Capitolo 1
All'inizio, c'ero io...
All'inizio, l'unico essere onnipotente, onnipresente, onniscente, ero io.
Io ero l'infinito e il nulla.
Io ero tanti e uno solo.
Solo. Ero io.
Mi sentivo felice e triste.
Non avevo nessuno, tranne me stesso, e volevo compagnia...
A lungo avevo pensato a quale fosse l'opzione migliore: creare un' Altro era un rischio...
Eppure avevo deciso di farlo lo stesso: nel tempo, ho creato. Per la prima volta ho creato, e ho provato una sensazione magnifica. Mi sono chiesto perché non ci avessi mai pensato prima, a creare.
Era facile come esistere.
I miei sogni diventavano reali e, prendendo forma, davano vita a un mondo. Ero io ma allo stesso tempo non lo ero. Ciò che creavo si separava da me e diventava un altra entità, più piccola, meno potente.
Nei secoli, creai l'universo, le stelle, i pianeti e altri esseri. Tutto diventava sempre più ricco e più vario.
Amavo il mio mondo, il mio universo, e spesso prendevo forma e mi aggiravo nei luoghi che avevo inconsciamente creato, scoprendoli, nonostante li conoscessi a memoria.
Un giorno, decisi che era giunto il momento di creare una famiglia per me, che regnasse su tutto ciò che avevo realizzato.
Creai Arsil, la dea del fuoco e delle passioni, giovane e bella; Simoel, il Dio della luce e degli astri, forte e vigoroso; Creai Samaha, la dea della natura, dolce e materna...
Creai molte divinità.
L'ultima che creai fu Darjetso, vecchio, antico come me: il Dio della morte.
La mia famiglia di Dei era grande e varia e tutti mi veneravano e governavano in modo eccelso il mio universo, sulle terre e sulle creature a loro affidate.
Io, il Dio del mondo, l'Uno, avevo deciso di non essere più l'Assoluto, avevo diviso la mia essenza, creando Altri oltre a me.
Avevo perso una parte del mio potere, ma ero felice.
Per interi secoli, millenni, vissi in armonia con il Tutto ciononostante, arrivò un giorno in cui mi svegliai annoiato: ero stufo.
Che cosa avrei fatto quel giorno, quell'ennesimo?
Arsil aveva dormito con me, ma non era stata in grado di accendermi, quella notte. Avevo perso interesse per tutto, il Creato era ormai noto ai miei occhi onniscenti e non provavo più gioia nel viaggiare da un angolo all'altro dell'universo. Mi infastidiva il modo in cui gli altri Dei mi veneravano e volevo trovare qualcuno con cui confrontarmi.
Quello stesso giorno, chiamai in consiglio tutte le divinità, nessuna esclusa, e tutte ovviamente giunsero.
Una volta che ebbi di fronte a me l'intera schiera divina parlai:
- Chi è alla mia altezza?- domandai nel silenzio più assoluto,
- Chi oserebbe sfidarmi?- chiesi e nessuno rispose, come previsto.
Scoppiai in una risata che nessuno comprese poi mi ersi nella mia grandezza e comunicai ciò che avevo deciso.
- Creerò una specie in grado di combattere contro di me...che oserà sfidarmi, che non sarà codarda come voi. Sarà una specie fragile nel corpo, mortale come le altre ma dall'animo forte.- dissi compiaciuto, e di nuovo nessuno aprì bocca. Solo uno si fece avanti: Darjetso. Mi sorprese.
Il dio della morte avanzò lentamente, a passo strascicato, verso il centro della sala. Tutti lo fissavano raggelati e allo stesso tempo ammirati per la sua audacia.
-Mio Signore, non credo sia una buona idea...- disse con il suo timbro profondo. Le sue parole riecheggiarono nel salone rimanendo sospese tra i presenti, che stavano trattenendo il fiato in attesa.
Io mi indispettii, in un primo momento, poiché il vecchio dio mi stava contraddicendo. Eppure provai un infantile senso di gioia all'idea di poter litigare con qualcuno. Così continuai la mia conversazione.
- Perché no?- chiesi quindi in tono beffardo, volevo vedere fino a dove si sarebbe spinto.
-Potrebbero sconfiggevi...- disse il dio della morte.
A quelle parole non potei fare a meno di ridere di nuovo. Risi così tanto, che mi vennero le lacrime. Ciò che diceva Darjetso era semplicemente assurdo.
- Io non posso essere sconfitto.- dissi quindi perentorio.
- Io non posso morire, non posso perdere. -aggiunsi in un tono che non ammetteva repliche, in modo che fosse chiaro a tutti chi era il più forte, chi aveva creato la terra stessa su cui poggiavano i loro piedi.
- Sarà solo più difficile vincere. Ma non temete. Io sono tutto quello che è e anche ciò che non è. Non ci sono e ci sono. Io sono il vincitore e il perdente. Sono intoccabile...- ripetei.
Morte chinò il capo in segno di sottomissione.
- Si, nostro Signore, avete ragione. Perdonate le mie parole-.
Congedai il vecchio con un gesto brusco della mano e percorsi con lo sguardo la platea. Il silenzio era quasi assordante. Nei loro occhi mi vidi riflesso nella forma che avevo scelto. Una forma umana, la creatura che avrei modellato a mia avversaria. Ero un giovane dai lunghi capelli rossi e dalle iridi arcobaleno. L'aspetto fragile nascondeva dietro lo sguardo policromo la Potenza del mio essere. Un'immagine magnifica e terribile di cui mi rallegrai.
Nel mio sguardo potevo percepire il bagliore di un desiderio nuovo che non aveva niente a che fare con la passione di Arsiel. Niente.
Avevo sete di libertà, di provare a me stesso di essere ancora in grado di creare, e anche, di distruggere.
Ero stato fermo troppo a lungo...
Sciolsi l'assemble non appena ne ebbi la possibilità. Non vedevo l'ora di iniziare con i miei piani. Quando rimasi solo, sorrisi perché sapevo già cosa fare, come creare il mio avversario.
Guardai allo specchio l'immagine nitida sulla fredda superficie. Un'aura rossa avvolgeva la mia figura, feroce e piena di energia predatrice.
Avrei mantenuto quella forma, con quella avrei combattuto i miei avversari: il popolo relegato sul pianeta al confine del mondo, il popolo degli uomini.
Schioccai le dita e la mia volontà prese forma.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro