10. Fuoco e sangue
Durante le due settimane seguenti, Ariana continuò le sue ricerche notturne. Ben presto si rese conto che il suo sospetto su Malfoy non era infondato. Più volte aveva scoperto che la stava seguendo, ma stranamente non fece mai nulla per coglierla in flagrante. Si limitava a osservarla da lontano.
Con il biondo che le stava alle calcagna, Ariana non riuscì a scoprire praticamente nulla di interessante: l'unico risultato fu che ogni giorno era sempre più stanca. Tuttavia aveva iniziato a pensare che l'Horcrux si trovasse nei pressi del dormitorio. Silente aveva accesso a tutta la scuola: se non aveva trovato lui nessun nascondiglio, perché avrebbe dovuto trovarlo lei?
Smise di andare in giro di notte, e iniziò a guardare con sempre maggiore curiosità il dormitorio dei Grifondoro. Studiò ogni più piccolo particolare della Sala Comune, senza trovare un indizio utile.
Il suo problema più urgente ora era Draco Malfoy. Come poteva toglierselo dai piedi? Non poteva aspettare che lui si stufasse di seguirla...
- Allora, se volete avvicinarvi... - stava dicendo Hagrid, - Potete toccarli, ma fate attenzione perché mordono -
Ariana tornò alla realtà e guardò gli strani animali che saltellavano dentro un recinto di legno. Sembravano dei grossi polli con una lunga coda e squamosa, ricoperti di penne grigiastre. Dal becco spuntavano degli appuntiti canini bianchi. Nel complesso, erano davvero orribili e nessuno sembrava avere voglia di avvicinarsi.
Harry infilò coraggiosamente la mano nel recinto, ma la ritrasse subito prima che uno di quegli uccellacci gli staccasse un dito. Hermione e Ron lo guardarono terrorizzati, e fecero un passo indietro.
Ariana decise che teneva troppo alle sue dieci dita, ed evitò di toccare quei cosi che le davano il voltastomaco (che, tra l'altro, Hagrid trovava assolutamente adorabili). Mezz'ora dopo i Grifondoro attraversavano il parco di Hogwarts diretti a pranzo, con Neville che si era guadagnato una bella ferita al pollice.
- Oggi pomeriggio libero, vero? – domandò Harry, assaporando una coscia di pollo ben arrostita.
- Sì – rispose Hermione. – Starai con Ginny? –
Harry annuì e continuò a mangiare.
Ariana, intanto, non poté fare a meno di guardare verso il tavolo dei Serpeverde, dove Malfoy stava seduto in mezzo a Zabini e la Parkinson. Se non fosse riuscita a toglierselo dai piedi, lo avrebbe affrontato: mai mettersi contro Ariana Drake.
- Sei riuscito a scoprire qualcosa? – chiese Pansy, versandosi un po' di succo di zucca nel bicchiere e gettando una rapida occhiata alle spalle di Ariana.
- So solo che va in giro di notte – rispose Draco, - L'ho vista diverse volte, ma gli altri Caposcuola non si sono accorti di nulla, nemmeno la Granger che è della sua casa. E' stata un caso che l'abbia vista, l'altra volta: si muove come un gatto, e questo mi fa pensare che ha una certa esperienza nel passare inosservata –
- Cosa credi che stia facendo? – domandò Blaise.
Draco si strinse nelle spalle. – O sta cercando qualche passaggio che porta all'esterno della scuola, oppure le piace giocare col fuoco –
Blaise mandò giù un pezzo di torta e lo guardò con l'aria di chi la sa lunga. – Di sicuro è una che ama il rischio – disse.
- Cosa vuoi dire? – domandò Draco, anche se sapeva benissimo dove il suo migliore amico voleva andare a parare.
- Bé, una che ti sfida a duello deve avere un bel coraggio – rispose Blaise, e Pansy alzò gli occhi al cielo, - Non eri tu il Principe delle Serpi, quello che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuna ragazza? E soprattutto, non erano le fanciulle che si inchinavano davanti ai tuoi piedi? –
Draco appoggiò il bicchiere sul tavolo con un gesto stizzito. Blaise aveva perfettamente ragione, ma non voleva dargliela vinta. Era finito il tempo spensierato durante il quale cambiava ragazze ogni mezz'ora, quando la sua camera era il crocevia di donzelle alla ricerca di una notte di avventure. Ora che per il mondo era l'assassino di Silente le cose da quel punto di vista erano notevolmente peggiorate. Ogni tanto qualche ragazza si faceva avanti, ma non era certo come gli anni precedenti...
Ariana faceva parte della categoria di quelle che fino a qualche tempo prima lui avrebbe definito "belle e impossibili per tutti, tranne per lui". E che lui avrebbe accuratamente inserito nella lista dei suoi obiettivi: niente era più divertente che sciogliere una ragazza dal cuore di ghiaccio.
