7. Cicatrici
Erano passati quattro giorni dalla fatidica festa, e Ariana rimaneva convinta di aver fatto la scelta giusta evitando di ballare con Malfoy. Non aveva detto niente a Hermione e Ginny (figuriamoci a Harry e Ron), perché temeva che avrebbero iniziato a guardarla male, visto che come avrebbe detto Ron "fraternizzava con il nemico", ma sapeva che quasi tutte le ragazze della scuola avrebbero dato qualsiasi cosa per essere al posto suo.
Per quanto Malfoy fosse bello, lei non era la tipa da cadere ai piedi di nessuno. E non era nemmeno disposta a farsi prendere in giro da uno come lui. Se pensava di riuscire a farla passare per una ragazzina sciocca e sempliciotta, aveva sbagliato persona.
Seduta nel suo banco durante la lezione di Trasfigurazione, Ariana si massaggiava la spalla dolorante. La McGranitt stava spiegando come eseguire un incantesimo d'Invertimento, la bacchetta sventolata in aria. Non la stava seguendo per niente, presa com'era da quel bruciore che la infastidiva particolarmente dovuto al tempo umido.
Una vecchia cicatrice le ricordava quello che era successo tanti anni prima, che aveva contribuito a renderla l'Ariana combattiva e disincantata che era ora. Un episodio che le aveva fatto provare l'umiliazione vera, ma che non poteva dimenticare.
Sei anni prima, Durmstrang.
Ariana camminava per uno dei corridoi affollati della scuola, Argo il cucciolo che trotterellava vicino alle sue gambe. Teneva stretti tra le braccia i libri, e procedeva a testa bassa come faceva sempre: era più facile evitare di sguardi di disprezzo degli altri, così. All'improvviso, andò a sbattere contro qualcuno.
- Scusa – mormorò, e alzò lo sguardo per vedere di chi si trattava.
Diventò rossa come un pomodoro quando si accorse che era Ivan, un ragazzo di due anni più grande di lei, il più bello della scuola. Era alto, con splendidi capelli biondo cenere e gli occhi azzurro mare, occhi di cui lei era segretamente innamorata. Non era solo: tre amici lo affiancavano, e c'era anche una ragazzina del secondo anno, Lidja.
- Guarda dove vai – sbottò Ivan, - Ah, ma tu sei lo Sgorbio -
Ariana lo guardò in faccia, ferita. Non riusciva a parlare con lui davanti, così bello e ammirato da tutti: lei non era nulla a confronto. Si abbassò per raccogliere un libro, sentendo le risatine di scherno degli amici di Ivan.
Il ragazzo all'improvviso si abbassò e prese Argo per la collottola, senza alcuna delicatezza. Il cucciolo guaì quando lui lo scosse, ridendo.
- E' questo sarebbe un cane? Mi sembra più un topo – disse, scatenando le risate dei tre compari e di Lidja.
Ariana lasciò cadere gli ultimi libri che aveva tra le braccia a terra, spaventata. Guardò il cucciolo che aveva gli occhioni scuri spalancati, e mugolava cercando di divincolarsi.
- Lascialo – disse con la voce fioca, - Per favore, rimettilo per terra -
Ivan scosse ancora il cane, e gli tirò le orecchie con cattiveria. I suoi uggiolii attirarono l'attenzione degli studenti, che si avvicinarono per guardare meglio.
- Lascialo stare! – gridò Ariana, - Gli fai male! -
I tre amici di Ivani ridevano a crepapelle, mentre Lidja si avvicinò al loro capo e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, con un ghigno che cercava di nascondere senza successo. Lui smise di ridere e la guardò con un brillio negli occhi azzurri.
- Io ti piaccio – disse semplicemente.
Ariana arrossì e guardò la ragazzina, sentendosi tradita. Solo una persona sapeva che lei era innamorata di Ivan, e quella persona era Sophia, la sua compagna di classe. Che lei aveva creduto almeno un po' amica.
- Dimmi, pensavi davvero che a uno come me potesse piacere uno sgorbio come te? – disse Ivan, con un ghigno cattivo. Tutti ragazzi presenti del corridoio iniziarono a ridere, mentre Argo guaiva disperato.
