ONE SHOT
Spazio autrice (se così mi si può definire). ATTENZIONE: NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON LA STORIA LETTA FINORA. NON HO VOLUTO CREARE UN'ALTRA STORIA, TRA L'ALTRO CON LO STESSO TEMA DELLA DRAMIONE, E HO DECISO DI PUBBLICARLA QUI A PARTE.
Grazie per le 8k e più di visual, e del 1k di voti, non mi sento degna di questo immenso traguardo che mai avrei pensato di raggiungere.
BUONA LETTURA, SEPPURE BREVE❤️
LEI.
"Aveva quella bellezza
di cui solo i vinti sono capaci.
E la limpidezza delle cose deboli.
E la solitudine, perfetta
di ciò che si è perduto".
-Alessandro Baricco
Il signor Malfoy osservava il nervosismo riflesso nel figlio che aveva davanti a sé.
Quest'ultimo, infatti, mostrava segnali che solo una figura genitoriale poteva captare;
le vene guizzanti, gli occhietti azzurri vispi ma in fondo confusi, i movimenti agitati, il continuo mordersi le unghie quando nessuno lo controllava e quel sorrisetto che il padre teneva d'occhio.
Esso era il chiaro segno del "Mi dispiace, so di aver sbagliato, ma non è la prima e non sarà l'ultima volta".
«Scorpius», lo richiamò severo e autoritario l'uomo, e il diretto interessato quasi sussultò come se la terra si fosse mossa in un terremoto non esattamente pacifico.
«Sì?», alzò di poco il capo, mentre l'orecchio più vicino era ormai abituato ad attituire la voce dell'altro ripetere a cantilena le solite raccomandazioni o rimproveri, a seconda dei punti di vista.
«Che cosa stai facendo?», innarcò un sopracciglio, la testa gli girava a forza di seguire i balletti per scacciare via la tensione del più giovane.
«Metodi alternativi», rispose alzando le spallucce, in un altro sorrisetto.
«Mi riferisco a questo tuo giochetto. Che cosa ci ottieni a guadagnare ogni settimana una punizione? Ti assicuro che io non ero da meno, ma non facevo infuriare la Mcgrannit al punto da convocare la famiglia come fosse un vecchio ritrovo di smancerie e sentimentalismo», nel suo tono c'era un misto di pensieri a retroso, cosciente di star imitando malamente Lucius.
«Uhm? Io? Per il semplice divertimento di farlo. È esilerante vederla borbottare "nel mio ufficio" e porgermi biscotti anche se dovrei sentirmi in colpa per qualcosa di cui vado fiero», squadrò la porta che dava il benvenuto nella stanza che a breve li avrebbe accolti, la conosceva a memoria da poterne avere una laurea, se fosse esistita.
«So cosa stai facendo, sai?», si era addolcito un po', sedendosi sulla sedia, destinata a chi doveva attendere.
«E cosa starei facendo, so-tutto-io?», lo sfidò in maniera avvincente.
Quell'ultima parola annunciata per complicità, aveva preso libero sfogo e piega nella mente dell'ex Serpeverde.
«Quando avevo la tua età-», espirò come se necessitasse di espellere fumo da un momento all'altro e riempire polmoni di nicotina, ma venne subito stroncato sull'inizio.
«Ti prego, no. Papà, risparmiami lo strazio», sbuffò, sollevando il ciuffo biondo con il vento uscito dalla bocca.
«Dicevo», riprese lui senza pietà o ammissioni di repliche, «Quando avevo la tua età, ero nella tua identica posizione forse per egoismo o per dare senso a monotone giornate in una scuola che detestavo almeno quanto i professori che credevano di trovare spiegazioni alla vita su dei libri di testo».
«Perfavore, Salazar poni fini alla mia tortura», sussurrò intrecciando le dita tra loro e alzandole verso l'alto tipo preghiera.
