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⁵¹. 𝘐𝘳𝘪𝘥𝘪 𝘯𝘦𝘳𝘦

Accadde il 15 ottobre del 2072, in un mattino che era sbocciato piuttosto anonimo. Come in molti quel giorno, Mel sarebbe andata a farsi "curare" la fertilità. Nonostante non desiderasse più l'estinzione del genere umano, perlomeno era rimasta dell'idea di non volere personalmente dei figli. Florian era d'accordo, e Amélie sapeva che anche lui si sarebbe presto recato ai padiglioni della Chiesa del Giudizio, seppur in un'altra zona della capitale.

Alle undici sarebbe passata a prendere Nadine alla scuola di danza, spostandosi poi verso i tendoni della zona D. La bambina era schizzata in auto tutta contenta, e aveva continuato ad agitarsi sul sedile parlando del suo prossimo saggio di danza, nel quale avrebbe avuto il ruolo principale. Per quanto Mel era riuscita a comprendere tra le sue concitate chiacchiere, lei avrebbe interpretato la "Vita", accompagnata da altri bambini che avrebbero impersonato il "Tempo" e lo "Spazio".

Nadine diceva che si trattava di una "favola per l'ambiente", volta a trasmettere quanto fosse urgente per gli esseri umani essere "gentili" con il pianeta.

Ad Amélie era sembrato che la trama di quel concept fosse sin troppo astrusa, ma si era premurata di non comunicarlo alla bambina.

"Vuoi che ti tenga la mano?" le aveva chiesto Nadine, accanto a lei nel padiglione. Mel aveva declinato, ringraziandola per il suo garbo. La bambina aveva insistito per starle accanto, nonostante avesse cercato di convincerla ad attenderla in auto. Nadine si era piazzata a osservare il processo di iniezione con una curiosità viscerale, rapita dal guizzare del braccio di Mel. Assieme al siero, il provvedimento prevedeva infatti l'inoculazione di un microchip epidermico; a detta della Chiesa, si trattava di un sistema volto a conteggiare chi si sottoponeva alla "cura". Mel non aveva gradito particolarmente la cosa, ma alla fine aveva ceduto all'insistenza dell'infermiera.

Era stato proprio mentre Amélie si stava tastando la pelle, nel tentativo di percepire un qualsiasi cambiamento, che la Chiesa aveva emanato quel comunicato a reti unificate. "Attenzione. La Chiesa del Giudizio, con il patrocinio del suo beneamato Presidente Karl Abramizde, dichiara che le procedure per la cura della fertilità umana sono da oggi obbligatorie. Si prega la gentile popolazione della capitale di collaborare." Per un istante era rimasta impietrita sulla sedia della sala d'aspetto, con l'altra mano racchiusa tra le piccole dita di Nadine, la quale aveva comunque deciso di stringergliela.

Non era passato molto prima che la situazione attorno a loro iniziasse a degenerare. Mel aveva compreso immediatamente come sotto a quel comunicato soggiacesse un vero e proprio colpo di stato. Mentre le urla fuori dal padiglione avevano iniziato a farsi più forti, non aveva potuto far altro che rannicchiarsi assieme alla bambina tra due armadietti di latta, aspettando che passasse la tempesta.

Quando un'ora più tardi ne erano uscite, si erano trovate all'inferno. La strada davanti al tendone era ricolma di persone accasciate le une sulle altre, coi visi congelati in urla di terrore, probabilmente dopo essere state colpite con un qualche taser in dotazione al nuovissimo corpo dei Sorveglianti. Quei paramilitari dai caschi rossi e dalla fiammante tenuta antisommossa avevano continuato a sciamare da ogni lato, pronti a ricacciare all'interno chiunque stesse tentando di sottrarsi al proprio destino.

Mel aveva visto un paio di uomini dirigersi verso di loro, intimandole di tornare dentro per ricevere l'iniezione. In un lampo di lucidità, era riuscita a comunicargli di aver già attuato il provvedimento. Ma i due Sorveglianti si riferivano alla bambina. Anche lei avrebbe dovuto seguire le direttive, nonostante avesse solamente otto anni.

A nulla era servito cercare di convincerli che si sbagliavano, che lei non esercitava alcuna potestà genitoriale sulla bambina, che Nadine avrebbe dovuto decidere da sola, una volta maggiorenne. Uno dei due uomini si era fatto sfuggire una risata, asserendo quanto le sue proteste fossero irrilevanti, dal momento che il provvedimento era appena diventato obbligatorio per tutti. E così erano state scortate con la forza all'interno, e Amélie aveva iniziato a tremare, seguendo i tremori di Nadine, attaccata al suo abito. L'infermiera aveva registrato le lacrime della bambina con indifferenza, e aveva proceduto a impiantarle il microchip sottocutaneo.

