Capitolo 4
Non fu facile trovarlo, soprattutto vista la stretta sorveglianza che Città di Sopra presentava: nessun cittadino che passeggiava per le vie della città che risultava così vuota, deserta, se non animata dalle luci delle macchine o delle torce delle Cellule che pattugliavano ogni più piccolo vicolo.
Per poco non mi ero fatto scoprire proprio nelle vicinanze dell'ospedale dove ero sicuro fosse andato; dopotutto, solo lì si custodivano tutti i medicinali e Andrey aveva detto che erano proprio questi che Neon era andato a prendere, rischiando la sua vita; anche se, invero, io ero molto più a rischio di lui. Io ero un Nephilim a cui davano la caccia, lui una ex Cellula (o così almeno avevo stipulato nella mia mente) che poteva benissimo confondersi come tutti gli altri e rubare senza dare troppo nell'occhio, nonostante i tatuaggi che ricoprivano tutto il suo corpo.
Scivolai alle sue spalle, ghignando gliene picchiettai una e quando si voltò puntandomi contro la pistola io mi portai l'indice alle labbra, intimandogli di fare silenzio. I suoi occhi chiari dalla paura passarono a brillare di vera e propria furia dietro le lenti scure degli occhiali da sole; non abbassò nemmeno la pistola, che appoggiò contro il mio petto e io alzai gli occhi al cielo sbuffando, scostandola e protendendomi a prendere una delle scatole che stava arraffando.
-Sbrighiamoci. - sussurrai al suo orecchio, leccandoglielo appena -Così, appena usciamo da qui, torniamo a discorrere come stavamo facendo appena prima che mio fratello ci interrompesse. - ero a pochi centimetri da lui, dal suo petto e da quel collo che sembrava così invitante e poi c'era la cravatta di quel completo che metteva in risalto il suo fisico e ancora i tatuaggi, che mi attiravano come una calamita. Ero davvero troppo curioso!
-Che diavolo ci fai qui? - sibilò l'altro, strappandomi di mano la scatola e mettendola all'interno di un sacchetto di velluto rosso scuro che ormai era stracolmo di quelli che sembravano ricambi per inalatori e altre medicine dallo strano nome di cui però non capivo l'utilizzo.
-Sono venuto a darti una mano, ovviamente. - non resistetti e lo presi per la cravatta, costringendolo ad abbassarsi verso di me e mi appropriai di quelle dannate e frugali labbra, che mi stavano invitando a nozze. Prima morsi il suo labbro inferiore, poi lo tirai e infine, quando schiuse le labbra e mi schiacciò contro la scaffalatura piena di medicinali, penetrai quella barriera di denti perfetti e affilati, andando incontro alla sua lingua che mi aspettava predatrice, come un serpente pronto ad azzannare e avvelenare la sua preda, che in quel caso ero io.
Sorrisi, continuando a tenere stretto quell'indumento nero, morbido, che mi faceva eccitare. Quante cose si potevano fare con una cravatta? Decisamente troppe, soprattutto per qualcuno come me che era sessualmente frustrato e che sembrava essere destinato a non ottenere il soggetto dei suoi desideri.
-Ti piace proprio il pericolo, non è vero? - soffiò sulle mie labbra umide, quando ci staccammo, leccandomi poi il rivolo di saliva che mi era sfuggito. Chiusi gli occhi, buttai la testa all'indietro e sospirai pesantemente, mordendomi un labbro, nel disperato tentativo di non gemere. Eravamo in un magazzino, eravamo completamente soli e solo gli scaffali pieni di medicine a farci compagnia, ma non era comunque un luogo in cui potersi abbandonare a certe cose; qualcuno sarebbe sempre potuto entrare da un momento all'altro. Farlo lì sarebbe stato un gesto incosciente e da pazzi. Ma io ero pazzo, di lui.
-Ammetto che potrebbe essere il mio secondo o terzo nome, ma non dirlo a mio fratello; potrebbe uccidermi. Si preoccupa sempre troppo. - socchiusi gli occhi e osservai il suo viso. Gli tolsi gli occhiali da sole e morsi provocante una stanghetta, mentre lui mi guardava con quei bellissimi occhi color del ghiaccio. Cercavano di sondarmi, di capirmi, ma allo stesso tempo mi stavano mangiando e bruciando di passione.
Gli accarezzai una guancia, mentre posavo quegli inutili e ingombranti lenti da qualche parte sullo scaffale.
-Samael non dirà nulla, come promesso. - gli accarezzai il collo -Ora è con tuo fratello, al sicuro, noi invece siamo in un magazzino, soli soletti, dove potrebbe entrare chiunque da un momento all'altro. - la mia voce usciva suadente e vogliosa alle mie stesse orecchie. Dovevo sembrargli un vero disperato alla ricerca di piacevoli attività, mentre gli allentavo la cravatta e iniziavo a sbottonargli la camicia.
Rise. -E a te la situazione eccita da morire. -.
