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3. Presentazioni indesiderate e inviti a caso

Scendo dall’auto con il peso di un'intera giornata già sulle spalle, anche se non è ancora nemmeno iniziata.

La scuola è davanti a me come un'enorme scatola di scarpe, piena di gente che preferirei evitare.

Accanto a me, papà sistema lo specchietto retrovisore, come se fosse fondamentale prima di affrontare la sua giornata da insegnante modello.

“Ci vediamo più tardi, Tess” dice con un sorriso che sembra troppo entusiasta per qualcuno che deve passare otto ore chiuso in un’aula a spiegare la Guerra Civile Americana a un branco di adolescenti annoiati.

“Certo, ci vediamo” rispondo con un tono che fa capire quanto poco ne sia entusiasta io, mentre infilo lo zaino su una spalla e mi allontano velocemente.

Il mio obiettivo principale è sparire nel flusso di studenti che entrano nell’edificio, ma ovviamente non è così semplice.

Appena faccio qualche passo nel cortile, vedo Elena venire verso di me.

Il suo sorriso luminoso è l’opposto del mio umore.

Accanto a lei c’è un gruppo di persone, tutti apparentemente amichevoli e ben integrati nel loro mondo perfetto.

Ovviamente.

Sembra la scena di un teen drama in cui la protagonista antisociale viene accolta a braccia aperte dal gruppo di ragazzi cool della scuola.

Solo che io non ho mai voluto essere quella protagonista.

“Tess!” esclama Elena, agitando la mano come se non mi avesse vista da anni.

Sospiro internamente, cercando di mettere su un’espressione civile “Uhm... Elena? Ciao.”

Lei mi sorride come se fossimo amiche da sempre, e dietro di lei noto un paio di volti familiari.

Stefan, ovviamente, è lì, con il suo sguardo penetrante da ragazzo misterioso che probabilmente farebbe sciogliere chiunque, meno me.

Accanto a lui, una ragazza con lunghi capelli biondi e una postura da regina: ha sicuramente l’aria di chi è abituata a ottenere ciò che vuole.

E poi c’è un ragazzo con capelli corti e un’espressione che trasuda ironia e divertimento, come se il mondo intero fosse una battuta che solo lui conosce.

“Tess, ti presento i miei amici!” Elena è praticamente raggiante mentre fa le presentazioni “Lui è Stefan, ovviamente lo conosci già...” Scambia uno sguardo con il suo fidanzato-forsevampiro-palo umano, e io mi limito a un cenno del capo.

Sì, lo conosco già, ma non è che abbiamo scambiato molte parole oltre al nostro imbarazzante incontro in corridoio.

“Lei è Caroline” continua, indicando la bionda, che mi sorride con quella perfetta cordialità da cheerleader.

“Piacere,” dice Caroline, come se il mio arrivo nella loro vita fosse un evento interessante.

Mi domando quanto durerà prima che si accorga che la mia compagnia è più simile a una nuvola di pioggia.

“E lui è Matt” conclude Elena, indicando il ragazzo che mi sorride in modo genuino, anche se vagamente disinteressato.

“Ehi” dice Matt.

Almeno lui sembra tranquillo, come se non avesse aspettative particolari da me.

Lo apprezzo.

“Piacere mio, credo” rispondo, cercando di non sembrare troppo scontrosa.

Elena continua a sorridere, e per un attimo mi domando se sia mai arrabbiata o triste.

È possibile essere sempre così... solari?

Io ho bisogno di un caffè solo per riuscire a respirare la mattina.

Mentre camminiamo, noto un'altra ragazza che si avvicina.

È minuta, con capelli ricci scuri e occhi che sembrano vedere molto di più di quanto uno possa immaginare.

“Questa è Bonnie” dice Elena, introducendola con la stessa enfasi di prima, come se fosse fondamentale che conoscessi tutti nel giro di cinque minuti.

“Ciao” dice Bonnie con un sorriso gentile.

C’è qualcosa di tranquillizzante in lei, quasi come se fosse l'unica a non nascondere segreti.

Ma poi, chi lo sa?

In questa città tutti sembrano custodire qualcosa.

Fisso i suoi occhi per un attimo e sento una leggera vibrazione nell’aria, un non so che di... magico?

Scuoto la testa.

No, impossibile.

Sto solo diventando paranoica.

O forse sto già iniziando a sviluppare il classico istinto da survivor in una città come questa.

“E poi c’è Tyler” continua Elena, indicando con un cenno verso il campo da basket, dove un ragazzo muscoloso sta facendo tiri in sospensione con una sicurezza irritante.

Lui sembra incarnare lo stereotipo del ragazzo popolare che domina non solo la squadra di basket, ma anche i corridoi della scuola.

Lo vedo ridere con gli amici, lanciando la palla con una facilità quasi spocchiosa.