- Blaise, lo sai che Draco sta cercando di disintossicarsi – disse Pansy, accondiscende.
- Ma con una come quella in giro di notte, altro che disintossicarsi! – ribatté Zabini.
- Sai che ho notato che da un po' di tempo guardi in modo strano la Granger? – disse Draco, il ghigno furbo dipinto sul volto.
Blaise sembrò preso alla sprovvista. – Non dire stronzate – ribatté con evidente imbarazzo, - Non la guardo –
- Pansy, tu cosa dici? -
La ragazza sorrise, e gli fece l'occhiolino. – Mah, povero Blaise... - disse, - Credo sia cotto –
Draco scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. – Davvero ti piace la Granger? Non pensavo fosse il tuo tipo –
Blaise sembrò offendersi a morte, come faceva sempre quando lo prendeva in giro. – Almeno è più intelligente di te –
- Vai Argo! Prendilo! – gridò Ariana.
Il dobermann scattò a razzo, inseguì il bastone e lo afferrò al volo. Poi tornò indietro scodinzolando.
Erano al bordo del lago, dove ormai andavano tutti i giorni. L'acqua era un po' più limpida sotto il tiepido sole di ottobre, e il terreno iniziava a coprirsi di foglie cadute. Si sedette sotto un albero e contemplò il paesaggio, in silenzio.
Argo le si accucciò accanto, e lei iniziò ad accarezzargli la testa. Volse lo sguardo verso la tomba di Silente, in lontananza, e vide due persone gettare qualche fiore sulla lapide di marmo bianco. Gli inconfondibili capelli di Ginny si distinguevano anche a quella distanza, e le lenti degli occhiali di Harry rilucevano sotto i raggi del sole.
Ariana sorrise e distolse lo sguardo. Vederli insieme le metteva una certa malinconia. Nonostante l'odio, il pericolo e la paura, il loro era un amore vero e forte, che avrebbe resistito di fronte a qualsiasi ostacolo.
Non si era mai innamorata in tutta la sua vita, perché quello che aveva provato per Ivan, il ragazzino di Durmtrang, era stata solo una cotta passeggera. Si rendeva conto che non sapeva che cosa si provava quando si amava dal profondo del cuore una persona, cosa significasse poter contare sempre su di lei, e si sentiva vuota. L'amore era una cosa che si impara fin da piccoli, ma lei non aveva avuto nessun maestro disposto a insegnarglielo. Fin da quando avevamemoria era vissuta in un orfanotrofio, dove era una dei troppi bambini senza famigli e senza futuro; poi era arrivato Silente, ed era passata dallo sguardo compassionevole che gli rivolgeva la gente a quello di disprezzo dei suoi compagni di classe. Come poteva conoscere l'amore se nessuno aveva amato lei?
Ariana spezzò un bastoncino con le dita, appoggiando il mento sulle ginocchia. Tante volte si era chiesta cosa si profilava nel suo futuro, cosa sarebbe diventata. E tutte le volte si rispondeva esattamente la stessa cosa: non c'era un domani per lei. Molto probabilmente sarebbe morta per aiutare Harry Potter a sconfiggere Voldemort, e nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza. Era esattamente quello che Silente le aveva ordinato di fare: essere unombra, un invisibile fantasma di cui nessuno conosceva la vera identità.
Argo si mosse e alzò di scatto la testa, guardando qualcosa alle sue spalle. Ariana si girò, e vide Draco Malfoy camminare diretto verso il lago, solo.
- Ma non è possibile – borbottò Ariana, alzandosi e togliendosi di dosso i residui di terriccio e foglie.
Forse Malfoy non l'aveva vista, perché procedeva a testa bassa, guardando il terreno. Argo drizzò le orecchie e assunse una posa minacciosa, sentendo che la padrona si era innervosita. Ariana lo prese per il collare, e attese che il biondo si accorgesse di loro.
Ad un certo punto alzò la testa e guardò la ragazza in faccia, scrutandola con gli occhi color tempesta. Sorrise sornione e gettò una rapida occhiata al dobermann.
- Cosa ci fai qui? – chiese Ariana, minacciosa.
- Credo siano fatti miei – rispose Malfoy, facendo un passo verso il lago.
- Mi stavi seguendo? – domandò la ragazza. Argo mostrò i denti e produsse un basso ringhio, ma non diede segno di voler attaccare il Serpeverde.
- Volevo andare a visitare la tomba di Silente, ma da quello che vedo è occupata – rispose Malfoy, facendo un cenno con la testa verso la lapide bianca. Harry e Ginny erano ancora lì, che si tenevano per mano.