- La... lascialo andare, per favore! – supplicò Ariana. Erano le uniche parole che riusciva a pronunciare: la voce le rimaneva impigliata in gola per la paura e la disperazione.
Ivan sorrise e tirò fuori la bacchetta, puntandola verso di lei. Ariana rimaneva immobile, mortificata, e piccole lacrime iniziarono a scenderle lungo le guancie. Si sentiva umiliata, come mai lo era stata in vita sua, e voleva solo che il suo cane fosse lasciato in pace.
- Se davvero ti piaccio- disse Ivan, - E vuoi che lasci libero il suo cane-topo, devi fare quello che ti dico. Abbassati la gonna -
Ariana spalancò gli occhi e li fissò sul viso di Ivan, deformato da un ghigno perverso. Qualcuno sarebbe intervenuto a difenderla, ne era sicura. Qualcuno lo avrebbe fermato e lo avrebbe costretto a lasciare Argo...
Ma non accadde nulla. Gli studenti che si erano ammassati a guardare la scena rimasero fermi ai loro posti, ridacchiando e facendo dei gestacci verso di lei. Nessuno di loro si avvicinò per consolarla, per aiutarla. Nessuno.
Con le lacrime che scendevano lungo le guancie rosa, le manine strette a pugno, Ariana capì. Era sola. Era sola contro il mondo. E quando sei solo, l'unica cosa da fare e andare avanti senza l'aiuto di nessuno.
Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, tirò fuori la bacchetta e lanciò un incantesimo diretto al polso di Ivan. Lui urlò di dolore e lasciò il Argo, che cadde a terra con un guaito e poi corse verso di lei.
Ariana lo prese in braccio e il cucciolo le leccò le lacrime dal viso. Tutto il corridoio si era zittito, e gli studenti la fissavano sbalorditi. Ivan si teneva il polso, mentre gli amici gli chiedevano se stesse bene. Presa dalla paura e dal senso di colpa, la bambina si girò e iniziò a correre diretta ai dormitori.
Alcuni ragazzi si fecero da parte per lasciarla passare, ma non aveva fatto nemmeno dieci metri quando sentì la voce irata di Ivan alle sue spalle.
- Piccolo sgorbio che non sei altro – disse, - Adesso ti faccio vedere di cosa sono capace -
Ariana correva con il cucciolo in braccio, e le lacrime di umiliazione che continuavano a cadere. Il suo piccolo cuore era stato spezzato per colpa di un'amica traditrice e di uno stupido ragazzino senza sentimenti.
Sentì dei passi rapidi dietro di lei, e la voce di Ivan gridare qualcosa. Come un coltello che veniva infilzato nella carne, l'incantesimo del ragazzo andò a segno. Ariana avvertì un dolore lancinante alla spalla destra, e cadde rovinosamente sul pavimento ghiacciato. Sangue vermiglio iniziò a colare sulle piastrelle, e lei non riusciva a muoversi. Vide solo il volto di Ivan guardarla dall'alto con un'espressione di compiacimento prima che tutto diventasse nero.
Ariana si svegliò qualche ora più tardi, nell'infermeria. Era sdraiata su un letto soffice, e mettendosi e sedere vide Argo raggomitolato per terra, che uggiolava triste. Siportò le mani al viso, mentre in bocca sentiva ancora il sapore salato delle lacrime che aveva versato quel pomeriggio.
Aveva la spalla destra fasciata, ma non sentiva dolore. Tastò le bende lì dove doveva esserci la ferita, ma non sentiva che qualcosa di duro, come se la sua pelle fosse diventata insensibile. L'infermiera, una donnina piccola dai capelli color topo, si avvicinò con la bacchetta in mano.
Le tolse la fasciatura, scoprendo una cicatrice biancastra che partiva dalla scapola e arrivava fino sotto il collo, sottile come la lama di un coltello ma frastagliata e troppo visibile sulla sua pelle chiara.
- Stai buona – disse la donna, - Ora ti toglierò la cicatrice -
- No – disse Ariana, con voce ferma e dura.
- Come? – domandò l'infermiera, guardandola in viso.
