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Capitolo 1




Victor Bonnefoy, 26 anni, alto e muscoloso, era una di quelle fortunate persone che sono universalmente riconosciute come belle: i suoi capelli biondi, quasi sempre raccolti in un codino, i suoi occhi blu violacei, penetranti ma impenetrabili, il suo viso serio e imperscrutabile erano il sogno di tante ragazze. Era il più ricercato fra i giovani del paese, forse per la sua aria da cattivo ragazzo; nonostante sembrasse che Victor facesse il possibile per sopprimere la sua bellezza. Aveva delle occhiaie profondissime, dovute alle lunghe ore di veglia durante la notte; la sua voce dal delicato accento francese era arrochita dal fumo; aveva un principio di barbetta che lasciava incolto e non si preoccupava di pettinarsi i capelli. Tuttavia, non poteva soffocare una così intrinseca qualità: la tranquillità della sua casa era costantemente interrotta da giovani ragazze che bussavano alla sua porta per cercare di entrare a forza nella sua vita privata e carpirne i segreti. Era sempre riuscito a mantenere un profilo basso, circondandosi di un'aura di mistero inviolata. Almeno finché...

'Ding dong!'

Victor appoggiò stizzito il libro che stava leggendo, per andare ad aprire: si aspettava una delle solite single innamorate di lui senza speranza, che si autoinvitavano da lui, rompendo la sua perfetta solitudine. Un volta trovatosi davanti alla porta, tuttavia, dovette ricredersi: davanti a lui c'era una persona che non aveva mai visto. Un ragazzo bassino e dalla corporatura esile, giovane -aveva di sicuro meno di 25 anni- con la carnagione pallida, due occhi azzurro cielo, capelli corti e spettinati, di un biondo tendente quasi al rosa e un enorme sorriso stampato in volto. Aveva fra le mani un cesto coperto da un fazzoletto di stoffa bianco.

"Hello! Mi chiamo Oliver Kirkland, e mi son-"

Tempo qualche secondo e il francese aveva sbattuto la porta in faccia al giovane. "Anglais..." Borbottò, sprofondando di nuovo nella lettura. Ciò che non aveva potuto vedere era l'espressione delusa di Oliver, che aveva riprovato a bussare, per poi andarsene.

Con sua somma irritazione, non riuscì più a concentrarsi sul suo libro. Per quanto si sforzasse, alla morte di Fantine si sostituiva insistentemente il viso del giovane sconosciuto; dopo qualche minuto appoggiò Les Misérables sul tavolino accanto al divano e si alzò: riaprì la porta, per darsi così pace, forse ascoltando una piccola parte dentro di sé che sperava di rivedervi Oliver. Invece trovò solo il cesto di prima, appoggiato per terra, e un biglietto evidentemente scritto di fretta, con una calligrafia svolazzante: "Forse sono passato in un brutto momento, mi dispiace un sacco! Sono nuovo in questo paese, e visto che abito nella casa accanto alla tua, speravo di fare conoscenza! Avevo preparato dei cupcakes, che speravo potessimo mangiare insieme, solo che poi hai chiuso la porta e... va beh, mi sembrava un peccato sprecarli, quindi te li ho lasciati qui!" Victor alzò il telo: sotto c'erano una dozzina di cupcakes, alcuni con la glassa, altri senza.

"Ci vediamo in giro, allora! – Oliver"

Victor sollevò uno dei dolcetti e ci diede un morso, accendendo il televisore.

"-i genitori hanno potuto riabbracciare la figlia rapita, senza dover dare un riscatto. Ed ora, ritorniamo alla notizia del giorno: è ancora a piede libero il killer che ha messo in ginocchio l'intera regione. Questo assassino, dall'identità ancora incerta, è-"

Venne interrotto ancora una volta dal campanello: in preda a quella che si potrebbe definire una febbre inspiegabile, corse alla porta, quasi aspettandosi di nuovo di rivedere il viso pallido e il grande sorriso dell'inglese. Purtroppo, si ritrovò davanti ben altro...

"Yooo, man! Senti, so che tu-"

"Non." Sbatte' la porta davanti a un americano biondo con un ciuffo 'antigravitazionale' e dagli occhi azzurri, celati dietro un paio di occhiali dalla montatura nera.

"cOME ON, DUUUUDEE!" Niente. L'americano non demordeva, e non dava segno di volersene andare. Dopo all'incirca tre o quattro minuti di "Come on, dude...", finalmente il francese si decise ad aprire la porta.

