Un vuoto incolmabile
Era passato un mese da quando Newt se n'era andato.
Thomas passava la maggior parte dei giorni disteso sul letto a ripensare a tutti i momenti trascorsi insieme, qualche volta ritornava anche nello sgabuzzino, nel loro covo d'amore, ma non lo faceva così spesso proprio per non sentirsi peggio.
A lui e Teresa era stato concesso di guardare tramite dei monitor, la Radura e quello che i ragazzi facevano.
Ovviamente Thomas aveva occhi solo per Newt, ma non gli dispiaceva guardare come si comportavano gli altri.
Avevano cominciato ad osservarli già dal primo giorno e fu uno strazio osservare il suo Newt spaesato in quella grande Radura che non ricordava nemmeno il suo nome...
Thomas, oltre che disperarsi guardando Newt e gli altri, stava anche in compagnia di Terera e Chuck i quali lo aiutavano a non cadere in un totale stato di depressione.
Ci fu un periodo abbastanza duro nella Redura, nel quale qualche ragazzo si tolse la vita a causa dell'ansia.
Tutto sembrava stare andando a rotoli quando Alby prese in mano la situazione e tutti furono d'accordo di nominarlo capo dei Radurai. Il ragazzo più grande scelse poi Newt come secondo in comando e Thomas fu così orgoglioso del suo ragazzo.
Le giornate passavano molto lentamente, ma osservare i suoi amici non era poi così noioso.
Avevano costruito un grabde capanno di legno che chiamavano Casolare e ogni mese si dirigevano all'ascensore, chiamato da loro "Scatola" che portava provviste e un nuovo arrivato.
Minho si trovava spesso in contrasto con Gally perchè il ragazzo asiatico aveva proposto di entrare nel Labirinto per cercare una via di fuga, ma l'altro si ostinava a mettergli i bastoni tra le ruote dicendo che era troppo pericoloso.
Dopo qualche mese Alby consentì a Minho di fare un giro per il Labirinto che però risultò vano perchè non trovò nulla.
Con il passare dei giorni altri ragazzi erano curiosi di scoprire cosa ci fosse oltre quelle mura, e man mano si creò un gruppo che correva all'interno del Labirinto per scoprire corridoi nuovi.
I ragazzi che facevano ciò vennero chiamati Velocisti e Minho fu nominato Intendente di essi.
Ai quattro lati delle mura vi erano altrettante porte, ma solo una di esse si apriva all'alba e si chiudeva al tramonto, quindi Minho e gli altri Velocisti avevano un punto di riferimento per tornare.
Scoprirono che vi erano otto sezioni, contrassegnate appunto da un numero su una parete, e si accorsero che di notte il Labirinto cambiava.
Erano ormai passati sei mesi dalla prima spedizione; quel giorno stava trascorrendo tranquillamente, qualche ragazzo stava curando il terreno dell'orto, qualche altro trasportava oggetti da lavoro, alcuni discutevano sotto l'ombra di un grande albero e Minho e altri due Velocisti erano entrati nel Labirinto già da un pò.
Thomas stava quasi per addormentarsi sulla sedia quando fu sorpreso dal grido di Alby.
«Ragazzi, dov'è George!?» chiese il ragazzo correndo nella loro direzione seguito da Newt.
Per poco non cadde dalla sedia per lo spavento, e stropicciandosi gli occhi cercò di capire cosa stava succedendo.
Minho e un altro ragazzo dalla carnaggione color caramello, erano appena rientrati nella Radura, proprio quando le porte avevano iniziato a chiudersi.
«È rimasto indietro, l'abbiamo perso» ammise Minho cercando di riprendere fiato a causa del fiatone.
A quella sua affermazione il ragazzo più grande impallidì.
Il Velocista iniziò a parlare con la voce rotta «L-le porte stavano per chiudersi. Non capisco perchè non è tornato nel punto di ritrovo. Non avevamo tempo per cercarlo»
Thomas riusciva a percepire tutto il panico e il senso di colpa che Minho stava provando in quel momento.
«Aspettiamo domani. Quando le porte si apriranno cercherete George» cercò di calmarlo Newt poggiandogli una mano sulla spalla.
L'indomani arrivò, e Thomas ormai era incollato allo schermo, l'ansia lo stava mangiando dentro.
Con suo rammarico seguì tutta la vicenda: Minho e gli altri Velocisti che cercavano il compagno nel Labirinto, il ritrovamento solo dei suoi vestiti e l'annuncio agli altri Radurai.
George era morto.
Qualcuno o qualcosa lo aveva ucciso.
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