Furto al Duca di Francia, parte 2
(Questa storia partecipa al concorso "furto al Duca di Francia" dei profili HistoricalFictionIT e Fantasy_IT)
"No, signora, nessuno ha usato quelle scale né per salire né per scendere dalla mezzanotte alle due, escluso il Duca stesso ovviamente. Non posso dire, però, di non essere anche solo leggermente sospettoso del tecnico tedesco: quell'uomo è scomparso per più di venti minuti nel bagno, ma anche se avesse avuto un'indigestione non credo proprio che ci avrebbe messo così tanto tempo a rimettersi in sesto!"
Ringraziai la guardia e mi diressi verso il tecnico in questione, fermandomi pochi secondi prima di scontrarmi con lui. Ero sul punto di dirgliene quattro nel mio miglior inglese da pescatore infuriato quando lo riconobbi, sentendo un'ondata di calore che mi faceva arrossire vistosamente contro la mia volontà:
"Ma guarda un po' chi si vede, la dolce Emmanuelle De Jour! Da quanto tempo!"
"Chiudi il becco, Levin, oggi non è giornata"
Il giovane rise, reclinando la testa all'indietro e passandosi una mano tra i capelli color paglia; i suoi occhi azzurri brillavano, segno che aveva decisamente bevuto un po' troppo, e non potei fare a meno di odiarlo con tutto il cuore in quel preciso istante.
"Sei sospettato per il furto dei documenti del Duca di Francia. Hai qualcosa da dire in tua difesa?"
"Eh? COSA? Oddio, Emma, ho sempre saputo che avevi un senso dell'umorismo fin troppo stravagante... Perché tu stai scherzando, vero?"
"Lei è più seria di quanto tu creda, ragazzino, e faresti meglio a rispondere alle sue domande"
Francis e Poincaré comparvero da dietro di me, spaventando il tedesco a morte e facendomi sorridere come un lupo che aveva messo all'angolo la preda.
"Cosa stavi facendo in quei venti minuti di pausa bagno, Levin?"
"Ascoltami, Emma, è una questione piuttosto privata e non mi crederesti neanche se te lo dicessi"
Fu Poincaré ad intervenire, questa volta, lanciandogli un'occhiata di quelle che potevano far naufragare il Titanic senza muovere un dito:
"La Germania è sempre stata contro la rinascita della Francia, e ci avete ostacolato in ogni modo possibile e immaginabile; scatenare un putiferio internazionale andrebbe soltanto a vostro vantaggio, non è così?"
Levin sbiancò, cercandomi con gli occhi e supplicandomi silenziosamente di ascoltarlo. Gli diedi il permesso di parlare con un cenno del capo, e fu allora che il ragazzo esplose in una spiegazione piena di ansia e paura:
"Sentite, è una faccenda privata e non ne potrei parlare con nessuno, neanche con te Emma. Vi dirò soltanto che in quel bagno non ero da solo e che non riuscivamo ad uscire, abbiamo dovuto chiamare aiuto per far sbloccare la maniglia. Ma non vi svelerò altro"
Francis gli offrì un ghigno di intesa, eppure Poincaré non voleva proprio lasciarlo andare:
"Chi era il vostro accompagnatore?"
"Scusatemi, signori, ma vorrei che lasciaste stare il miglior tecnico del mio Paese: ha fatto tanto per la Germania, e posso dirvi tranquillamente che non ha nulla a che fare con questo furto"
Mi girai di scatto e rimasi a bocca aperta nel ritrovarmi davanti un ragazzino piuttosto giovane, sulla ventina, il quale non esitò nell'andare affianco a Levin e nel cingergli le spalle in modo protettivo.
"Posso confermare che era in ottima compagnia, ma vi prego di non chiedere altro: mio padre soffrirebbe molto se vi dicessi qualcosa"
Rimasi lì a boccheggiare mentre Levin fissava il tetto, un accenno di imbarazzo ad arrossargli le guance; Francis prese me e Poincaré a braccetto, scusandosi al posto nostro e trascinandoci via dalla coppietta.
"Quello era il figlio dell'ambasciatore tedesco! Quindi Levin stava..."
"Zitta, piccola Emma, non parliamone più. Certe cose non le puoi spiegare con qualche meccanismo e una bobina arrugginita: è questione di sentimenti"
Poincaré borbottò qualcosa sottovoce su quanto fossero strambi i tedeschi e non potei fare a meno di ridacchiare, finché una mano non mi trascinò via da loro. Mi dimenai finché non capii chi avevo di fronte: allora mi bastò dargli un calcio dove non batte il sole, e Beaufort si accasciò per terra strillando di dolore. Poincaré e Francis ci raggiunsero subito dopo, ma io li fermai e diedi una mano al mio acerrimo nemico, aiutandolo a rialzarsi e torcendogli nel frattempo il braccio per vendicarmi.
