Prologo
Una ragazza dalla folta chioma accorre, dalla fronte scendono senza interruzione delle gocce di sudore. I capelli incollati e la bocca impastata sono un chiaro segno di agitazione o, almeno, così credo. Il corpo, minuto e impeccabile, fa pensare a una bambina sui dieci anni. Dal viso candido non traspare alcun tipo di emozione a differenza di uno sguardo vitreo che rivolge nel nulla.
«Ti sei persa, ragazzina?» tento di dire.
La voce mi esce in un sussurro.
Lentamente si volta incatenando i suoi occhi nei miei. Due pozze gialle mi guardano come se avessero avuto la forza necessaria di metterti a nudo. È un po' come guardare il sole: luccicante e folgorante.
«Stai cercando i tuoi genitori?» provo, categorica, con la speranza di ricevere una risposta.
La ragazza rotea gli indici formando dei semicerchi. Non si muove, sembra pietrificata. Mi avvicino il giusto per osservarla meglio. I piedi nudi, di colore violaceo, tastano l'erba al di sotto di essi. Probabilmente percepisce acqua e gelo. Un vestito bianco le copre le ginocchia lasciando scoperte le gambe esili che riflettono una pelle lattea. Si stringe tra le braccia per infondersi un po' di calore. Le labbra rosse, serrate saldamente, sembrano la parte più viva del suo corpo. Dalle narici fuoriesce costantemente una nuvoletta di fumo che sparisce all'abbassarsi del diaframma. Gli angoli della bocca si sollevano verso l'alto in un sorriso ed è l'ultima cosa che vedo prima che i miei occhi saettino su una casa logora ma spaventosamente familiare.
Le gambe camminano senza chiedermi il consenso. Percepisco una presa premuta contro la schiena che mi costringe ad avanzare. Cerco di abbassare la maniglia della porta, le mani sudaticce non mi facilitano l'azione. Dopo qualche minuto di esitazione riesco nel mio intento. L'aria mi entra nei polmoni come uno schiaffo in pieno viso. Assaporo il profumo della terra bagnata e con il palmo tasto le foglie inumidite dalla pioggia.
Il cielo ha smesso di piangere, almeno per ora.
«Le pupille si dilatano» puntavano una luce dritta nei miei occhi.
I polmoni erano di roccia. Avevo i muscoli indolenziti e la testa terribilmente pesante. Volevo alzarmi o semplicemente dire a queste persone di stare bene.
Sono qui, proprio davanti a voi.
Poi successe tutto in fretta.
Proprio come un ballerino pronto a esibirsi su un palco, accolto dalle mani che lo applaudono per il suo ingresso, il corpo iniziava una danza tutta sua.
Si mosse senza criterio.
Il cuore picchiettava con veemenza tanto da sentire il suono ovattato alle orecchie.
«Fate presto, ci serve il defibrillatore!» udii percettibilmente.
A poco a poco gli spasmi aumentavano e il freddo mi ricopriva come una coperta. Appoggiavano delle placche sul petto mentre dei fili quasi solleticavano le braccia. Mi sollevai a ogni scossa che mi fu inferta, la gola si ostruiva e il respiro divenne sempre più affannoso mentre il battito andava scemando.
E allora il vuoto mi avvolse in un tenero abbraccio.
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Ciao a tutti/e, come ben sapete questa è la prima storia che scrivo. Sono consapevole che ci siano degli errori, ma sbagliando si impara... no? Farò dei vostri pareri dei consigli preziosi. Spero vi piacerà la storia e che la supportiate. Grazie Moohilliani, kiss!🫶🏻
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