"Qu'est-ce que tu veux, Alfred?!" Gli abbaiò secco, mentre il giovane, Alfred per l'appunto, si faceva strada in casa sua, senza fare complimenti.

"Allora," iniziò l'altro, "io e Allen-" Ottima mossa: Allen era il fratello maggiore di Alfred, ed era una delle poche persone che potevano considerarsi vicine a Victor. 'Amico' era una parola grossa. "-abbiamo pensato che magari, solo per quest'anno, potresti venire alla Festa del Rac-"

"Non."

"COME OOOOON!" Si lamentò l'altro, mentre il francese si voltava dall'altra parte. "Non sei mai venuto e quest'anno dobbiamo anche dare il benvenuto al tuo nuovo vicino di casa... l'hai incontrato? Si chiama Oliver, per essere un tea-drinker è molto-"

Victor aveva smesso di ascoltarlo: la parola 'Oliver' lo aveva colpito come un fulmine a ciel sereno.

"-rebbe scortese se tu non ti pre-"

"Verro'."

"Eddaaai! Sarà diver... wait, what?!" L'americano sbatte' le palpebre un paio di volte, mentre il suo cervello cercava di elaborare un impulso uditivo che riteneva non potesse mai verificarsi.

"Quest'anno verrò alla vostra preziosa Festa del Raccolto." Borbottò il francese, evidentemente seccato.

"I... I... That's great!" Alfred allargò il semi-perenne sorriso sul suo volto. "Hahahahaha! L'avevo detto ad Allen che un Eroe come me sarebbe riuscito a-" Non riuscì a terminare la frase, perché' l'altro lo spinse brutalmente fuori dall'abitazione.

"Sparisci." Prima che potesse ribattere, l'americano si trovò davanti ad una porta chiusa.

Victor stava per ritornare ai suoi affari, quando sentì di nuovo la voce di Alfred salutare qualcuno; bastò una frazione di secondo per far impietrire il biondo dagli occhi violacei, bastarono 6 lettere pronunciate nell'ordine giusto per paralizzarlo all'istante.

"Oliver! Yo, dude!"

Non riuscì a sentire la risposta dell'altro: l'americano tendeva a parlare con un tono di voce alquanto alto, per questo era riuscito a sentirlo. Senza perdere tempo, si appostò vicino alla finestra e la aprì con nonchalance, prendendo anche un pacchetto di sigarette e iniziando a fumarne una come 'copertura'. Da lì poteva sentire perfettamente il dialogo fra i due, nonché vederli senza essere notato:

"-sembra una brava persona!"

"Dude, lo hai visto per qualche secondo e ti ha sbattuto una porta in faccia."

Oliver piegò la boccuccia in una smorfia.

"Non giudico mai male una persona dalla prima apparenza, dandogli una possibilità magari si rivela gentile come immagino!"

Victor scosse la testa attonito: non riusciva a capire come fosse giunto a quella conclusione. Non che lo sorprese, ricordando che a parlare era un ragazzo dal sorriso semi-perenne (probabilmente imparentato con Alfred riguardo a quello) che si voleva presentare mangiando cupcakes fatti da lui insieme a un perfetto sconosciuto.

"Come dici tu... certo che sei proprio particolare tu, eh?"

Oliver ampliò il sorriso. "Lo prenderò come un complimento, quindi grazie mille!" Improvvisamente, però, la sua espressione divenne confusa e storse il nasino, iniziando a tossire.

"Mh? Stai bene, dude?"

"S... sì, solo che il fumo..." Si guardò intorno per cercare la causa di quel tanfo insopportabile e i suoi occhi vennero catturati da quelli di Victor, mantenendo per qualche secondo il contatto visivo. Furono degli attimi eterni, eppure brevissimi: entrambi si scrutarono a lungo, mentre tutto attorno a loro si fermava; era come se il resto del mondo si fosse sbiadito, ridotto a un ammasso sfocato di macchie in bianco e nero; c'erano solo l'azzurro nel blu, l'oro del tramonto nel rosa dell'alba, pallido nell'abbronzato, gioia nella malinconia e-

E il momento finì: Oliver tossì di nuovo, distogliendolo sguardo, mentre Victor chiudeva in fretta e furia la finestra, facendo cadere per strada la sigaretta ancora accesa. Si sedette sul divano e si guardò le mani, che tremavano ancora. "Che... sta succedendo?" 



Author's Corner

Welp, boh. Mi scuso per eventuali typos.

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