⁴⁴. 𝘋𝘦𝘤𝘪𝘧𝘳𝘢𝘳𝘴𝘪
I suoi occhi vagavano di continuo verso la porzione della stanza che ospitava la ragazza, appena oltre il vetro invisibile. Sembrava molto vicina, ma allo stesso tempo era irrimediabilmente lontana. Prima di piazzarsi a sedere sul letto, Eddie aveva nuovamente provato ad attirare la sua attenzione, accostandosi alla parete opaca e percuotendola con lievi colpi. Tuttavia, la ragazza di nome Eve lo aveva ignorato. Era semplicemente rimasta curva sui suoi disegni, tenendovi gli occhi incollati.
Erano trascorse diverse ore da quando la dottoressa Iris Svart lo aveva lasciato da solo, ad annegare nel proprio silenzio. Eddie aveva passato una nottata infernale, consumato dal terrore di trovarsi in un luogo sconosciuto, nelle mani di persone ignote. Aveva finito per piangere tutte le proprie lacrime, racchiuso sotto le coperte, sperando invano che non lo stessero osservando con una qualche telecamera.
Appena le luci si erano spente, inducendogli un sonno forzato, aveva sentito i pensieri che aveva trattenuto sino a quel momento riversarsi contro di lui come una mareggiata torbida. Rein non c'è. Ian non ti troverà mai. Non riesci ad alzarti in piedi. È tutta la vita che queste persone ti controllano. Sei una cavia.
Quelle frasi si erano susseguite nella sua mente come una cantilena, accompagnandolo sino al mattino e lasciandolo devastato. Ricordava di aver fatto diversi incubi, crollando dalla stanchezza tra un pensiero e l'altro. Aveva sognato nuovamente di essere un ragazzino di dodici anni a una gara di corsa campestre, felice con suo padre Florian e col suo amico Rein, salvo poi vedere quest'ultimo ricoperto di sangue scarlatto. Il fiotto gli fuoriusciva da una ferita alla testa che, nella realtà, Eddie non aveva potuto vedere. Nel sogno il sangue era crudelmente nitido, e quella visione lo aveva fatto svegliare di soprassalto più e più volte. Non gli ho neanche detto addio, si ritrovò a pensare in quel momento, seduto sulle lenzuola candide.
Quella realizzazione gli strinse lo stomaco in una morsa, prosciugando di colpo ogni sua energia. Eddie deglutì per farsi passare un conato di vomito, che ormai riconosceva come il simbolo del suo dolore più acuto. Tra le pieghe dei suoi incubi, quella notte, si era anche posto mille domande su Hermes, anzi, su Rein. Evitare di chiamarlo in quel modo, scegliendo invece il nome con cui il ragazzo si era presentato a lui, era stata l'unica decisione che avesse preso sulla sua persona. Il resto, invece, era rimasto irrimediabilmente aggrovigliato, una matassa di rami fiorita dal singolo tronco del suo cuore.
Le domande si erano stratificate in maniera così fitta da non lasciargli alcuno spazio di manovra. Nel sogno, il sé stesso ragazzino aveva abbracciato e baciato Rein con una naturalezza che lo aveva stupito, una volta risvegliatosi. Inizialmente, una parte di lui aveva cercato di bloccare quella confusione sul nascere. Tuttavia, rinchiuso in quella prigione lattiginosa, il rumore dei suoi pensieri si era fatto progressivamente più intenso, e nonostante ci avesse provato in ogni modo, alla fine non era più riuscito a ignorarlo.
I suoi principali tormenti erano due: cosa provasse Rein per lui, e cosa provasse lui per Rein.
La risposta alla prima domanda sembrava apparentemente semplice. Rein aveva provato a ucciderli entrambi: lo avrebbe portato via con sé nella morte, pur di non consegnarlo a loro. Nonostante i suoi ricordi di quella mattina fossero ingarbugliati, Eddie rammentava come il ragazzo gli avesse chiaramente detto quelle cose. Rein aveva deciso di mandare a monte i piani di Iris, nonostante il suo compito iniziale fosse stato quello di avvicinarlo. Perché si è innamorato di me.
Ricordò la dolcezza delle parole di Rein, e il suono che aveva il nome "Edin" quando fuoriusciva dalle sue labbra. La delicatezza del suo bacio, e l'addio che gli aveva sussurrato poco prima di stringerlo in un abbraccio mortale. A quei ricordi se ne affiancarono presto altri, come in un domino di sofferenza: sguardi e sorrisi che adesso era certo di non aver mai osservato con la giusta lente, abbracci e contatti dai quali Rein era rifuggito, forse imbarazzato dai propri sentimenti. Eddie sentì le proprie guance iniziare a bruciare, ma si costrinse a non mollare la presa sulla propria interiorità, come se stesse lottando per domare una bestia riottosa. Lo doveva a Rein, e anche a sé stesso.