L'inimitabile solo e unico Re Delle Serpi roteò gli occhi, infastidito dalla carenza di rispetto nei confronti del piccoletto.
«Hai mai fatto pazzie per qualcuno?», vide gli occhi del suo erede illuminarsi e comprese di aver fatto centro al bersaglio.
«Ho rapito la gatta di Gazza, ho rovesciato una pozione nella giacca del professore, ho provocato un Ippogriffo, ho preso in giro una ragazza e-», quella volta fu l'adulto a bloccarlo, deglutendo.
«È il motivo per cui sono qui oggi?».
Lui annuì, inclinando leggermente la testa e socchiudendo le labbra.
«Sai, non è compito mio inculcarti detti babbani ma questo è pertinente al discorso che stiamo avendo io e te. Dice: "chi disprezza, compra"».
«E che significa?».
«Significa che...per quanto tu possa detestare qualcuno, quell'area ti si ritorcerà contro. Non importa quando o come, ma lo farà. E tu sarai paralizzato, totalmente disorientato, senza sapere cosa fare».
«Tu mi hai avvertito. Quindi, cosa devo fare?», apparve dubbioso, ma sapeva far oro di quel che il padre gli confidava.
«Che rimanga fra noi, lo hai fatto per attirare la sua attenzione?».
«Io non-», diventò paonazzo.
«Lo stai facendo per lei?».
«Onestamente, non so di cosa tu stia parlando», strinse il pugno, strascicandolo sui pantaloni, per negare la verità.
«Non farlo, Scorpius. Non farlo. Non per me, ma per te e per quello che senti di provare. Non è detto che lei sarà un giorno la tua sposa, la madre dei tuoi figli, ma comunque sia, non ferirla. Esistono tanti modi per farsi notare, e uno di questi non è di certo innervosirla», lo guardavo serio in viso, per fermare quella stupida strategia mancata.
«E tu che ne sai? Sei vecchio, non sai come funziona tra i giovani», sorrise strafottentemente.
«Cosa credi, che io non abbia avuto la tua età?».
Crreva l'anno 1992. All'epoca frequentava il suo secondo anno, e lo ricordava come fosse ieri.
«Vedi Weasley, al contrario di altri, mio padre può permettersi il meglio», Malfoy attaccò la zazzera rossa con presunzione, stringendo la sua preziosissima e nuova Nimbus.
«Nessuno dei Grifondoro si è comprato l'ammissione, sono stati scelti per il loro talento», la riccia si era intromessa in affari che non la riguardavano in primo piano, ma evidentemente l'orgoglio per la casata e la difesa del suo amichetto lo erano.
Non avrebbe dovuto, non avrebbe dovuto osare mossa più azzardata.
«Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue», lui contrasse la mascella in un ghigno di disprezzo e disgusto, rivolto in pieno alla ragazzina che lo guardava con dismisurato odio.
Il dodicenne non poteva permettersi certamente di essere sconfitto, di porre fine alla sua certa dignità da Purosangue, pure Serpeverde, tanto da ricambiare quella scintilla di sentimento accecato, reprimere ad uno sguardo quel sentimento ancora sconosciuto e nascosto nei meandri della sua anima oscurata da una nube che non lasciava trasparire alcun raggio solare.
I capelli di lei svolazzavano in aria, erano crespi e lunghi, a lui non era sfuggito.
I capelli all'indietro di lui erano biondi platino, questo a lei non era sfuggito.
P
oi, Draco si ritrasse da quel ricordo che ancora pungeva nel suo più remoto angolo del cuore.
«Perchè sembra interessarti sul personale, nel profondo?», Scorpius corrugò la fronte, senza capire.
«Non ha più importanza, ormai. È tardi.
Una come lei non deluderla,
non merita altro dolore.
Voglio dire, non lo vedi da
quel sorriso dolce ma insicuro
che le hanno fatto male?
