38. La Figlia delle Tenebre
Ariana si svegliò lentamente, con la luce della lampada del comodino sul viso. Sotto l'orecchio sinistro sentiva il cuore di Draco battere regolarmente, la testa appoggiata sul petto di lui. Aveva caldo, nonostante fosse completamente spogliata.
Con un gesto impercettibile, scostò un po' il lenzuolo e guardò l'ora: erano le undici del mattino.
Si issò sulle braccia, e vide Draco muoversi nel sonno. Non voleva che si svegliasse.
Prima che il Serpeverde avesse il modo di accorgersi che si stava alzando, mormorò un'incantesimo sottovoce: ora non si sarebbe svegliato per altre sei ore.
Con un brivido, Ariana si mise a sedere e cercò con lo sguardo gli abiti e la bacchetta, adagiati ai piedi del letto. Li afferrò e si rivestì in fretta, sentendosi strana.
Era stato difficile per lei lasciarsi andare, farsi guidare dall'istinto in quella notte che sarebbe stata l'ultima della sua vita, ma era stato anche bellissimo.Draco, diversamente da quello che molti potevano pensare, era stato dolce e non le aveva messo né fretta né ansia. Con gesti delicati e gentili l'aveva guidata fino alla fine.
Ariana sospirò. C'erano tante altre cose che voleva fare, ma non ne aveva il tempo. Aveva preso la sua decisione, e non sarebbe più tornata indietro. Merope premeva per uscire, e la porta che aveva tenuto chiusa per anni stava cedendo.
Infilò la bacchetta nei pantaloni, si sistemò gli stivaletti di camoscio e prese il mantello nero adagiato su una sedia. Se lo mise con le spalle con deliberata lentezza, poi tornò a guardare Draco.
Dormiva, rilassato, senza sapere quello che lei stava per fare. Non sapeva se l'avrebbe mai più rivisto, perché non era nemmeno sicura che il suo piano funzionasse. Quando sarebbe tornata, magari non avrebbe ricordato nulla di lui e degli altri, o di chi era stata.
Si avvicinò al letto, in silenzio.
Lo stava facendo per lui, e per tutti gli altri. Lo stava facendo per il mondo magico e per quello babbano. Lo stava facendo per lei.
Con un fruscio del mantello, si abbassò su Draco e lo baciò sulle labbra, dispiaciuta di non sentire la sua risposta. Sorrise tristemente e gli sussurrò, in un soffio: - Addio, amore mio. Grazie di tutto –
Con un gesto brusco e una lacrima che le solcava il viso, Ariana si voltò e raggiunse la porta. Non si voltò mai indietro, perché un altro addio sarebbe stato troppo difficile.
Uscì dal dormitorio con passo silenzioso, e senza incontrare nessuno raggiunse la scala del terzo piano. Contò i gradini, fino a salire su quello desiderato, e si guardò intorno per un'ultima volta.
Hogwarts era semidistrutta, esattamente come lo era la sua anima. Chissà quanto avrebbe resistito ancora, prima di crollare inesorabilmente, trascinando nell'abisso con sé tutti i suoi ricordi...
Scosse la testa. Non era il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi. Non le rimaneva più molto tempo.
E con gli occhi pieni di lacrime, si Smaterializzò.
Ariana si ritrovò in un grande campo d'erba, spazzato da un vento così freddo da farle venire i brividi. Il cielo nuvoloso del primo pomeriggio rendeva il posto selvaggio e impervio. Poco lontano, un cerchio di pietre antiche si ergeva solitario al centro della pianura, unico segno di un passaggio umano in quel paesaggio. Stonehenge era lì, a chiamarla.
Stringendosi nel mantello, Ariana avanzò fino al cerchio di pietre, la bacchetta in mano. Non sembrava esserci nessuno, anche se nella vicina città babbanavedeva le finestre barricate delle case.
