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Soltanto la verità

Si sentì come se fosse stato investito da un camion.
Le immagini gli passavano davanti agli occhi come dei flash e lui non riusciva a stare al loro passo.
Si trovava in una sorta di mensa, i tavoli e le panche erano in metallo e le pareti completamente bianche.
Era seduto ad uno di essi e accanto a lui vide dei ragazzini tra cui Newt, Minho, Chuck, Alby e una ragazza sconosciuta dai capelli corvini.

Lo scenario cambiò; adesso si trovava in uno spazio piccolo, sembrava uno sgabuzzino.
Era sdraiato per terra e quando si voltò vide che Newt era sdraiato accanto a lui e gli sorrideva.

Non ebbe il tempo di vedere oltre, adesso aveva il viso poggiato nell'incavo tra la spalla e il collo di qualcuno, stava piangendo.
Sapeva che era successo qualcosa di brutto.
«Andrà tutto bene Tommy, te lo prometto» quella voce apparteneva a Newt, ancora una volta c'era lui nei suoi ricordi.

Poi vide una persona, ma non il suo volto «Tu e Teresa ci aiuterete nella costruzione del Labirinto» era una donna.

Le immagini veloci come i flash tornarono.
Tutti loro venivano sottoposti ad una serie infinita di test, poi lui e la ragazza misteriosa, Teresa, partecipavano a riunioni con un sacco di gente che indossava dei camici bianchi.
Gli venivano date informazioni su informazioni, per la maggior parte negative.

«Perchè deve essere tutto così dannatamente difficile, non gli bastava separarci fino a non si sa quando?» Thomas stava parlando al ragazzo biondo tra un singhiozzo e l'altro «Devono pure cancellare i tuoi ricordi... i nostri ricordi? Io davvero non so se ce la far...» e poi Newt lo baciò.
La sensazione delle labbra del ragazzo sulle sue durò un istante.

«So che ti avevo promesso che avresti saputo tutto» di nuovo la voce di quella donna «Ma sono stata costretta a farti rimanere all'oscuro»
«Di che sta parlando?»
«Voglio dire che è vero, ti avrei informato personalmente di tutto, ma dobbiamo anche ricordarci che sei un soggetto; non possiamo condividere tutte le informazioni con te»
Improvvisamente sentì un pizzico sul braccio e la sua vista si offuscò.
«Mi dispiace. Ho solo fatto quello che andava fatto»
Cadde per terra.
«Sei sempre stato il mio preferito»

Si risvegliò, era sdraiato, incapace di muoversi o di dire qualcosa.
Sopra di lui si stagliò la figura di quella Teresa.
La ragazza lo guardava sorridendogli e accarezzandogli i capelli.
«Ricorda Thomas, W.C.K.D. è buono»

Si svegliò di soprassalto, la luce del Sole inondava la cella e aveva la fronte imperlata di sudore.
Sentiva qualcosa di morbido che gli faceva da cuscino e quando alzò lo sguardo vide il volto di Newt, probabilmente era coricato selle sue gambe.
Si alzò di scatto.
«Buongiorno» lo salutò lui, voleva nascondere la sua espressione sollevata ma ci riuscì ben poco, il sorrisetto lo tradiva.
«P-perchè sei entrato?»
«Qualcuno doveva somministrarti il siero, no? Fortunatamente ha fatto effetto»
«Quanto sono stato fuori gioco?»
«Tutta la notte, è mattina inoltrata» sembrava preoccupato.
«È successo qualcosa?»
«Stamattina le porte non si sono aperte»
«Non vogliono che usciamo da qui» ipotizzò Thomas.
«A questo penseremo dopo, hai scoperto qualcosa? Hai ricordato?»
«Sì» ammise lui.
«Sai chi ci ha messo qui?»
«Più o meno, ma prima devo parlarti di una cosa»
Nonostante fosse consapevole che i ricordi non erano tornati al cento per cento sapeva ciò che aveva visto ma aveva come la sensazione che c'era qualcosa su Newt di importante che proprio non riusciva a ricordare.
Scosse la testa, non doveva perdere la concentrazione, anche se sapeva che ormai nessun senso di imbarazzo lo avrebbe fermato da ciò che stava per rivelargli.
«Ti ho visto nei miei ricordi, adesso posso dirlo con sicurezza»
Newt non disse nulla ma gli fece capire con gli occhi che poteva andare avanti.
«Io e te... noi eravamo molto uniti prima che ci mandassero qui» fece una pausa «Non lo ricordo perfettamente ma so che, in quel posto, l'unica cosa che mi faceva andare avanti eri tu»
Aveva paura che Newt potesse reagire male a quella sua affermazione.
«Stavamo insieme?» chiese di botto lui.
Quella domanda lo spiazzò, doveva dirgli di sì ma la sua bocca non riusciva a pronunciare quella sillaba.
«Suppongo di sì» intuì.
«Newt, io...»
«Io purtroppo non me lo ricordo, ma non posso dire che questa cosa mi sconvolga»
«I-in che senso?»
«Se non provassi niente per te ti avrei detto chiaro e tondo di dimenticarti di questa cosa e fare finta di nulla» guardò un attimo verso il basso per poi ripuntare i suoi occhi su di lui «Ma la verità è che, nonostante i ricordi cancellati, io provo ancora quelle sensazioni quando ti vedo... e quando ti penso»
A Thomas stava per esplodere il cuore.
Newt pensava a lui?
Le emozioni che aveva provato nei suoi confronti prima del Labirinto stavano a mano a mano tornando a galla.
«Newt! Si è svegliato il Pivello?» ancora una volta fu Minho a interromperli.
«Ne parliamo dopo» disse Newt per poi alzarsi e affacciarsi dalla porta «Amico, parla a bassa voce. Gally potrebbe sentirti»
Thomas vide il ragazzo sbucare dall'apertura e dietro di lui vi erano Chuck, Sonya e Frypan.
«Gally al momento è troppo impegnato a tramandare le sue puttanate a quelli che lo stanno ad ascoltare» si affrettò a spiegare Minho «In ogni caso ti conviene uscire di qui prima che lui o qualcun altro ti veda»
Newt fece come gli era stato detto e Thomas ne approfittò per raccontare a tutti loro ciò che aveva visto.

