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36. Scontro di anime


L'orologio della Sala Comune segnava le undici e cinquanta minuti. Inesorabile, il tempo passava segnato solo dal ticchettio delle lancette di metallo che ruotavano lentamente.

Ariana era immobile come una statua, in piedi al centro della Sala Comune di Grifondoro, a fissare l'orologio. Intorno a lei, Harry, Draco, Ron edHermione, aspettavano pallidi come stracci che scoccasse la mezzanotte.

Ancora dieci minuti, e il tempo sarebbe scaduto. Ariana fremeva: era percorsa dall'eccitazione, che come una scarica elettrica la faceva muovere convulsamente la mano che impugnava la bacchetta. Non vedeva l'ora di sentire il gong dell'orologio, che avrebbe segnato la fine di quell'attesa che la rendeva nervosa.

Non provava paura, né timore. Voleva solo uscire di lì e affrontare Voldemort. Chiudere la storia, ed essere lasciata libera di vivere. Aveva sempre odiato le attese, ora più che mai.

Aveva preso la sua decisione, ormai, e attendere oltre non le serviva. La rendeva solo più nervosa e impaziente.

Gong.

Il suono dell'orologio ruppe il silenzio della Sala, riverberando nell'aria come il rintocco di una campana a morto. Una, due, dodici volte, finchè l'ultimo rintocco segnò la fine.

Ariana si voltò, e percepì uno strano cambiamento in quello che la circondava. C'era qualcosa di nuovo, nell'aria, qualcosa che lei percepì chiaramente.

Guardò oltre la finestra: il cielo scuro della notte aveva cambiato colore, e ora era di un rosso scuro, sanguigno. Una folata di vento scosse gli alberi, mentre un fulmine silenzioso squarciava le nubi che risaltavano grigie sullo sfondo di quell'oscurità innaturale.

Come aveva immaginato, suo padre non aveva perso un attimo. Era venuto a regolare i conti, così come il patto stabiliva.

Voldemort era lì. Per lei.

Ariana si voltò, fissando la porta che conduceva nel corridoio, evitando gli sguardi di tutti. Era una cosa tra lei e suo padre, e così doveva rimanere.

- Vado – disse.

Senza nemmeno guardarsi intorno, uscì dalla Sala e il quadro si richiuse immediatamente alle sue spalle. Lo sigillò con alcuni incantesimi che conosceva solo lei, per fare in modo che nessuno interevenisse durante lo scontro, e poi si diresse verso le scale.

Scese i gradini due a due, il fiato bloccato nei polmoni. Era felice, si stava avviando verso la fine. Dopo non avrebbe dovuto più combattere. Era impaziente di chiuedere la faccenda.

Arrivò alla Sala Grande, completamente buia. Rimase immobile ai piedi delle scale, cercando di scorgere qualcosa nell'oscurità.

Un altro fulmine squarciò il cielo, e la sala per un momento fu illuminata a giorno. Allora lo vide.

Voldemort era lì, fermo in mezzo alla stanza, avvolto in un mantello nero che fluttuava nonostante il portone fosse chiuso. La pelle pallida, gli occhi rossi circondati da segni neri, simili a tatuaggi tribali. Il viso dai tratti serpenteschi tirato in un sorriso malvagio.

Era cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto, ma più che il fisico, era mutata la sua aurea. Non più quella inesistente di un mortale, ma quella oscura di un demone. L'aria stessa che lo circondava sembrava percorsa da scariche elettriche, da onde di potenza tali da eguagliare quelle di un Dio.

All'improvviso, le fiaccole sulle pareti si accesero di un fuoco così forte da rischiarare tutta la Sala Grande. Un brivido gelido percorse la schiena di Ariana nel notare che Voldemort era circondato da un alone nero, e che non sembrava più nemmeno vagamente umano.

Il suo sguardo rosso era fisso su di lei, simile a quello di una bestia feroce prima della caccia.

- Hai fatto la tua scelta, Merope? -

La voce del Signore Oscuro invase la Sala come il rumore di un tuono, e le fiamme delle torcie tremarono. Ariana guardò suo padre in volto, il mento in alto e l'espressione determinata.