Arrivata al limitare del monumento, si fermò a studiarlo. Alcune pietre erano cadute, e riposavano su un fianco, abbattute. Al centro del cerchio, c'era una lastra di marmo con delle incisioni, che da lì non riusciva a leggere.
Qualcosa la faceva esitare: non riusciva a mettere piede all'interno di Stonehenge. Girò intorno alle pietre, come a valutare da dove fosse meglio entrare. Passò una mano su uno dei pilastri, avvertendo sotto le dita le imperfezioni del minerale.
Sembrava tutto normale, ma sentiva che c'era qualcosa di particolare in quel posto. Era la fonte di un grande potere, nascosto lì da tempi immemorabili.
Chiuse gli occhi e trattenne il respiro, poi entrò nel cerchio di pietre.
La prima cosa che avvertì Ariana fu rabbia. Una rabbia fredda e antica, annidata lì come una bestia pronta ad attaccare. La avvolse come un manto bollente e oscuro, lasciandola stordita.
Poi, sentì una forza, superiore a qualunque cosa lei potesse immaginare. Una forza che apparteneva al passato, al presente, e al futuro. Senza origine e senza fine.
Ariana deglutì, quasi spaventata. Strinse la bacchetta e avanzò fino alla lastra di marmo su cui erano scritte delle parole in una strana lingua che lei riconobbe, e scoprì di saper leggere: Serpentese.
Era una preghiera di invocazione, per richiamare qualcosa di antico e potente dall'oscurità. Una preghiera che solo chi come lei veniva dal buio poteva pronunciare.
Appoggiò le mani al marmo gelido, e guardò un momento in lontanza il cielo nuvoloso. Poteva ancora tornare indietro, cercare un'altra soluzione.
"Non c'è un'altra soluzione. Prenditi ciò che ti spetta, apri le porte della prigione e liberami. Abbiamo una vendetta da prenderci".
Era Merope a parlare in quel momento. La figlia di Voldemort, spietata e malvagia quanto lui. Era lei che aveva la forza necessaria per fare quella scelta, non Ariana. Ariana era morta quella notte, e non sarebbe mai più tornata.
Abbassò lo sguardo sulla lastra, con un sorriso freddo che le increspava le labbra. Avrebbe avuto ciò che desiderava ardentemente con tutta se stessa: la vendetta e la libertà.
Strinse il marmo e recitò:
- Io, creatura mortale vincolata allo scorrere del tempo, invoco voi, Dei della notte, esseri padroni del buio.
- Prostrandomi al vostro giudizio, chiedo di essere ammessa al vostro cospetto e porvi così la mia richiesta. Ascoltate la mia preghiera, o Dei dell'oscurità. A chiamarvi a sé è una vostra creatura, figlia del male e del buio. Ascoltate la mia preghiera, giungo a voi con un dono. –
Le parole di Ariana caddero nel silenzio. Staccò le mani dalla lastra e si guardò intorno.
All'improvviso, qualcosa nell'aria cambiò. Un vento gelido spazzò la pianura, annodandole i capelli e facendo sventolare il suo mantello. Il cerchio di pietre sembrò dilatarsi a dismisura, mentre il cielo diventava nero come una notte senza stelle. Un fulmine lontano colpì la terra, accecando Ariana per un momento e costringendola a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, non vide nulla. Solo nero.
Spostò la testa a destra e sinistra, spaventata, ma non vedeva assolutamente niente. Era finita in un pozzo di oscurità che nemmeno la magia riusciva a illuminare.
- Ti attendevamo – disse una voce, rimbombando in quella prigione di nulla. Era una voce profonda e al tempo stesso acuta, di cui non si riusciva a distinguere la provenienza. Una voce così antica da farle tremare i denti e le ossa.
Ariana rimase in silenzio, fissando davanti a sé senza vedere altro che oscurità. Aveva paura, una paura quasi incontrollabile, istintiva.
- Ti attendevamo – ripetè la voce, - Aspettavamo la tua venuta, Chimera, figlia dell'Oscurità e della Luce -
- Mostratevi – disse Ariana, cercando di rimanere calma. – Dove sono? –
Il buio continuò a rimanere impenetrabile ai suoi occhi, senza che nessuna creatura si mostrasse.
