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Capitolo 13

Quando mi svegliai mi resi subito conto che c'era qualcosa che non andava. Avevo dormito troppo e il sole era gia alto nel cielo e questo, di solito, non succedeva mai.
Mi ricordai che la notte prima non avevo dormito molto, e mi ritrovai a guardare la giovane regina degli uomini, ancora addormentata sul pavimento.
Mi alzai e mi vestii in fretta, senza badare al rumore che facevo aprendo e chiudendo ante e cassetti. La ragazza si svegliò di soprassalto e tentò di alzarsi incespicando nelle catene. S'inciampò e cadde rovinosamente. A quella vista risi di gusto e per un momento non feci altro che godermi la scena: Dunkelheit era diventata rossa per la rabbia e per la vergogna. Mi fulminò con una regale occhiataccia, aumentando il mio divertimento.
- Buongiorno Vostra Altezza. Siamo caduti in basso oggi...- la presi in giro e mi stupii. Per l'ennesima volta quella donna inflessibile e dalla dignità intoccabile,  alle mie parole,  non fece una piega. Sebbene la sua impassibilità continuasse ad irritarmi, qualla mattina  mi trovai a compiacermi per questo suo ostinato modo di resistermi, di sopportare le mie offese. Mi venne spontaneo chiedermi come mai non avesse ancora cercato di uccidersi, perché stesse sopportando tutto senza un lamento, quando sapeva benissimo che non avrebbe portato a niente.
La risposta giunse da sola e mi divertì: era ovvio, in qualità di mia personale prigioniera, essendomi sempre vicina la Regina degli uomini si trovava in una posizione di vantaggio. Avrebbe avuto l'occasione di studiarmi e di controllarmi, di sapere in anticipo che cosa avrei fatto. E da brava stratega e sovrana non aveva inrragionevolmente deciso di rinunciare a quell'opportunità. Le avevo involontariamente dato un enorme potere su di me. Capii che non si sarebbe mai tolta la vita finché avesse avuto la possibilità di uccidermi.
Mi feci serio e meditai su quei pensieri per lunghi minuti, poi decisi che era inutile preoccuparsi, che tanto ero immortale e che non mi avrebbe potuto sfiorare nemmeno con un dito, che non gliel'avrei permesso. Mi congedai quindi, senza salutarla. Me ne andai cercando di non apparire troppo affrettato. Non stavo scappando...

