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Fuori da me, dentro di te


La ripresa del flusso vitale è dolorosa. Non perché riattiva nervi e segnali di invalidanti danni fisici; rianima, piuttosto, una vaga sensazione di tremenda stortura. A Vox non sovviene la precisa eventualità che vorrebbe schivare, ricorda solo il suo considerare la morte una tortura minore rispetto all'affrontarla. Questo martirio, è la priorità. Il primo barlume ad accenderglisi in mente perché è stato l'ultimo a sopirsi, Vox si è calato nelle tenebre con quel nodo stretto al dito, e adesso lo riscopre sempre lì.

Non vede niente, ricostruire dove si trovi è insormontabile a causa del tatto non funzionante. Continua a crogiolarsi, senza fretta, nel limbo in cui fluttua, sollevato dalla probabile impossibilità di tornare nel mondo. Ciò che non rammenta lo intimorisce, è persistente come un dito che scava e spinge dentro lo stomaco. Un mostro in agguato pronto a sbranarlo. Un velo sottile lo separa dalla disfatta, appena sotto la superficie delle placide e ingannevoli acque in cui galleggia.

Fino a pochi minuti fa, Vox non realizzava di esistere e aveva smarrito la consapevolezza del perpetuo chiodo nel cuore; adesso è come se qualcuno gli avesse attivato un interruttore nella testa per imporgli di guardare. Lo stanno richiamando per costringerlo a confrontarsi di nuovo con la vita, proprio ciò da cui sta scappando.

La densa melma nera della disperazione gli cola nel petto e glielo riempie; intrappolato dentro di sé, non riesce a protestare, a gridare di lasciarlo lì dov'è, a supplicare che gli consentano la bramata pace della morte. È paralizzato, costretto a subire la codarda violenza inflittagli da mani esterne che lo manovrano senza permesso. Ne approfittano perché egli non può insorgere, rifiutare la sua esistenza che scalpita per proseguire, perciò si sentono autorizzati a lavorare per salvarlo. È ingiusto non avere voce in capitolo nella gestione del proprio corpo. Che ne sanno, quegli egoisti, del dolore che dovrà contrastare con le sue sole forze? Non saranno mica loro a doverci combattere. Il cuore gli martella all'impazzata e spera che le persone circostanti non se ne avvedano, l'ultimo suo bagliore di speranza è che lo credano spacciato.

"Sei in grado di fare qualcosa?"

Vox non distingue la voce del tizio che ha parlato, i suoni lo penetrano distorti e piatti, un mero vibrare dei deboli impulsi elettrici che lo mantengono appena sotto la soglia della coscienza. Sembra siano in due, l'interpellato non risponde, ma Vox avverte un intensificarsi dell'energia all'interno del corpo, probabile conseguenza di un'azione del suddetto individuo.

In seguito alla manipolazione attuata dal secondo tizio, il tatto si risveglia. Il demone TV colloca la propria figura stesa supina. Il lieve avvallarsi del materasso testimonia il sederglisi accanto di qualcuno; il soggetto indugia, sia ad agire che a esprimersi, e questo è un male; tradisce un certo coinvolgimento emotivo malgrado si sforzi di rinnegarlo al contempo. Guai assicurati. Potrebbe trattarsi proprio della persona immischiata nella sofferenza che Vox si impegna tanto per scansare. Ma il demone televisivo non ci vede e non capta odori.

Travolto da una rinnovata ondata di panico, Vox si sofferma a pensare perché mai rimpianga così tanto l'assenza dell'olfatto.

Vecchio legno, muschio bianco, cuoio. Infine olio esausto, pallini di piombo e sangue. Ha un significato, febbrile desiderio a lungo negato, sensazione troppo specifica e potente. Vox non è certo di volerlo scoprire.

