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Capitolo 17

Dopo essere stato lontano dalla regina degli uomini tutto il giorno pensavo che avrei potuto sopportare la sua vista quanto meno il tempo necessario per infilarmi a letto, ma avevo incontrato Dalai e avevo notato il vassoio che portava e sapere che la regina aveva accettato il cibo che le avevo offerto era stata una piacevole sorpresa che però aveva reso ancora più complicato capire il tipo rapporto che avevo con lei.
Prima di addentrarmi nei miei appartamenti mi ero chiesto che cos'era diventata Dunkelheit per me.
Era una prigioniera? Era una nemica? La verità era che non era nessuna delle due cose.
La regina degli uomini era stato il mio bersaglio principale, il mio primario obbiettivo per un sacco di tempo, e nient'altro aveva occupato i miei pensieri se non lei. Oramai non riuscivo più a togliermela dalla testa e nemmeno ora era facile distrarsi.
Chi era quella donna oltre a un essere umano, oltre alla regina? Qual era il suo vero carattere? Quali erano le sue abitudini e i suoi interessi?
Tutte queste domande avevano cominciato a formarsi nella mia mente poco alla volta.
Io non avevo idea di chi fosse lei realmente, come non sapevo più chi ero io.
Entrare nella mia camera non mi tranquillizzava come una volta perché lì c'era lei, con i suoi occhi verdi, le sue labbra sottili e i suoi capelli corti, con il suo profumo e con i suoi silenzi.
Nella mia camera c'era la sua voce. Le poche parole che avevo sentito pronunciare da lei ancora risuonavano tra una parete e l'altra.
Mi stava facendo impazzire.
A causa della regina degli uomini stavo perdendo me stesso e tutto ciò che avevo.

Avevo camminato nervoso per un bel po' prima di trovare la forza per aprire la porta e varcare la soglia. Una volta nella stanza avevo avvertito subito il suo profumo; sapevo esattamente dove avrei trovato la mia prigioniera.
Come sempre era sul suo davanzale, come sempre era così presa dai suoi pensieri che non si era accorse che ero entrato.
La sua vista mi bloccò a lungo.
A guardarla così non sembrava che fosse cambiato nulla nel suo atteggiamento nei miei confronti, serbava ancora la sua totale indifferenza, ma ero certo anche che qualche cosa era cambiata per forza in quei giorni; solo la settimana prima quella donna non avrebbe accettato da me nemmeno un tozzo di pane.
Volevo sapere che cosa era cambiato e volevo che fosse lei ad aiutarmi a capire.
La raggiunsi in un secondo e la feci sobbalzare; per un attimo pensai che sarebbe caduta giù dalla finestra ma come al solito, si riprese, così in fretta che se ci fosse stato qualcun'altro non avrebbe creduto che si fosse spaventata.
I suoi occhi mi attirarono per l'ennesima volta e il suo profumo mi confuse allo stesso modo del suono accelerato del battito del suo cuore.
Mi sentii inebetito e combattei con tutte le mie forze contro quella sensazione, così estranea e sbagliata per un Dio come me, ma era impossibile.
Avrei voluto avvicinarmi a Dunkelheit ancora di più, avrei voluto toccarla di nuovo e assaporare quel momento senza sprecarlo come avevi invece fatto nei giorni passati. Allo stesso tempo però avrei voluto correre via, fino alla Torre Nord, in cerca di un po' di pace.
Infine fu lei per fortuna, ad allontanarsi da me.
Tirai un impercettibile sospiro di sollievo e riacquistai un minimo di lucidità ma quando fui quasi sicuro di essermi ripreso, la regina pronunciò le due parole che mi rovinarono.
Chi sei?
La domanda che in quel periodo temevo di più e di più avevo evitato mi era stata posta davanti.
Chi ero?
Non lo sapevo più... non lo sapevo.
Un dolore alla testa lancinante mi costrinse a sedermi sul letto e a coprirmi gli occhi.
Sentivo dentro di me le mie due essenze lottare furiosamente e disperatamente, cercando di prevalere l'una sull'altra.
Chi ero? Chi ero diventato?
Avevo perso il mio equilibrio...

Le risposi ciò che il mio cuore e il mio istinto mi consigliarono di risponderle.
Risposi con più domande che risposte ma lei non sembrò turbarsi né stupirsi per le mie parole. Sembrò anzi, quasi risollevarsi e rallegrarsi per quel mio momento di debolezza.
Ne rimasi quasi deluso ma in realtà non potevo biasimarla, le avevo rovinato la vita, avevo massacrato la sua famiglia, stavo sterminando il suo popolo, era ovvio che mi odiasse.
Era il suo stesso istinto a farle odiare tutto di me.
Mi trivai a pensare che avrei voluto creare gli uomini capaci anche di capirmi e non solo di disprezzarmi. Avevo sbagliato... in quegli ultimi secoli avevo accumulato una montagna di errori che ora mi stavano costando molto.

In quel momento ciò che più desideravo era la comprensione della regina degli uomini, della donna, dell'umana che mi stava di fronte. Ma era una speranza utopistica perché conoscevo le mie creature e la loro natura e sapevo che lei non mi avrebbe capito che anche lei era come gli altri e che io ero solo, l'unico come ero sempre stato.
Dunkelheit con poche parole mise bene in chiaro la sua posizione. La decisione nei suoi occhi era evidente e in quei giorni avevo avuto modo di capire che aveva una volontà di ferro.
Se aveva deciso così, così sarebbe stato.
Mi alzai in piedi perché avevo bisogno di muovermi, fare qualcosa. Dovevo rivedere un po' di cose, avevo bisogno di tempo per riflettere.
Dovevo stare lontano da lei, dagli altri Dei, da qualunque essere vivente che fosse capace di parlare.
Dovevo andarmene dal Palazzo e prendermi una pausa di riflessione.
Fissai la regina degli uomini a lungo prima di andarmene.
Lei era immobile e aspettava che facessi qualcosa e io l'accontentai.
Mi avvicinai a lei lentamente e la vidi irrigidirsi e un po' me ne rallegrai, mi faceva sentire sempre bene sapere di avere ancora un'influenza su di lei anche se negativa.
Mi fermai a pochi centimetri da lei e solo grazie a un grande sforzo di volontà riuscii a non perdere di nuovo la testa.
-Tu...Dunkelheit...sei la mia rovina. Non so come tu abbia fatto, ma mi hai reso debole, e non è necessario nasconderlo, lo sappiamo entrambi. Resta da chiedersi... perché? Perché abbiamo questa influenza l'uno sull'altro? Troverò una risposta...E vorrei che provassi a trovarne una anche tu- le sussurrai e lei annuì lentamente.
Le sorrisi, cercando di apparire più sicuro di quello che ero.
- Ti lascerò un po' di tempo, Dalai baderá a te... tornerò per conoscere la tua risposta. Quando ci rivedremo conoscerai anche il tuo destino, e quello del tuo popolo...- aggiunsi lentamente, parlando quasi a me stesso.
Prima di scomparire mi permisi di sfiorarle una guancia.
Era proprio come me l'ero immaginata: morbida, liscia e calda.

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