- Sì, ho scelto – rispose, - Non starò dalla tua parte -

Voldemort rise. – Vuoi ancora essere la balia di Potter? Mi stupisco di te, figlia mia. Non capisci cosa perderai, in questo modo? –

- So esattamente cosa perderò – ribatté Ariana, - Ma so anche che cosa guadagnerò -

Voldemort smise di ridere. – E cosa guadagneresti? –

- La libertà -

Il Signore Oscuro si mise di nuovo a ridere. – La libertà? Nessuno è veramente libero finché rischia la morte... Io sono l'unico essere libero, su questa terra, perché non posso morire –

Ariana strinse la presa sulla bacchetta. Perché non la smettevano di parlare e passavano subito ai fatti?

- Hai scelto, Merope – continuò Voldemort, - Ora che hai visto, capisci quello che stai perdendo? Guarda cosa sono diventato... Non esistono più limiti per me... Nessuno potrà ostacolare il mio cammino, nemmeno tu e Potter. Bisogna saper riconoscere quando è ora di cambiare idea -

- Perché insisti a volermi dalla tua parte? – domandò Ariana, impaziente.

Voldemort puntò il suo sguardo rosso su di lei, i segni neri attorno agli occhi che risaltavano sulla carnagione pallida. – Perché sei l'unica che potrei ancora temere – rispose.

Ariana sorrise. – Fai bene a temermi. Non ho paura di te. Per questo di sconfiggerò –

- Tu sconfiggermi? – la derise Voldemort, - E come potresti farlo? I miei poteri vanno al di la di ogni umana comprensione... Non esiste nessun altro che possiede la forza che ho io -

- Forse tu avrai i tuoi poteri – ribatté Ariana, - Ma io dalla mia ho la consapevolezza che è il mio destino sconfiggerti. E comunque, ti manca sempre qualcosa... -

- L'amore? – domandò Voldemort, quasi disgustato, - Anche tu credi in questa idiozia? L'amore non ti porterà da nessuna parte. Come può l'amore renderti più forte? Tu dovresti saperlo: è per colpa dell'amore che hai vacillato, quando era ora di fare la tua scelta. Se non avessi amato, nessuno avrebbe potuto ricattarti, nemmeno io. Se tu non avessi mai amato, allora avrei dovuto temerti veramente. Silente ci stava riuscendo: non ti ha mai messa in condizioni di amare nessuno, e allora saresti stata come me. Invece ha fallito ancora –

Forse c'era un fondamento di verità nelle parole di Voldemort, ma ad Ariana non interessava. Ormai era arrivata alla fine, voleva chiudere. Quello che era stato, ormai faceva parte del passato.

- Allora se sono più debole di te, uccidimi – disse, gelida.

Voldemort sorrise, alzando le maniche del mantello.

- E sia, Merope – disse, - Ora capirai a cosa hai rinunciato -

Ariana alzò la bacchetta, ma vide che Voldemort non l'aveva. Attese che la sfoderasse, ma invano. Il Signore Oscuro la guardava divertito.

Un tuono squarciò l'aria, facendo tremare i vetri. La terra tremò per un attimo, con uno scricchiolio sinistro.

Ariana si guardò intorno, pronta a schivare, saltare o contrattaccare, ma non successe nulla.

Poi, la terra tremò di nuovo, e sotto i suoi piedi vide aprirsi una voragine nel pavimento. Saltò all'indietro con un grido, poi alzò lo sguardo su Voldemort.

- Io sono magia, non mi serve più una bacchetta – disse lui.

Ariana alzò la bacchetta, e gridò: - Viradia engaelis! –

Il globo blu spuntò dalla punta e si trasformò nel cane a tre teste. La bestia ringhiò e li lanciò su Voldemort saltando il fosso che si era aperto per terra.

Con un sibilo, il cane sparì in una nuvola di fumo, mentre Voldemort ridacchiava. Ariana non perse tempo, saltò la voragine e gridò: - Garanvad! –

Una palla infuocata schizzò verso il Signore Oscuro sfrigolando, ma non raggiunse mai l'obiettivo. La bolla implose con un botto, scagliando tutto intorno lapilli infuocati. I tappeti presero fuoco, mentre la terra tornava a tremare.