- Non voglio che mi tolga la cicatrice –
Una lacrima scese dagli occhi verdi di Ariana, e lei seppe che sarebbe stata l'ultima della sua vita. Non avrebbe mai più permesso a nessuno di farla soffrire in quel modo, di ferirla così profondamente. Quella cicatrice sarebbe rimasta, come monito per il futuro. Se lei non poteva farsi accettare per quello che era, allora sarebbe cambiata.
Aveva la forza, aveva le conoscenze e la determinazione per farlo. Nessuno avrebbe più avuto il coraggio di mettersi contro di lei. Era ora di smetterla di essere la bambina schernita e presa di mira da tutti. Era ora di indossare la maschera di freddezza e cinismo che l'avrebbe protetta dal mondo.
Ariana prese la bacchetta ed eseguì stancamente l'incantesimo che la McGranitt aveva ordinato, trasformando la piuma davanti a lei in un passerotto giallo. Non si pentiva di aver tenuto la cicatrice, ma ogni tanto capitava che le facesse male, soprattutto quando il tempo era umido come quella mattina. Era tre giorni che pioveva ininterrottamente.
La nota positiva era che non c'erano stati attacchi di Mangiamorte da nessuna parte, e che Harry sembrava aver accantonato l'idea di andare a Durmstrangdi nascosto. Non li aveva più sentiti parlare riguardo alla cosa, e credeva che almeno per adesso sarebbero stati buoni al loro posto.
C'era qualcosa però che la preoccupava: le parole di Malfoy il giorno della festa. Diceva di conoscerla, ma lei non si ricordava proprio di lui. Forse l'aveva vista da qualche parte, insieme a Silente... No, non era possibile. Lei e il Preside si erano sempre incontrati in posti sicuri, e sicuramente uno come lui se lo sarebbe ricordato per un bel po' di tempo.
"Tranquilla, Ariana" si disse, "C'è solo una persona al mondo che sa chi sei, ed è morta qualche mese fa".
Finita la lezione, Ariana salutò Harry, Ron ed Hermione e si diresse il biblioteca, per cercare qualche informazione riguardo ai possibili oggetti appartenuti a Godric Grifondoro. Visto che apparteneva alla sua casa, poteva cominciare da lì.
La biblioteca era molto grande, e lei scelse un bel tavolo sotto una finestra, lontana da sguardi indiscreti. Massaggiandosi ancora la maledetta spalla dolorante, girovagò un po' tra gli alti scaffali leggendo i dorsi delle copertine dei libroni.
Trovò una sezione dedicata a Storia della Magia e prese tre grossi tomi rilegati in pelle rossa, con borchie d'argento. Li sfogliò velocemente, ma si rese conto che non parlavano di ciò che interessava a lei. Cercò ancora in una sezione dedicata ai Grandi Personaggi della Storia, e prese un libro dal titolo: "Maghi e streghe famosi: icone del passato".
Il volume era decisamente troppo pesante per la sua spalla, così Ariana lo fece fluttuare con la bacchetta fino a tavolo. Si sedette e iniziò a scorrere l'indice con il dito.
Godric Grifondoro, pagina 574.
Andò alla pagina giusta, e iniziò a leggere.
"Godric Grifondoro, uno dei fondatori della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, nacque in una piccola contea a nord di Londra. Fin da bambino la sua evidente predisposizione fu il combattimento con le bacchette, anche se sviluppò una particolare passione per le armi Babbane. La famosa spada a lui appartenuta, infatti, fu forgiata da lui stesso usando tecniche Babbane e magia..."
Ariana lesse fino alla fine, annotando su un foglietto le informazioni che potevano tornarle utili. Non sapeva della passione di Gogric per le armi babbane, e poteva essere un possibile indizio.
Silente aveva escluso la spada dai possibili Horcrux, perché era stata in suo possesso per molto tempo, e Voldemort non aveva avuto alcuna occasione di entrarne in contatto.
Trovò un cenno relativo a un elmo prodotto da Godric stesso, di cui Silente aveva parlato ma che non era riuscito a trovare da nessuna parte. Forse era stato disperso nel corso dei secoli... Oppure poteva trovarsi ancora a Hogwarts.
Ariana cercò informazioni circa i fondatori della scuola per il resto della mattina, poi andò a pranzo. Si sedette vicino ad Hermione.