- Non ci potrai vedere, finché non giurerai – disse la voce.
- Dove mi trovo? – chiese di nuovo Ariana.
- In un luogo fuori dal tempo... Un luogo di cui non possiamo rivelarti nulla – rispose la voce.
Forse si stava sbagliando, ma Ariana credeva di essere nella propria mente, o in quella di quelle strane creature...
- Perché mi aspettavate? Sapevate della Profezia? – domandò.
Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce rimbombò ancora: - Noi sappiamo molte cose, Chimera. Ma non è per la Profezia che ti attendevamo... Siamo stati ingannati, e vogliamo vendetta –
- Cosa significa? -
- Nessun mortale può ottenere il nostro dono senza offrire la propria vita in cambio. Colui che si fa chiamare Lord Voldemort ci ha ingannati: ci ha offerto una parte della sua anima, non la sua vita. Per questo ora egli vive e solca la vostra terra... A nessun essere mortale è permesso avere sia la vita che il potere... Ci ha gabbati, e ora noi vogliamo la nostra vendetta –
All'improvviso, Ariana capì perché Voldemort aveva raccolto tutti gli Horcrux: sapeva di non poter ottenere il Potere senza dare in cambio la propria vita, così aveva barattato la propria anima. Davvero geniale...
- E io cosa c'entro? – domandò, sapendo già la risposta.
- Tu dovrai riportare a noi la vita di tuo padre, cosicchè il cerchio si chiuda. Gli esseri umani credono stoltamente che offrendoci in cambio la loro vita ricevano un potere al di sopra di ogni altro. Ma noi vogliamo subito il nostro dono, non attendiamo. Nessun essere mortale merita i nostri stessi poteri. L'equilibrio del mondo non può reggersi, se un essere come noi solca la vostra terra. La bilancia pende da una parte, e solo con la morte del traditore l'equilibrio tornerà a regnare –
Erano parole arcane, ma Ariana ne comprese comunque il significato: Voldemort aveva risvegliato qualcosa che doveva rimanere nell'ombra, che non doveva assolutamente essere rivelato al mondo. Bisognava riportare l'equilibrio facendo chiudere il cerchio, e l'unico modo era ucciderlo.
- Non sono abbastanza forte per ucciderlo... E non spetta a me farlo – disse Ariana.
- Ciò che dici è vero, Chimera – disse la voce, - Ma noi possiamo porre rimedio al tuo problema: ti doneremo la forza necessaria a portare a termine il tuo compito. Se vorrai essere tu a uccidere il traditore, starà a te deciderlo. Noi vogliamo solo la sua vita, non ci interessa chi sarà a ucciderlo –
Ariana capì: le lasciavano intendere che se lei credeva nella Profezia, poteva lasciare che fosse Harry a uccidere Voldemort. Lei lo avrebbe solo sconfitto, esattamente come era stato predetto.
- Ho provato a ucciderlo, ma è immune alla morte – disse Ariana, - L'Avada Kedavra non funziona, su di lui –
- Quando tu stessa avrai la sua forza, egli non potrà più fuggire la morte. Non sarà più un'essere perfetto, perché la tua venuta lo renderà di nuovo mortale... -
- Non capisco... - disse Ariana.
- Egli è immortale solo davanti ai mortali, esattamente come lo sarai tu se accetterai di ottenere il Potere... Quando tu sarai come lui, cesserà di essere unico: così come lui potrà uccidere te, tu potrai uccidere lui. Se due esseri uguali solcano la vostra terra, il loro destino è distruggersi a vicenda... Solo allora la bilancia tornerà in equilibrio –
Anche queste frasi erano arcane per Ariana, e di difficile comprensione. Tuttavia, al momento ciò che le interessava di più era capire se poteva o no uccidere Voldemort.
- Cosa volete in cambio? – chiese.
