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⁸. 𝘗𝘪𝘰𝘨𝘨𝘪𝘢

Il ragazzo seduto sullo sgabello stava continuando a sorridergli. Adesso che stavano così vicini, Eddie constatò come il suo vestiario fosse elegante ma comunque scialbo, con la camicia spiegazzata e il pantalone pieno di pelucchi. Notò anche come sembrasse addirittura più piccolo di lui, cosa assolutamente impossibile.

Aveva degli occhi a mandorla talmente scuri da non distinguere la pupilla. Davanti a lui stava una tazza con una bevanda; il suo calore si disperdeva in flebili sbuffi, che risalivano a spirale verso il soffitto. Il barista intanto si era allontanato, ma Eddie si accorse che stava continuando a spiarli con la coda dell'occhio.

– Se togli quella maschera posso offrirti qualcosa, Fratello – gli disse il ragazzo.

Eddie obbedì, togliendo la maschera antigas con riluttanza. Tirò via i capelli dorati che vi erano rimasti impigliati, e gli permise di osservargli il viso, completo di un'espressione corrucciata. Il barista intanto aveva recepito un gesto del ragazzo e aveva posato davanti a loro una tazza della stessa bevanda che fumava già sul bancone. Eddie non lo aveva notato, e si stupì di quanto la sua mente fosse altrove quella sera.

– Prima di chiamarmi di nuovo "Fratello", mostrami la tua ID – disse al ragazzo di fronte a lui.

Questi gli sorrise scuotendo la testa, incredulo. Tuttavia si girò comunque a frugare nella tasca di dietro dei pantaloni, e porse la sua carta a Eddie.

Lui la osservò e cercò le informazioni che gli servivano. Nome: Rein. Cognome: /. Luogo e data di nascita: Reinario, 11/02/2073.

Gli ridiede la carta, scrutandolo con la fronte aggrottata. Quel ragazzo era davvero un suo Fratello LaBo coetaneo, ed era nato addirittura pochi giorni dopo di lui.

– Allora, ti fidi adesso? Pensavo che ti saresti convinto guardandomi in faccia, sembro anche più piccolo di un LaBo. Non ho un pelo di barba, al contrario di te. Le persone per strada mi fissano sempre allibite – disse il ragazzo chiamato Rein, alzando le spalle. Sembrava che l'idea di passare per un bambino lo divertisse. Qualcosa nel suo sguardo, interessato ma sufficiente, gli diede quell'impressione.

– Mi chiamo Rein. Ti sembrerà strano, ma stavo cercando proprio te – disse gesticolando. – Abito nella zona D e nel mio palazzo lavora una quasi-Conclusa. Mi ha detto di aver incontrato un LaBo qualche ora fa. Ti ha descritto molto bene, d'altronde sei estremamente riconoscibile. La ricordi di sicuro, era la donna con l'InfanTech. –

Eddie rammentò la frase "grazie per il tuo duro lavoro", così come il disagio che aveva provato.

– Capisco. Scusa per la diffidenza – gli rispose, prendendo la parola. – Una volta un gruppo di Pre mi ha chiamato "Fratello" per avvicinarmi, e poi ha insultato mia madre. Quindi preferisco chiedere i documenti – spiegò, con una punta di rammarico. Non aveva mai dovuto raccontarlo a nessuno.

– Davvero stavi cercando me? Per quale motivo? – continuò, cercando di deviare il discorso.

Rein non fece commenti e piantò lo sguardo sulla sua bevanda, ostinandosi a non consumarla. Sorrise mestamente, senza guardarlo in faccia.

– È semplice – disse. – Nessuna delle persone che conosco capisce davvero. Sai cosa intendo. –

Eddie non era sicuro di comprendere. Non sapendo come rispondere, prese in mano la sua bevanda e la scolò d'un fiato, pentendosi amaramente di non averci sciolto del dolcificante. Probabilmente aveva sfoggiato un'espressione schifata, perché Rein gli stava sorridendo arricciando il naso. Posò la tazza facendo finta di nulla e scostò un ciuffo dal viso, un po' irritato.

– Parla chiaro – disse infine, stancamente. Sentiva di non avere né il tempo, né la voglia per gli indovinelli. Non sapeva se fidarsi di quel ragazzo, e il suo atteggiamento indisponente non lo faceva impazzire.

– Allora. Tutti abbiamo visto il Quadrante – disse Rein, a bassa voce. – Se sei andato in giro con la maschera antigas è perché cercavi qualcuno con cui parlare. Non hai ferite e non mi sembri stordito, quindi non hai partecipato alle sommosse. Non che io l'abbia fatto. Non voglio farmi schedare o precludere l'accesso alle Città, quando sarà il mio momento. Solo perché siamo LaBo non vuol dire che non ci possa "accadere" nulla – aggiunse sussurrando.

