Un nuovo inizio
Buio.
Vi era solo buio intorno a lui.
L'unico dettaglio che riusciva a captare era quello di un forte odore di chiuso.
Un'improvviso rumore metallico lo fece sobbalzare.
Ebbe come la sensazione che il luogo in cui si trovava si stesse muovendo verso l'alto ma l'oscurità non gli permetteva ancora di capire dove si trovasse di preciso.
La testa non gli dava un attimo di tregua, si era risvegliato da pochi secondi e non aveva idea di cosa stesse succedendo.
Poi ecco una piccola luce illuminare lievemente ciò che aveva intorno.
Si trovava in uno spazio ristretto circoscritto da una rete metallica.
Poco dopo intuì di trovarsi in una sorta di ascensore, uno di quelli usato nelle miniere, che stava salendo troppo velocemente per i suoi gusti.
Accanto a lui vi erano sacchi, cassette in legno, dei teli e dei barili di metallo sui quali vi era incisa la sigla W.C.K.D.
Si sentiva così spaesato da guardarsi continuamente intorno in cerca di qualcosa, non sapeva nemmeno lui di cosa.
Con un altro scossone l'ascensore aumentò la velocità e la sensazione forte di nausea con la quale si era svegliato peggiorò.
Voleva mettersi in piedi, ma non ci riusciva.
Mentre l'ascensore continuava la sua ascesa il ragazzo venne pervaso dalla consapevolezza di non ricordare nulla.
Non ricordava come era finito lì, non ricordava la sua vita prima di quel momento e soprattutto non ricordava il suo nome.
Ricordava il sole dopo un brusco temporale, una corsa in bicicletta, le risate, una piazza semi deserta di una cittadina ma non ricordava nulla sulla sua vita.
Non aveva idea di chi fosse.
Cercò di scacciare via quei pensieri, al momento non era quello il problema principale.
Si rimise in piedi, questa volta afferrò prontamente la rete metallica sopra di lui e con il palmo della mano destra cominciò a battere su di essa chiedendo disperatamente aiuto.
Era perfettamente consapevole che nessuno poteva sentirlo a causa dei suoni stridenti di catene che pervadevano l'ambiente, ma al momento quella era l'unica cosa che poteva fare.
Guardando nuovamente verso l'alto si rese conto che la salita dell'ascensore stava per arrivare al termine dal momento che intravide una sorta di soffitto di cemento a qualche metro da lui.
Poiché aveva allentato la presa sulla rete metallica perse l'equilibrio e cadde a terra; poco dopo si accese una luce rossa che segnalava che l'ascensore si era fermato.
Passò qualche secondo e la luce, accompagnata da un suono, divenne verde per poi spegnersi poco dopo.
Il ragazzo rimase al buio, riusciva a scorgere soltanto dei mugugni sommessi e altri rumori metallici di sottofondo.
Fu pervaso da un forte senso di paura; si trovava in un luogo angusto e sconosciuto e l'unica fonte di luce che prima gli dava un minimo di conforto adesso si era spenta.
Ci fu un attimo di silenzio. Improvvisamente si udì un altro rumore, questa volta sopra la sua testa.
Il ragazzo volse lo sguardo verso l'alto e vide una striscia sottilissima di luce che a mano a mano si allargava sempre di più.
Intuì che si trattava di un portellone automatico che si stava aprendo.
Venne investito dall'improvvisa luce e, infastidito da essa, si coprì il volto con il braccio.
I mugugni sommessi di prima, ora si erano fatti più forti e il ragazzo capì che lì fuori vi erano delle persone.
Scostò leggermente il braccio dal volto e con gli occhi socchiusi ancora infastiditi dal repentino passaggio dal buio alla luce scorse delle figure.
Si trattava di ragazzi che si stavano affacciando dall'apertura per guardare proprio lui.
Qualcuno parlava con la persona vicina, qualcuno rideva mentre qualcun altro lo guardava e basta.
Uno di loro si avvicinò alla grata metallica sulla sua testa provocandogli un tuffo al cuore.
Chi erano quelle persone? Era in pericolo?
Lo sconosciuto aprì la grata e quando il ragazzo capì che sarebbe entrato lì dentro indietreggiò impaurito proprio mentre quel tizio faceva un balzo dentro l'ascensore.
«Primo giorno, Pivello» gli disse il ragazzo non appena fu abbastanza vicino a lui, poi lo afferrò per il colletto della maglietta e continuò dicendo «È ora di alzarsi»
Senza preoccuparsi di aggiungere altro lo tirò verso di sé e lo fece alzare.
Lui faticò a trovare una stabilità, ma non aveva alcuna intenzione di cadere nuovamente per terra.
Lo sconosciuto lo aiutò ad uscire da quel maledetto posto e quando si trovò fuori quei i ragazzi erano tutti intorno a lui.
«Benvenuto Pivello»
«Spero ti sia piaciuto il viaggio di sola andata»
«Quanti anni avrà?»
Il ragazzo venne investito da un'ondata di confusione e si chiese per quale assurdo motivo si stessero prendendo gioco di lui.
Le gambe faticavano a farlo stare dritto e quando cominciò a voltarsi per guardarsi attorno per capire dove si trovasse inciampò sui suoi stessi piedi.
Al posto di aiutarlo si misero tutti a ridere.
Basta, ne aveva abbastanza di quella situazione assurda.
Doveva andarsene di lì.
Con uno scatto riuscì a rimettersi in piedi e, facendosi largo tra i ragazzi spintonandoli, corse via.
Sentì un coro alzarsi tra di loro, sembravano entusiasti ma non vi prestò più di tanta attenzione; il suo obiettivo, al momento, era quello di cercare aiuto.
Qualcuno di loro urlò «Abbiamo un Velocista!» in mezzo alle urla divertite degli altri.
Stava correndo così veloce che non vide il masso che lo fece cadere rovinosamente per terra, sul prato.
I ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata prendendosi nuovamente gioco di lui.
Lentamente alzò lo sguardo e sgranò gli occhi non appena vide ciò che gli si era parato davanti: un altissimo muro di cemento si ergeva maestoso davanti i suoi occhi.
Ruotò leggermente il busto per potersi guardare attorno e capire che si trovava in un ambiente ricco di vegetazione circondato a sua volta da quattro altissime mura.
Il panico prese il sopravvento.
Che cavolo di posto era quello?
Era prigioniero?
Cosa stava succedendo?
*Angolo scrittrice*
Ciao ragaaaa!!
E il primo capitolo è andato!
Spero di essere migliorata un po' con la scrittura e mi raccomando: lasciate una stellina e/o un commento se avete apprezzato ciò che avete letto così mi aiutate con l'autostima ahahhaha.
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