- Cosa hai fatto fino ad adesso? – chiese Ron, curioso.
- Niente, ho studiato – rispose Ariana, e la Caposcuola le fece un sorriso.
- Vedi Ron, lei studia. Ti ricordo che abbiamo i MAGO quest'anno – disse.
Il rosso sbuffò e tagliò a fettine la sua bistecca senza tante cerimonie, e Ariana si concentrò sul suo bel piatto di pollo e patatine. Il dolore alla spalla era un po' diminuito, per fortuna.
Cinque minuti più tardi arrivò Ginny, che si sedette di fianco a Harry con l'espressione distrutta. Era appena tornata da una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure.
- Moody a confronto era un angelo – disse, avvicinando un piatto vuoto, - La Trollope è assolutamente incredibile -
- Cosa avete fatto? – chiese Harry.
- Ci ha fatto battere a coppie! – rispose Ginny, - Praticamente ci ha scelto un compagno di un'altra casa e ci ha fatti combattere. Niente di troppo pericoloso,però è stato assolutamente incredibile –
- Ma è fantastico! – gridò Harry, - Finalmente qualcuno ha capito cosa bisogna fare –
- Fantastico?! – sbottò Ron, preoccupato – Harry, noi facciamo lezione con i Serpeverde. Minimo si scatenerà una rissa! –
- Appunto – ribatté Harry.
Ariana sorrise: il Bambino Sopravvissuto aveva trovato una scusa per fare a botte con Malfoy. Sperava di vederli scontrare, almeno una volta, giusto per farsi un'idea di cosa erano in grado di fare. Per lei non era un problema fare un duello magico: a Durmstrang e alla Van Hovenbargen erano una pratica di insegnamento comune.
Controllò l'orario per vedere quando avevano la Trollope: il pomeriggio del giorno dopo. Harry aveva tutta la notte per pianificare con calma la sua vendetta.
Dopo pranzo tornarono in Sala Comune, visto che le lezioni per quel giorno erano finite, e Ariana si sedette su una delle poltrone vicino al fuoco. Argo si era accoccolato ai suoi piedi, e dormicchiava beato. Hermione stava preparando il suo tema di Storia della Magia, Ron era semisdraiato su una poltrona, e guardava il dobermann con una strana espressione.
- Ma non potevi comprarti... che so... un barboncino? – chiese all'improvviso.
Ariana sorrise e guardò Argo con espressione dolce. – Credo che un barboncino non sarebbe stato abbastanza cattivo – rispose, - Ma a parte gli scherzi, Argo è buonissimo, a dispetto del suo aspetto. Avanti, prova ad accarezzarlo –
Il dobermann si avvicinò a Ron, e gli leccò affettuosamente la mano. Il rosso sembrò tranquillizzarsi.
- Visto? – Ariana si alzò, diretta alla finestra.
La pioggia continuava a cadere ininterrottamente, e il parco fuori dalla scuola era una distesa di fango. Il cielo era coperto di nubi color carbone, e presto si sarebbero scatenati fulmini e saette.
Visto l'orribile tempo, decise di tornare in biblioteca, e continuare le sue ricerche. Riprese il grosso librone "Maghi e streghe famosi: icone del passato" e siimmerse nella lettura. Trovò varie informazioni riguardo ad altri oggetti appartenuti ai fondatori, e annotò tutto su un foglio che aveva intenzione di nascondere nel posto più sicuro che conosceva: il collare di Argo.
Dopo un'ora la raggiunse Hermione, che era venuta a fare una ricerca, e dovette smettere di leggere. Nascose il libro dentro la borsa e le sorrise.
- Anche tu ami questo posto, vero? – disse la Caposcuola.
- Già – rispose Ariana, - Puoi stare certo che si sta tranquilli –
Hermione si sedette di fianco a lei, e tirò fuori piuma e pergamena. Ariana fece lo stesso, e iniziarono a fare insieme il compito di Trasfigurazione,chiaccherando.
- Hai detto che non ti trovavi molto bene a Bauxbatons – disse all'improvviso la Caposcuola, - Come mai? -
Ariana fece una smorfia per niente divertita. Odiava le domande sul suo conto, ma sapeva che Hermione voleva solo sapere qualcosa in più di lei. In fondo non c'era niente di male a spiegarle il perché.