Non lo vedi, da come abbassa
lo sguardo quando le si fanno
compimenti che il suo cuore
è stato spezzato troppe volte?
Non lo vedi che quegli occhi
sono barche distrutte dalla tempesta?
Non lo capisci che la sua risata è come
un sole che non vorrebbe altro
che splendere ma che tante,
troppe volte, è stato
nascosto dalle nuvole delle delusioni?
Sai, una come lei sogna troppo per permetterti di parlarle di come gira il mondo.
Una come lei, bella da morire, non ha bisogno di rassicurazioni o smancerie.
Ha bisogno di sentirsi realizzata, indipendente, forte.
Perciò, non distruggerla.
Non portare avanti i tuoi ideali, apri la tua mente verso altri orizzonti.
Non esiste superiore o inferiori.
Esiste solo la razza umana.
Se la dovessi amare, un giorno, non romperle il cuore.
Non aggiustarglielo, perché potrebbe prenderla male, poiché ha solo bisogno di ricucirsi da sola e, realizzarlo, le farà bene.
Fa' sì che nessuno di sbagliato possa metterci le mani sopra.
Non è detto che lei aspetti a te, ma non rovinare tutto.
Una come lei merita un amore sincero,
perché è stanca delle persone che la sminuiscono di un qualcosa per cui non ha colpa.
Sai, lei potrebbe valere la tua metà o potrebbe valere di più.
Ma non permetterle mai, di odiarti.
Non fare il mio errore.
O l'avrai persa.
Per sempre».
Sapeva di aver conferito troppo, più di quanto avesse voluto far strasparire.
Ma l'emozioni erano pieni fiumi torrenziali, con l'obbiettivo di condurti dove vogliono loro insieme a quello che ne comporta.
Non c'è vinto o perdente che tengano perché, nella vita, si vince e si perde.
Non se ne vergognava, non ne stava uscendo addolorato, dato che sapeva che, la vera morsa allo stomaco l'aveva subìta qualcuno negli anni a venire e che quella cicatrice non l'avrebbe mai abbandonato. Sapeva che lei spesso controllava il braccio coinciso, lo stesso da cui lui non sapeva distogliere l'attenzione da quando ne era stato testimone.
Ai tempi dei fatti, non sapeva nemmeno lui cosa dovesse fare, o cosa gli altri si aspettassero facesse.
Rimaneva quindi paralizzato, senza sapere cosa fosse luce e cosa oscurità.
Forse, lei, sarebbe davvero riuscita a portarlo verso la luce, lo avrebbe potuto staccare da quei demoni che lo divoravano a morte e che lo facevano agire, comportare, camminare come potesse essere ancora vivo.
Ma era immobile lì, senza parlare, senza riuscire a muovere un dito.
Suppose che la bambina che li stava raggiungendo potesse essere una coetanea del figlioletto, teoria che si concretizzò quando ebbe un tuffo nel passato.
Quei riccioli scompigliati e intrattabili con qualunque rimedio naturale alla mano, quelle labbra carnose ma non eccessivamente, le forme non nate, la statura non sbilanciata, quel visetto da sapiente, le lentiggini spruzzate sulle guance rosee e sul piccolo naso, quegli occhi nocciola...
Lei.
La Granger.
La Granger dei suoi sogni.
La Granger dei suoi incubi.
Non poteva essere lei, ma non voleva svegliarsi.
«ROSE!».
Quella voce.
La voce di lei.
Il Malfoy più razionale alzò lo sguardo verso la donna e, quella scossa che si lanciarono, si rivelò una doccia gelata in pieno viso.
«Dovevo immaginarmi che c'eri di mezzo tu, sei sempre stato tu il mio problema», gli rivelò affatto pentita di aver dato sfogo al suo pensiero.
«Da un paio di anni a questa parte serbi ancora rancore, Granger?».
«Sono una Weasley adesso», rispose stizzita.