"Che mi venga un colpo! Jean, e tu cosa ci fai qui?"
"Non sei l'unico inventore di cui la Francia va fiera. Ti devo parlare... Subito"
Quando tornai dai miei due accompagnatori Jean mi stava seguendo, ammanettato, con Clarice attaccata alla sua gamba come un cucciolo di rottweiler: in fondo, anche lui aveva partecipato alla sua creazione, e alla mia assistente meccanica dispiaceva doverlo arrestare come un comune criminale. Marciai fino ad arrivare alle scale, mentre la mia piccola automa si fermava affianco a Poincaré; mi schiarii la gola per attirare l'attenzione di tutti i politici presenti, Duca incluso, ed iniziai il mio resoconto della faccenda:
"Buonasera a voi, signori e signore. Mi chiamo Emmanuelle De Jour, credo che il Duca vi abbia già informato del mio ruolo di investigatrice per una notte. Vi prego di scusarmi per qualsiasi inconveniente sia stato riscontrato durante la vostra permanenza qui e vi informo che il colpevole, Jean Beaufort, si è consegnato di sua volontà"
Un coro di applausi seguì le mie parole, e quella sarebbe potuta essere la conclusione perfetta per una serata del genere... E invece no: io non avevo ancora finito.
"Purtroppo devo comunicarvi che non ha agito da solo: anzi, gli era stato impiantato un chip che, attraverso delle frequenze radio, lo costringeva a fare ciò che lui non avrebbe mai osato. O, meglio dire, a rubare i progetti che lui stesso aveva creato"
Un silenzio pieno di incredulità fu la risposta alla mia provocazione, ma l'unica cosa che mi interessava era la reazione del vero colpevole: vidi con la coda dell'occhio che si irrigidiva visibilmente, e non potei fare a meno di sorridere prima di continuare.
"Come mi è stato detto da uno dei più eminenti ministri di questo Paese, la Francia sta avendo molti problemi nel ritornare alla posizione che aveva sul piano internazionale prima della caduta di Napoleone: stiamo attraversando un periodo di crisi economiche e sociali piuttosto devastanti, e siamo rimasti isolati per molto tempo dal resto dell'Europa e dalle sue trattative. Voi sapete perfettamente quanto il patriottismo sia diventato importante per noi francesi, tant'è che girano voci che non arresteremmo mai uno dei nostri... Ebbene: qualcuno, qui, voleva cambiare le cose con un astuto colpo di scena. Peccato che, nel frattempo, ha ferito in modo irreparabile un essere umano, impiantando un chip nel cervello di Jean senza alcuna precauzione"
Grida di sgomento, di rabbia riempirono la sala, mentre il criminale che stavo cercando fece due passi indietro, forse tentando di fuggire; peccato che Clarice fosse proprio accanto a lui e non esitò a bloccarlo sul posto, spingendolo fino a portarlo proprio davanti a me. Io sorrisi, alzando una mano in segno di trionfo:
"Signore e signori, vi presento Raymond Poincaré!"
L'uomo tremò quando le urla indignate degli ambasciatori si rivoltarono contro di lui, mentre tentava un'ultima difesa disperata contro le mie accuse:
"Non puoi dimostrarlo in alcun modo"
"Oh, certo che posso farlo! Pensavi fossi così stupida? Clarice, fagli vedere cosa abbiamo trovato!"
L'automa proietto le immagini sulle pareti bianche, mostrando prima le impronte di Poincaré che coincidevano con quelle sulla chiave del bagno, e poi un video che mostrava come lui chiudeva la porta nel bel mezzo della festa, senza nessuna ragione apparente.
"Jean non era stupido: appena aveva capito quali erano le vostre vere intenzioni aveva installato una serie di telecamere in tutto il palazzo, in modo che registrassero tutto l'accaduto. Possiamo vedere Poincaré che incontra Jean prima della festa e attiva il suo chip con un telecomando, che Clarice vi sta mostrando in questo preciso istante, e inoltre si vede come chiude la porta del bagno con dentro Levin e... La sua accompagnatrice segreta: pensava fosse da solo, era il fante su cui avrebbe gettato tutta la colpa se qualcosa fosse andato storto, utilizzando la rivalità che abbiamo sempre avuto noi francesi con i tedeschi fin dalla battaglia di Sedan come movente"
Troppe prove inconfutabili contro di lui: capii subito che Poincaré si era arreso, le sue spalle si erano abbassate di colpo e non aveva più alzato gli occhi dal pavimento. Francis mi rubò la scena, sorridendo e pronunciando quelle parole che spettava a me dire:
"Raymond Poincaré, sei in arresto"
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