- Credi per basti questo a fermarmi? – gridò Lord Voldemort, guardandola al di la del muro di fiamme che ormai si era alzato tra di loro. – Non puoisconfiggermi, Merope! -

Ariana sentì una goccia di sudore scenderle lungo la tempia: faceva un caldo infernale. Qualcuno gridò, e lei si voltò di scatto. In cima alla scalinata di marmo c'erano le professoresse McGranitt e Trollope, gli occhi spalancati dal terrore.

- Andate via! – gridò Ariana, voltandosi per andare ad affrontare Voldemort.

Non aveva paura, perché sapeva di dover vincere. La Profezia era stata chiara: lei avrebbe sconfitto Voldemort.

- Aguamenti! -

Il muro di fiamme si spense, e con un salto superò la voragine nel pavimento. Un getto di luce azzurra arrivò dalle sue spalle diretto verso il Signore Oscuro, ma Voldemort lo parò alzando solo la mano destra. Scoppiò a ridere, gettando uno sguardo sprezzante alla McGranitt.

- Professoressa, anche lei qui? – domandò.

- Se ne vada! – gridò Ariana.

Non voleva intromissioni da parte di nessuno, tanto meno dei professori.

Puntò la bacchetta e disse: - Hagaeti magentas! –

La Sala si riemì all'improvviso di nebbia rossastra, e Ariana colse l'occasione per raggiungere la Trollope. La strega aveva la bacchetta sguainata, pronta al duello.

- Signorina Drake, scappi! – le urlò.

- No! Siente voi a dover andare via! – protestò Ariana, - Fuggite! E' qui per me!

Spinse la professoressa alla cieca, facendola indietreggiare, mentre la risata gelida di Voldemort riecheggiava nella stanza. Non lo vedeva, ma grazie alla sua voce aveva capito dove si trovava.

- Merope... Smettila di fare la bambina. Vieni ad affrontarmi, se credi di potermi battere -

Ariana si voltò verso la voce, ignorando le proteste della Trollope. Non era una codarda, e non lo sarebbe mai stata.

La nebbia si dissolse all'improvviso, mostrandole suo padre in piedi a pochi metri da lei. Con un guizzo di bacchetta, l'anatema che uccide attraversò la sala in un lampo di luce verde, mancando il bersaglio. Il Signore Oscuro era svanito, ricomparendo in cima alla scala, dietro alla McGranitt.

La Preside si voltò, pietrificata, senza essere in grado di reagire. Ariana temette il peggio, così gridò: - Stupeficium! –

Il getto di luce rossa superò la McGranitt, ma Voldemort scomparve ancora, materializzandosi a pochi metri da lei. Intanto, nella Sala erano entratiLumacorno e Vitius, terrorizzati.

- Smettila di fuggire! – gridò Ariana, girandosi di nuovo.

Voldemort rise, mentre lei in un moto di rabbia evocò di nuovo il cane a tre teste. La bestia corse ruggento verso il Signore Oscuro, ma lui scomparì ancora e ancora. Il cane si guardò intorno, disorientato.

- Expecto Patronum! -

Forse poteva sperare di guadagnare tempo, e convincere i professori ad andarsene. L'Ungaro Spinato ruggì, scagliandosi contro Voldemort, mentre lei e gridava a Lumacorno: - Andatevene! Convinca gli altri a scappare! –

Il mago annuì, e iniziò a griadare contro i professori: era il più codardo tra loro, e non si sarebbe fatto problemi ad andarsene. Ariana tornò ad affrontareVoldemort, determinata.

Getti di luce schizzarono da tutte le parti, mentre lei tentava ogni colpo che le veniva in mente. Il Signore Oscuro continuava a evitarli, ridendo davanti alla sua impotenza. Ma lei sapeva di farcela, e che se non poteva batterlo in forza, poteva farlo in astuzia.

Colpì le colonne della Sala, che crollarono in una nuvola di polvere e calcinacci. I vetri andarono in mille pezzi, sparando schegge ovunque, e Voldemort fu costretto a Smaterializzarsi. Ricomparve ai piedi della scalinata, dove la Trollope lo attaccò a sorpresa. Lei e la McGranitt erano ancora lì.

La strega volò indietro di dieci metri, quando il Signore Oscuro fece un gesto con la mano, e si schiantò contro un muro. La McGranitt si portò le mani alla bocca, reprimendo un grido.