Il pessimo sapore amaro di una perdita violenta e della vita che si svuota di significato. E rosso. Gli feriva la vista, una coltellata così dolorosa da indurlo a schifare il colore. Una battaglia continua per cancellarlo da qualsivoglia arredamento e indumento, per non pensarci obbligandosi a farsi piacere altro. Rosso, uguale ai propri occhi asimmetrici impossibili da cambiare.

"Non sono avvezzo a questa tecnologia" irriconoscibile anche lui, ma è una persona diversa rispetto alla prima. Ha dimestichezza con i fusibili di cui si porta appresso sfumature bruciacchiate. La trasognata sensazione rivangata da Vox è tirannica come quella di poc'anzi. La distorsione delle scarse parole proferite fa breccia nella percezione basica di Vox, sono incurvate da un sorriso. Magari un digrignare di denti.

Quando era ancora in vita, nel corso di uno dei suoi primi provini televisivi, qualcuno aveva proposto a Vox di sorridere sempre, qualunque cosa accadesse e comunque si sentisse. Se sei in video, nessun problema: ti vedono. Nel caso ti sentissero e basta, non ha importanza, il sorriso si capta ugualmente ed è bastevole nel coinvolgimento del pubblico. Solo adesso Vox, sebbene mezzo morto, afferra la veridicità di tale insegnamento.

"Provaci, almeno. Lui è tutto per me."

A cosa si riferisce la prima persona? A chi?

La situazione non promette niente di buono. Vox avverte repulsione per il tizio che ha appena parlato, mentre è intrigato dall'altro, malgrado sfoggi nient'altro che i labili contorni di un'evanescente presenza.

Colui che siede accanto a Vox si alza in silenzio, sebbene Vox non ne intercetti i passi, è in evidente allontanamento perché prontamente richiamato affannosamente dall'altro.

"Alastor?"

"Sì?" è glaciale, ma forse è dato solo a Vox percepire la leggera nota di pena.

Un'impressione, tutto qui. A chi è mai importato niente di lui? Anche la prima persona, nonostante la leziosa affermazione, sguazza nella falsità di cui si veste ogni uomo dello spettacolo.

"Sei l'unico che può convincerlo a tornare. Ti prego."

Alastor. Non è un nome, bensì una melodia. Una poesia. Si può vivere per un suono simile, nutrirsi solo di esso è fattibile.

"Non facciamolo stancare."

Alastor torna sui suoi passi, sfiora Vox in un punto indefinito, il sibilo discendente dello spegnimento è l'ultima sensazione che il demone TV percepisce.


Quella è la sua stanza, ma è diversa, sbagliata. Colori smorti, confinanti col bianco e nero, e un costante sfrigolio elettrostatico ricoprono di un'inopportuna coltre tutto ciò che Vox riconosce come familiare.

Si sentirebbe a casa se l'effetto non gli invadesse ogni pertugio del campo visivo. Vox perlustra fin dove il movimento degli occhi glielo consente; c'è tutto, la sua postazione PC all'avanguardia, i premi vinti come miglior personaggio di spicco dell'anno, i record conferitegli per meriti di audience e followers. Svariate fotografie dell'evoluzione della VoxTek incorniciate e appese al muro; non manca nessuna tappa, arriva fino ad oggi. Ritratti suoi e di Valentino, sono lì dove li conserva da sempre.

Già, Valentino. L'ultimo loro confronto, la sera prima,-o forse due- non è stato dei più spensierati, chissà se il mezzo falena si è ripreso dalla massiccia dose di sonnifero rifilatagli nello spumante.

Giusto, perché sottrargli a tutti i costi la sigaretta, da dove è scaturito l'impellente bisogno di ingannarlo? A Vox determinate porcherie suscitano ribrezzo.

Ha davvero senso custodire la sfilza di immagini raffiguranti Valentino?

"Provaci, almeno. Lui è tutto per me."

Forse sì. Quel pezzo di merda afferma di tenere a lui.