Ti chiamerò Granger fino a quando non diventerai Malfoy, avrebbe voluto dirle.
Ma, più la guardava, più capiva che Malfoy non sarebbe mai stata.
Perchè lei aveva un altro.
Perchè era tardi.
«Lenticchia ha fatto centro», scosse la testa indignato da come potesse esser caduta in una trappola meschina dopo che l'aveva fatta soffrire con la Brown.
Sapeva, però, che non lo doveva riguardare, che non era affar suo.
«Anche la Grengrass non ha scherzato», incrociò le braccia.
Scorpius guardò Hermione, abbassando poi immediatamente lo sguardo.
Il marito deglutì, amareggiato.
L'aveva appena affondato, come lui aveva affondato lei tempo fa.
Avrebbe voluto dirle tanto, avrebbe voluto avere la conferma sul fatto che stesse bene, o se fosse solo una maschera difettosa come auto-protezione.
Lui la vedeva, vedeva Ronald in Rose.
Annuì, con un cenno della testa, per assecondare la sua constatazione seppur fosse errata.
A lui andava bene, sapeva di meritarsela, la solitudine.
Sapeva che lei era il picco, qualcosa di irraggiungibile per lui.
Rimase inerme, nuovamente.
Non fiatò più, quella mattinata.
Hogwarts era sovrastata dall'acqua piovana che scrociava fuori e che batteva contro le finestre.
Sovrastava ogni rumore, la tempesta.
Tranne il caos che attitutiva l'Ex Mangiamorte.
Sopprimeva con forza di volontà e rassegnazione, quel che provava.
Si convinceva fosse inadatto, senza sapere cosa per lei fosse adatto.
Non l'aveva conosciuta, non sapeva quale fossero i suoi colori preferiti, non sapeva il suo libro preferito, o cosa preferisse tra il mare e la montagna.
Però sapeva fin da subito che sarebbe ceduta alla dichiarazione di Pel di Carota, sapeva che adorava il the come qualunque inglese si rispettasse, sapeva che le piaceva leggere senza essere disturbata davanti al fuoco scoppiettante del camino, che non aveva bisogno di mettersi in mostra per essere bellissima.
Era cosciente di amarla.
Era cosciente di non riuscire a dimenticarla.
Era difficile rispedire con violenza quello per cui avevi combattuto mentalmente, ma era ancora più arda come impresa l'accettare di non aver fatto niente di concreto.
Guardarla di sottecchi, nascondendosi dietro arroganza e battutine immature.
Guardarla, odiarla, non biasimarla per non averlo accettato.
Spostò gli occhi su Scorpius che si era incantato a guardar la piccola Weasley nervosa quanto lui per la convocazione della vecchia megera preside.
«Signor Malfoy, Signora Weasley, prego, entrate», si sistemò gli occhi sul palmo del naso, in attesa di chiarimenti sulla situazione.
Hermione prontamente si affrettò a seguirla nella stanza, Scorpius la seguì sentitosi chiamare in causa.
Draco studiò Rose Weasley.
Ricordò la prima volta che la incontrò.
Era sicuro che sarebbe stata l'unica per lui.
Era così carismatica.
Elettrica.
Magnetica.
E tutti la amavano.
Lui invece era sempre stato un mix tra l'uomo che non capisce sé stesso e quello che si lascia perdere ogni opportunità.
Lui l'ha amata.
La ama ancora.
Per non sentirsi impotente, ciò che è concesso è, specchiarsi nelle pozze ambrate della figlia, per non sentirsi in soggezione.
L'unica cosa sbagliata, fuori dagli schermi, proibita, a renderlo vivo.
Quello era il minimo.
Lei lo teneva ancorato al retroso, come se fossero ancora studenti alle prime armi.
Perchè, quel giorno del secondo anno, una parte di lui era già dentro di lei e viceversa.
In maniera indelebile.
«Sei tale e quale a lei», le sussurrò con un filo di voce.
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