³. 𝘊𝘦𝘳𝘪𝘮𝘰𝘯𝘪𝘢
– Ancora ciliegi? Ma lo sai che non crescono in questa stagione o lo fai di proposito? – gli chiese l'uomo dai capelli bianco neve.
– Mi spiace Tobias, non lo ricordavo – mentì Florian, scuotendo un po' il proprio sacchetto di semi. Notò Eddie lanciare un'occhiataccia all'uomo, che aveva il titolo di "più anziano del quartiere".
La pioggia gli aveva concesso un po' di tregua, dunque le celebrazioni si sarebbero tenute come di consueto. Ian osservò la solita folla sconnessa che si era radunata nella piazza. C'erano, a occhio, poco più di una quarantina di persone. Vedere tutta quella gente agglomerata lo fece sentire leggermente a disagio. Stimò che, a parte lui ed Eddie, erano in pochi ad avere meno di cinquant'anni.
Al centro dello spiazzo era stato allestito il solito palco di legno, incorniciato dagli alberi rossicci. Negli ultimi diciassette anni erano cresciuti parecchio, anche se la Chiesa del Giudizio aveva decretato che, ogni anno, alcuni cittadini a sorte non avrebbero potuto scegliere da sé che albero far germogliare, se non piante di taglia medio-piccola, per non riempire troppo l'area.
I ciliegi di Florian non erano mai germogliati, quindi nessuno gli aveva imposto di cambiare semi. Gli aceri che piantava Eddie da quasi cinque anni – ovvero da quando, a tredici anni, era diventato maggiorenne – crescevano invece meravigliosamente. Con molta probabilità, in futuro, avrebbero formato un boschetto che si sarebbe disintegrato da solo. Florian gli aveva ribadito un'infinità di volte di non piantarli troppo vicini gli uni agli altri, ma a Eddie non importava. D'altronde, entrambi non gradivano la cerimonia per motivi differenti, e facevano di tutto per sabotarla a modo proprio.
Dal palco giunse uno stridio di microfono, un suono inusuale persino per il nuovo modello che si incollava all'altezza della carotide. Un uomo alto e ben piazzato, il Primario di quartiere della Chiesa del Giudizio, staccò la sottile appendice dal collo e la ripose al proprio posto, facendo terminare lo stridio. Come sempre vi era, accanto a lui, una Madama dell'ordine delle Levatrici Spirituali. La donna celava volto, espressione ed età sepolta da molti strati di veli bianchi, che le lasciavano scoperti solo gli occhi.
Dallo sguardo deciso del Primario si comprese che il discorso stava per iniziare, e come per magia le persone nella piazza si distanziarono l'una dall'altra, con il loro sacchetto in mano. Un esercito ben allenato. Anche Eddie e Florian lo fecero inconsapevolmente.
– Benvenuti, cari co-abitanti di circoscrizione, a questa celebrazione annuale di gioia e felicità.
Il Primario fece il gesto della "pace sociale" del Regime, portandosi la mano destra al cuore e poi puntando due dita verso il pubblico. Tutti ripeterono quel gesto.
– Oggi, 15 ottobre 2090, festeggiamo il diciassettesimo anniversario del Giorno dell'Espiazione. Un periodo di pace, ordine, salute e ricchezza per tutti.
Eddie diresse uno sguardo ironico a Florian, che gli rispose con un rimprovero silenzioso. Il Primario continuò.
– Come da tradizione, ci riuniamo per generare dei nuovi figli da donare a questa terra, affinché proliferino al nostro posto, testimoniando la nostra rilevanza individuale in maniera indolore, sana e produttiva.
Con quelle parole sollevò il sacchetto che anch'egli teneva in mano. Seguitò a parlare per altri dieci minuti, ma né Florian e né Eddie ascoltarono una sola parola di quella litania. Ormai conoscevano bene le tematiche che venivano affrontate ogni anno: le esortazioni al sentimento di aggregazione e al benessere psico-fisico, l'appello alla produttività e soprattutto l'aderenza ai dettami della Chiesa e della Legge, due cose che coincidevano inestricabilmente.
– Ma basta con i convenevoli, e iniziamo – disse infine il Primario, indicando con un gesto sontuoso la Madama Levatrice, che con una vanga in mano scese dal palco e diede la prima smossa al terreno.
