capitolo 21
Raggiunsi la mia meta in poco più di un quarto d'ora. Prima di avventurarmi tra le case misere e decadenti mi trasformai ancora.
Presi le sembianze di un vecchio e mi ricoprii di stracci e di un mantello.
Quando fui pronto mi avvicinai al centro abitato.
Poiché ormai era sera non c'era più nessuno in giro e non ebbi modo di incontrare qualcuno a cui potessi chiedere indicazioni per dormire. Non conoscevo gli usi degli uomini, non me n'ero mai occupato.
Mi avvicinai all'unica fonte di luce che avevo notato arrivando, una piccola finestra nell'ultima casa.
Sbirciai all'interno e rimasi incantato da ciò che vidi e udii; incantato e turbato.
L'interno della casetta era piccolo e pieno ma ben organizzato, la luce proveniva da una candela appoggiata a un tavolino e illuminava un letto di pagliericcio su cui era sdraiata una bambina. Stimai che potesse avere circa otto anni, ma anche nel campo dell'età umana ero poco ferrato; della stessa Dunkelheit non conoscevo gli anni.
La bambina era coperta da un sottile lembo di lana e di fianco a lei era seduta sua madre che le stava accarezzando la testa con una dolcezza quasi inconcepibile per me. Provai una sorta di nostalgia nel vedere quella scena; non ero mai stato bambino né avevo mai avuto una madre, e per un momento provai ad immaginare come sarebbe stato avere qualcuno che mi accarezzava la testa, prima di dormire.
- mamma...- disse ad un certo punto la bambina con voce assonnata. - Si tesoro? - le rispose la madre dolcemente. La bambina si stropicciò gli occhi e sbadigliò, era evidentemente sul punto di crollare. - Quando torna papà? - chiese prima di sbadigliare di nuovo. La donna smise di accarezzare i capelli della figlia e sorrise, mi accorsi subito di quanto dolore fosse racchiuso nel suo sguardo.
- Papà... tesoro... Non lo so. È con la regina, a combattere contro gli dei, da eroe coraggioso. Spero tornerà presto- disse con voce affaticato dal peso della bugia che stava dicendo. Ero consapevole, così come la donna, che il padre della bambina non sarebbe mai tornato.
A quel pensiero, alla vista della bambina addormentata con un sorriso sereno sulle labbra, sentii tutto il peso delle mie azioni piombarmi sulle spalle.
Mi allontanai in cerca di pace, con passo svelto; l'ultima cosa che vidi fu il volto della donna rigato di lacrime.
Passai la notte camminando, solo, nel bosco. Tormentato dal senso di colpa al ricordo della bambina, così innocente.
Solo un giorno e già ciò che avevi visto mi aveva segnato profondamente. Se era questo quello a cui mi avrebbe portato il mio viaggio l'avrei accettato. Ero in cerca di me stesso, e per quanto doloroso, sarei andato fino in fondo nella ricerca.
L'Alba mi colse a diverse miglia dal villaggio e di umore un po' migliore. Il sole era alto, il cielo azzurro e la stagione in cui ero giunto stava volgendo verso l'estate. Gli uccelli cantavano e il bosco viveva rigoglioso.
Per assurdo, Terra, la casa degli uomini, che avrei voluto distruggere, era stata quella che aveva subito meno danni in quella parte dell'universo.
Le due dee che proteggevano l'umanità erano due delle Divinità Maggiori, e quindi avevano una parte consistente del mio potere; sarebbe stato difficile sconfiggerle, ma ora non era più una mia volontà, non avevo più voglia di combattere.
Sospirai aumentando il passo, volevo andare nella capitale, volevo visitare la reggia di Dunkelheit.
Camminai costeggiando un fiume per mezza giornata poi verso mezzogiorno un rumore mi allarmò. Mi bloccai e sentii chiaramente dei passi avvicinarsi alla riva, mi rifugiai dietro alcuni folti cespugli pronto a incenerire chiunque fosse comparso.
Prima ancora di vederli comparire sentii le loro risate.
Un suono così estraneo che subito non lo riconobbi.
Vidi comparire un ragazzo e una ragazza, giovani, più giovani di Dunkelheit. La ragazza rideva e il ragazzo le teneva una mano sorridente.
Li fissai stupito, meravigliato.
Che cos'erano? Amici? Fratelli? Amanti? Tutte definizioni che conoscevo ma a cui non sapevo che significato attribuire.
I due giovani ridevano e scherzavano e chiacchieravano.
Ad un tratto tra loro calò il silenzio e io mi feci attento.
Il giovane abbracciò la ragazza e la baciò.
Mi accorsi della rigidezza e dell'imbarazzo nel suo gesto, del rossore sulle guance sia sue sia della ragazza.
Il gesto aveva sorpreso i giovani tanto quanto me.
- Arianna... tu mi piaci- disse il ragazzo in quel momento e io avvertii nell'aria una scossa, mi sentii di troppo, ma non potevo fare a meno di osservare rapito quei due ragazzini e la loro relazione.
Aspettai curioso la risposta della ragazza e mi immedesimai nel giovane che stringeva le mani di Arianna teso e agitato.
- Colin... io... credo... anche tu mi piaci - sussurrò timidamente la ragazza. Colin raggiante la baciò di nuovo di gettò e mi venne spontaneo sorridere. Ero felice di aver avuto l'onore di vedere quella scena, non avrei mai pensato che nonostante la guerra e la disperazione ci fosse ancora spazio per la tenerezza e i sentimenti.
Per me erano sempre state cose lontane, i sentimenti, ma avevo imparato a notare che invece, negli umani, erano determinanti.
- Non potevo aspettare ancora. Non potevo più trattenere ciò che provavo per te- disse Colin staccandosi dalla ragazza. Arianna annuì e sorrise.
Il giovane si fece serio, - Arianna, ho deciso di dichiararmi perché...perché non ero certo che sarei riuscito a farlo ancora... - disse, - tra poco sarà il mio compleanno... ho ormai raggiunto l'età per arruolarmi...-. Compresi subito ciò che quella frase comportava, il giovane sarebbe dovuto partire, e forse non sarebbe mai tornato. A meno che io non mi decida a fermare la guerra.
Pensai che quei due giovani dovevano ritenersi fortunati. Probabilmente molti altri prima di loro avevano dovuto separarsi, e molto probabilmente non si erano mai più riuniti.
Mi rattristai a quel pensiero e ancora di più perché vidi Arianna piangere. Li vidi abbraccarsi, non più in modo giocoso, né in modo appassionato, ma con disperazione.
Decisi di allontanarmi, avevo visto abbastanza e mi sentivo già un intruso.
Mi addentrai nel bosco nella direzione da cui erano giunti i due ragazzi sperando di arrivare a un paese.
Non ci misi molto, dopo pochi minuti di cammino uscii dal bosco; ciò che mi trovai davanti era tutt'altro che un paese, bensì una città.
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