Eddie vide che lo sguardo di Rein si spostava a fasi alterne oltre la propria spalla. Probabilmente anche lui aveva notato che il barista stava continuando a origliare, mentre passava distrattamente lo straccio sul lato opposto del bancone.

Rein spalancò all'improvviso la bocca in un largo sorriso. – Allora, che ne diresti di fare un po' di pratica nelle lingue? Non ne ho avuta molta occasione, d'altronde è dall'anno scorso che non ho contatti con Fratelli o Sorelle LaBo. –

Eddie notò che il ragazzo aveva alzato leggermente la voce, e la cosa lo fece sentire un po' in imbarazzo.

– Cosa preferisci? – gli chiese. – Unione Latina? Lingua Solare? Etnico Africano? Confederazione del Nord? – iniziò a snocciolare, mantenendo un tono di voce alto.

– Vada per quest'ultima – disse Eddie in tono normale, sperando che anche l'altro si adeguasse. – Mia madre veniva dall'ex-Polonia – aggiunse subito in polacco, seconda lingua della Confederazione, tanto per chiuderla lì sul discorso della scelta delle lingue.

– Bene – rispose Rein nella stessa lingua, abbassando finalmente la voce. – Quindi la parli da madrelingua? –

– No, ho solo fatto più attenzione a questo idioma. Sono madrelingua Inglese Standard – rispose Eddie, già pentitosi di aver di nuovo menzionato sua madre. – Ho visto che anche tu sei nato a Reinario. Non hai un cognome, Rein di Reinario? –

– Non me lo hanno dato. Sono stato abbandonato all'ospedale, è per questo che mi hanno chiamato come la città. Ma non mi dispiace affatto, sembra un nome in Lingua Solare – disse Rein, sorridendo allegro. Eddie notò che, effettivamente, i suoi tratti somatici erano orientali.

Il ragazzo gesticolava molto mentre parlava, ed Eddie si chiese cosa avrebbe potuto pensare il barista di quella conversazione che gli era preclusa.

– Ascolta – lo interruppe. – Volevi parlarmi del Quadrante, no? Sei venuto a cercarmi valicando tre zone, con i Sorveglianti in giro bardati come Terminator. – Eddie pensò al poster di un vecchio film che aveva visto appeso nella stanza di Florian.

– Ovvero? – chiese Rein, svelando uno sguardo confuso.

– Lascia perdere. Il fatto è che io voglio capire se il Quadrante abbia fatto un errore oppure no. E cosa significhi per tutti un mondo in cui quello schermo non ha sbagliato – gettò fuori tutto d'un fiato.

Non ebbe paura di esprimere quei dubbi. Era disposto a giocare d'azzardo, scommettendo sul fatto che, in quanto LaBo, Rein coltivasse dentro di sé i suoi stessi interrogativi e la sua stessa sete di conoscenza.

Rein non rispose subito. Si mise ad aggiustarsi il colletto della camicia, fissando la sua bevanda ormai fredda. Quando non sorrideva sembrava un po' meno giovane, anche se i suoi lineamenti rimanevano comunque tondeggianti, e non spigolosi come quelli di Eddie.

– Sono contento che tu ti sia posto le mie stesse domande – disse infine, aprendosi in un sorriso timido. Fece roteare il cucchiaino nella tazzina vuota, senza guardarlo in faccia. La sua espressione si era chiaramente rilassata appena proferita quella frase, e anche quella di Eddie si rilassò di rimando.

– Ero sicuro che tra LaBo ci saremmo capiti. È da quando ho visto il Quadrante che cerco qualcuno con cui poter parlare liberamente... Non che io non ci abbia provato. Ma la maggior parte di "loro", degli adulti, ha un atteggiamento sottomesso – disse Rein, smorzando un po' il suo sorriso tranquillo. Eddie pensò a Florian, suo malgrado.

– Vogliono vivere negli agi, senza porsi molte domande. E non credere che i Risveglisti siano diversi... Sono solo distratti da altri tipi di fantasie. E finiscono anche loro per non porsi la domanda fondamentale: che cosa faremmo se ci fosse una nuova "unità"? – Rein allargò le braccia con fare teatrale, aspettando una risposta.

Eddie non seppe bene cosa dirgli. – Io non sono sicuro di cosa farei – gli uscì. – Per quanto riguarda le altre persone, è vero, non sembrano porsi tante domande, ma stai pur certo che sono assalite dai dubbi quanto noi. È solo che non lo danno a vedere. –

Pensò alle scene che aveva visto nella coda di auto appena dopo il cambiamento del Quadrante, e a ciò che aveva visto fuori dalla finestra una volta tornato a casa.