- Immagino l'avrai notato – rispose cauta Ariana, - ma sono una ragazza un po' introversa. E' normale per me passare anche molto tempo da sola. Bé, purtroppo non sono tutti come te e Ginny -
Hermione sorrise.
- A volte la gente pensa che sia un po' distante e fredda, e magari non faccio una bella prima impressione – continuò Ariana, - A Bauxbatons mi stavano alla larga perché avevano paura di me -
- E perché? –
- Una volta ho litigato con una ragazza – rispose Ariana, - E lei mi ha attaccato alle spalle. Odio la gente che lo fa. La mia reazione è stata piuttosto... Bè, poco gentile –
Guardò Hermione in viso, per cercare di capire cosa stava pensando. Lei le sorrise, quasi divertita.
- Ti capisco – disse, - A me, Harry e Ron è capitato un sacco di volte di fare veri e propri duelli in mezzo ai corridoi. Una volta io ho addirittura schiaffeggiato Malfoy -
Ariana la guardò stupita, poi rise. Allora non era l'unica testa calda della scuola, ma dubitava fortemente che i suoi duelli fossero come quelli di Harry...
- Meno male, allora – disse, - Sai, non ti ci vedo proprio a prendere a schiaffi Malfoy -
Hermione sembrò molto divertita, ma anche orgogliosa. – A dire la verità, nemmeno io. Però non sai che soddisfazione! –
Quella sera Ariana andò a letto molto più felice del solito. Parlare con Hermione le piaceva: non era una ragazza che giudicava in base alle apparenze, e sembrava averla capita almeno un po'. Chiaccherare con lei la faceva sentire a suo agio, per la prima volta dopo tanto tempo.
Sotto le coperte Ariana si rigirò un po' di volte, mentre le sue compagne si addormentavano l'una dopo l'altra. La spalla era tornata a farle male: evidentemente la passeggiata sotto la pioggia che aveva fatto con Argo non le aveva fatto molto bene. Rimase ferma per un po', massaggiandosi la cicatrice.
Non riusciva proprio a prendere sonno, così controllò l'orologio: erano le undici. Forse poteva andare un momento in infermeria per farsi dare qualcosa contro il dolore. Scese dal letto, si rivestì in fretta e uscì con passi felpati dal dormitorio.
I corridoi della scuola erano deserti e bui, con gli abitanti dei ritratti appesi alle pareti addormentati nelle loro cornici. Non si sentiva nessun rumore, a parte quello dei suoi piedi che si muovevano velocemente sul pavimento.
Faceva freddo. Si strinse nel maglioncino e affrettò il passo, diretta all'infermeria.
Improvvisamente un rumore giunse alle sue orecchie: passi. Portò d'istinto una mano alla bacchetta e si guardò alle spalle senza vedere nessuno. Forse si era sbagliata.
Proseguì lungo una rampa di scale, e questa volta capì che qualcuno la stava veramente seguendo. Allungò il passo, poi con la coda dell'occhio vide unainconfondibile testa bionda...
- Hai finito di seguirmi, Malfoy? – disse Ariana, senza voltarsi.
- No – rispose la voce alle sue spalle.
Ariana si voltò: Draco Malfoy teneva la bacchetta con la punta accesa alzata, i capelli biondi che rilucevano argentei, e la guardava sospettoso. Fece qualche passo avanti.
- Dove stai andando? – domandò.
- Credevo che uno studente potesse andare in infermeria, quando ne ha bisogno – ribatté Ariana.
Malfoy la scrutò in faccia, come se temesse di vederla svenire da un momento all'altro.
- Tu cosa stai facendo? – continuò lei, imperturbabile.
- Sono di turno per pattugliare i corridoi – rispose Malfoy, secco.
- Bene, allora credo che possiamo tornare alle nostre occupazioni –
Ariana si voltò e continuò per la sua strada, senza degnarlo di un'ulteriore sguardo. Malfoy però continuò a seguirla, a qualche passo di distanza.
- Non ho bisogno di essere scortata – sibilò Ariana.
- Chi mi dice che stai andando veramente in infermeria? – ribatté Malfoy.
