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Febbraio 2008

Dove litigo un po' con mia mamma ma niente di che.
Mi avvicino alle ginnaste e litigo un altro po' con mia mamma.


Martedì 29 gennaio 2008

E poi era successa una cosa che facevo pure fatica a crederci. Fissavo lo schermo del mio telefono con un misto di sorpresa e indecisione mentre leggevo il messaggio di Viola:

Hey Chiara! Stiamo organizzando una serata al cinema questo sabato. Sarebbe il mio compleanno ma non faccio una vera festa. Ti va?

Un brivido di incertezza mi era corso lungo la schiena. Viola, una delle "ginnaste". Non potevo certo dire di conoscerla davvero bene. Sempre a ridere, sempre a scherzare, ma sapevo che dietro quei sorrisi c'erano spesso pettegolezzi e piccole cattiverie. A loro modo anche loro erano stronze. Anche loro ad esempio scherzavano molto sulla deriva emo di Cate e, ne ero sicura, facevano battute su Matilde.

Ma era un momento di merda, con mia mamma che mi stava sul collo perché stava finendo il quadrimestre e mio padre che faceva la sua parte chiedendomi tutte le sere una specie di resoconto su quello che stavo combinando a scuola. Io cercavo di spiegare che i professori ce l'avevano chiaramente con me, ma questa motivazione non bastava mai, per loro. Passavo da una punizione all'altra, sempre più seppellita nella mia camera in mezzo a maligni libri di testo, mentre le mie due amiche di vecchia data sembravano sempre più distanti. Una volta era Matilde con la cugina, una volta Cate col Pitbull, una volta io in punizione perchè quella bagascia della prof di scienze mi aveva dato cinque nell'interrogazione immeritatissimo. Non ci beccavamo mai e anche in classe non era facile con quella moda di merda di assegnare casualmente le coppie di banchi.

Dopo aver riflettuto per qualche istante sulla richiesta di Viola, avevo deciso di accettare l'invito. Forse ero io che mi sentivo più sola, forse pensavo che fosse il momento di dare loro una possibilità, di cercare di instaurare un legame più profondo. Magari stavano cercando di non essere il solito gruppetto ermetico, proprio come eravamo state noi, prima di disgregarci davanti alle difficoltà delle medie.

Che andiamo a vedere? avevo risposto, chiedendomi cosa potesse esserci in programmazione, che non avevano ancora visto.

E lei mi aveva sorpreso scrivendo "Scusa ma ti chiamo amore", un film che pensavo fossero andate a vedere il giorno dell'uscita. Sgomitando come se ci fosse il buffet gratuito.

Avrei potuto chiedere di portare con me Cate o Matilde, ma la prima mi aveva nettamente detto già nei giorni precedenti all'uscita, che non sarebbe andata a vedere «una stronzata di film smieloso» e la seconda era per tutt'altro genere. Così ero andata senza contattarle.

Quel sabato sera, mentre mi preparavo per l'uscita, un po' mi ero cagata sotto. Avrei davvero potuto essere una loro amica? Mi sarei sentita a mio agio? O sarei finita per fare da bersaglio per le loro lingue biforcute?

Alla fine, quando mia mamma mi aveva scaricato davanti all'UGC, sbrigando le solite formalità con le altre madri, le altre tre mi avevano sorriso sinceramente, aggiungendo un abbraccio e un paio di baci a testa. Mi ero sentita un po' più leggera, un po' meno sola.

Forse, avevo pensato mentre entravamo insieme al cinema, stavo facendo la cosa giusta. E forse quelle tre ragazze, nonostante i loro difetti, potevano diventare proprio quello di cui avevo bisogno.

Male che vada mi sarei gustata quel bonazzo di Raoul Bova.


Domenica 17 febbraio 2008

Non era andata male. Erano un po' autoreferenziali ma si sfangavano bene. Ashley chiaramente la faceva da padrona, con quello che all'epoca avevo definito "carisma". Così nei giorni successivi avevo iniziato a interagire di più con loro tre. Ma poi era arrivata la pagella e avevo tre materie sotto, e a casa era scoppiato l'inferno. Era persino volata una ciabatta di mia madre verso di me, che mi aveva lasciata senza parole.