- Lo sai, Chimera –
- Come posso portare a termine il mio compito, se prenderete subito la mia vita? – chiese Ariana.
- Ti lasceremo il tempo necessario a compiere la tua missione: dal momento in cui riceverai i tuoi poteri, avrai fino all'alba, e quando il traditore sarà morto, prenderemo la nostra ricompensa –
Ariana deglutì: l'avrebbero lasciata vivere fino a quando non avesse ucciso suo padre...
- Come sapete che io non vi tradirò, alleandomi con Voldemort, oppure fuggendo senza compiere la mia missione? -
- Il tuo cuore è nero, Chimera. Ciò che vuoi è la vendetta, e la vendetta non ti lascerà libera. Finchè non placherai la tua sete, non potrai vivere in pace con la tua anima... Tu stessa lo hai detto –
Non aveva intenzione di fuggire: la sua era stata solo una domanda che le aveva dettato la coscienza. Era giunta lì con una convizione, quella di uccidere suo padre.
- Allora io accetto – disse Ariana.
- Lasciaci esaminare prima la tua anima, Chimera. Solo così potremo scoprire se il tuo cuore è abbastanza nero per sopportare anche le nostre tenebre –
Accadde qualcosa di strano.
Ariana si sentì scivolare a terra, come se si fosse sdraiata, ma nell'oscurità non riusciva a capire in che posizione si trovava. Sentì qualcosa di gelido toccarle la fronte, e vide una luce azzurrina brillare nel buio a pochi centimetri da lei.
All'improvviso, si sentì come spogliata. I suoi pensieri vagavano fuori dalla sua mente, liberi di fluttuare nelle tenebre. Un'entità di immane potenza passò in rassegna i ricordi di tutta la sua vita, facendole rivivere con enorme intensità quelli più brutti e dolorosi. Come un veleno, la rabbia che aveva provato in tutta la sua esistenza le si riversò nelle vene, bruciante.
L'entità strisciava tra gli eventi della sua vita come un viscido serpente, soffermandosi di tanto in tanto a esaminare i momenti in cui lei aveva creduto di essere sola, di essere odiata. Osservò con attenzione le sue azioni, commesse con lucidità e freddezza. Indugiò su tutti i momenti i sconforto e di rabbia che aveva a stento repressa.
Anche se avesse voluto, Ariana non avrebbe mai potuto impedire quell'esame: era paralizzata, quasi incosciente.
Rivivere gli attimi più dolorosi della sua vita le fece capire quanto desiderasse la vendetta, quanta rabbia scorresse nelle sue vene, e quante volte Meropeera quasi riuscita a rompere le catene della sua prigione... Quando aveva ucciso Gabriele, quando la Trollope era morta... Anche quando Ivan l'aveva attaccata alle spalle. Merope era sempre sta lì a guardare, vogliosa di intervenire, ma ancora trattenuta dalle catene che Ariana si era imposta...
Alla fine la sua vera natura, quella che Silente aveva cercato inutilmente di sopprimere, si era rivelata. Merope era riuscita a liberarsi, a mostrarsi in tutta la sua spietatezza. Aveva lasciato morire Ariana nel suo dolore, e poi aveva preso il suo posto. Era stata paziente, aveva atteso anni, segregata nel suo angolo, ad amplificare l'ira che Ariana provava, fino a che in un attimo di debolezza aveva preso il sopravvento.
Quando l'entità lasciò i suoi ricordi, anche l'anima di Ariana si spense, portata via dal buio di quegli strani esseri...
Merope era viva.
Merope era libera.
Come una scarica di energia repressa, il corpo di Merope venno scosso da un calore insopportabile. Il fuoco della vendetta bruciava, nero e oscuro, ridandole la forza di lottare ancora.
Un sorriso gelido le si disegnò sul viso. Le membra formicolavano, il cuore pulsava forte, i pensieri erano solo rivolti alla vendetta.
- Alzati -
Nel buio, Merope si rimise in piedi.