Anche Amélie aveva iniziato a sentire gli occhi bruciare, seppur per un motivo differente. Osservando quella bambina venire privata forzatamente della propria fertilità, un solo pensiero le aveva lacerato la mente: l'umanità è finita. Non aveva mai riflettuto a fondo sul potere che aveva acquisito la Chiesa del Giudizio; sul potere che loro gli avevano dato. E adesso non ci sarebbe stata alcuna redenzione: solo Espiazione. Nessuno si sarebbe salvato, e anche se la maggior parte delle persone non desiderava affatto mettere al mondo dei figli, obbligarle a non farlo era qualcosa di inimmaginabile.

É finita. Sapere che lei non avrebbe mai avuto eredi era tutta un'altra cosa rispetto al sapere che la sua intera specie sarebbe caduta nell'oblio. Dopo quel comunicato, Amélie aveva sentito un'incommensurabile disperazione incollarla al terreno, appesantendola, dilaniandola. Come in un crudele slideshow, aveva immaginato tornare alla cenere millenni di progresso della razza umana, con le sue poesie, le sue filosofie, le sue mirabolanti scoperte scientifiche, i suoi viaggi interplanetari, le sue opere grandiose, l'amore, la gioia, la vita. Un'evoluzione al contrario, dalla culla alla tomba.

In quel momento, mentre Nadine aveva continuato a stringerle la mano osservandola coi grandi occhi grigi che condivideva col fratello, Amélie aveva udito scollegarsi qualcosa dentro di lei.

Il lieve "click" di un interruttore, impercettibile dall'esterno, che le aveva colorato il campo visivo di un nero avvolgente.

Nero – Svart. Come aveva detto il suo collega svedese, Einar. Osservandola mentre mangiava a mensa, assieme a Jonas, le aveva rivolto quelle parole. "A differenza mia, hai i capelli e gli occhi 'helt svart'. Completamente neri". Mel non era riuscita a capire perché le fosse tornato in mente proprio in quel momento. Sapeva solo di aver visto quel nero sgorgarle anche dalle mani, invischiandosi a quelle della bambina, trattenendola con sé come il petrolio faceva con i gabbiani sulla spiaggia.

L'angoscia che stava provando si era concretizzata in una voce maligna, che le aveva mostrato collegamenti dove sino a quel momento aveva visto solo ostacoli. La voce aveva iniziato a carezzarla diabolicamente, ripetendole una sola frase: salva lei, e li salverai tutti.

E, in quella mattinata infernale, lo sguardo nero di Amélie Rentier si era puntato negli occhi grigi di una bambina di otto anni. Occhi puri. Occhi incontaminati. Quasi come una tabula rasa.

Non sarebbe mai riuscita a spiegarsi da dove fosse giunta la forza che ebbe in quel momento. Pochi istanti prima che l'infermiera potesse iniettare il siero a Nadine, rendendola inutilizzabile, Amélie l'aveva tramortita di colpo. Il cranio della donna si era come piegato sotto le gambe ferrose della sedia che Mel aveva sollevato con tutta la disperazione di cui era stata capace. Dentro la sua testa si era poi stabilizzato solo un lieve ronzio, che l'aveva resa inabile a registrare appieno ciò che aveva attorno: il sangue che sgorgava dalla testa della donna, le urla della bambina, le urla fuori dal padiglione.

Amélie aveva velocemente afferrato un bisturi, iniziando a scavarsi un'uscita verso l'esterno. Il tessuto sintetico del tendone aveva ceduto come carta, permettendole di uscire all'aria aperta, di nuovo verso quell'inferno di corpi, grida e rosso. Aveva corso sino ai parcheggi, tirandosi dietro la bambina col braccio ancora scoperto.

Nadine aveva continuato a rivolgerle sguardi pieni di terrore, di speranza, di confidenza. E lei, da brava sorella acquisita, non aveva fatto altro che rassicurarla, smussare le sue preoccupazioni, accarezzarle i capelli. "Tout ira bien", aveva continuato a ripeterle. Andrà tutto bene.

Erano risalite nell'auto, miracolosamente intoccata dalle sommosse, e Mel era ripartita a tutta velocità allontanandosi dalla zona D. Non verso casa, ma verso Jonas e l'obitorio.

***

"Devi aiutarmi a morire", aveva esordito. "Se ti fidi di me, non farmi domande." E lui non ne aveva fatte.

Era stato in silenzio quando le aveva consegnato la soluzione soporifera per addormentare la bambina, e anche quando Amélie aveva iniziato ad aprire uno per uno i novantasette loculi che affollavano l'obitorio. Mel aveva continuato a tirare fuori i cadaveri, osservandoli per brevi istanti prima di rilanciare i carrelli a incastrarsi nel muro. Jonas aveva continuato a fissarla interdetto, distogliendo lo sguardo quando Mel aveva iniziato a togliersi i vestiti, senza dire una parola. Come in un sogno, era riuscito solo ad avvicinarsi a passi lenti verso i due loculi che Mel aveva lasciato aperti, evitando per un pelo di svenire.