Il grigiore delle immagini e il lieve disturbo persistono, Vox prova a muoversi, ruota la testa lottando per riallacciare la connessione col proprio corpo che sembra svanita. Il collo gli ricade sul cuscino al concretizzarsi della sensazione di qualcosa di eccessivamente pesante da maneggiare.

L'esplorazione dell'ambiente diventa più frenetica all'accentuarsi dell'ansia causata dall'ignoto. Non è un sogno, la durata è continuativa e le sensazioni sono tangibili.

Vecchio legno, cuoio, muschio bianco. È lì. L'ossessione senza forma.

Il cuore di Vox esplode mentre inspira a pieni polmoni per sincerarsi delle più labili essenze di olio esausto, pallini di piombo e sangue, si attacca all'evanescenza come se perderla significasse smettere di esserci. Indovina persino i fusibili saltati, la traccia che è da sempre la meno marcata.

L'esclusivo profumo arriva da sinistra, Vox scala le montagne degli spigoli aggiuntivi che si ritrova in testa per guardalo. Deve sapere.

Rosso, impera persino tra i suoi capelli. La testa china fa calare le ciocche più lunghe del caschetto sulle gote smunte; una posizione strategica, assunta anche in solitudine, per celare un aspetto per lui incomodo. Qualcuno lo costringe a sorridere per sempre.

Quelle orecchie hanno più a che fare con un cervo, piuttosto che con la radio. Sfoggia persino piccole corna.

Malgrado la stanza sia dotata di ogni comfort, siede accartocciato sul letto di Vox con la lunga giacca cremisi drappeggiata intorno all'esile corpo, capace di mantenersi in disparte nonostante l'eccentricità. Un libro dalle pagine ingiallite che emana sentore di vecchio, monopolizza la sua attenzione posato sulle lunghe gambe accavallate. Gli artigli di fiamma voltano piano una pagina; così rispettosi dell'arte e della cultura, tanto devastanti sui corpi altrui.

Un contrasto vivente, così affascinate. Troppo diversi, condannati all'addio dal primo giorno.

Vox geme, sia per assicurarsi di poter ancora parlare che per attirare la sua attenzione. È vissuto nel silenzio per troppo tempo e ora non raccatta parole degne da rivolgergli. La mano dagli artigli celesti si protende tremante verso il rosso. Adesso desidera il colore da sempre scartato.

Sebbene l'uomo cervo alzi la testa, la rasatura sulla nuca non scompare, le palpebre vermiglie si sollevano rivelando i grandi occhi dello stesso colore. Erano lo specchio dei sogni di Vox, un tempo. Poi tali speranze sono precipitate, bruciate.

"Vox?" inclina la testa mentre allunga la mano per posare il libro sul comodino. L'eterno sorriso non nasconde lo sguardo indagatore.

"Alastor" i ricordi di Vox riaffiorano prepotenti sull'onda del debole mormorio sagomato sul suo melodioso nome. Tutti, non manca niente, compresi magagne e strazio.

Alastor lo ha salvato. E lui ha salvato Alastor. Tutto perfetto se il demone radio non avesse donato il proprio cuore a Charlie. Ma Alastor non è da sempre convinto che l'amore non esista? Vox si appiccica come una cozza all'ultima fiochezza della fasulla speranza.

"Come ti senti?" Quel timbro metallico. Pena e nutrimento di Vox.

"Tu, invece? Come stai?" l'ultima volta non era messo bene neanche lui, mezzo bruciacchiato, ferito e reduce da un abuso. Adesso appare rigenerato.

Il demone radio non risponde, dimostra la scarsa abilità nel ribattere avvinto nel contropiede di certe situazioni. Si limita a sorridere sbandierando le zanne gialle.

"Alastor" Vox si ristora ancora col suo nome, si sporge verso di lui "Posso prenderti la mano? Non lasciarla andare, ok?"