- La luce che viveva in te, Chimera, è scomparsa. Per anni hanno convissuto in te il male e il bene, ed è per questo che il mondo ti chiama La Chimera: unione di due esseri distinti, nemici fra loro. Alla fine il buio dentro di te ha trionfato, ed è per questo che sei degna di ricevere il nostro dono, Figlia delle Tenebre –
Merope sorrise: sì, era così che voleva esser chiamata. La Chimera, la Figlia delle Tenebre. Voleva essere temuta, voleva portare la sua rabbia distruttiva nel mondo.
- Sono pronta -
A pochi metri da lei, comparve una nuova luce, più grande e più luminosa. Cambiava rapidamente colore, passando dall'azzurro al verde, dal giallo al rosso. Si muoveva, lasciando dietro di sé una scia liquida di fumo denso, fluttuando come un'anguilla in un acquario.
Ogni volta che si muoveva, nella luce compariva un volto, l'uno sempre diverso dall'altro. Erano facce umane, di uomini e di donne, di giovani e di vecchi. Forse erano le anime di coloro che avevano avuto l'ardire di chiedere il Dono, e che erano ora al servizio delle Tenebre.
La luce fluttuò, e raggiunse Merope, girandole intorno come per studiarla. I suoi capelli svolazzarono, attorcigliandosi.
- Giura, Figlia delle Tenebre, che porterai a termine il compito che ti affidiamo: riportare a noi il traditore –
- Lo giuro –
Merope abbassò il capo, mentre piano piano si sentiva sempre più forte...
- Giura, Figlia delle Tenebre, che lascerai che il tuo potere sarà alimentato dalla tua rabbia, e che nulla ti fermerà nel compiere la tua missione –
- Lo giuro –
La sua voce era fredda e distante, ma sempre più sicura...
- Giura, Figlia delle Tenebre, che userai il tuo Dono per seminare morte e distruzione –
Merope sorrise: era quello che voleva, in quel momento...
- Lo giuro –
- Giura, Figlia delle Tenebre, di rispettare l'unico limite che ti viene imposto: non potrai riportare alla vita nessuno, nemmeno te stessa –
Non voleva continuare a vivere, perché era troppo doloroso farlo...
- Lo giuro –
- Cosa offri in cambio, Figlia delle Tenebre, per ottenere la tua vendetta? –
- Io, Merope Zahira Riddle, offro in cambio la mia vita –
- E noi accettiamo. Avrai fino all'alba, dopodiché troveremo qualcun altro a cui affidare la nostra vendetta –
- Non fallirò – disse Merope.
- Così abbiamo deciso. Ora, Chimera, prendi ciò che ti spetta e riporta l'equilibrio –
La strana luce si mosse, fluttuando sinuosa nell'oscurità. Compì in giro completo, poi sembrò allungarsi, prendendo la forma di una persona.
L'essere si delineò poco a poco, ergendosi in tutta la sua altezza. Non aveva volto, solo due grandi occhi che si intravedevano nel fumo luminoso, senza iridi e senza palpebre. I capelli, fili di nebbia colorata, si muovevano leggeri intorno al capo, avvolgendo la figura in un mantello di luce azzurra.
La creatura alzò una mano e la tese verso Merope. La ragazza esitò, poi porse la sua.
Anche se fatta di fumo, toccò la pelle gelida di quell'essere sconosciuto, avvertendo tutta l'ira che la permeava. La sua mano venne avvolta dalla luce blu, che si propagò fino alla spalla, e poi a tutto il corpo.
Una sensazione di freddo la travolse, sostituita subito da un calore insopportabile. Il suo cuore saltò un battito mentre una gelida rabbia le invadeva l'anima.
All'improvviso, si sentì debole, e le gambe le tremarono. Vide la figura travanti a lei svanire lentamente in una voluta di fumo, facendo piombare tutto nell'oscurità.
- E sia, Chimera. Porta la nostra sete di vendetta sulla terra. Non fallire –
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