“Lui è... ehm, un po’ competitivo” aggiunge Matt, abbassando leggermente la voce come se stesse cercando di prepararmi a un incontro futuro con Tyler che potrebbe non essere dei più piacevoli.

Geniale.

Un altro atleta alfa per la collezione.

“Ah, interessante” rispondo sarcastica “Sembra tipo la versione in carne e ossa di un personaggio di ‘Friday Night Lights’.”

Elena ride, anche se dubito abbia davvero colto la mia battuta “Sì... può essere difficile a volte, ma è un buon amico.”

Difficile?

Scommetto che sia una versione attenuata per dire che è un vero stronzo in certe situazioni, ma evito di commentare.

Infine, Elena indica con un cenno verso una panchina poco lontana, dove un ragazzo è seduto con un’espressione cupa e assorta, completamente fuori dalla dimensione socievole che sembra governare il cortile.

Capelli scuri, vestiti un po’ sgualciti, e uno sguardo che urla "problemi personali".

Perfetto, Mystic Falls non si fa mancare proprio niente.

“E quello è mio fratello Jeremy” dice Elena, con un misto di affetto e preoccupazione nella voce “È... beh, sta attraversando un periodo difficile.”

Fisso Jeremy per un attimo, cercando di non farmi notare troppo mentre lo studio.

Ha l’aria di qualcuno che preferisce starsene per conto proprio, ed è una cosa che posso rispettare.

Forse l’unico in questo gruppo che non mi lancia sorrisi da brochure scolastica.

“Mi sembra... tranquillo” rispondo, cercando di trovare le parole giuste.

In realtà, ha l’aria di uno che potrebbe esplodere in qualsiasi momento, ma non credo che Elena apprezzi questo tipo di osservazione.

Lei annuisce, ma posso vedere che il pensiero del fratello la preoccupa davvero.

Nonostante il suo atteggiamento positivo, c’è una vena di tristezza che trapela da lei ogni volta che parla di lui.

“Allora, stavamo pensando di andare al Grill dopo scuola” dice, con la stessa naturalezza con cui uno inviterebbe qualcuno a una festa di compleanno “Vuoi venire con noi?”

Rimango immobile per un secondo, elaborando le sue parole.

Il Grill?

Come se io dovessi sapere cosa sia.

Suona come una di quelle catene di fast food che ti rifilano hamburger microscopici e ti fanno pagare come se fossero fatti d’oro.

Ma sono nuova in città, quindi fingo di sapere di cosa stia parlando.

“Il Grill?” chiedo, sperando che la mia espressione sembri più curiosa che totalmente confusa.

“Sì, è il Mystic Grill” interviene Caroline, come se fosse ovvio “È praticamente l’unico posto decente in città. Facciamo sempre tappa lì dopo la scuola”

Decente, penso tra me e me.

Suona come il genere di locale che in una città normale nessuno frequenterebbe per più di cinque minuti, ma qui sembra essere un punto di riferimento culturale.

“Certo, perché no?” rispondo alla fine, cercando di sembrare rilassata “Dopotutto, cosa potrei fare di meglio?”

Il sarcasmo nella mia voce è sottile, ma spero che qualcuno lo colga.

Nessuno sembra farlo.

Forse Matt.

Ha sorriso.

“Perfetto!” esclama Elena, entusiasta come se avessi appena accettato di partecipare a un evento di gala “Allora ci vediamo lì dopo le lezioni!”

Mi viene quasi da chiedere se esista qualche alternativa migliore a Mystic Grill, tipo una libreria o un caffè con divanetti comodi e atmosfera tranquilla, ma decido di non dire nulla.

Mystic Grill.

Suona come un posto dove la gente va solo perché non ha altro da fare.

Forse è così.

Stefan mi lancia uno sguardo fugace, come se stesse cercando di leggermi dentro, e la cosa mi mette un po' a disagio.

Lo trovo inquietante in un modo che non riesco a spiegare, come se sapesse più di quello che dovrebbe.

Elena, ovviamente, non nota nulla e continua a chiacchierare con la stessa energia frizzante, parlando di qualcosa che riguarda un progetto di gruppo per la classe di storia.

“Bene, allora ci vediamo lì” dico alla fine, più per tagliare corto che per reale entusiasmo.

Elena sorride ancora una volta, poi si volta per unirsi agli altri, e io finalmente posso tirare un sospiro di sollievo.

Rimango per un attimo a guardare il gruppo allontanarsi, una perfetta bolla di normalità in una scuola che nasconde tutto tranne che la normalità.

Il fatto che mi abbiano invitato sembra gentile, ma non posso fare a meno di pensare che questo non sia proprio il mio mondo.

Mi stringo nelle spalle e mi avvio verso l’ingresso della scuola, cercando di prepararmi mentalmente per l’ennesima giornata di sopravvivenza sociale.

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