Continuando a lottare, non poté fare a meno di sentire la purezza di quei ricordi inquinarsi sotto i colpi delle parole di Iris. Mio figlio ha compiuto un ottimo lavoro. Suo figlio, Hermes Svart. Una persona diversa da Rein. A quanto diceva lei, da quando si erano conosciuti suo figlio non aveva fatto altro che mentire. Probabilmente per ingraziarselo, per permettergli di fidarsi di lui nel momento in cui avrebbe dovuto portarlo lì, nel Laboratorio. E il sentore delle sue menzogne Eddie l'aveva già avuto, quando lo aveva visto guidare alla perfezione seppur distrutto dal pianto, o quando gli aveva dimostrato di avere molta più forza fisica di quella che immaginava. Per non parlare del fatto che sapesse usare una pistola.
Rein ed Hermes, due persone nello stesso corpo. Per uno di loro era un amico, per l'altro una missione. Eppure, l'ultima volta in cui si erano visti, Eddie era sicuro che la persona che aveva parlato con lui fosse solo e solamente Rein. Lo aveva sentito nella disperazione del suo abbraccio, nella forza della sua convinzione. Semplicemente non poteva essere un atteggiamento simulato. Ma non lo saprai mai, sentì sussurrargli una voce crudele nelle orecchie.
No. Quella era l'unica cosa che non avrebbe mai accettato. Scacciò velocemente quella voce malvagia in fondo al suo essere, che si opponeva alla convinzione che Rein fosse vivo. Senza neanche realizzarlo propriamente, la chiuse in un cassetto gettando la chiave. Farlo gli venne naturale come respirare. Una parte ben nascosta di lui sapeva che realizzare il contrario lo avrebbe fatto impazzire.
La seconda, spinosa questione riguardava quello che provava lui per Rein. Più e più volte, durante la sua angosciosa nottata, si era sentito uno stupido per non averci riflettuto abbastanza in precedenza. Era sicuro che anche solo una semplice conversazione con Florian lo avrebbe aiutato a fare maggiore chiarezza, evitandogli di trovarsi in quello strano e complicato limbo.
"Cosa ne sai tu dell'amore?", gli chiese quella voce impertinente dentro di lui. Certo, quando era più piccolo aveva avuto una cotta per Lynn, una ragazzina della sua età, ma oltre a guardarla da lontano e a sperare che parlasse con lui, non aveva mai fatto nulla di eclatante.
I professori dell'Accademia, durante l'anno Morale, gli avevano spiegato le reazioni chimiche alla base dell'innamoramento, specificando anche l'importanza sociale del fenomeno. Nel discorso, ovviamente, era incluso anche l'amore per le persone del proprio stesso sesso. Una volta venuta meno la possibilità di procreare, la loro pragmatica società aveva iniziato ad accettare maggiormente le relazioni omosessuali, descrivendole come "legami utili alla sopravvivenza", proprio come quelli tra persone dai sessi opposti.
Ovviamente in Accademia gli episodi di bullismo tra LaBo poteva capitare che avessero una matrice omofobica. In linea di massima, quella dell'omofobia non era diversa da qualsiasi altra motivazione valida per isolare i più fragili: i ragazzini sapevano essere particolarmente spietati tra loro, e questo Eddie l'aveva imparato sulla propria pelle, in anni di permanenza ai dormitori per gli orfani.
Tuttavia, nonostante lui considerasse normale innamorarsi di qualcuno del proprio stesso sesso, non gli era mai accaduto personalmente. Si era invaghito una sola volta, e di una ragazzina femmina. Quasi come se farsi piacere le ragazze fosse stato scontato, perché tutti i suoi compagni provavano la stessa cosa. Ed era davvero stato scontato, almeno sino a quando aveva conosciuto Rein.
Cosa ne sai tu dell'amore?
Quel coacervo di reazioni chimiche, quel motivo nascosto che fa legare una persona a un'altra. Se sulla carta gli era stato spiegato alla perfezione, nella pratica si sentiva un incompetente. Se Rein fosse stato una femmina, probabilmente se ne sarebbe accorto prima. Ma, in qualche modo, che lui non lo fosse aveva reso le cose più difficili da decifrare, per una persona a digiuno di rapporti umani come lo era lui.
Sapeva di non desiderare altro che del semplice contatto umano, da quando la vicinanza con Florian lo aveva "sbloccato", facendogli accettare di poter essere fragile. Eppure, ciò che provava per Rein non si riduceva solo a quello. E che fosse un ragazzo semplicemente non gli era importato, mentre costruiva un legame con lui. Era Rein, e basta. Un confidente, un amico...