Alastor si raddrizza sotto le spalline imbottite, gli si spezza il respiro. Si irrigidisce, poi lascia andare un sospiro. Vox non lo legge nel suo sguardo saldo, bensì nei movimenti del petto, gli unici su cui la ferrea volontà del demone radio non attecchisce mai.

Sarà anche innamorato di Charlie, ma non può rifiutargli questa piccola e innocua richiesta. Vox è a pezzi, dannazione. Forse ci rimetterà la pelle.

"Alastor" Vox mugola patetico sollevandosi sul gomito, qualcosa gli scivola via dall'addome provocandogli un lancinante disturbo, differente dal solito. Una rimembranza di quando era giovane, profumo di legno che non viene da Alastor, argentino tintinnio di vetro. Ricordi. Evanescenze di bellissimi tempi. Vox non commetterà più lo sbaglio di rinnegarle, qualunque essere siano.

Mentre cerca di liberarsi del molesto crepitio che ora gli annebbia anche l'udito, sente Alastor afferragli il braccio per aiutarlo a sedersi.

"Sii cauto, Vox" Alastor lo ammonisce con l'accento impeccabile e gentile, mai stonato sebbene anacronistico in ogni sillaba "Tu sei lì dentro, per ora. Attingendo alla mia esperienza, non posso fare di più."

Lo sguardo scolorito di Vox si abbassa dove indica Alastor. La scheda elettronica messa a nudo si collega al retro della sua testa tramite due spessi cavi; verde brillante, le piste argentate e fiammanti palpitano della sua vita.

Vox si lascia sfuggire un'imprecazione seguendo i fili con le punte degli artigli. Incontra un telaio di legno, vetro ricurvo, lunghe antenne telescopiche. Indovina la flebile scintilla di malinconia negli occhi vermigli che ha di fronte, Alastor occhieggia in silenzio l'aspetto che Vox esibiva quando si sono conosciuti.

"Mi hai salvato la vita, vecchiaccio. Grazie." Vox gli sorride senza mostrare le zanne, ricorda come inclinare quel modello di monitor e in che maniera modellarci lo sguardo in modo che sia affabile pur senza perdere l'irresistibile disarmonia. Lo fa per Alastor, sa che apprezza. Innamorato di Charlie o di chicchessia non importa, il demone TV desidera solo trasmettergli la smisurata gratitudine che sperimenta. Vox, da quando si conoscono, è in grado di captare tutto quello che il demone radio non esprime, come guidato da un'innata e tenace sintonia.

"Dovere. Sono stato io a colpirti per primo." La spiegazione di Alastor è pratica e distaccata, difficile intercettare cosa celi l'espressione immota, magari una totale freddezza con annessa aridità di sentimenti. O fastidio per la petulanza di Vox, visto l'affetto provato per Charlie. L'effetto stridente della sua voce resta costante e chiaro, non cade mai nelle ultime sillabe.

"Capisco il tuo attaccamento alla poesia Vintage, fossile" Vox si alza in piedi con cautela accettando l'aiuto dell'amico "Sebbene tu abbia compiuto il miracolo di farmi ritrovare tutto, non posso vivere dentro un rettangolo di plastica ciondolante. Dai vieni, t'insegno io come si fa."

Fa male annichilire il desiderio di abbracciare Alastor, obbligarsi a voltare la faccia per non guardarlo, mantenersi a distanza per evitare di tuffare il viso tra i suoi capelli. Il demone radio potrebbe non gradire indirizzando su Vox una devastante riottosità a cui il demone TV non è certo di poter sopravvivere. Perciò, Vox si accontenta del contatto che Alastor concede col mero scopo di sostenerlo, non gli resta che assorbire in silenzio il calore emanato dalla figura sottile. Vox si inocula il raro profumo facendoselo entrare dentro tramite lunghi e profondi respiri.

Forse è la malinconia a far ridere il demone televisivo mentre si avviano nel suo laboratorio. 

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