«Questo posto non è una prigione... è un test. È iniziato quando eravamo piccoli; ci davano delle prove da superare, facevano degli esperimenti su di noi e hanno iniziato a far sparire dei ragazzi. Prima è toccato a 12 di loro e poi uno ogni mese»
«Li mandavano qui nella Radura?» chiese Newt.
«Quasi tutti, con qualche eccezione»
«Che intendi?»
«Io sono uno di loro, lavoravo per le stesse persone che vi hanno chiuso qui dentro» 
Aveva paura della loro reazione, ma i ragazzi non sembravano arrabbiati nei suoi confronti
«Io vi ho guardati per anni, per tutto il tempo che avete vissuto qui. Stavo dall'altra parte a guardare» continuò.
«Tutto questo non ha più importanza» disse ad un tratto Newt «Perchè le persone che eravamo prima della Radura non esistono più»
Thomas si chiese se stava dicendo in quel modo solo perchè Newt adesso lo vedeva in modo diverso.
In ogni caso, anche gli altri sembravano d'accordo con lui e Thomas potè tirare un sospiro di sollievo nel sapere che almeno loro non lo ritenevano un traditore.

Poco dopo, però, i ragazzi dovettero lasciarlo solo per non destare sospetti e per il resto della giornata nessuno, a parte Chuck e Sonya, si era fatto vedere.
I due, sotto stretta sorveglianza da parte di uno dei seguaci di Gally, gli avevano portato il pranzo e poi erano rimasti per un po' a parlare.

Si era fatta sera e questa volta, a portargli la cena, fu Newt.
Il biondino slegò il laccio che fungeva da chiavistello ed entrò chiudendosi la porta alle spalle.
«Che cavolo fai?»
«Tranquillo, non c'è nessuno di guardia. Sono tutti troppo impegnati a mangiare»
Newt gli porse il cibo, ma Thomas non aveva fame quindi lo poggiò di lato ringraziandolo con un cenno del capo.
«Adesso ricordo come mi sono sentito quando ti hanno spedito qui» cominciò a dire Thomas, doveva dirgli come si sentiva. Stava pensando a quelle parole da troppe ore, non poteva più tenerle per sé.
«Non ho potuto fare nulla per impedirlo» sentiva che i suoi occhi stavano per riempirsi di lacrime «Ingenuamente ero convinto che ti avrebbero fatto tornare da me»
«Thomas, non è colpa tua»
«Invece sì, potevo impedire tutto questo ma non ho fatto nulla!» sentì una lacrima scorrergli lungo la guancia.
«Io ti amavo e non sono riuscito a tenerti con me!» quella frase gli era uscita di bocca senza che potesse prima pensare lucidamente e decidere se dirla o meno.
Newt fece un passo verso di lui e, come se fosse una cosa che aveva sempre fatto, gli prese entrambe le mani.
Voleva rassicurarlo in qualche modo.
«Thomas, non è colpa tua. È colpa di chi ci ha messo qui. Sei stato ingannato»
Non riusciva a smettere di far scendere le lacrime.
Newt gli poggiò un pollice sulla guancia per asciugarne una.
Quel contatto gli provocò una scossa lungo la spina dorsale.
Improvvisamente i due anni in cui erano stati separati lo colpirono come una brezza ghiacciata in pieno inverno.
Non si era reso conto fino a quel momento quanto il suo tocco sulla sua pelle gli era mancato.
«Mi sei mancato, non hai idea di quanto» gli disse cercando di non singhiozzare.
Lui gli sorrise; un sorriso che però nascondeva tutto il suo rammarico nel non potergli dire la stessa cosa.
L'unica cosa che poteva fare per mostrargli che provava gli stessi sentimenti era quello di gettarsi sulle sue labbra. 

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