Le Levatrici minori si misero a distribuire vanghe a tutta la folla, che procedette in maniera ordinata per riceverle. Le donne che facevano parte di quell'ordine avevano sempre un passo leggero e silenzioso. Florian riuscì a scorgere un lampo di occhi fugaci sepolti sotto ai veli della donna che gli porse la vanga. Non fece in tempo a ringraziarla sottovoce, che era già andata via. Sulle sue mani infreddolite rimase sospeso il tocco di quelle dita delicate.
Tutt'intorno i co-abitanti del quartiere si stavano dando da fare per trovare i lotti migliori per le proprie piante. Il Primario si aggirava tra loro con passi lenti e cadenzati, prendendo appunti su un foglio digitale. Alla fine della cerimonia avrebbe decretato la "Migliore Creazione", e in molti si impegnavano espressamente per ottenere quel riconoscimento.
Nonostante Florian non adorasse la competitività di quel rituale, doveva ammettere che in molti casi le creazioni risultavano gradevoli. Alcuni avevano appeso delle campanelle ai loro alberi, mentre altri li avevano dipinti con mille colori. Nonostante ciò, gli vennero comunque in mente, a malincuore, le parole "placebo" e "farsa".
– Quest'anno il discorso del Primario è stato piuttosto leggero. O almeno, lo è stato rispetto a quando affermò quanto fosse "giusto, sano e produttivo" celebrare il Giorno dell'Espiazione con il suicidio – gli disse Eddie sottovoce, abbassandosi a spostare le zolle di terra vicino ai suoi arbusti.
– Peccato – fece uno sforzo per affondare la vanga – che lui non abbia mai dato il buon esempio – aggiunse, sorridendo ironicamente. Florian, suo malgrado, si lasciò sfuggire un sorriso a sua volta.
– LaBo, fossi in te non sarei così spiritoso – sentirono rispondere. L'anziano del quartiere, Tobias, li guardò con gli occhi a fessura e la fronte imperlata dalla fatica. – Fossi in te chiederei perdono. E il tuo co-abitante dovrebbe insegnarti a non fare commenti inappropriati durante una funzione pubblica.
Ian vide Eddie impietrirsi, sorpreso dal fatto che qualcuno lo avesse udito. La sua espressione tuttavia mutò rapidamente, preparandosi al contrattacco. Eddie non si arrabbiava mai, se non quando veniva trattato come un LaBo e non come una persona. Ian aveva sempre pensato al suo modo di adirarsi come a una tempesta di sabbia: rapida, improvvisa e ineluttabile.
– Oh, ma io chiedo perdono ogni giorno, quasi-Concluso.
Le parole di Eddie uscirono calme e pungenti. Florian vide Tobias abbassare gli occhi sconfortato, ed ebbe un moto di pena per lui. Sul viso dell'anziano iniziavano a essere visibili le piaghe del morbo di Met, nella forma di spessi crateri che gli deturpavano le guance. Ian decise a malincuore di intervenire.
– Signor Tobias, secondo la clausola per l'Autodeterminazione dei LaBo io non posso imporre nulla al mio co-abitante. Al contrario, le affermazioni ironiche possono contribuire all'autocritica, e non sono proibite. – Sperò che Tobias non scoprisse che aveva inventato quelle ultime informazioni, pregando che non fosse edotto di giurisprudenza. Cercò subito di cambiare discorso.
– Dovrebbe sapere che i Last Borns di tutto il mondo sono classificabili come "vittime delle circostanze", e, anche se non lo fossero, il loro duro lavoro quotidiano è un ottimo modo per chiedere perdono – continuò, cercando di smorzare l'atmosfera.
Dallo sguardo più cagnesco che dubbioso che aveva, Tobias si era evidentemente lasciato alle spalle il discorso sull'ironia, con grande sollievo di Ian. Tuttavia non sembrò voler mollare l'osso.
– Sì, non è colpa dei LaBo, questo è vero. Bisogna incolpare le loro madri, che non hanno saputo frenarsi per metterli al mondo.
Florian vide che Eddie stava di nuovo per esplodere. Lo guardò con tristezza, prendendo la parola.
– Lui non ha colpa neanche per quello che credeva sua madre. Tobias, non ha anche Lei un figlio, un Pre-5? Quanti anni avrà adesso, venticinque?