"Mi sta tenendo d'occhio".
Ariana continuò per la sua strada, senza dire nient'altro. La presenza del biondo la innervosiva, anche perché non si erano parlati dalla sera della festa. Strinse la bacchetta, cercando di apparire tranquilla. Sentiva i passi del ragazzo dietro di lei, decisamente più rumorosi dei suoi.
- Non credi che se avessi avuto qualcosa da nascondere non mi sarei fatta beccare così facilmente? – disse Ariana.
- Non ti conosco, e non mi fido di te – rispose Malfoy, - Potresti essere anche solo un po' stupida. Ne conosco parecchi di idioti che credono di essere furbi –
Ariana fece una smorfia, e con enorme sollievo vide finalmente la porta dell'infermeria. Bussò, e dopo qualche minuto madama Chips aprì la porta, in vestaglia. Sembrava stesse per andare a dormire.
- Mi scusi per il disturbo – disse Ariana, - Ma non ha qualcosa contro il dolore di vecchie cicatrici? -
La donna la guardò un momento senza capire, poi sbadigliò e la invitò a seguirla dentro l'infermeria. Malfoy ebbe la decenza di rimanere fuori.
- Ecco, prendi un po' di questo – disse la Chips, porgendole un calice pieno di un liquido verdastro. Lei lo bevve d'un sorso e la ringraziò.
All'uscita, Malfoy era ancora esattamente dove lo aveva lasciato. Immobile davanti alla porta con la bacchetta accesa e il solito sguardo sprezzante.
- Penso di riuscire ad arrivare al mio dormitorio da sola – disse stizzita.
- Oh, questo lo so anche io – ribatté Malfoy, con un sorriso strafottente sulle labbra.
- Hai intenzione di farmi da scorta? – domandò Ariana.
- Sì –
- Bene – Ariana si voltò e si diresse verso la torre dei Grifondoro, con Malfoy alle spalle.
Non aveva intenzione di andarsene in giro per la scuola, quella notte, ma sentirsi controllata era una cosa che non sopportava. Era abituata a fare quello che voleva quando voleva, e la presenza di Malfoy la faceva sentire come una fiera in gabbia.
Camminavano per i corridoi deserti, l'uno dietro l'altro, quando Malfoy domandò, la voce strascicata come se non gli importasse nulla di quello che stava dicendo: - Che genere di cicatrice hai? –
Ariana mosse leggermente la testa quel tanto da permetterle di vedere la sagoma del biondo dietro di lei, e rispose: - Se la tua preoccupazione è quella didovermi adorare come Harry Potter, puoi stare tranquillo. La mia cicatrice non mi provoca visioni e non mi tiene in contatto con nessun mago fuori di testa–
Malfoy sembrò quasi sorridere, e lei continuò a camminare dritta, senza far trasparire alcuna emozione. Salì le scale, ormai vicina al dormitorio.
Davanti al ritratto della Signora Grassa, Ariana si fermò, aspettando che lui se ne andasse e poter così pronunciare la parola d'ordine. Malfoy, però, sembrava avere l'intenzione si rimanere fermo dietro di lei per tutta la notte.
Ariana sospirò e pronunciò: - Schipodo Sparacoda –
La Signora Grassa annuì e il quadro venne aperto. Ariana stava per entrare, quando decise di togliersi una curiosità. Si voltò, guardando Malfoy negli occhi color tempesta.
- Perché alla festa mi hai chiesto di ballare? – domandò.
- Mai sentito parlare di scommesse? – ribatté il biondo, mostrando il suo solito ghigno strafottente.
"Dovevo immaginarlo" pensò la ragazza. Abbassò un momento la testa, con un sorriso divertito che le increspava le labbra.
- Oltre a quella di riuscire a ballare con me, spero tu abbia evitato di fare altre scommesse sul mio conto – disse.
- Per il momento non ne ho fatte altre – disse Malfoy, come se fosse una cosa del tutto normale - Ma nei prossimi giorni potrei pensarci –
Ariana fece una smorfia e si voltò, lasciando il biondo nel corridoio senza salutarlo. Poche volte nella sua vita aveva incontrato qualcuno con la risposta pronta come lei, e Malfoy era appena entrato tra di loro.
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