«Mi hai tirato una ciabatta?!»

«Sì, e te ne tiro anche un'altra se non smetti di rispondere!» mi aveva urlato.

«Ma mi potevi prendere! Ma sei una stronza!» avevo replicato.

Malissimo.

Ero stata inseguita per tutta la casa ed ero riuscita a rifugiarmi in camera per un pelo. Uscendone solo grazie alla mediazione politica di mio padre che comunque aveva decretato un mese a casa.

Nei giorni successivi ero stata di umore nero. Matilde aveva provato a consolarmi ma non era riuscita a andare oltre i «Coraggio che nel secondo quadrimestre, se ti impegni, risali facilmente.» E poi continuava a negare che i prof ce l'avessero con me, cosa che per me era palese, solare, inconfutabile. Ma che le parlavo a fare? Aveva una pagella paurosa, lei.

Caterina aveva ricevuto una pagella presentabile ma vedendomi così di umore nero, aveva preferito girare un po' alla larga. Alla fine Viola era venuta in mio soccorso, cercando di alleggerire la situazione dicendo che pure lei aveva delle materie sotto.

Anche le altre si erano dimostrate amichevoli e comprensive, sebbene ancora mi tenessero leggermente a distanza, come se non si fidassero del tutto di me, come se volessero capire se fosse il caso di aprirsi a me. Quel periodo di pessimo umore causato dalla pagella poi non aveva certo aiutato.

Avevo capito che c'era qualcosa che frenava Ashley, Viola e Luna nei miei confronti, e non era solo il fatto che io non praticassi ginnastica con loro. Nei giorni successivi ero persino andata a vederle in allenamento: facevano uno sport in cui serviva forza. agilità e precisione. Le ammiravo molto e glielo avevo detto.

Forse, mi ero detta, dato che le avevo tenute a distanza per la questione della pagella, pensavano che fossi una che tiene il piede in due scarpe, che magari vuole solo trovare un modo per passarsi il tempo mentre le sue due amiche del cuore sono impegnate in lezioni di recupero o altre attività.

Beh, era vero, o meglio, in parte era vero: mi sentivo un po' da sola, ma questo non significava che vedessi Ashley, Viola e Luna come dei ripieghi.

«Io so che forse pensate che passo del tempo con voi solo come ripiego.»

«Perché, è così?» mi aveva chiesto Ashley, affondata nella tuta della sua società sportiva. I suoi occhi mi indagavano.

«No. Per me non è un momento facile, stanno cambiando tante cose. Sapete che le mie amiche storiche, beh, sembra che abbiano la vita scandita. E a volte penso che non ci sia più posto per me.»

Ero stata un attimo zitta, per organizzare i pensieri.

«Forse siamo destinate ad allontanarci, perché siamo diverse.»

«E noi non lo siamo? Diverse, intendo» aveva continuato Ashley.

Avevo guardato Viola, che mi aveva raccontato le sue difficoltà con i voti, senza nascondersi.

«Siamo qui assieme, e questo mi basta. È un bel segno, per me.»

Era stato bello abbracciarsi. Avrei voluto essere anche io una ginnasta, e nei giorni successivi ci avevo pensato molto, ma avevo un fisico che non c'entrava un tubo con quello sport, come aveva sottolineato anche mia madre.

«Dovresti essere più magra, più agile. Forse sarebbe adatta Caterina. Tu amore se vuoi fare uno sport dovresti scegliere, che so, pallavolo. Per le ragazze comunque è un bellissimo sport» e poi aveva aggiunto «E comunque per come vai a scuola, non hai tempo per uno sport fatto come si deve.»

Ma fottiti.


Cosa ho imparato a Febbraio 2008: i voti in pagella sono inversamente proporzionali al numero di ciabatte che volano


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SPAZIO "DILLO A CHIARA"!

Ma secondo voi se io fossi andata a fare pallavolo, oggi avrei una medaglia al collo?

Ve la immaginate una come me fare le interviste post-partita? Nah

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