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All Too Well

Caro Dante,

il Sole ha ormai compiuto un'orbita intorno al globo terrestre, occupando di nuovo quella posizione in cui era quando ti incontrai per la prima volta. Un solo anno, eppure sembra una vita intera: se solo avessi saputo quanto avresti significato per me, forse avrei fatto più attenzione alla luce che illuminò i tuoi occhi quando mi vidi al limitar della selva oscura. Ma lo ricordo ancora fin troppo bene, quel Miserere di me che sospirasti affannato pregandomi di salvarti dalle tre fiere, quella supplica che diede inizio al nostro viaggio, alla nostra storia.

E ora passo il resto delle mia eternità ripensando con mesta dolcezza a quei piccoli gesti che hanno nutrito il mio amore e le mie illusioni. Come afferrasti la mia mano al varcar la soglia dell'Inferno. Gli sguardi che mi riservavi quando eri preoccupato o spaventato, osservandomi alla stregua del bimbo che cerca il conforto e la protezione del padre. La paura che si dipinse sul tuo viso quando non vedesti la mia ombra sui lidi del Purgatorio, dimentico della mia incorporeità. Il ricordo è così vivo che potrei disegnarti mentre dormi tranquillo tra le mie braccia, sognando chissà cosa in quelle tre notti che spendemmo nell'emisfero delle acque.

La mia è ormai un'esistenza di memorie, di momenti di una gioia passata che mai più ritornerà, così come non ritorneranno le nostre conversazioni nel buio infernale, quando il cammino ci offriva la scusa perfetta per raccontarci di noi. Forse troveresti patetico come io mi aggrappi a te nonostante tutto o come il solo pensiero di te mi faccia sentire ancora vivo, ma non importa: l'unica cosa che ha davvero importanza è che, mentre io me ne sto qui a rammentare e patire, tu vivi e ami una donna che non avrai mai.

Siamo compagni di sofferenza, ma non di quella che può essere annullata reciprocamente: non sarà il mio amore ad alleggerirti il cuore e placarti il sonno e il tuo, non ricambiato, aggiungerà tormento a tormento in questa terra priva di misericordia.

E non ho nulla di cui rimproverarmi, nessun motivo per cui biasimarmi del tuo silenzioso rifiuto: ti sono stato padre e guida nello sconforto e nel dubbio – i miei versi ti sono ancora faro nelle tenebre della vita terrena! – e ho cercato di lenire al meglio le tue sofferenze, di soddisfare i tuoi desideri e i tuoi capricci infantili. Solo una cosa posso imputarmi in coscienza: essermene andato senza dirti addio.

Ma non fu scelta mia – l'Alto Fattore mi privò della tua vista e della tua presenza senza alcun avviso! E mi parve allora di sentire le tue grida che facevano eco alle mie nel dolore di quella separazione eterna, senza alcuna possibilità di aggiungere qualcosa a quanto c'eravamo detti fino ad allora.

Perché avrei avuto mille e mille cose da dirti – che quei giorni passati con te mi avevano dato più che millenni d'esistenza, che avrei conservato quell'esperienza nello scrigno del mio cuore come una gemma preziosa. Che ti amavo e ti avrei amato per sempre perché nessuno, vivo o morto, mi ha mai segnato tanto nel profondo.

E ti amo anche adesso, ora che so che in me non vedevi altro che quello che volevi vedere: una guida, un conforto, un padre. Qualcuno che ti prendesse al volo quando il male divino ti colpiva. Qualcuno che ti indicasse la strada quando eri smarrito e asciugasse le tue lacrime quando l'emozione era troppo violenta per essere trattenuta. Qualcuno che ti desse esattamente quello di cui avevi bisogno fintanto che non fossi arrivato dal vero oggetto della tua venerazione: la diva Beatrice.

Dolcissimo padre! Mia maggior musa! Duca mio! – parole vuote, trascinate dal vento come le promesse degli amanti. Il tuo affetto – se così mi è possibile chiamarlo – nei miei confronti è sparito nel momento stesso in cui la voce della tua donna ha stuzzicato le tue orecchie, colpendoti dritto al cuore. In lei è la tua felicità, in lei l'oggetto del tuo vero amore, in lei l'obiettivo di tutte le tue fatiche: non sono stato altro che un mezzo, un ponte tra l'oscurità e la luce della sua beatitudine.

Stolto io quando acconsentii a farti da guida in questo aldilà e nell'altro che ne è gemello: se mi fossi negato non saprei mai che cosa si prova nel vederti piangere inconsolabile. O nell'avvertire il calore del tuo corpo vivo affianco alla mia fredda inesistenza. O nell'udirti parlare entusiasta di quel che t'appassiona. Perché, di nuovo, io ricordo tutto fin troppo bene e questo non fa altro che alimentare il fuoco che mi consuma giorno e notte.

Se mai provasti qualcosa di tenero nei miei confronti, ti chiedo solo di non rinnegare quello che è stato e di non scrivermi nei tuoi versi come privo di dolcezza e premura verso di te, il mio Dante – sempre che mi sia ancora lecito dirti mio.

Affiderò questa lettera alle tristi e grigie acque dell'Acheronte e mi illuderò che, in qualche modo, le mie parole ti raggiungeranno.

Ti amo.

Addio

Il tuo Virgilio

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