Nel corridoio incontrai Darjetso. Aveva un aspetto vigoroso e giovanile che non gli avevo mai visto. La schiena era finalmente eretta e non curva, i capelli erano brizzolati e corti, le rughe erano ragnatele sottili e quasi invisibili. Aveva l'aria di un uomo maturo, saggio e dagli occhi freddi come il ghiaccio. Quando passai, si profuse in un inchino, come faceva sempre, e ricevette da me un semplice cenno del capo.
Mi diressi verso la sala delle assemblee e quando entrai il brusio che si levava dai presenti scemò in un istante. Mi rallegrai del fatto che tutti mi temessero e che mi rispettassero ancora. Andai al mio scranno e mi preparai a una lunga giornata di amministrazione.
Avevo la necessità di sapere come stava proseguendo la guerra, che ormai era agli sgoccioli. La resistenza di Terra e Fidiven mi stava rendendo le cose più complicate. Da quando avevano iniziato a proteggere l'unico microscopico pianeta che volevo distruggere, mi stavano costringendo a dirottare le azioni militari nello spazio di universo circostante. Ma dovevo fare in fretta a chiudere quest'Era di violenza, mi ero stufato e avevo bisogno di qualche secolo per riprendermi e recuperare la mia solida posizione a capo degli Dei.
Sospirai aspettando il resoconto di Atmek. Il generale delle Truppe Celesti si fece strada tra i membri dell'assemblea e timidamente raggiunse lo spiazzo davanti al mio trono. Nel suo atteggiamento mi accorsi subito che c'era qualcosa che non andava. Il Dio della guerra sembrava spaventato: i suoi occhi saettavamo da una parte all'altra della sala come in cerca di una via di fuga, stringeva l'Elsa del suo spadone quasi convulsamente.
Attesi senza fiatare che trovasse da solo il coraggio di parlare. Avevo un brutto presentimento e avevo la sensazione che, più che preoccuparmi, ciò che aveva da dirmi il generale mi avrebbe fatto arrabbiare.
Più i secondi di silenzio passavano, più m'indispettivo. Ad un tratto però, Atmek perse la sua statuaria posizione e parlò.
- Mio Signore, la guerra procede bene: l'estremo confine dell'universo sta cedendo. Tuttavia è sorto un problema... Ieri, altre divinità minori si sono unite alla resistenza. Vi prego di perdonare la mia incompetenza. Non sono riuscito a trattenerle. Ora la Terra è più protetta di prima e gli spiragli per attaccare sono sempre di meno e sempre più piccoli...-.
Le ultime parole del Dio si spensero tutto d'un fiato, con un tono piegato da una vena paura.
In un primo momento avevo pensato che scherzasse che mi stesse prendendo in giro, ci avevo sperato, ma ero cosciente che invece ciò che aveva detto era la verità e il fatto mi aveva lasciato destabilizzato più di quanto avrei immaginato. Ero sconvolto e, come avevo predetto, furioso. Come avevano osato tradirmi? Quelle insulse divinità, nate dalla mia Essenza, avrebbero dovuto ringraziarmi e strisciare ai miei piedi. Io avevo dato loro la vita.
Il generale si inginocchiò a terra e disse: - Mio Signore, date i vostri ordini... punitemi se necessario...-.
- TACI!- gridai. Mi alzai furibondo. Avvertii la mia aura rossa avvampare e avvolgere il mio corpo. Sapevo che di lì a poco sarei letteralmente esploso. Vidi che gli dei dell'assemblea mi fissavano terrorizzati e ricambiai i loro sguardi, uno per uno, e mi venne voglia di riassorbirli tutti, avrei voluto distruggerli ma per farlo avrei distrutto il mio Palazzo, e per lui, cercai di contenermi.
- Come hanno osato!?- gridai camminando come una furia per la sala.
- Come avete potuto tornare qui con una notizia del genere? Che razza di Dei siete?- domandai truce a tutti i presenti. Avevo una grande rabbia ma anche una sottile linea di paura, folle e serpeggiante, che smuoveva le radici del mio essere. Tutto stava perdendo il suo senso, tutto sfuggiva al mio controllo. Non riuscivo più a dominare niente, non gli altri, non me stesso.
Gridai, e il mio urlo assordante fece tremare le mura del Palazzo. Solo quando mi fui svuotato completamente mi ricomposi. Nel mezzo dell'assemblea scioccata mi raddrizzai, sollevai il mento e mi obbligai a far scendere sul mio animo una coperta di impassibilità. Non avevo idea di cosa fare ma sarei uscito da quella situazione.
- Ascoltatemi bene, miei Dei e mie Dee, ho per voi solo un ordine in merito a questa questione... Poiché ho deciso di finire la guerra, voglio che voi uccidiate gli Dei traditori. Li voglio tutti morti, affinché non venga ostacolata la mia volontà.- dissi a tono abbastanza alto perché tutti potessero sentirmi.
Atmek era tremante come una foglia in mezzo alla sala, gli andai di fronte e lo alzai di peso. Non avevo tempo da perdere. Né potevo passare il tempo a punire le divinità più incompetenti della mia Famiglia Celeste.
-Va' a fare il tuo dovere- gli ordinai e lui si volatilizzò seduta stante. Tornai sul mio scranno dove mi distesi e, vedendo che nessun altro sembrava avere qualcosa da dire, imperiosamente invitai tutti a continuare l'assemblea. Un lento brusio cominciò a rinascere pian piano e su quel brusio i miei pensieri si persero.

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