Ariana si voltò ancora, frustrata. Voldemort le sfuggiva come se fosse cosparso di sapone, e lei voleva uno scontro diretto. Prese la mira e gridò: - AvadaKedavra! –

Voldemort si girò verso di lei quando parò la maledizione con una smorfia. Alzò una mano bianca e schioccò le dita, mentre il pavimento sotto i piedi di Ariana si sgretolava come se fatto di sabbia. Lei saltò all'indietro.

- E' me che vuoi! – urlò, - Vienimi a prendere! -

- Ti sto lasciando il tempo di renderti conto di quanto stai sbagliando – ribatté il Signore Oscuro, facendo qualche passo verso di lei.

Ariana lo attaccò, ma anche questa volta l'incatesimo non andò a segno.

- Non passerò mai dalla tua parte! – gridò.

Il soffito crollò quando Voldemort scoppiò a ridere, senza però che nessun pezzo lo sfiorasse. Ariana fu costretta a spostarsi per non essere travolta.

- Davvero? – disse lui, - Cambierai idea, Merope! -

Si voltò verso la Trollope, e prima che lei potesse fare qualcosa, la strega venne colpita da un getto di luce bianca e stramazzò al suolo.

- NOOOOOOOOO! -

Il grido straziante di Ariana riverberò nelle mura martoriate del castello come l'ululato di un lupo ferito. E a quell'urlo disperato si aggiunse la risata gelida di Voldemort.

Qualcosa di folle, di inspiegabile, prese possesso di Ariana. Come un felino dagli occhi di ghiaccio, fece un balzo in avanti con la bacchetta alzata, senza vedere altro che il suo nemico.

Incantesimi volarono da tutte le parti, quando Ariana diede inizio alla catastrofe. La scala di marmo crollò con un rumore assordante, colpita in pieno da una maledizione. Pezzi di vetro trafissero l'aria come frecce impazzite, conficcandosi nei muri che si sgretolavano come se fatti di polvere.

I tappeti presero fuoco quando Ariana sparò una fiammata nera dalla bacchetta, sfiorando il mantello di Voldemort. Avanzava sempre di più, avvicinandosi a suo padre mossa da una forza incontrollabile. Vedeva il suo obiettivo immobile al centro della sala, il volto deformato in un ghigno, ma che non accennava ad attaccarla.

Il portone di quercia si spalancò, colpito dalla furia omicida di Ariana. L'aria gelida della notte entrò nella Sala, riportando per un momento la ragazza alla realtà.

Non stava vincendo. Non era riuscita nemmeno una volta a colpire suo padre.

Con un gesto di rabbia, scacciò quel pensiero. Lei doveva vincere, perché era la vendetta che voleva: per lei, per Argo, per Piton, per Silente, per la Trollope, per il mondo magico. Non poteva perdere, perché la sua missione era qualla di trionfare...

Alzò la testa, e guardò suo padre negli occhi. Il rosso del sangue e il verde della speranza si incontrarono, carichi di sentimenti contrastanti. Rimasero a guardarsi per qualche secondo che parve un'eternità, in mezzo alle macerie della scuola e al fuoco che bruciava intorno a loro.

"Avanti, Ariana, lo puoi sconfiggere. Datti da fare".

Strinse la presa sulla bacchetta, senza muoversi. Voleva ucciderlo, cancellarlo dalla faccia della terra, distruggere il suo regno di terrore e di disperazione. Ne aveva il diritto.

La sua mano si mosse così veloce che nessuno sarebbe stato in grado di vederla...

- Avada Kedavra! -

Il fiotto di luce verde guizzò rapido nell'aria, andando a colpire in pieno petto il Signore Oscuro. Un brivido lo scosse da capo a piedi, e il suo ghigno si spense.

Ariana rimase a guardarlo trionfante, mentre le iridi rosse si allargavano dalla sorpresa. Il sorriso le si disegnò sulle labbra, mentre una delle mani bianche di Voldemort si apriva lentamente e il mantello fluttuava leggero...

Poi, sul volto serpentesco di Voldemort si aprì un sorriso, largo e gelido come lei non lo aveva mai visto. Mosse leggermente il capo, mentre il ghigno sul viso di Ariana si spegneva così come era nato.

- Non puoi uccidermi – disse Lord Voldemort.