Si avvicinò di nuovo al mio viso, i nostri respiri iniziarono a mischiarsi, mentre le mie iridi osservavano quelle dannate labbra, che erano lì, a pochi millimetri, ma che ancora non mi toccavano.
-Mi vuoi? - chiese, prendendomi i polsi e portandomeli sopra la testa, mentre con l'altra mano si toglieva la cravatta. Era come se mi avesse letto nel pensiero e ciò non poté che farmi fremere ancora di più, mentre iniziavo a sfrusciarmi, contro la sua gamba, facendogli sentire quanto già fossi eccitato.
-A quanto pare sì. - soffiò al mio orecchio, iniziando poi a leccarlo, dolcemente, mentre mi legava e mi lasciava sicuro che avrei mantenuto le braccia in quella posizione.
Inarcai la schiena, mentre le sue mani andavano ad intrufolarsi sotto la mia maglietta, che trovavo già essere di troppo. Avrei voluto che mi strappasse ogni cosa, che mi denudasse in pochi istanti rudemente, mentre lui invece mi torturava, svestendosi piano, senza fretta... Dio, ero ormai senza speranze, caduto nella trappola della passione; totalmente assuefatto dal suo profumo e dal suo alone di mistero.
Mi morse il lobo dell'orecchio, lo tirò e poi lo succhiò, mentre giocava con i miei addominali, accarezzandoli e graffiandoli senza pietà. Cercai di gemere il più piano possibile; essere interrotti era l'ultima cosa che volevo.
-Shh... - mi sussurrò lui, scendo a vezzeggiare il mio collo -Se ti sentono dovrai masturbarti da solo un'altra volta. - ghignò. E lui come faceva a saperlo?
Le mie guance si imporporarono di rosso, mentre con lo sguardo lo fulminavo e gonfiavo appena le guance.
-Come se lo avessi fatto solo io. - tentai e lo sentii ridere contro la mia pelle, mentre il suo naso mi accarezzava il pomo d'Adamo. Tremai. Poteva essere così bella una risata? Poi lui non rideva mai! Era sempre così dannatamente serio o particolarmente violento; un vero lunatico!
-Non sono così disperato come qualcuno. - canzonò, mordendo quella piccola sporgenza quasi invisibile.
-B... bugiardo. - feci lascivo, mentre mi contorcevo contro quella superficie di legno che iniziava a farsi scomoda.
Iniziò a succhiare la mia pelle, a lasciare segni, mentre le sue mani continuavano a risalire, sempre di più, sollevandomi la maglietta, lasciando che l'aria fredda mi accarezzasse e facesse aumentare i miei spasmi. Aveva intenzione di farmi impazzire?
-N... neon. - lo chiamai, cercando di esprimere solo con il suo nome la mia urgenza. Lui fece orecchie da mercante e dalla mia gola si spostò ai miei capezzoli. Dovetti portarmi le mani legate davanti alla bocca per non urlare, quando ne addentò uno e iniziò poi a leccarlo, con quella dannata lingua umida, eccezionalmente brava, in un moto rotatorio che a me sembrò infinito, fino a che non iniziò a succhiarlo, mentre l'altro bottoncino di carne veniva stuzzicato dalla sua mano, che lo pizzicava e ci giocava come se stesse disegnando tanti piccoli cerchi invisibili.
-Così rischi di richiamare l'attenzione. - mi fece notare, ghignando e dando un'ultima lappata, mentre mi guardava. Si stava divertendo da morire, ma era arrivato il mio momento!
Con i denti mi tolsi la costrizione della cravatta, gli presi il mento, lo feci alzare e mi appropriai di quelle dannate labbra che mi avevano fatto impazzire fino a un secondo prima. Lo baciai irruento, tanto da far incontrare i nostri denti; mi sembrò persino di aver ringhiato in quel momento, prima di invertire le posizioni e farlo aderire con la schiena contro gli scaffali.
-Ora è il mio turno di giocare. - lo bendai e lui mi lasciò fare, curioso.
Sentivo il fuoco ardere dentro di me, mentre mi umettavo le labbra e mi inginocchiavo, trafficando con la sua cintura e poi i suoi pantaloni.
Lui si abbandonò completamente incurante contro il suo appoggio e ciò mi fece ribollire di rabbia, mentre gli toglievo le braghe, lasciando però gli slip neri che indossava.
Come tutto il resto del suo corpo anche le sue gambe erano muscolose, piene di tatuaggi che non comprendevo, ma che mi facevano eccitare. Di alcuni ne tracciai i contorni con la lingua, mentre con una mano andavo a massaggiare quel pacco rigonfio, ancora impacchettato, ma che mi stava aspettando molto impazientemente.
-Un giorno mi dirai il loro significato? - chiesi, non riuscendo a trattenermi, mentre lentamente risalivo sulla sua coscia, avvicinandomi sempre di più pericolosamente al suo interno. Lui, però, rimaneva ancora stoico, fermo come una statua, senza produrre un solo rumore di appagamento in cambio delle mie attenzioni.