Eddie sentì il proprio cuore tremare. Proferendola nel buio della propria mente, capì quanto quella definizione, "amico", iniziasse a stagli stretta. Gli sembrò quasi di vedere la figura di Rein scacciarsela via di dosso con un sorriso malizioso. Percepì l'imbarazzo pervaderlo completamente, colorandogli le guance di rosa. Non reagiresti così se fosse solo un amico, idiota.
Sentì quella piccola voce continuare a canzonarlo dal fondo del proprio essere, una voce dal tono beffardo e provocatorio, quasi quanto lo era quella di Rein quando lo prendeva in giro per qualcosa.
Avanti, finisci questa corsa, continuò. Possibile che tu non riesca ancora a vedere il traguardo?
Eddie si passò una mano sul volto, stropicciandoselo. Lo vedeva eccome, il traguardo. Era cristallino di fronte a sé, e aveva il volto del suo migliore amico. E, sulla strada per arrivare a lui, vide sé stesso posare tutti quei sentimenti che aveva sempre provato, come fossero stati ostacoli che adesso avrebbe superato facilmente, per il solo motivo che li vedeva per ciò che erano davvero.
I formicolii quando lo guardava correre leggiadro, sulla pista d'atletica. L'imbarazzo che aveva provato mentre Rein lo disegnava, fissandolo con uno sguardo clinico. La voglia di stringerlo in un abbraccio, che lo consumava sempre, eternamente, ogni volta che gli posava gli occhi addosso. La voglia di capirlo, di aiutarlo, di stargli accanto quanto più tempo possibile. Il modo in cui le loro mani si erano strette nell'auto, poco prima che accadesse il disastro. E, non ultimo, quel bacio disperato, che lo aveva colto di sorpresa, ma che ricordava di aver ricambiato con tenerezza, sentendolo tremendamente giusto e normale.
Ognuna di quelle realizzazioni gli si incastonò nel petto, facendogli battere il cuore a mille, nonostante stesse sdraiato immobile ormai da una buona mezz'ora.
Lo vedi, non ci voleva molto, disse la voce pungente. Adesso dillo. O forse non hai il coraggio?
Eddie si lasciò convincere da quell'orgogliosa parte di sé stesso, che in molte occasioni lo aveva spinto a fare del suo meglio, o a gettarsi in situazioni pericolose anche solo per capire cosa stesse accadendo. Come quella volta che era uscito con la maschera antigas, riversandosi in strada per vedere coi propri occhi le sommosse dopo l'Incidente del Quadrante. E, come allora, gli venne in mente il motto principale della Fratellanza LaBo, che campeggiava a caratteri cubitali sulla facciata di qualsiasi Accademia del mondo: "completarsi attraverso la conoscenza". E questo, suo malgrado, includeva la conoscenza di sé stesso.
Prese un grosso respiro, allentando i pugni che aveva tenuto serrati sino a quel momento. In quella prigione bianca era come se ognuno dei suoi sensi si fosse acuito, intensificato dall'asetticità del luogo. Sentì il proprio cuore rallentare i battiti, e il sangue ricominciare a fluire normalmente. Percepì la ferita sulla nuca pulsare, lì dove i suoi capelli erano stati recisi. I suoi occhi azzurri si velarono di lacrime, ma la cosa non gli dispiacque.
La lotta interiore aveva ottenuto un vincitore, ed era lui stesso. Lasciarsi trasportare dal fiume, adesso che aveva accettato i propri sentimenti, era infinitamente più semplice rispetto a nuotare in direzione opposta, cercando invano di vincere la corrente.
Si schiarì la voce, prima di parlare al vuoto. In quel momento, l'idea di poter essere ascoltato non lo preoccupò minimamente. Tanto nessuno di loro capirebbe. Perché questa è una cosa solo mia e tua.
– Ja też – disse, lasciando che la sua voce profonda rimbombasse nel silenzio. Anch'io.
Sentì un brivido attraversarlo, facendo vibrare ogni parola mentre la proferiva. Eppure, non provò alcun disagio, quanto invece una profonda e violenta vita.
Quello sarebbe stato il suo segreto. Un piccolo centimetro incastonato nella sua mente, che quelle persone non sarebbero mai riuscite a portargli via. Eddie decise di aggrapparsi a quel sentimento con le unghie e con i denti. Era un sentimento così nuovo da meravigliarlo, ma allo stesso tempo così conosciuto da farlo rifugiare in esso, godendo del suo calore.
Si trovò a sorridersi, per la prima volta da quando era lì dentro. Adesso sapeva di avere un altro motivo per andare avanti, per desiderare di fuggire da lì.
Un giorno te lo dirò di persona, si disse. È una promessa, ragazzo lupo.
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