Un carrello ospitava una ragazza dai lunghi capelli neri, morta di recente, mentre nell'altro si trovava una bambina di all'incirca dieci anni, lì da almeno una settimana. E, in quel momento, Jonas aveva compreso ogni cosa, nonostante una parte di lui si stesse rifiutando di credere ai suoi occhi.

Amélie aveva vestito la salma della ragazza con il proprio abito, e poco dopo aveva fatto la stessa cosa con i vestiti di Nadine e l'altro cadavere, lontano dagli occhi di Jonas. Ripensando al comunicato della Chiesa che aveva udito poco prima, a lui era improvvisamente tornato in mente il discorso che aveva fatto sia con Mel che con Saryu. Tutti i pezzi avevano iniziato a incastrarsi alla perfezione, crudeli come schegge di vetro, ma altrettanto lucidi.

Jonas aveva poi guidato assieme a lei verso l'ex quartiere francese, nella zona A. Aveva continuato a non farle domande sia quando Amélie aveva riempito l'auto di benzina, sia quando aveva impostato la guida automatica sino a far schiantare la propria auto contro un albero, trecento metri più avanti. Un'auto all'interno della quale aveva sistemato due corpi inanimati, che avrebbero sostituito lei e Nadine fingendo le loro morti.

Lui e Mel si erano nascosti dietro a un muro, guardando l'auto prendere fuoco, e alcune persone affollarsi come formiche davanti a essa. Erano infine corsi via nella notte, lacerandola come lame d'acciaio. Soltanto diverse ore dopo, al sicuro e in periferia, Jonas aveva trovato il coraggio di farle delle domande, risvegliandosi dal terrore che gli aveva morso lo stomaco sino a quel momento.

"Hai rapito una bambina", aveva esordito. Una frase che era fluita automaticamente fuori dalle sue labbra, surclassando tutte le altre cose che avrebbe voluto dirle. Una nuda verità, che aveva di colpo reso la situazione più reale.

Amélie gli aveva rivolto uno sguardo indecifrabile, scuro ma fiammeggiante. Una scintilla arancione in mezzo ai neri carboni delle sue iridi: qualcosa che, se non avesse distolto i propri occhi, era sicuro che lo avrebbe scottato.

"Ho salvato l'umanità", aveva risposto. Come in una scena al rallentatore, Jonas l'aveva vista stringere i pugni, sporchi di terriccio, poi contrarre il viso in una smorfia e iniziare a piangere. Le lacrime le avevano lavato il viso sporco di fumo, percorrendo lunghe strisce su di esso. Non l'aveva mai vista così risoluta, né allo stesso tempo così vulnerabile.

Jonas aveva capito che, da quel momento, non sarebbero più tornati indietro, e allo stesso tempo aveva compreso di non volerlo fare. Sarebbe rimasto accanto a lei, per tenere insieme i suoi pezzi. Avrebbe messo da parte tutta la sua vita e tutti i suoi progetti per Mel. Perché in fondo la amava, da sempre. E lei si era fidata di lui, lo aveva scelto come complice di quella folle idea, ignorando Florian, anzi, tradendolo.

"Dovrai cambiare nome" le aveva detto, asciugandole delicatamente le lacrime, con il dorso della mano.

Amélie aveva sollevato il viso verso di lui, di nuovo animata da quella favilla di determinazione. "Svart", aveva risposto. "Come il nero. E 'Iris', come le iridi dei miei occhi. Iridi nere."

E, da quel momento, Jonas Kersson e Iris Svart decisero di rinnegare la propria umanità, convinti di salvare il resto di essa.





- Angolino -

Ebbene sì, gli ennesimi nodi che vengono al pettine. Adesso che abbiamo esplorato maggiormente questo personaggio, che ne pensate di lei? La percezione che ne avevate è cambiata almeno un po'?
Mi premeva che il suo pensiero fosse spiegato per bene, non tanto per renderlo "condivisibile", quanto per renderlo "comprensibile", per spiegare come si fosse costruita poco a poco la sua "follia", se così possiamo chiamarla. Vivere in un mondo che vedi cadere nel baratro non deve essere semplice, e ognuno di noi, anche senza spingersi all'estremo, avrebbe di certo reagito in qualche modo.
In ogni caso, ecco il frutto delle mie nottate su Wombo, un bellissimo sito che si avvale di una AI per creare immagini a partire da una descrizione:

(Lo so, sembra più giovane, in teoria ha 37 anni. Prendetela come la sua versione a 25/30 anni)

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