Ariana volò all'indietro, ritrovandosi stesa sul pavimento dolorante e senza parole. Non aveva funzionato, non era riuscita a batterlo...

Si rialzò, ma qualcosa la colpì sul viso con un sibilo. Si portò una mano allo zigomo, dove un lungo taglio si apriva e colava copiosamente sangue. Il dolore la riportò alla realtà, mentre alzava lo sguardo su suo padre. Lui sorrideva, come sempre.

Non si sarebbe fermata. Mai. Piuttosto sarebbe morta con lui.

La voragine sul pavimento si aprì ancora di più, quando lei evocò un incantesimo di magia oscura. Fiamme nere invasero l'apertura, illuminando la notte con luci malefiche. Il fuoco guizzò alto cinque metri, un'inferno riportato alla realtà.

Raggiunse Voldemort e lanciandogli una maledizione lo fece indietreggiare, pronta a spingerlo in quel fuoco oscuro e purificatore. Era l'unico modo che aveva per ucciderlo.

Poi, si accorse di non avere più forze. Qualcosa in lei si stava rompendo.

Fu troppo lenta per schivare la luce arancione che la colpì, gettandola nuovamente a terra senza fiato. La bacchetta le scappò di mano, atterrando lontano con un tonfo secco che riecheggiò nel silenzio della Sala.

Cercò di rialzarsi, ma una forza sconosciuta la teneva inchiodata al pavimento. Riuscì a muovere la testa quel tanto che bastava per vedere dove era finita la sua bacchetta.

Era là, a terra, lontana venti metri da lei. Adagiata sul pavimento crepato, spenta. Troppo lontanta per essere recuperata.

Voldemort si avvicinò lentamente, fissandola. Non sorrideva più, e i suoi occhi rossi sembravano soddisfatti.

Si fermò vicino a lei, immobile a terra.

Ariana guardò suo padre, che torreggiava su di lei. Puntò le mani sul pavimento, nel disperato tentativo di rialzarsi. Riuscì solo a mettersi seduta, senza forze e con il fiato corto.

Sconfitta.

Aveva perso.

Aveva fallito.

- Uccidimi – mormorò.

Voldemort rimase in silenzio a guardarla.

Il sangue caldo scorreva sulla guancia di Ariana, ma lei non sentiva più il dolore fisico. Era il dolore che aveva dentro che le toglieva il fiato. Perché lo sapeva che non aveva più speranze di vincere.

Ci aveva creduto, con tutta se stessa. La Profezia lo diceva: lei avrebbe sconfitto Voldemort. E lei, fin dall'inizio, si era adagiata su quella consapevolezza.

Stupida.

Era stata un'idiota. Come aveva potuto credere di poter sconfiggere suo padre, quando nessuno ci era mai riuscito? Cosa l'aveva resa così convinta di potercela fare?

Battè violentemente un pugno sul pavimento. Si vergognava di se stessa. Aveva miseramente fallito.

- Uccidimi – ripetè, la voce rotta e i capelli che le ricadevano sul viso.

Voleva morire subito, e smettere di soffrire inutilmente. Ora che sapeva di non avere altra speranza per andare avanti, voleva chiudere il sipario sulla storia della sua vita.

Alzò la testa, e guardò suo padre negli occhi.

- Uccidimi! – gridò, rabbiosa.

Voldemort sorrise, e nel suo ghigno qualcosa speventò a morte Ariana.

- No – rispose.

Una lacrima solcò la guancia ferita di Ariana, bruciando sullo zigomo come fuoco.

- Uccidimi subito! – gridò ancora, fissando suo padre.

- Morire sarebbe troppo facile – ribatté Voldemort.

Ariana spalancò gli occhi, le mani poggiate sul gelido pavimento, che ora non era nemmeno lontanamente freddo come la sua pelle.

- La peggior punizione che posso darti e farti rimanere in vita – sentenziò Voldemort.

Ariana digrignò i denti. – Ammazzami adesso, e lasciami in pace – ringhiò.

Il Signore Oscuro sorrise. – Continuerai a vivere – disse, - E vivrai nella vergogna e nel rimorso, finchè non capirai qual è il tuo errore... -

E con un guizzo, Voldemort scomparve, lasciando Ariana sola, seduta sul pavimento della Sala Grande, tra le macerie della sua anima distrutta e senza forze.

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