato in chat la foto delle dodici piantine, e poi era scoppiato un vero e proprio putiferio quando avevamo dovuto decidere chi doveva rappresentare cosa.

«Io prendo la Maggiorana, simbolo di bontà» aveva detto Matilde, prima dell'inizio della battaglia. Ma la ferocia con cui ci eravamo contese soprattutto il basilico, simbolo dell'amore, e l'alloro, simbolo della sapienza aveva fatto veramente degenerare quella discussione.

«Senti ma perchè non hai messo anche la maria, simbolo di allegria?» aveva chiesto quella stordita della Collinelli, e a quell'ennesimo gradino sceso nella scala della dignità, la rappresentante di classe, Gaia, per una volta nella sua vita aveva fatto veramente la rappresentante, rinunciando volontariamente alla menta, simbolo di sobrietà e proponendo di tirare a sorte. Pur con i musi lunghi avevamo accettato.

Il risultato era stato il seguente:

Rosmarino, positività. Ashley (contumace)

Santoreggia, amore. Lorenzino Mussoni.

Menta, sobrietà. Luna (contumace)

Salvia, salute. Romina.

Maggiorana, bontà e conforto. Caterina.

Timo, operosità. Gaia.

Basilico, eleganza. Alessia (tra le proteste generali)

Origano, consolazione. Io.

Prezzemolo, prosperità. Aura.

Erba cipollina, protezione. Matilde.

Rucola, fertilità. Noemi.

Alloro, sapienza. Emma.

Il giorno dopo Viola era arrivata con passo circospetto, si era avvicinata a Matilde che, tanto per cambiare, leggeva qualcosa che non mi ricordo nemmeno cosa. Le due si erano scambiate un paio di battute, la mia amica aveva fatto un sorriso un po' imbarazzato ed era tornata a leggere. Quando avevo incrociato il suo sguardo, aveva sorriso anche a me e aveva alzato indice e medio in segno di vittoria.

Quella stessa sera avevamo fatto uno stranissimo compleanno improvvisato in pizzeria, con Ashley, Luna, io, Maty, la Cate e alcune di quelle che avevano contribuito al regalo botanico.

Avevamo passato gran parte della sera a prenderci per il culo a vicenda sugli abbinamenti tra le erbe e le personalità, per poi costringere Lorenzino Mussoni a un quarto d'ora di puro imbarazzo: dato che era il simbolo dell'Amore, doveva scegliere a chi donare il suo sentimento.

Non ho mai visto un maschio così in difficoltà come quella sera, tra otto ragazzette inferocite che, nella vita di tutti i giorni, non lo cagavano pari, e che invece in quel momento si scannavano per diventare la reginetta dell'orto aromatico.

Alla fine avevo abbracciato anche Ashley e Luna, dicendo che dovevamo organizzare qualcosa per l'otto marzo.

Era un sacco di tempo che non mi divertivo così, facendo cose semplici come mangiare una pizza e dire idiozie.

Troppo spesso ci dimenticavamo di avere tredici anni.


Mercoledì 10 febbraio 2010

Voi potete anche non crederci, ma il giorno dopo c'erano due messaggi nella scatola del Safe Space.

La prima era di Martina, una nostra compagna, che si lamentava per non essere stata invitata al compleanno, unica delle femmine della classe. Che nervi! Non aveva risposto a tre e dico tre messaggi sul regalo, e interpellata a voce aveva detto «Dai vi faccio sapere» e non aveva detto un cazzo!

Ma viveva nel suo mondo fatto di tutorial per le unghie, che colpa avevamo noi?

Invece Matilde s'era precipitata a parlarle, s'era pure scusata per non aver fatto un ulteriore tentativo di contattarla. Due sorrisi e quella era tornata a bazzicare su youtube sui canali di nail art.

L'altro bigliettino era di Luna, che diceva semplicemente "Sento che non sono in grado di essere una buona amica". E qui avevo chiesto di occuparmene personalmente.

«Non fare casini, ti prego» mi aveva scongiurato Matilde, guardandomi con gli occhi a fanale.

«Ma scherzerai?» avevo replicato, offesissima.

E infatti ero stata perfetta. Avevo incontrato Luna prima che iniziassero i suoi allenamenti con la scusa di studiare in biblioteca. Come mi aveva spiegato Matilde, per prima cosa l'avevo abbracciata e le avevo detto che eravamo in un safe space, e nessuno l'avrebbe giudicata.

«Dai, spara Lu.»

Tormentandosi le mani appoggiate al tavolino, in una stanza per il momento vuota, aveva attaccato con mille titubanze.

«Oggi mi sento come un fantasma, invisibile e senza voce. Sento il peso di questa cosa, e lo sento qui nel petto. Chia. È strano come io riesca a vedere cosa mi succede, eppure non riesco a fare nulla per cambiarlo. Nulla» aveva buttato fuori, senza nemmeno guardarmi, ma poi aveva alzato lo sguardo, «So di essere una ragazza senza iniziativa. Lo so, Chia, lo so fin troppo bene. È come se fossi bloccata in questo limbo.»