– Probabilmente adesso sono solo confusi. Hai visto anche tu le immagini dei giorni dopo la Promulgazione dell'obbligo di sterilizzazione... Alcuni avrebbero voluto continuare a riprodursi, non erano d'accordo con la Chiesa. Magari hanno ancora bisogno di quella speranza, in fondo dall'Espiazione sono passati solo diciassette anni. –

Eddie ebbe quella realizzazione nell'istante stesso in cui la proferì. È vero, pensò. Le persone probabilmente hanno bisogno di speranza. Si sentì infinitamente più in grado di comprendere la situazione rispetto al sé stesso che era rimasto spaesato quel pomeriggio.

Rein lo ascoltò con attenzione. Nel suo sguardo mancava quella vena di comprensione per "loro", per gli adulti, che Eddie invece possedeva. Il ragazzo non sapeva che se Eddie non avesse incontrato Florian, probabilmente anche lui sarebbe stato privo dell'empatia necessaria a comprendere il punto di vista di chi aveva vissuto il post-Espiazione, o di chi soffriva a causa del Regime.

Rein riprese la parola. – Però molti di loro sono Risveglisti e credono al complotto della "selezione plutocratica", secondo il quale i più ricchi hanno conservato la fertilità per ripopolare il mondo. Nonostante il loro gruppo sia illegale, non sono poche le voci che si sentono in giro. Ricordati dei LaBo spariti nel Lethe. –

Fece una pausa, lasciando che quelle parole si sedimentassero nella mente di Eddie. Quest'ultimo ricordò le dicerie che aveva sentito qualche anno prima, ed ebbe un brivido.

L'espressione di Rein divenne dura. – Non voglio avere troppa compassione né per i Risveglisti, né per gli altri. Cosa pensi che farebbero a una nuova Unità, a un nuovo bambino? Se lo strapperebbero di mano l'un l'altro, dilaniandolo in mille pezzi. Guarda cosa facevano a noi prima della clausola mondiale sull'Autodeterminazione dei LaBo. Ci strappavano alle nostre famiglie, ci influenzavano. Sono egoisti. Non hanno appreso nulla e desiderano ancora l'immortalità attraverso una prole. Non importa che non credano ai Risveglisti di Krassnerr. –

Rein si era fatto rosso in viso dalla foga. Sembrava animato da un cieco odio. Eddie si chiese quanto dolore gli avessero inflitto solo perché era nato com'era nato. Smise di fissarlo solo quando sentì tremare il bancone, e vide il grosso pugno del barista calare a un centimetro da loro.

– Direi che è abbastanza – disse il barista con la sua voce metallica. – Potete accomodarvi fuori a parlare dei vostri complotti. Sto chiudendo. –

– Ma se questo bar non chiude mai... – iniziò Rein.

– Chiude per voi – rispose l'uomo.

***

I ragazzi uscirono all'esterno spingendo la pesante porta. L'aria notturna aveva ormai ghiacciato persino il cemento, ed Eddie si strinse nella felpa pregustando il raffreddore che avrebbe avuto il giorno dopo. Rein al contrario non batté ciglio, nonostante indossasse solo una camicia. Stando accanto in piedi sembravano essere alti entrambi poco più di un metro e ottanta.

– Probabilmente ha pensato che fossimo Risveglisti perché ha compreso solo il nome di Krassnerr – disse il ragazzo, tornando a parlare in lingua Standard.

– Già. Tanto siamo abituati a questo trattamento – disse Eddie.

– Proprio così. – Rein sorrise mestamente. Eddie si chiese se stesse assaporando, come lui, la strana ma piacevole sensazione di aver di fronte qualcuno col proprio stesso vissuto.

– Ascolta... Ogni tanto potrei venire qui nella zona A. Lavoro come banconista la mattina e come operaio fino alle 18. Sono l'unico in grado di passare nel canale di scolo se si rompe qualcosa – aggiunse ridacchiando.

Un altro privilegio di essere un LaBo, si disse Eddie. Anche lui era stato preso al ristorante perché l'unico, in dieci chilometri, capace di stare otto ore in piedi senza stramazzare a terra.

– Va bene, sì. Potremmo finire il discorso – gli rispose. – Non sembra una buona idea farlo qui in strada. –

Rein assentì con il capo, e allungò la mano facendo il gesto della scannerizzazione contatto.

Eddie prese la carta ID per scambiarsi i numeri. Tuttavia, si rese improvvisamente conto che fino a quel momento non gli aveva neanche detto il proprio nome, e contemporaneamente si stupì che l'altro non glielo avesse chiesto. Avvicinò la carta d'acciaio cromato a quella di Rein, aspettando il breve "bip" che segnalava la memorizzazione del contatto.

– Edin Mazur – lesse Rein. – Ci metterò un po' a ricordarlo. –

– Puoi chiamarmi Eddie. –

Rein gli strinse la mano un'ultima volta, poi si allontanò salutandolo. Sparì dietro l'angolo come un fantasma, tra le nebbie basse che gli mordevano i piedi.

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