Tobias abbassò finalmente lo sguardo e rispose alla domanda stringendo i denti. – È un Pre-3, ne ha ventisette. E l'ho avuto dieci anni prima dell'Espiazione. Ciò non toglie che i Last Borns costino una fortuna alla società, e che abbiano troppi privilegi.
Eddie aveva ormai perso la sua calma glaciale. Il viso gli si era fatto rosso, in un misto di rabbia e vergogna.
– Esatto, ho il privilegio di dovermi riempire la testa sin dalla nascita di ogni cazzo di cosa che esiste a questo mondo. Così come avrò il privilegio di lavorare tutta la vita, per poi morire da solo.
Florian notò che quelle parole avevano fatto centro sull'anziano, ma in una maniera più malinconica rispetto alle precedenti. Vide Eddie mettere su uno sguardo colpevole: probabilmente aveva compreso di aver calcato troppo la mano, ricordando all'anziano la sua prossima sorte da quasi-Concluso. Lo vide allentare la mascella, cercando di ricomporsi.
– E comunque il terreno non va grattato in questo modo. Va smosso in diagonale, non in verticale. Posso? – chiese il ragazzo, offrendo una mano all'anziano, probabilmente con più gentilezza di quella che avrebbe voluto mostrare.
Tobias fece un lieve cenno di assenso, ancora stranito, mentre Eddie si affrettò a prendere la vanga dalle sue mani corrose. Florian lo vide affondarla con precisione nel terriccio, nascondendo uno sguardo lucido.
***
Un'ora più tardi la celebrazione era terminata. I due co-abitanti si avviarono all'auto elettrica, parcheggiata tra altre dozzine di macchine identiche. Per fortuna la carta ID possedeva una funzione che faceva lampeggiare le luci dell'auto, se si trovava nel raggio di cento metri.
– Guida tu – disse Ian porgendo la carta al co-abitante, che la prese controvoglia. Quando Eddie premette il tasto furono però due le auto a illuminarsi.
– Scusatemi – disse una voce dietro di loro. Videro avvicinarsi una donna sulla sessantina, dall'aspetto compito e con un bambino in braccio.
– Perdono. Ho premuto insieme a voi. Lei è il bibliotecario, vero? – chiese la donna, inclinando la testa per osservare meglio. Indossava degli occhiali piuttosto ingombranti, un modello che Florian non aveva mai visto. Pensò, suo malgrado, che le cicatrici sul viso lo rendessero sin troppo riconoscibile.
– Esatto, mi chiamo Florian. Lui è Eddie, il mio co-abitante – rispose Ian, un po' a disagio per quello sguardo incollato addosso. La signora gli sorrise benevola e si avvicinò a Eddie.
– È straordinario. Gli impulsi di questi nuovi occhiali mi indicano il grado di crescita delle persone – disse, indicando l'ingombrante apparecchio che le solcava il viso. – Sei un LaBo.
A quelle parole, Eddie si scostò leggermente.
– Non ti preoccupare, non ho commenti su di te – disse la donna. Sembrò notare il nervosismo del ragazzo, e continuò a sorridergli.
Florian intanto osservò il bambino. I suoi grandi occhi blu gli risposero allo sguardo, fissi e vuoti.
– Ah, stai guardando lui. Non è bellissimo? È il modello InfanTech 15, quello con le domande integrate. Ogni tanto mi chiede cose assurde, mi rende così nostalgica. L'ho preso quando mio marito è stato Concluso – disse la donna sorridendo mestamente, mostrando qualche ruga agli angoli della bocca.
– Molto realistico – rispose Florian, spezzando l'imbarazzo di quell'affermazione. – Comunque la nostra auto era parcheggiata a destra, quindi quella che si è illuminata là in fondo deve essere la sua.
– Ah sì, deve essere quella. Beh, ci vediamo; Florian, ragazzo. Sai, anche nel palazzo in cui lavoro nella zona D c'è un LaBo. Sarò antiquata, ma a me fa piacere – aggiunse sottovoce.
Prima di andarsene prese le mani di Eddie. – Grazie per il tuo duro lavoro – gli disse avvicinandosi al suo orecchio.
La donna girò i tacchi verso la propria auto. Sulla spalla aveva ancora il viso del bambino, acciambellato a pancia in giù e impossibilitato a sbattere le palpebre. Il suo sguardo perennemente all'erta li scrutò sin quando la donna lo ripose nel bagagliaio, in carica.
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