«E infatti hai fatto bene a scrivere. Vedi? Non sei già più nel limbo» le avevo risposto cercando di farle vedere il lato positivo.

«Non è così semplice. Io. Io ho... paura di perdere l'unica vera amica che ho, Ashley. Lei è tutto per me, l'unica certezza in questo mare di incertezze. So che verrò a scuola con lei, tornerò a casa con lei, magari andrò a danza con lei se ricomincerà. Ma allo stesso tempo, non riesco ad aprirmi ad altre persone, fare nuove amicizie. È come se fossi intrappolata in una bolla.»

Bolle, limbi, mari di incertezze. Non potevo certo dire che avesse molti punti fermi. La sua amica Ashley dalle vacanze di natale non era più tornata in palestra e forse era uno dei motivi che aveva spinto Luna a mandarci quel biglietto.

«E la cosa peggiore è che, dai, lo sai» aveva continuato, senza però voler aggiungere altro.

«Il pedofilo.»

«Sì. Ho visto come si è legata a quel tizio online, quella persona. Molto. Più. Adulta di noi che le sta.» e poi si era bloccata.

«Le sta cosa? Lu, ma le sta facendo del male? Cazzo» mi era sfuggito.

«Ashley è diventata intrattabile su questo, non vuole parlarmene. Ma io lo sento, lo sento perchè siamo sempre insieme: le risposte secche, il disinteresse per... per tutto! E le sue occhiaie sempre più profonde. E anche il fatto che evita il mio sguardo quando le chiedo qualcosa.»

«Io vorrei essere abbastanza coraggiosa da affrontare la situazione, da essere lì per Ashley. Invece io-»

Aveva iniziato a singhiozzare leggermente.

«Perchè io... io sono così, è questo il mio destino» aveva ripreso tra i singhiozzi, «Sono un'ombra che la segue. Non prendo mai la guida, nemmeno della mia vita. E quando lo trovo il coraggio di rompere questa catena? E trovare la mia strada? Penso continuamente che se trovo la mia strada poi, finirei per lasciarla da sola, con quel-»

«Quel pedofilo, chiamalo con il suo nome.»

«Chia. Non è facile.»

«Certo che è facile!»

E così era uscita la vera storia: Ashley, Viola e Luna, assieme, avevano fatto varie sessioni dentro le Room IRC, avevano trovato qualche tizio che era sembrato simpatico, ma quel gioco era sempre finito con il tizio che chiedeva contatti o voleva foto possibilmente con pochi vestiti.

Era stato chiaro da subito, a tutte e tre, che quello era un giocare col fuoco, con tizi che chiedevano contatti per mandare immagini di sé stessi, incitando loro a fare la stessa cosa. Era andato tutto bene fino a che non si erano imbattute in quel personaggio che senza domandare nulla di indiscreto, le aveva lavorate ai fianchi. Solo dopo un paio di settimane, quando ormai le ragazze e il tipo avevano chattato diverse volte, di temi più o meno personali, Viola e Luna avevano capito che si stava andando troppo sul personale. C'erano state un paio di discussioni in cui Viola aveva detto che non si divertiva più in quel gioco.

Ashley, che era quella che teneva la tastiera in mano, si sentiva chiaramente al centro della scena e non voleva mollare, e Luna, da amica fedelissima che non voleva incrinare l'amicizia, l'aveva appoggiata, di fatto creando una spaccatura. Viola s'era un po' svincolata dalle altre due.

Ma il tizio sapeva cosa stava facendo: adulando Ashley, l'aveva portata a sentirsi con lui anche da sola, e questa di fatto aveva chiuso fuori anche Luna da quella storia. Alla fine il loro trio girava assieme ma un po' controvoglia, e quello che avevo detto a Ashley a luglio, pur avendola infastidita, forse non era del tutto falso.

Forti di quello che avevamo detto sia io che Sophie, Viola e Luna avevano di nuovo provato a tirare via Ashley da quella situazione, inutilmente. Viola si era definitivamente allontanata da loro e forse, anche a causa di quello che era successo con me, e sulla brusca chiusura causata dal compleanno di Ludo, si era ritrovata a chiudersi in sé stessa.

Luna, rimasta nel famoso limbo, aveva scelto di rimanere aggrappata a Ashley, vedendola ogni giorno sempre più distaccata dalla realtà. Anche i genitori di quest'ultima se ne erano accorti, cercando di richiamarla all'ordine, limitandola nell'uso del computer, con lui che si era agitato.

«Quando ha provato a dire che voleva prendersi una pausa, lui ha iniziato a dire che non avrebbe retto, che sarebbe impazzito, che il suo amore non poteva reggere la lontananza» aveva concluso Luna, «E Ash c'è tornata dentro. Forse ha avuto paura che lui facesse un casino. E le ho detto di lasciare stare, che era qualcosa di tossico. E poi non so, è dalle vacanze di natale che lei ha detto che ne devo stare fuori, definitivamente. Io ne sto fuori, ma è tremendo vederla così.»

Che mondo di merda.

«Però ti prego non dirlo a Ashley!»


Cosa ho imparato a Febbraio 2010: che a tredici anni troppo spesso ci si dimentica di avere tredici anni


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