-Pensa a giocare. - rispose scorbutico e io per ripicca lo morsi e lui sussultò appena, ma il suo gonfiore sotto la mia mano era aumentato, ragion per cui non mi preoccupai affatto di avergli fatto troppo male.
Leccai via le piccole stille di sangue che avevano iniziato a fuoriuscire, succhiai quel lembo di pelle ferita per fermare l'emorragia, lasciandovi così un doppio marchio, ma lui non disse nulla. Se voleva la guerra l'avrebbe avuta; l'avrei fatto gemere quel dannato lunatico!
Gli abbassai l'intimo, il suo pene svettò immediatamente davanti al mio volto e io lo presi immediatamente in mano, iniziando a stimolarlo con questa. Socchiusi la bocca e lasciai che solo la punta della mia lingua uscisse allo scoperto e poi iniziai a leccare la sua punta, come se fossi un gatto che beveva il latte nella sua ciotola.
Sospirò pesantemente e questo mi incoraggiò a continuare. Era la prima volta che facevo un lavoretto del genere; a dire la verità era la prima volta che mi perdevo nei preliminari.
Lasciai che il mio organo umido, ruvido e caldo uscisse di più e mentre continuavo a muovere lentamente su e giù la mia mano, iniziai a leccare completamente la punta di quella staffa, che andava piano piano a bagnarsi e a prendere un gusto agrodolce. Le mie papille gustative iniziarono a chiedere di più e anche Neon, quando posò le sue mani sul mio capo, tra i miei capelli e il suo bacino iniziò a muoversi, dicendomi silenziosamente di sbrigarmi.
Baciai la punta, la lappai per un'ultima volta e poi presi il suo membro completamente in bocca, iniziando a succhiare avidamente, mentre la mia mano andava a stimolare solamente quella parte che non potevo raggiungere.
Artigliò i miei capelli, iniziò a venirmi incontro, muovendosi, danzando nella mia bocca che tentava di donargli estremo piacere, mentre tentavo di non soffocare; ormai mi stava arrivando fino alla gola e io non ero abituato a tutto questo, ma tentai di resistere, tenendogli occhi chiusi, tentando di non graffiarlo troppo con i miei denti, posando le mie mani sui suoi fianchi, cercando di tenerlo fermo, e alla fine venne così, nella mia bocca, violentemente, rilasciando il suo bianco piacere all'interno del mio antro che impazzì nel tentativo di ingoiare tutto e non soffocare. Mi sforzai come non mai di mandare giù ciò che mi spettava.
Il suo respiro era affannato, mentre con le dita mi accarezzava. Accondiscendente e appagato lo ripulii da quegli ultimi residui di piacere e poi mi alzai, baciandolo e facendogli gustare così il suo stesso sapore.
Lui si tolse la cravatta dagli occhi, la buttò da qualche parte lì vicino e poi mi buttò violentemente a terra, seguendomi, mentre iniziava a sbottonarsi la camicia, ma senza lasciare le mie labbra.
Cercai di dargli una mano, mentre con una gamba gli circondavo la vita.
Una volta che tutti i bottoni furono fuori dalle asole, lui mi prese la maglietta e me la tolse. In quel frangente entrambi riprendemmo fiato, ci guardammo reciprocamente negli occhi liquidi e scuri di passione, di voglia, di cupidigia.
Si avventò sul mio collo, mentre io non potevo far altro che sospirare e artigliargli la schiena, ancora coperta.
Ormai eravamo così vicini, quasi completamente nudi, quando entrambi udimmo l'aria spandere il rumore di una porta che pesantemente si apriva. Imprecai sottovoce, mentre Neon si staccava da me e rimaneva fermo, con le orecchie tese per capire in quanti fossero.
-Un medico, deve essere venuto per le medicine. - disse sottovoce, ma non capii se pronunciò quelle parole per me o per lui.
Si rialzò, si riassettò almeno i pantaloni, mentre io frettolosamente riprendevo la mia maglietta, i suoi occhiali e la cravatta.
I passi si facevano sempre più vicini, rimbombavano ed entrambi eravamo tesi come corde di violino. Non potevamo permetterci di essere scoperti.
Chiusi gli occhi, mi concentrai e in quel preciso istante alcune gocce d'acqua iniziarono a cadere, fino a trasformarsi in una vera e propria pioggia.
-Che diavolo... - disse sorpresa la voce sconosciuta, mentre quelle gocce d'acqua si facevano sempre più fitte.
Quando riaprii gli occhi Neon mi stava guardando, un sopracciglio alzato.
-Fonte di distrazione, andiamocene. - lo presi per un polso e iniziai a trascinarlo via, correndo, mentre il medico o chiunque esso fosse continuava a imprecare contro il nulla, nel tentativo di cercare un riparo e vedere dove metteva i piedi.
Uscire fu abbastanza facile, visto che la porta d'emergenza era poco lontana e Neon doveva aver disabilitato il suono dell'allarme non appena arrivato; tuttavia il pericolo non era ancora finito, oltre a non essere proprio destino.
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