Ariana scrutò il biondo poco convita, ma per un momento si sentì colpevole di quello scatto di rabbia e di sospetto. Scosse la testa con una smorfia e seguì con lo sguardo il biondo che ora le dava le spalle, vicino alla riva del lago.
- Sei in grado di tenere quel cane? – chiese il Serpeverde, sempre girato con la testa rivolta all'orizzonte.
Ariana abbassò lo sguardo sul dobermann e strinse la presa sul collare. Argo abbaiò feroce alle spalle di Malfoy, ma non si mosse.
- Certo – rispose, - Hai paura che ti salti addosso? -
Sorrise, in attesa della risposta del Serpeverde che non arrivò. Il biondo raccolse da terra un sasso e lo lanciò nell'acqua.
- Cosa ci fai qui, Drake? – chiese.
- Ti giro la domanda – ribatté Ariana.
- Credi che io sia uno degli autori della morte di Silente? – domandò Malfoy, girando appena la testa per guardarla.
- Così sembra – rispose Ariana, - E se veramente lo sei, non sarò certo l'unica a domandarmi con quale faccia tosta tu ti faccia rivedere qui a Hogwarts dopo quello che è successo –
- E io non sarò l'unico a chiedermi come mai conosci incantesimi che non vengono insegnati in nessuna scuola, e anche perché sei così esperta di duelli – ribatté Malfoy, - La maggior parte crede che io sia un Mangiamorte, e non si stupisce a vedermi duellare usando incantesimi poco convenzionali... Ma tu, dove hai imparato? –
Ariana guardò le larghe spalle del biondo, colta alla sprovvista. Deglutì e rispose: - Mi sembra di capire che ognuno di noi due ha i propri motivi per essere qui. E che vogliamo tenerli per noi. A me va bene così –
Malfoy si girò e si avvicinò pericolosamente. Ariana portò la mano alla bacchetta, pronta a difendersi. Lui sorrise nel vedere che sembrava tesa, e la superò a passi lunghi, diretto al castello.
- Attenta ai brutti incontri notturni – disse con voce flautata, e si allontanò.
Ariana guardò sconcertata le spalle del Serpeverde che spariva tra le piante del parco, con Argo che finalmente smetteva di ringhiare. Abbassò lo sguardo, senza capire cosa era successo.
Il fuoco nel camino della Sala Comune di Grifondoro scoppiettava allegramente, gettando bagliori rossastri sul tappeto spelacchiato. Ariana era sprofondata in una delle poltrone, e fissava le fiamme con l'espressione persa. Hermione era seduta al tavolo a fare i compiti, tentando in tutte le maniere di insegnare a Ron come fare un incantesimo; Harry e Ginny erano accovacciati sul tappeto vicini, che si tenevano per mano.
La rossa fece un enorme sbadiglio, e disse: - Quasi quasi vado a dormire –
Si alzò e diede un bacio a fior di labbra a Harry, poi salì nei dormitori. Anche Hermione decise di seguirla.
- Vieni con noi, Ariana?- domandò.
- No, vi raggiungo tra un po' – rispose lei, guardando le fiamme nel camino.
Anche Harry e Ron andarono a dormire, dopo averla salutata. Rimase nel dormitorio rischiarato solo dalla luce di alcune lampade, insieme a due ragazzi del quinto anno che parlottavano a pochi metri da lei.
Horcrux. Dove poteva trovarsi quel maledetto elmo? Aveva cercato un po' dappertutto, ma non aveva trovato nessun posto dove poteva essere stato nascosto...
Rimase immobile sulla poltrona come una statua, indecisa se rischiare e provare con un'altra esplorazione notturna, oppure andare a dormire. La velata minaccia di Malfoy le tornò alla mente, ma non era preoccupata. Se si fossero trovati faccia a faccia in un corridoio buio, questa volta non avrebbe esitato un secondo a usare tutti gli incantesimi che conosceva per metterlo fuori gioco per un bel po', e convincerlo finalmente a non seguirla più.
Gettò un'occhiata ai due studenti del quinto anno, che non accennavano a voler andare a dormire. Aspettò, osservando le fiamme rosse del camino che piano piano si riducevano a una brace ardente. Si sistemò meglio sulla poltrona, preparandosi a una lunga attesa. Dopo un'ora, i due ragazzi le fecero un cenno con la testa per salutarla e salirono nei dormitori.
Ariana aspettò ancora venti minuti, e ormai il fuoco nel camino era completamente spento. Si tolse gli stivaletti e li lasciò in un angolo, pronta per una nottata lunga e faticosa.
Stava per avviarsi al ritratto per uscire nel corridoio, quando una strana sensazione la costrinse a girarsi. Guardò il camino spento e, nel muro di mattoni coperto di fuliggine, vide qualcosa che catturò la sua attenzione.
Si avvicinò, notando che i mattoni erano tutti uguali, tranne uno, che sporgeva impercettibilmente. Prese la bacchetta e mormorò: - Aguamenti –
Diresse il getto d'acqua sul muro, e una voluta di vapore si sprigionò dalle braci incandescenti. Tolse tutta la fuliggine, poi passò delicatamente una mano sui mattoni. All'improvviso, capì: tutti i pezzi delle armature vengono forgiate con il fuoco... Perché non nascondere l'elmo in un posto dove il fuoco arde continuamente?
Provò a togliere il mattone, ma sembrava saldato con gli altri. Spinse, senza riuscire a muoverlo. Guardò in giro, cercando una soluzione.
Ariana tastò il carbone che fino a poco prima era stato incandescente: l'acqua che aveva spruzzato lo aveva raffreddato. Prese l'attizzatoio lì vicino e tirò via tutta la brace, svuotando completamente il camino. Avrebbe ripulito tutto dopo.
Trovò un piccolo gancetto di metallo attaccato a un altro piccolo mattone. Lo tirò fino a sfilarlo, scoprendo una piccola apertura in cui era nascosto un pugnale dal manico nero.
"Ah, quanta poca fantasia hai, mio caro Voldemort" pensò, prendendo il coltellino in mano.
Come quando aveva esplorato la caverna sul mare dove era nascosto il medaglione di Serpeverde prima che Silente e Harry vi si recassero insieme, Ariana capì che anche questa volta il Signore Oscuro esigeva il suo tributo di sangue per aprire il nascondiglio. Questa volta però non c'era Silente ad offrire il suo, e toccava a lei.
Allungò la mano e con la lama si praticò un taglio sul palmo, senza emettere un gemito. Qualche goccia di sangue stillò dalla ferita, e cadde sui mattoni sporchi del camino.
Ariana attese, ma non accadde nulla. Rimase a guardare cercando di capire perché non aveva funzionato. Il taglio pulsava, così lo curò velocemente e tornò a pensare.
L'unica cosa che le venne in mente fu quella di riaccendere il fuoco. Funzionò. All'improvviso, il muro divenne quasi trasparente, e vide quello che cercava: un elmo d'acciaio con fregi di grifoni e un grosso rubino incastonato sulla fronte.
Spense nuovamente il fuoco, ma appena le fiammelle si estinsero il muro tornò a essere solido e marrone.
"Che maledetto".
Voldemort voleva che chiunque avesse voluto prendere l'elmo, avrebbe dovuto infilare la mano tra le fiamme. Ariana esitò un attimo: poteva lasciare a Harry il compito di tirare fuori l'Horcrux. Lei con indizi sparsi qua e la e qualche frase apparentemente innocente lo avrebbe guidato verso l'elmo senza che lui ci facesse caso, in modo che lui arrivasse all'Horcrux e lo distruggesse pensando di aver fatto tutto da solo, com'era nei piani di Silente.
Scosse la testa. No, lo avrebbe spostato in un altro posto meno pericoloso e poi avrebbe fatto arrivare Harry fino a lì, evitandogli quell'orribile tortura. In fondo era esattamente quello che doveva fare.
Ariana riaccese il fuoco, e il muro tornò ad essere trasparente ed etereo. Allungò la manica della maglia fino a coprirsi la mano e bagnò la stoffa con dell'acqua. Tirò indietro i capelli e trattenendo il respiro allungò il braccio.
Le fiamme aggredirono la stoffa prima ancora che le sue dita raggiungessero l'elmo. Sentiva il calore che faceva evaporare l'acqua, e cercò di fare il più in fretta possibile. L'Horcrux era troppo lontano, così si avvicinò ancora, con le fiamme sempre più vicine al viso. Il calore era insopportabile.
La stoffa iniziava a fumare quando finalmente le sue dita afferrarono la visiera dell'elmo. Lo tirò con uno scatto, ritrovandosi seduta sul tappeto, il fiato corto.
Non degnò nemmeno di uno sguardo l'elmo, ed esaminò preoccupata il braccio. La stoffa della maglia era completamente bruciata e non rimanevano che brandelli anneriti. La pelle era rossa, e in qualche punto c'erano ustioni superficiali ma dolorose. Cercò di ricordare l'incantesimo per curarle, e lo praticò subito.
Posò lo sguardo sull'elmo, adagiato di fianco a lei, che riluceva rossastro nel fuoco del camino. Lo avvicinò. Era di ottima fattura, anche se non se ne intendeva molto di armi. Il metallo gelido scorreva sotto le sue dita, mentre lo tastava ancora incredula. Le scappò un sorriso.
"E uno è fatto".
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